Buongiorno amici. Oggi parliamo di estate e amori adolescenziali.
L’estate è solitamente il periodo in cui i figli adolescenti trascorrono più tempo con gli amici, conoscono persone nuove e iniziano a sperimentarsi nelle prime storielle d’amore.
Ed ecco che chiedono di uscire sempre di più, trascorrono ore al telefono chiusi in camera, sono distratti, sorridenti e con la testa tra le nuvole.
I primi amori rappresentano esperienze molto importanti per i ragazzi, che si muovono verso un maggiore distacco dalla famiglia per mettersi in gioco anche nelle relazioni affettive, che creeranno il terreno per i rapporti sentimentali futuri.
Anche se si tratta di relazioni spesso di breve durata o sembrano basarsi su aspetti più “superficiali”, sono vissuti dai ragazzi in maniera molto intensa.
In quel momento, l’adolescente è preso da un turbinio di sensazioni ed emozioni nuove ed è completamente preso dall’altra persona.
I genitori spesso fanno fatica ad accettare che i figli siano cresciuti e, vederli alle prese con i primi innamoramenti, diventa per loro fonte di ansia e preoccupazione.
Come comportarsi con i figli? 8 consigli utili- estate e amori adolescenziali
1. NON SIATE INVADENTI.
Cercate di non fargli l’interrogatorio e non tradite assolutamente la loro fiducia, controllandogli smartphone, pc o tablet, altrimenti si chiuderanno completamente e non vi racconteranno più nulla, finendo col fare le cose di nascosto.
È normale che all’inizio i ragazzi vogliano tenere segreto un momento così importante e per i genitori può essere difficile accettare che i figli non vogliano farli entrare, ma è importante che rispettiate questa esigenza, per far sì che siano loro ad aprirsi gradualmente.
2. NON SMINUITE I LORO SENTIMENTI.
Se li vedete presi da questa situazione, mettetevi nei loro panni per capire quello che stanno vivendo.
Non fate battutine sarcastiche, prendendoli in giro o rovinandogli tutto con frasi del tipo “figurati, sai quante storie d’amore che avrai”, “goditi la vita, è troppo presto”.
In questo modo, sentono di non essere compresi dal genitore che, piuttosto che rispettare questo momento per loro unico, si pone in una posizione ostile e di distanza.
3. RISPETTATE LA LORO RISERVATEZZA.
Non andate a raccontare in giro, ai parenti o agli amici, che si sono fidanzati, spettegolando alle loro spalle, perché si sentiranno violati, perderanno fiducia in voi e inizieranno a tenervi nascoste le cose.
Si tratta di un’esperienza personale, di un loro spazio intimo, quindi, a meno che non siano loro ad autorizzarvi, rispettateli da questo punto di vista.
4. CREATE UN CLIMA DI FIDUCIA.
Se riuscite a mantenere la giusta distanza e coltivate con loro un clima di fiducia e rispetto, saranno loro ad avvicinarsi, perché si sentiranno liberi di comunicare i loro sentimenti.
In questo modo, potete fungere anche da contenitore delle loro emozioni quando sono tristi, litigano o la storia finisce, facendoli sentire sostenuti e capiti.
Se si confidano o vi chiedono un consiglio, non vi ponete come se voi sapeste tutto: “devi fare così”, “dammi retta”, ma fateli parlare e portateli a riflettere.
Solo così li aiuterete a crescere e ad imparare dalle esperienze.
5. NON SIATE GELOSI.
Non entrate in competizione con il/la fidanzatino/a, con frasi del tipo “ormai non stai più con noi, pensi solo a lui/lei”, “noi non contiamo più nulla”.
È normale che, in quel momento, la loro priorità sia un’altra, quindi, cercate di essere comprensivi, senza caricarli di un peso o facendoli sentire in colpa.
È importante che si sentano liberi di vivere le proprie emozioni, senza la paura di poter far soffrire il genitore, altrimenti si rischia che non vi dicano più la verità rispetto a quello che fanno.
6. MANTENETE REGOLE E CONFINI.
Non dovete diventare neanche confidenti intimi, come se foste gli amici, perché i figli hanno comunque bisogno di adulti di riferimento.
È importante che le regole ci siano, anche se sono ridimensionate in base alle nuove esigenze, come l’utilizzo del telefono, gli orari di rientro, la presenza del/la fidanzatino/a in casa, ecc.
Se notate che col tempo, continuano a restare assorbiti dalla storia, perdendo di vista le priorità, cercate di ridimensionare, facendogli capire che è importante viversi le relazioni ma senza escludere altre aree della vita.
7. PARLATE CON LORO DELLA SESSUALITA’.
Cercate di non aspettare il momento della prima relazione, per parlare con i figli di sesso perché è un percorso che andrebbe iniziato sin da quando sono piccoli, utilizzando un linguaggio appropriato per ogni età.
Per moltissimi genitori, questo argomento è un tabù ma è bene superare l’imbarazzo e affrontarlo insieme, altrimenti i figli riceveranno soltanto le informazioni distorte dai coetanei e dalla rete.
8. EDUCATELI DA UN PUNTO DI VISTA AFFETTIVO.
Non limitatevi soltanto alle raccomandazioni rispetto all’uso di contraccettivi, per evitare gravidanze indesiderate e malattie sessuali ma parlate anche degli aspetti positivi legati all’intimità.
Accompagnateli in un’educazione sentimentale che trasmetta valori, come il rispetto di sé e dell’altro, della dignità e dell’intimità, per vivere rapporti sani e tutelarsi da esperienze potenzialmente distruttive.
Cercate di non lasciarli soli in questo perché purtroppo sono tanti gli adolescenti che, senza accorgersene, restano incastrati in relazioni basate sul controllo, sul possesso e sulla violenza!
Spero che parlare di estate e amori adolescenziali vi sia stato di aiuto.
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Chi sono? come comportarsi? Cerchiamo di comprenderli
Buongiorno amici. Oggi occupiamoci di quelli che vengono definiti adolescenti difficili.
Chi sono
L’ottimista vede la rosa e non le spine;
il pessimista si fissa sulle spine, dimenticandosi della rosa.
Khalil Gibran
“Una spina è una rigida protuberanza, appuntita e spesso lacerante, che fuoriesce dalla superficie di numerose piante.
È bene ricordare che sia le sottili e rigide punte aghiformi dei cactus che le sporgenze più o meno grosse, carnose e acuminate di alcuni arbusti, come le rose sono tutte spine.
La presenza di spine assume valore difensivo verso gli attacchi dei predatori, ma benché, in generale, queste siano solo un meccanismo di difesa passiva, in alcune specie possono essere vuote e contenere al loro interno sostanze tossiche, urticanti o nocive che possono causare all’aggressore una sofferenza più o meno durevole se non anche una paralisi.”
Le spine
Al di là della metafora, gli adolescenti e i giovani, definiti difficili, si presentano come tante spine pronte a pungere o per una costante difesa o per una voluta offesa verso gli altri.
