Ecco cos’hanno risposto a questa domanda un gruppo di ragazzi.
Buongiorno amici. Oggi riflettiamo su questa domanda: che tipo di genitore vuoi essere?
E le risposte che sono state date dai ragazzi devono assolutamente far riflettere.
Presenza
Queste risposte non hanno bisogno dicommenti.
Infatti, il primo aspetto toccato dai ragazzi la presenza. Il che vuol dire, qualità, tempo davvero dedicato a loro, ascolto attivo..il far capire a un figlio che, in qualsiasi momento, possono contare sui genitori.
Fiducia- che tipo di genitore vuoi essere?
Altra risposta bellissima. Lasciar essere uj figlio quello che vuole, rispettando i suoi obiettivi, aiutandolo ad inseguirli senza influenzarlo nelle scelte, senza giudizi o pregiudizi.
Coerenza-che tipo di genitore vuoi essere?
Uno degli aspetti che ribadisco ogni volta ai genitori. Siate coerenti. Una regola, se volete sia rispettata, va rispettata prima da voi.
I genitori, infatti devono essere un esempio per i ragazzi, una guida affinché diventino degli adulti sereni e capaci.
E se avete bisogno di un aiuto, contattatemi tramite la sezione contatti e consulenze de sito
Buongiorno amici. Oggi parliamo di figli che crescono e del motivo per cui tendono a chiudersi in se stessi.
Adolescenza-figli che crescono
Quando i figli oltrepassano la soglia dell’adolescenza, non si può non rendersene conto, non solo cambiano da un punto di vista fisico, iniziano a mettere in discussione i modelli genitoriali, si concentrano sui loro interessi, tendono a parlare meno, possono essere più scontrosi.
Capita di frequente che i genitori non riconoscano più quello che era il loro bambino, hanno la sensazione di “perdere il controllo” del figlio che non è più gestibile come quando era piccolo.
Figli che crescono: cosa si nasconde dietro la chiusura degli adolescenti?
Definirli chiusi sarebbe un vero errore, non è scontato che quando si entra in adolescenza si attivi automaticamente un processo di chiusura.
Spesso si amplifica ciò che hanno covato silentemente dentro oppure emergono degli aspetti che si conoscevano sotto un’altra forma, nulla si crea, tutto si trasforma.
Che pretendano degli spazi privati, da non interpretare come chiusura, è anche giusto e soprattutto fa parte del naturale processo di crescita.
Devono sperimentarsi e avere la loro autonomia per farlo e per ottenere i loro spazi fisici e mentali, altrimenti non sarebbero adolescenti.
Chiusura
Adolescere significa crescere ed è quella fase che deve portare all’acquisizione dell’autonomia psichica e alla stabilità dei tratti di personalità e identitari.
La chiusura a volte è solo la manifestazione di un’educazione troppo poco basata sul dialogo e sul confronto ma solo sulla rendicontazione.
Capita anche che non si aprano perché dall’altra parte non trovano la giusta accoglienza o sono convinti di non trovarla,.
Non si sentono capiti, per paura delle reazioni genitoriali o perché non vogliono far vedere la loro fragilità. Non sempre è disfunzionale.
La verità è che se ascoltassimo le due campane suonare alle nostre orecchie arriverebbero spesso versioni a volte anche diametralmente opposte.
Genitori
Troviamo da un lato i genitori che non sanno come comportarsi con i figli adolescenti e, dall’altro, molti ragazzi riferiscono di non sentirsi compresi, accettati e riconosciuti per quello che sono e si lamentano del fatto che i genitori mettano al primo posto il rendimento scolastico e la condotta rispetto alle loro esigenze e al loro stato emotivo.
Questa è una delle lamentale più frequenti che ascoltiamo nella stanza dello psicologo e all’interno delle aule scolastiche.
Come sottolineavo in precedenza, di frequente gli adolescenti si tengono i vissuti dentro perché bloccati dalle possibili reazioni genitoriali.
Hanno paura di deluderli, di ferirli, di farli stare male o che si arrabbino.