Di fronte a tutto ciò che ci punge, ci fa del male, ci offende, ci disturba, mettiamo in atto delle strategie immediate di ripulsa, di difesa, di esclusione.
Ma così facendo rischiamo di perdere delle opportunità di relazione emancipante, di crescita reciproca, di gestione della conflittualità, di prospettive educative e innovative.
Per interagire con gli adolescenti “difficili” bisogna superare la barriera del dolore soggettivo e vedere al di là delle spine la rosa, il fusto pieno d’acqua, le funzionalità e i loro bisogni.
Se li ignori, continueranno a lasciarsi travolgere dai loro impulsi di distruggere/distruggersi; se li combatti scendi sul piano della guerra senza quartiere con il risultato di sfiancarti e di essere perdente.
In qualsiasi modo perderai, o perché sarai sconfitto dallo loro “sfacciataggine” o perché non ti curerai del loro malessere.
Abbracciare ciascun giovane che si presenta con le spine, significa non farsi irretire o bloccare nei tentativi di relazioni significative.
Spesso questi adolescenti difficili si presentano con le spine per metterci alla prova, per saggiare la capacità di resistenza e di fiducia d’accordare, per difendersi da un dolore vissuto, per esprimere la rabbia di torti subiti, di frustrazioni o di illusioni svanite nel nulla.
Ogni educatore, come ogni genitore, deve saper superare il dolore ineluttabile della puntura della spina e lo può fare non con la freddezza di un guanto antidolore, ma con un abbraccio caldo e metaforico che annulli le asperità e le apparenti ruvidezze.
ADOLESCENTI DIFFICILI: I COMPORTAMENTI
I cactus li incontriamo nei ragazzi che mentono.
Lo fanno spudoratamente e assiduamente per salvaguardare la propria immagine, la propria autostima. Se fossero sicuri dell’accoglienza non valutativa, seppur correttiva, non avrebbero alcun motivo di mentire.
Ma essi si ritrovano e si ritagliano soltanto angoli e margini della famiglia, della scuola, del gruppo classe e si difendono con il nascondersi, il negarsi come persone, il barare.
Tra di essi ci sono quelli che mentono esibendo un sé grandioso; tentano di colpire la percezione altrui con aneddoti, storie, comportamenti da gradasso.
Lo possono fare maldestramente e vistosamente, a tal punto da essere compatiti, derisi e sopportati, oppure in maniera spaccona, bullesca, fino al punto da essere perseguitati, castigati, esclusi dalle relazioni.
Dietro il sé grandioso si annida la paura di non poter essere stimato così come ci si percepisce;
rimane un tentativo di apparire, di sbalordire, come fa il bambino povero quando accentua il tintinnio dei pochi soldi in tasca.
Se tu ti scagli contro questi comportamenti da mentitore senza coglierne il significato recondito, rimani incastrato da queste spine e non cogli l’acqua del cactus.
Altri ragazzi mentono per nascondere parti del loro sé,.
Come uno spazio privato che non lo si vuole dischiudere a un altro, a un estraneo, a un giudicante.
Nessuno ha loro insegnato che le parti del sé, apparentemente più fragili, contribuiscono a costruire la simpatia che emaniamo dalla nostra persona.
Guai se fossimo perfetti! Saremmo antipatici e odiosi ai più.
Altri, ancora, mentono per abitudine, per stile acquisito; hanno strutturato un falso sé che li induce alla bugia in maniera automatica e impulsiva.
In questo modo, essi si preservano dall’imbarazzo dell’ammissione e dalla vergogna dei loro comportamenti; non provano senso di colpa per la bugia, ma la utilizzano come difesa, come scudo protettivo da eventuali e fantasiose reprimenda.
I cactus li incontriamo nei ragazzi che rubano.
I bambini piccoli quando si appropriano di oggetti, giochi, cose che non gli appartengono lo fanno proprio per soddisfare il desiderio di possesso, per esprimere senso di invidia e gelosia nei riguardi di qualche compagno che possiede tutto ciò che loro bramano e non hanno.
È una fase evolutiva della crescita dove gradualmente s’impara a saper rinunciare, a non essere più onnipotente, a non ricevere gratificazioni immediate.
A saper posticipare il piacere, la soddisfazione, a saper condividere con gli altri i propri oggetti, a saper accettare di accontentarsi di quello che si ha senza volere a tutti costi possedere la qualsiasi.
È il passaggio dalla fase egocentrica a quella allocentrica, relazionale; è la fase dell’accettazione della realtà che mi circonda, rispetto al senso di onnipotenza con la quale avevo convissuto fino adesso.
Per cui il rubare del bambino non ha lo stesso significato di quello di un adulto; è come se il piccolo si attardasse in questo meraviglioso mondo in cui aveva vissuto ed ora è costretto, suo malgrado, ad abbandonare per un altro dove ci sono dei limiti, delle condivisioni, delle rinunce.
Il rubare degli adolescenti difficili ha un altro significato, più variegato e complesso.
In alcuni può significare la difficoltà che si sperimenta a crescere e doversi basare esclusivamente sulle proprie forze, capacità ; l’appropriazione indebita di oggetti non propri li fa sentire ancora onnipotenti, rispetto a tutto ciò che non riescono a conquistarsi con il proprio sforzo, le proprie attitudini, la propria intelligenza.
Così rubano motorini che non possono comprare, copiano il compito che non riescono a svolgere, si appropriano della bici più in voga che non si possono permettere.
L’oggetto riempie un’assenza di capacità e rimanda indietro la fatica del “doverseli conquistare” con i propri sforzi.
Perché rubano?
Per altri assume un significato simbolico di potenza, destrezza, forza, capacità.
Ci si reputa “bravi e furbi” perché ce se n’è appropriato. L’oggetto rubato diventa, quindi, un trofeo di guerra da esibire e mostrare con orgoglio al gruppo dei pari o alla banda d’appartenenza.
In questo modo si manifesta, anche, un’identità di genere: per i maschi la forza, la nascente virilità e la destrezza del rubare;
per le ragazze il mostrare la propria femminilità con i vestiti, collane e vari oggetti alla moda, anch’essi sottratti agli altri.
Le vittime predilette dell’atto del rubare sono i figli di papà, gli “sfigati”, i ricchi, i secchioni. Sono quei compagni distanti da loro anni luce per impegno, rispetto delle regole, buona educazione.
È come se si volessero vendicare di non poter o voler essere come loro, che sono apprezzati e stimati nel contesto scolastico o sociale dove vivono.
Altri rubano per “partito preso” per “andare contro” qualcuno, contro chi comanda, contro l’adulto che vuole dominare.
L’importante è che, rubando, si cerca la sfida con la legge, con i rappresentanti di essa. In questa sfida c’è la gioia sadica di “farla franca”, di vedere sconfitti tutti quelli che loro non apprezzano e combattono, perché esigenti e diversi.
Questi adolescenti difficili sono figli e schiavi di questa madre società del benessere che se da una parte abbaglia con i sogni del piacere e delle soddisfazioni, dall’altra non ti permette di avere gli strumenti per acquistarli o per prenderne le distanze in maniera matura.
Capire le dinamiche psicologiche che spingono gli adolescenti a rubare, permette all’adulto di intervenire per placare il senso di disfatta che riempie la loro esistenza e per addolcire le loro relazioni interpersonali.
I cactus li incontriamo negli adolescenti difficili che aggrediscono sistematicamente gli altri.
Sono come dei cerberi, protesi ad abbaiare e dilaniare tutto ciò che incontrano e toccano. Il bullo, l’aggressore sistematico tenta di presentarsi da “spaventoso” per non far emergere lo “spaventato” che è.
È una maniera di affermare, con la forza fisica, la propria personalità.
Solamente che questa forza fisica la utilizza contro i più deboli, gli inermi, i pavidi e non con altri di pari età, forza, aggressività.
L’educatore che riesce a far emergere tale senso di inadeguatezza e fragilità psichica, ha la possibilità di recuperare il bullo di turno e porre fine alle varie aggressioni.
I ragazzi bulli sono dei frustrati
sul piano scolastico e tentano di conquistare l’ammirazione con la forza fisica o con i continui pestaggi verso i più deboli.
Le bravate di questi adolescenti difficili servono per scacciare il senso di inadeguatezza in ambito scolastico e recuperare l’immagine di loro stessi.
Ricevendo applausi, sorrisi, connivenze tacite dal pubblico degli astanti, si fregia di una considerazione che riesce a riempire quella poco positiva di studente.
Ogni aggressione realizzata in contesti diversi, fa emergere dei significati che altrimenti verrebbero considerati solamente come comportamenti disturbanti o disturbo da condotta.
Bullismo
Ma il bullismo o le varie aggressioni nel contesto scolastico, denotano che c’è un mancato riconoscimento come ragazzo-studente da parte degli insegnanti, dei compagni e non ultimo da se stesso.
Egli si sente un “pesce fuor d’acqua” e fa di tutto per farsi notare e per debellare il senso di noia e inutilità della sua presenza.
A casa potrebbe attuare le sue forme di aggressioni come per non subire i contraccolpi di disarmonie e separazioni dei propri genitori e lenire il suo dolore.
Attira l’attenzione su di sé, pur di non subire la pesantezza della solitudine del disastro affettivo dei propri genitori.
Con i pari età potrebbe essere sollecitato e sfidato a far emergere ampollosamente la propria identità virile, pena la disistima e l’incapacità a farsi valere in altre modalità e capacità al di fuori della mera brutale forza fisica.
Forza apparente
Quando un ragazzo crede di avere un solo modo per essere stimato all’interno del gruppo dei pari, degli amici, del contesto abitativo, quello di far valere la propria aggressività e forza fisica come virilità, rischia di costruire un fantoccio di uomo inconsapevole dell’emotività, della propria dolcezza e sensibilità.
Quando le aggressioni e i pestaggi avvengono contro i barboni, le persone diversamente abili, gli stranieri, allora emerge il meccanismo psicologico della proiezione.
Si scaricano su queste persone deboli, periferiche, portatrici di qualche difficoltà, le proprie paure, i propri fallimenti, i propri fantasmi.
Le tematiche persecutorie interne alla propria vita si proiettano fuori;
gli aspetti di sé temuti o disprezzati si scaricano nelle figure dei più deboli, nelle minoranze come forma di non appropriazione di queste parti che ineluttabilmente farebbero soffrire.
Gli adolescenti difficili che si divertono a far del male a tali persone, che deridono quelli in difficoltà, che bruciano il clochard di turno che dorme in una panchina del giardino cittadino, fanno emergere il senso di desolazione e di vuoto che li accompagna nella vita.
Sono ragazzi che hanno di bisogno di fermarsi per riflettere e prendere in mano la loro esistenza, per dare un senso ai loro giorni sempre uguali, risanando ferite e riscoprendo il caldo abbraccio di persone che li vogliono bene.
I cactus li incontriamo nei ragazzi che distruggono tutto ciò che appartiene al pubblico, agli altri e non a loro.
Sono gli adolescenti difficili che camminano e rompono i vetri dei negozi, strisciano le macchine posteggiate, tirano pietre ai lampioni della città, calpestano i fiori delle aiole che adornano le strade.
Lo fanno per noia, per il gusto sadico del distruggere senza alcun motivo o causa scatenante. Essi desiderano lasciare una traccia, un segno del loro passaggio, del loro esserci.
Vogliono lanciare il messaggio che la loro presenza non è evanescente, ma concreta, precisa e vistosa.
Nell’attuare tali comportamenti devianti, essi non hanno la consapevolezza del danno arrecato, delle conseguenze legali a cui vanno incontro; lo fanno per trascuratezza, per esprimere il non senso della loro vita.
Se sporcano i sedili del treno lo fanno con disinvoltura; se danneggiano un edificio lo fanno perché non appartengono a nessuno, come loro non appartengono a questa società.
Se sono ripresi perché urinano per strada davanti alla gente, si arrabbiano maldestramente mandando a quel paese l’incauto passante che si era permesso di far loro notare il comportamento ineducato.
In questo modo gli adolescenti difficili salgono agli onori della cronaca e ottengono quella visibilità che altrimenti non avrebbero per comportamenti consoni alla norma.
Mentre da una parte c’è una vena esibizionistica o aggressiva contro le “cose degli altri”, dall’altra fanno emergere delle motivazioni psicodinamiche che ci permettono di intravedere vuoti e bisogni affettivi non soddisfatti.
Motivazioni
Essi si sentono periferici, di non appartenere al nucleo dove vivono e trascorrono le giornate, di non avere la consapevolezza del loro valore perché trascurati o abbandonati al loro destino.
In queste condizioni di deprivazione affettiva e senso di appartenenza, l’adolescente grida la sua esclusione con la distruzione di tutto ciò che incontra e che maneggia.
E quei pochi momenti di affettività li immortala sui muri scrivendo il proprio amore o che si è innamorati.
Che bisogno ha di farlo sapere a tutti, quando gli altri pari età lo nascondono per paura o per timidezza?
È un’uscita impulsiva e diversa dagli usuali comportamenti distruttivi e induce alla tenerezza per questo ulteriore grido di bisogno di normalità e affettività.
Dietro ogni comportamento disturbante degli adolescenti difficili si trova sempre un vuoto e un bisogno affettivo. Se tali ineludibili esigenze venissero riconosciute e soddisfatte non ci sarebbero ragazzi dediti alla devianza o alla delinquenza.
vi ricordo che se avete bisogno del mio aiuto , potete contattarmi nella sezione “contatti e consulenze” del sito
Buongiorno amici. Oggi parliamo di chi ti critica… perchè, fondamentalmente, è schiavo di ciò che odia di se’.
“chi ti critica”…. Le persone infelici hanno in comune un aspetto: dare la colpa agli altri! Sono soliti puntare il dito accusatore contro gli altri. Se capita qualcosa di spiacevole è sempre colpa di qualcuno: di aver avuto dei pessimi genitori, un figlio troppo presto, di avere un padrone-despota sul lavoro o magari un partner sconsiderato oppure di vivere in un paese di corrotti. Ogni capro espiatorio è buono. La perenne lotta contro il mondo nasconde in realtà ragioni psicologici molto più profonde e radicate.
Vivere in pace con se stessi non ha prezzo!
Se abbiamo accanto una persona che ama criticare, è bene fare attenzione! Potrebbe contagiarci con la sua negatività, creando dentro di noi uno squilibrio emotivo. Per questo è vitale proteggere il proprio spazio fisico e psicologico; crearsi, pertanto, una corazza contro le critiche non costruttive.
chi ti critica…Quello che gli altri pensano di te corrisponde alla loro realtà non alla tua
La perenne lotta contro il mondo nasconde ragioni psicologici molto profonde e radicate Un’eccessiva propensione alla critica infatti nasconde un forte senso di inadeguatezza e una scarsa autostima. Paradossalmente si tratta di soggetti che hanno bisogno di contestare tutto e tutti per compensare a una profonda frustrazione mai elaborata. E porsi in posizione di difesa “a priori” consente a tali individui di porsi immediatamente su un gradino più alto, un gradino su cui poi difficilmente qualcuno riuscirà a ferirli.
chi ti critica… Le critiche possono essere costruttive ma è bene fare attenzione quando diventano distruttive
E lo diventano quando ti criticano perché non sono capaci di capire il tuo punto di vista; perché non sono in grado di vestire i tuoi panni, non conoscono la tua storia e non capiscono cosa ti ha spinto a prendere una determinata strada.
altri casi le persone criticano perché vedono riflesse in te determinate caratteristiche o desideri propri che non vogliono riconoscere. Per esempio, una tua collega o magari una tua amica, che è infelice con il suo partner, può criticare aspramente il divorzio, ribadendo così la sua posizione: ripetere a se stessa che deve continuare a sopportare questa situazione.
E il lato curioso è che quanto più dura è la critica tanto più forte è la negazione alla sua base. Quindi, se siamo in procinto di divorziare o allontanarci da chi non merita più le nostre attenzioni, verremo inevitabilmente criticati da chi non è in grado di separarsi dal proprio partner pur vivendo una situazione tossica.
pratica, a volte la critica distruttiva non è altro che un meccanismo di difesa conosciuto come “proiezione”. In questo caso, la persona proietta sugli altri tali sentimenti, desideri o impulsi che sono troppo dolorosi o che non è in grado di accettare, in modo tale che li percepisce come qualcosa di estraneo e punibile.
Chi fa questo solitamente ha una bassa autostima, non riesce ad accettare se stesso e tanto meno gli altri. Ecco spiegata la sua facilità nel giudicare e affibbiare etichette!
chi ti critica…Non dare importanza a ciò che dicono gli altri
Anche se siamo convinti del contrario, nessuno è in grado di decodificare i sentimenti altrui. Facciamo fatica a capire noi stessi, figuriamoci sapere cosa stanno vivendo, provando, imparando o soffrendo gli altri.
torto più grande che tu possa fare a te stessa è dare troppa importanza a ciò che dicono gli altri di te. Sappi che le persone più infelici al mondo sono quelle che si preoccupano troppo di quello che pensano gli altri.
Se fai troppa attenzione alle critiche, metti in pericolo il tuo benessere e il tuo equilibrio emotivo. Anzi, dedica il tuo tempo a migliorarti e a migliorare il tuo ambiente. Ricorda, si vive una sola volta: non credi che il tuo tempo sia troppo prezioso per stare dietro a chi non sa apprezzarti. Le persone ovvero sia parenti, amici che conoscenti, hanno potere sul tuo stato emotivo solo se tu lo permetti. Puoi evitarlo concentrandoti sul tuo auto-sostegno. Controlla la tua voce interiore. Silenziala quando è d’accordo con le critiche delle persone a te vicine e ci ricama su.
Non fare mai l’errore di pretendere da te stessa di essere impeccabile, perfetta, disponibile agli occhi di tutti! Sei un essere umano, con i tuoi pregi e i tuoi difetti; puoi sbagliare, puoi dire cose che magari al momento non pensi, puoi piangere, puoi ridere, puoi gridare, puoi innamorarti e disinnamorarti, puoi decidere di cambiare strada o idea all’ultimo momento….non devi dar conto a nessuno.
L’importante è seguire un comportamento volto a migliorarti costantemente e che ti offra la possibilità di vivere la tua vita senza ricatti emotivi e senza dipendenze. Ovviamente nel rispetto del prossimo e delle persone a te care.
chi ti critica.. Guarisci la parte di te che è ferita
Non prestare attenzione a ciò che fanno o smettono di fare gli altri, fai attenzione a quello che fai tu o smetti di fare. Se vuoi guarire le ferite emotive causate dalle critiche altrui, non dimenticare mai che sei una persona unica e speciale.
Se dai credito a quello che gli altri pensano o dicono di te, rischi di diventare quello che non sei. Il voler compiacere gli altri a discapito della tua identità non è per niente salutare.
Ci sono alcuni giorni in cui riesci a farti scivolare addosso giudizi e commenti, mentre in altre occasioni il giudizio degli altri pesa parecchio, e ti arrovelli tutto il tempo, lasciandoti condizionare.
di non essere un bravo genitore? Pensi di essere giudicata perché vai dall’estetista tutte le settimane? Temi che le tue idee possano essere motivo di critiche? Prima di uscire ti guardi mille volte allo specchio perché temi che vi sia qualcosa di te fuori posto? Ma cosa pensano le persone ha davvero così tanta importanza?
Lo so, a volte si ha l’impressione che tutti stiano guardando noi, ma dobbiamo imparare che è solo frutto delle nostre insicurezze! Il mondo non sta a guardare quello che facciamo o smettiamo di fare. E’ la nostra insicurezza che ci porta a vedere le cose con la lente d’ingrandimento!
importa quello che fai o come lo fai, ci sarà sempre qualcuno pronto a contestare il tuo operato. Cerca di vivere e di comportarti come ritieni più opportuno. Sii sempre te stessa! Sappi che l’unico modo per vivere in armonia con le tue emozioni è fare quello che senti di fare, in ogni momento. Non aspettarti che gli altri comprendano il tuo viaggio, soprattutto se non hanno mai dovuto percorrere la tua stessa strada.
Ora hai due possibilità: terminare la lettura di questo post con un’obiezione del tipo: “sì ma non è facile” e continuare a farti condizionare dagli altri. Oppure, puoi concentrarti sull’idea che sia possibile e iniziare a fare tue queste idee, giorno dopo giorno.. per te stessa. Quale opzione scegli?
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Anche per bimbi e adolescenti:le richieste del consiglio d’Europa.
Buongiorno amici. Oggi parliamo del cambio sesso e delle richieste fatte dal consiglio d’Europa per consentirlo anche a bambini e adolescenti.
Il monito agli Stati membri è contenuto in un rapporto che invita ad agevolare il cambio di sesso anche per i minori e rimuovere l’obbligo di scegliere il genere nei documenti.
il Consiglio d’Europa ha anche suggerito di rimuovere l’obbligo di scegliere tra genere femminile e maschile per l’identificazione sui documenti.
Ideologie
Continuano le battaglie ideologiche in Europa e dopo le ragazze velate scelte come simbolo per i giovani europei, ecco che si avanzano anche proposte per agevolare il cambio di sesso nei giovani minorenni.
Il documento è piuttosto particolareggiato in tal senso e invita gli Stati ad abolire la necessità di sottoporsi a qualsiasi trattamento medico, compresa la sterilizzazione, prima di poter cambiare sesso.
La transizione è un processo altamente complesso, che per la legge dev’essere effettuato dietro strettissimo controllo medico e psicologico, al quale si arriva solamente dopo la certezza che quello è ciò che realmente la persona desidera.
E queste sono mere valutazioni mediche e psicologiche, che non possono essere allentate per la salute dello stesso individuo.
Parliamone
Conosco, da amica e da dottoressa, e sono stata vicino a persone che hanno compiuto questo importante passo.
E no ragzzi, non è facile sia da un punto di vista fisico poiché non tutti riescono a sostenere le cure ormonali e sono costretti ad interrompere.
Sia da un punto di vista psicologico.
Chid ecide di compiere questo passo è cosnaevole che non si può più tornare indietro e, appunto, bisogna volerlo davvero.
Adolescenti
Ammro ch lof a perché, arrivati a questo pnto, si ha la necessità da cambiare vita, di vivere la vita che si ha sempre desiderato da che si è bambini.
Ma queste decisioni sonos empre prese da adulti e, comunque, seguiti da professionisti come me, psicologi, medici.
Vi dico la mia. Gli adoelscenti sono in piena fase dic ambiamento, a 360°. Cambiano idea da un giorno all’altro su tutto…da un’ora all’altra.
Giusto e doveroso perché, apunto, stanno cercando la loro strada, stanno diventando adulti ma non hanno ancora la giusta capacità analitica e critica per poter prendere delle decisioni troppo grandi.
Un po’ azzardato, quindi, lasciar libero arbitrio, su questo tema, a ragazzi in crescta, figuriamoci a dei bambini.
Voi come la pensate sulla richiesta dell’europa riguardo alc ambios esso per i minori?
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Buongiorno amici. Oggi parliamo di fomo estiva, ossia la paura dei ragazzi di essere tagliati fuori durante le vacanza.
Durante le vacanze, in cui si dovrebbe pensare a divertirsi e a trascorrere momenti di condivisione con la famiglia e con gli amici, gli effetti della FOMO potrebbero prendere il sopravvento.
Non a caso è proprio in questo periodo che molti adolescenti fanno più fatica a staccarsi dalla tecnologia.
Fomo
I ragazzi, sono in pausa dalla scuola, hanno più tempo libero a disposizione, per cui sono ancora più spinti a controllare cosa stanno facendo gli altri e venire a contatto.
Foto di persone felici che si riuniscono con parenti e amici, che trascorrono vacanze da sogno, che escono e fanno attività divertenti con i coetanei.
I sentimenti di ansia, isolamento e solitudine colpiscono in particolare i ragazzi con bassa autostima e maggiore insicurezza, i quali dimenticano spesso quanto sui social network le apparenze possano ingannare.
La F.O.M.O.
Fear of Missing Out, letteralmente la “paura di essere tagliati fuori”, è una condizione patologica che emerge nel momento in cui si è impossibilitati a controllare cosa stanno facendo i propri contatti online oppure quando non si visualizzano gli aggiornamenti di profilo o nuove condivisioni.
Si riferisce alla preoccupazione eccessiva e ossessiva di potersi perdere gli aggiornamenti, ma anche all’ansia e all’invidia che gli altri facciano esperienze gratificanti nelle quali non si è presenti o coinvolti direttamente.
La FOMO evidenzia uno stato di ansia sociale caratterizzato dal bisogno di controllare ripetutamente i profili social e le chat alla ricerca di aggiornamenti e notizie per essere costantemente informati su ciò che gli altri stanno facendo.
Rappresenta un comportamento automatico che, se non soddisfatto, può causare uno stato di sofferenza, una vera e propria “crisi di astinenza”.
Genitori
I genitori devono fare attenzione perché si tratta di una condizione presente soprattutto tra i giovani, dove il bisogno di appartenenza e la paura di essere esclusi dal gruppo sono amplificati dai social network .
Quali sono i segnali d’allarme della FOMO?
– Controllare e monitorare costantemente lo smartphone, in particolare l’attività degli amici e dei familiari sui vari social network;
– ritardare il momento in cui si va a dormire per visualizzare in tempo reale, anche durante la notte, i vari aggiornamenti;
– avere la sensazione che si sta perdendo qualcosa di quello che sta succedendo, l’angoscia di restare fuori dalla web-community;
– commentare sempre e condividere tutto nella rete;
– avere l’illusione, attraverso l’uso compulsivo dello smartphone, di essere sempre in contatto con qualcuno e di non essere mai soli;
– si tende a togliere del tempo ad altre attività, come lo studio, lo sport, le uscite, il lavoro;
– possedere la convinzione che quello che sta accadendo e accadrà online sarà migliore di ciò che si sta facendo nella vita reale;
– fare un confronto costante, tra sé e gli altri, in base agli aggiornamenti e alle notizie dei social e delle chat che spesso crea rabbia e invidia;
– avere la percezione che gli altri siano più felici e più fortunati.
Conseguenze
La FOMO può distogliere completamente i ragazzi dal momento presente, non permette di godersi il qui ed ora perché la mente è concentrata solo su quello che non si ha.
Sul fatto che ci si sta perdendo qualcosa di divertente, senza pensare che spesso ciò che viene condiviso sui social non è la realtà assoluta ma solo ciò che l’altro vuole mostrare.
Ecco 7 consigli per aiutare i figli a gestire la paura di essere tagliati fuori
1. Mettete dei paletti e aiutateli a staccarsi da ciò che avviene sul web.
Attraverso alcune regole di utilizzo dello smartphone, portateli a rimandare il controllo continuo e sistematico degli aggiornamenti, delle notifiche, dei social network e delle chat.
Devono mettersi gradualmente nella condizione di provare sulla propria pelle che, anche se non leggono immediatamente quello che ha postato l’amico, non crolla il mondo e che, farlo in un altro momento, non cambia assolutamente nulla.
2. Fategli capire che i social non sempre rispecchiano la realtà.
I ragazzi sembrano non tenere conto che in rete si mostra principalmente la parte migliore, filtrata di se stessi, e che si può anche mentire.
Infatti, molte volte si focalizzano eccessivamente su quello che gli altri pubblicano, scrivono o condividono sui social come se fosse sempre una comunicazione reale della loro vita.
Troppe volte tendono ad amplificare, pensando “a lui va sempre tutto bene”, “io non faccio mai qualcosa di bello”.
È fondamentale che gli venga trasmesso il messaggio che la realtà è quella che si vive nel quotidiano, non quella che si esibisce, per cui non bisogna farsi condizionare da ciò che si vede sul web.
3. Aiutateli a riflettere sulle emozioni che provano in quei momenti.
È importante che si chiedano: “Cos’è che mi provoca ansia, cosa mi infastidisce?”. Cercate di farli parlare e di farli sfogare, perchè spesso alla base dell’impulso a controllare internet,
C’è una sensazione di solitudine, di inutilità e di invidia per gli altri.
Il fatto che comprendano, dunque, quali sono i vissuti sottostanti è il primo passo per affrontare il proprio malessere e pensare a cosa si potrebbe fare per migliorare la propria situazione, avvertendo la vostra vicinanza e sentendosi sostenuti.
4. Devono concentrarsi di più sulla loro vita.
È importante che pensino meno agli altri e più a se stessi, ritagliandosi quanto più tempo possibile per stare con gli altri e dedicarsi ad attività piacevoli e divertenti, senza distrazioni tecnologiche.
Devono capire che quello che gli altri pubblicano non li riguarda direttamente e non li deve influenzare in alcun modo, perché gli altri hanno un potere su di loro nella misura in cui sono loro a concederglielo.
5. Prediligere gli amici reali.
Troppe volte, i ragazzi danno più importanza a quello che succede sul web rispetto alla loro realtà di tutti i giorni, ma è importante non permettere allo smartphone di allontanarli da chi hanno realmente vicino.
Fategli capire che essere sempre connessi anche quando si è in gruppo o in altre situazioni sociali, estraniarsi e disconnettersi dalla realtà, è dannoso per loro.
6. Rompere la routine.
È importante che, soprattutto in estate, si stacchino completamente dalla solita routine quotidiana a cui sono abituati.
Per non restare sempre appiccicati al cellulare e per spendere il loro tempo e le loro energie diversamente: metteteli, dunque, nelle condizioni di trascorrere più tempo all’aria aperta e spronateli a dedicarsi ad altre attività piacevoli e rilassanti.
Proprio per prendere una pausa dall’iperconnessione e ricaricarsi attraverso nuove esperienze stimolanti.
7. Chiedere aiuto.
Se non riuscite a gestire in alcun modo l’impulso irrefrenabile dei vostri figli a connettersi e a ridurre il loro malessere, è utile chiedere un aiuto professionale per cercare di focalizzare meglio il disagio e individuare strategie mirate per superarlo.
È fondamentale che i ragazzi imparino a gestirsi autonomamente e a non essere succubi della connessione. Sono loro che dettano le regole della loro vita, non il telefono!
E se avete bisogno del mio aiuto contattatemi nella sezione contatti e consulenze del sito
sulla piattaforma di cam.tv al canale adolescenti istruzioni per l’uso
Buongiorno amici. Oggi vi chiedo .. monitorare i figli? sì ma…vediamo un po’.
In adolescenza ragazzi e ragazze crescono rapidamente, i loro atteggiamenti si modificano, assumono dei rischi per mettersi alla prova, mettere alla prova le loro competenze e abilità, scoprire chi sono.
Spesso i genitori hanno la sensazione di trovarsi di fronte a degli sconosciuti, in cui non riconoscono più i loro bambini.
Hanno bisogno di conoscere i propri figli, le loro abitudini, le amicizie e le compagnie che frequentano.
Ed è ancora più importante accertarsi che non si trovino su una “cattiva strada” e non assumano comportamenti a rischio.
Sostenere o monitorare: due facce della stessa medaglia?
È difficile per i genitori monitorare i comportamenti degli adolescenti.
Concedere autonomia e libertà, far sentire sostegno e comprensione e, allo stesso tempo, controllare, dare regole e paletti, supervisionare ciò che fanno.
Il rischio, in alcuni momenti, può essere quello di trasformare il dialogo in una sorta di interrogatorio: “dove vai?”, “chi ci sarà?”, “cosa hai fatto a scuola?”, “cosa stai facendo col cellulare?”, “chi ti ha scritto?”, “hai fumato?”, “i tuoi amici fumano?”.
Di fronte a un atteggiamento che vivono come invadente o caratterizzato solo da regole e divieti, però, i ragazzi rischiano di chiudersi e non parlare con i genitori.
Tante sono le paure e le preoccupazioni dei genitori legate all’assunzione di comportamenti a rischio: fumo, alcol, guida in condizioni di pericolo, abuso della tecnologia.
E’ sicuramente fondamentale mantenere sempre un monitoraggio sui loro comportamenti per educarli e aiutarli a crescere in modo autonomo e responsabile.
In adolescenza, la criticità è propria quella di mantenere sempre aperta la comunicazione in modo che i ragazzi possano sentirsi compresi e continuino a parlare con i genitori.
hanno bisogno di esprimere anche dubbi o perplessità, rendendoli partecipi della loro vita e delle loro attività, nonostante il desiderio di indipendenza e autonomia.
Sostenere e monitorare i figli può fare la differenza?
Sicuramente si!
Gli adolescenti i cui genitori utilizzano un monitoraggio efficace.
Infatti, hanno minori probabilità di prendere decisioni e assumere comportamenti che li espongono a rischi eccessivi e che li potrebbero mettere in pericolo.
Il monitoraggio genitoriale funziona meglio quando i genitori hanno una relazione positiva, aperta e sincera con i ragazzi.
Gli adolescenti, sentendosi tranquilli e compresi, saranno più disposti a parlare con i genitori e fidarsi di loro.
Accetterano più facilmente i consigli che essi potranno offrire e si mostreranno anche più aperti e disponibili al dialogo e all’ascolto.
Cosa possono fare i genitori per monitorare efficacemente i loro ragazzi?
– CHIAREZZA. È fondamentale mantenere sempre aperto il dialogo e parlare con i ragazzi, dando sempre regole chiare e condivise, spiegando e riflettendo insieme sulle conseguenze delle proprie azioni e dell’eventuale violazione delle regole.
– COMUNICAZIONE. Chiedete sempre ai ragazzi, anche quando non condividete un loro comportamento, come si sentono e cosa pensano, interessatevi anche al loro modo di vedere le cose e potrete così aiutarli a riflettere su quanto succede nella loro vita.
– CONOSCENZA. Chiedete informazioni e interessatevi ai loro interessi, le loro amicizie e le loro passioni, non per fare degli interrogatori estenuanti su ciò che fanno, dove e con chi vanno.
Per comprendere davvero cosa piace loro e cosa li fa stare bene, e aiutarli a riflettere sui rischi di alcuni comportamenti inadeguati o sui pericoli che possono incontrare nella vita reale e online.
– OSSERVAZIONE. Fate attenzione ai loro stati d’animo e al loro umore.
Non fate solo e sempre domande sulla scuola e sui voti o su ciò che fanno, ma osservateli nei loro comportamenti anche a casa.
Monitorate come spendono i soldi e la loro paghetta.
Seguite in modo discreto ma costante come trascorrono il loro tempo online e parlate con loro dell’importanza di usare Internet e gli strumenti tecnologici in modo sicuro.
Monitorare
Monitorare un figlio non significa invadere i suoi spazi e impedirgli di esprimersi nella sua autonomia per contenere le proprie paure.
E’ normale che un genitore abbia ansie e preoccupazioni, che vorrebbe tenere il figlio lontano dai pericoli e da tutto ciò che potenzialmente può arrecargli un problema.
Ma così si rischia di non responsabilizzarli mai, di fargli sperimentare la loro auto efficacia e il loro crescere.
Hanno bisogno delle piccole e grandi prove della vita per confrontarsi con se stessi e con gli altri e per crescere diventando sempre più autonomi, giorno dopo giorno.
Vi ricordo che se avete bisogno del mio aiuto potete contattarmi qui nella sezione contatti e consulenze.
cos’è e come metterla in pratica all’interno della famiglia.
Buongiorno amici. Oggi parliamo di comunicazione non violenta.
I conflitti sono comuni nelle famiglie e di per sé non sono negativi. Tuttavia, possono diventarlo quando non sono gestiti in modo appropriato e causano ferite che non si rimarginano. Che ruolo gioca la comunicazione nonviolenta in questo contesto?
La comunicazione non violenta è un modello sviluppato da Marshall Rosenberg che rende più facile per le persone comunicare con empatia e assertività. Nel contesto familiare, questo concetto si applica alla comunicazione tra i diversi membri.
Gli strumenti offerti dalla comunicazione non violenta permettono di trasformare una situazione conflittuale che può sorgere nella convivenza quotidiana e relazionarsi con gentilezza, rispetto e armonia.
Questo modello di comunicazione, chiamato anche comunicazione empatica, ha lo scopo di sostituire i modelli di risposta difensivi o evitanti ai giudizi e alle critiche di altri membri della famiglia con altri basati sull’empatia.
Le reazioni di resistenza, difesa e violenza sono ridotte al minimo, poiché quando ci concentriamo sul chiarire ciò che osserviamo, sentiamo e desideriamo, invece di dedicarci alla diagnosi e al giudizio, la compassione tende a emergere naturalmente.
La comunicazione empatica rimuove le barriere tra le persone per favorire la comprensione.
Linee guida per una comunicazione non violenta in famiglia
In caso di conflitto tra due familiari, la comunicazione non violenta propone di seguire le seguenti fasi:
Osservazione dei fatti: come li vedo io e come li vede l’altro.
Come ci sentiamo (io e l’altro)?: con empatia, senza giudicare, rifiutare, ecc.
Quali sono i bisogni autentici alla base dei sentimenti scoperti?
Avanzare una richiesta diretta a raggiungere l’obiettivo o il desiderio genuino (necessità). Cosa possiamo e dobbiamo chiedere a noi stessi o all’altro per risolvere il problema e arricchire la nostra vita.
Dopo aver fatto la richiesta, è necessario assicurarsi che il messaggio sia stato compreso in modo soddisfacente con domande dirette.
L’idea è capire come l’interlocutore ha inteso le nostre parole e poter correggere qualsiasi interpretazione errata (Rosenberg, 2013). In sintesi, la struttura suggerita da Rosenberg (2013) è la seguente:
“Quando fai o dici…”
“Sento che…”
“Perché ho bisogno di…”
Se sei d’accordo, vorrei che tu…”.
Un’ulteriore fase consiste nel rispettare i passaggi descritti con i diversi membri della famiglia. In primo luogo, percependo ciò che pensano, provano e di cui hanno bisogno per poi scoprire ciò che desiderano per arricchire la loro vita ascoltando la richiesta che ci fanno. Allo stesso modo, invitiamoli a fare lo stesso e stabiliamo un flusso di comunicazione assertiva.
La comunicazione non violenta: lessico dei sentimenti e dei bisogni in famiglia
L’espressione degli stati emotivi deve essere chiara e precisa in modo da aiutarci a connetterci con gli altri. Rosenberg distingue tra sentimenti piacevoli, quando i bisogni sono soddisfatti, e sentimenti spiacevoli, quando i bisogni non sono soddisfatti.
Da un lato, menziona sentimenti piacevoli come affetto, fiducia, entusiasmo, speranza, pace, felicità, gratitudine, interesse, ispirazione e apertura. D’altra parte, elenca sentimenti spiacevoli come desiderio, avversione, confusione, rabbia, irrequietezza, paura, tristezza, rabbia, dolore e vergogna.
Tuttavia, vi sono due elementi che ostacolano con frequenza l’espressione dei sentimenti. Uno è la mancanza di alfabetizzazione emotiva in famiglia, che complica la capacità dei membri di esprimersi apertamente e con chiarezza.
Un altro ostacolo è la paura comune di mostrarsi vulnerabili agli altri, quando proprio la vulnerabilità facilita la risoluzione dei conflitti (Vivas, Gallego e González, 2007).
Quanto all’espressione dei bisogni, significa collegare il sentimento con tutto ciò di cui abbiamo bisogno per il nostro benessere fisico, emotivo e spirituale.
Ancora una volta, Rosenberg fornisce un elenco di bisogni umani, tra cui connessione, vicinanza, autonomia, integrità, partecipazione, libertà e interdipendenza, che possono guidarci nel capire quale bisogno non abbiamo soddisfatto.
La comunicazione non violenta permette la comprensione sulla base dell’empatia e del rispetto.
Uno strumento utile in casa: la scatola dei sentimenti
La scatola dei sentimenti è uno strumento utile da usare a casa per favorire la comunicazione non violenta. Consiste nel lasciare su un tavolo, accessibile a tutti, una scatola con all’interno dei pezzetti di carta.
Attraverso questa risorsa, tutti i membri della famiglia possono condividere i diversi eventi che hanno causato loro disagio durante la giornata.
A fine giornata, ogni membro leggerà un pezzo di carta a caso e proporrà una soluzione o un bel commento per trovare una soluzione al problema. Questa dinamica aiuta a essere consapevoli e responsabili in quanto a pensieri, sentimenti e azioni; di conseguenza, ha prendere decisioni migliori.
Conclusioni
La comunicazione non violenta ci aiuta a connetterci con noi stessi e con gli altri. Grazie a essa, possiamo aumentare la comprensione e l’empatia, basando la convivenza sull’onestà e l’impegno.
E se anche voi avete bisogno di ritrovare una serenità familiare contattatemi tramite form per cominciare un percorso di…rinascita.
Spero che aver parlato di comunicazione non violentavi sia stato utile.
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Buongiorno amici. Oggi parliamo di violenza familiare.
La violenza in famiglia è una forma di aggressione. Si basa su continue critiche, umiliazioni, disprezzo e manipolazioni da parte di genitori, fratelli o altre figure nei confronti di un membro specifico.
Una simile dinamica condivisa quasi sempre dipende da un individuo alle cui azioni aderiscono alcuni membri della famiglia meno potenti.
Se è vero che quando parliamo di bullismo, visualizziamo quasi istantaneamente il cortile di una scuola o un ambiente di lavoro, c’è un altro scenario che spesso trascuriamo. Anche la famiglia molesta e umilia, e questo attacco psico-emotivo a volte può essere pari o più dannoso delle esperienze di bullismo scolastico.
Avere il nemico in casa significa non godere di riparo o sostegno. Crescere come la pecora nera o il brutto anatroccolo è traumatico e di rado il trauma viene correttamente affrontato in età adulta.
Avere uno o più intimidatori con lo stesso codice genetico significa dover affrontare situazioni di disagio anche se non si vive più nel nucleo familiare. Proviamo a descrivere più in dettaglio questa realtà.
In cosa consiste la violenza in famiglia
Spesso diciamo che il modo più comune per evitare uno stalker è allontanarsi da quella presenza. Tuttavia, come ben sappiamo, questo non è sempre possibile.
Il bambino vittima di bullismo deve tornare a scuola ogni giorno. Il lavoratore che subisce mobbing deve rispettare la sua giornata lavorativa. E la persona vittima di violenza in famiglia trascorre molti anni in un ambiente dal quale le è impossibile scappare.
Oltre a ciò, a volte queste dinamiche aggressive si perpetuano anche quando la vittima ha già raggiunto l’età adulta. Perché il familiare “bullo” prende una vittima e intensifica il comportamento offensivo e umiliante. L’aspetto più grave è che di solito c’è alleanza o silenzio da parte degli altri membri.
Questa forma di violenza domestica non è nuova. È una realtà con una lunga tradizione spesso messa a tacere nella nostra società.
Bulli in famiglia: chi e come sono
Possono essere i genitori e persino i fratelli. Allo stesso modo, quando si inizia una relazione, può capitare che suoceri e cognati rivolgano critiche e umiliazioni costanti. In generale, la persona che maltratta un familiare presenta uno o più tratti molto specifici:
La sua aggressività si basa sulla parola.
Mostra un comportamento immaturo.
Usa le bugie per convincere anche gli altri membri.
Controlla la persona.
È vendicativa.
L’aggressore in famiglia può anche essere manipolatore.
Potrebbe agire per gelosia e invidia.
Può mostrarsi arrogante e narcisista.
Potrebbero verificarsi notevoli sbalzi d’umore.
È abile nel fraintendere tutto, nel cambiare ciò che la vittima fa o dice e la umilia.
Come si manifesta la violenza in famiglia?
Essere vittima di violenza in famiglia può creare confusione da bambini, poiché si normalizzano determinate dinamiche. Tuttavia, crescendo ci si rende conto che certi comportamenti non solo leciti.
Questo perché feriscono, intimidiscono e privano di rispetto e benessere, dimensioni a cui tutti abbiamo diritto. I segnali di violenza sono molto vari, ma è necessario riconoscerli il prima possibile:
Si umilia la vittima per la sua persona, le azioni e le parole. Viene resa il brutto anatroccolo.
Si sminuisce.
La persona viene zittita e privata di importanza all’interno della famiglia.
Si adottano comportamenti di critica e di costante disprezzo rendendo la vittima nella pecora nera.
Si crea caos trasformando ogni conversazione in una discussione, assegnando colpe e pronunciando false affermazioni.
Ricatti e manipolazioni emotive.
Paragoni umilianti (tuo fratello è una persona migliore di te).
Superiorità, battute dannose e commenti umilianti.
È comune accusare la vittima di egoismo, di avere in mente solo i propri interessi.
Effetti psicologici
La famiglia prepotente si comporta come un animale territoriale. Molte volte il fratello, il cognato, la madre, il suocero o il padre molesti sono spinti dalla gelosia, da quell’invidia che cerca di espellere qualcuno dal nucleo familiare; indipendentemente dal legame. Come possiamo dedurre, l’impatto mentale e sociale è immenso.
Sono in aumento, di fatto, gli studi sugli effetti delle molestie domestiche. Per esempio, uno studio di ricerca condotto presso l’Universidad Central del Sur. La ricerca indica chiaramente che la violenza tra fratelli provoca profonda angoscia e disturbi dell’umore.
Sappiamo anche che più si protrae la situazione, maggiore è l’impatto sulla persona. Chi cresce in un ambiente disfunzionale tende ad adottare condotte autodistruttive.
Come rispondere alla violenza in famiglia
Nessuno ha il diritto di ferirci in alcun modo. È pienamente giustificato difendersi, rispondere il prima possibile e persino segnalare tali situazioni, indipendentemente dal fatto che il molestatore sia un familiare. Nessuno dovrebbe infondere paura e insicurezza, criticarci, ignorarci o annullarci come persone.
Stabilire limiti, salvaguardare le nostre emozioni, praticare la cura di sé, cercare figure di supporto valide e mantenere le distanze dai familiari aggressivi è la chiave del nostro benessere. La famiglia dovrebbe essere sempre un luogo di nutrimento, non un campo di battaglia.
Ragazzi io vi ricordo che se avete bisogno del mio aiuto potete contattarmi nella sezione “contatti e consulenze” del sito
Sperando che parlare di violenza familiare vi sia stato d’aiuto vi abbraccio:)
Ciao amici. Oggi riflettiamo sull’importanza dell’ascoltare, dell’ascolto attivo per i ragazzi.
Voglio giusto lasciarvi questo pensiero come riflessione.
E quanta veritàc’è in queste parole amici.
Ascoltare
Molto spesso parlo di ascolto attivo. E, altrettante volte, mi viene detto “ma io ascolto mio figlio”. Forse, ma non attivamente. Che cosa vuol dire?
Si ascolta attivamente una persona che ci sta parlando quando prestiamo attenzione alle sue parole, quando comunichiamo con lei pur non dicendo nulla ma parla il nostro sguardo. Quando ci accorgiamo del suo stat d’animo mentre parliamo.
Errori
“ma certo che ascolto”…mmm…ragioniamo al contrario. Vi è mai capitato, parlando, confidandovi con qualcuno, un amico, un parente, marito, fidanzato, genitore, di parlare e, ad un certo punto, di accorgervi che l’altra persona è distratta?
E come vi siete sentiti? Malissimo.
Vi sentiti non considerati, sentite l’indifferenza della persona che dovrebbe dialogare con noi e cosa fate? Ovviamente, smettete di parlare e , dentro la vostra mente, balza l’idea di non confidare mai più nulla a quella persona perchè tanto non mi ascolta.
Ora, pensiamo in questa situazione un adolescente. E già dovreste essere felici che un ragazzo a quall’età viene da voi pe confidarsi.
Adolescenti
Che cosà farà secondo voi?
Cercherà ascolto in altre persone, in altri luoghi e, spesse volte, è proprio da lì che cominciano i problemi.
E allora non fate che ciò accada.
Se vostro figlio vien da voi per parlarvi di qualsiasi cosa sia importante er lui, non sminuitela.
Lasciate quello che state facendo e mostratevi realmente attenti, interessati.
Perché per loro, in particolar modo, ma per tutti, ascoltare significa esserci, essere visti, considerati e riconosciuti. Semplicemente importanti e amati.
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