Tantissimi genitori si impegnano per dare ai figli tutto ciò che possono, cercando di non fargli mancare niente, spesso eccessivamente preoccupati per loro, di ciò che fanno, di ciò che può succedere e di come si comportano.
Sintonizzarsi
Più che preoccuparsi, però, è importante occuparsi dei figli, nel senso di condividere con loro dei momenti, sintonizzarsi sui loro stati emotivi e sulle loro esigenze, spesso differenti da quelle del genitore.
Infine, anche se vogliono sembrare spavaldi e sicuri di sé, sono in realtà molto fragili, condizionabili dalle paure e dal giudizio degli altri, hanno timore di esprimersi, non riescono a gestire le difficoltà quotidiane e hanno bisogno di conferme e sicurezze.
E vi ricordo che se avete bisogno di me potete contattarmi tramite lasezione contatti e consulenze del sito
Buongiorno amici. Oggi parliamo di violenza assistita sui bambini.
La violenza assistita è una violenza a tutti gli effetti, ha lo stesso impatto psicologico di quella fisica e diretta, non può essere trascurata.
VIOLENZA ASSISTITA significa far assistere al minore a scene di violenza fra i genitori, dove i maltrattamenti possono essere di tipo fisico, sessuale, psicologico ed economico.
Il bambino può fare esperienza diretta della violenza intrafamiliare, quando avviene nel suo campo percettivo o indiretta, quando è a conoscenza dei conflitti tra i genitori o quando ne percepisce gli effetti.
I livelli di violenza a cui un figlio può essere esposto sono svariati: dalla piccola violenza quotidiana, alle forme più gravi, che creano nel minore traumi tanto gravi quanto le altre forme di violenza.
È violenza anche quando i genitori amplificano i propri stati ansiosi nei figli, esponendoli a situazioni psicologiche difficili da affrontare, senza curarsi del carico emotivo negativo che provocano nei propri bambini.
I danni della violenza assistita a breve e a lungo termine
Purtroppo, si vive ancora nella convinzione errata che i bambini non vedano o non capiscano realmente cosa accade sotto i loro occhi all’interno delle mura domestiche. I bambini vedono e sentono tutto e si comportano di conseguenza.
Subiscono, anche se a volte non lo manifestano apertamente e si portano dentro i segni a volte apparentemente invisibili della violenza assistita.
Viene trascurato l’impatto da un punto di vista emotivo, fisico, relazionale, affettivo e sociale di queste forme di violenza che a volte sono estremamente condizionanti e hanno esiti clinicamente importanti.
violenza domestica
Le differenti modalità con cui si agisce la violenza all’interno delle mura domestiche costituiscono, per la vittima, una condizione che confonde e destabilizza l’integrità e la personalità di un bambino ancora in fase di maturazione e di stabilizzazione dei tratti andando a gravare sul processo di crescita.
Si favoriscono, così, gravi conseguenze sullo sviluppo psicologico a breve, medio e lungo termine.
Enuresi, encopresi, disturbi alimentari, bassa autostima, sbalzi d’umore, mancanza di fiducia negli altri, dipendenze da droghe e alcol, difficoltà di apprendimento, depressione, ritardo nello sviluppo, fino ad arrivare alla prostituzione, delinquenza, criminalità e sviluppare disturbi psicopatologici in età adulta.
Psicosomaticità
Anche se non lo esprimono a parole o con comportamenti manifesti, l’impatto della violenza assistita si manifesta con problematiche psicosomatiche, di umore, di autostima, relazionali e legate all’inibizione dell’esternazione dei propri stati interni.
Certamente, le reazioni più gravi a un’esposizione sistematica e continuativa alla violenza, si manifestano in quei bambini costretti a vivere in un contesto familiare che li tiene continuamente in allarme, in quanto il minore non si sente protetto.
Se il vissuto traumatico del bambino vittima non viene elaborato e rimane inespresso, l’impatto sulla psiche sarà ancora più devastante.
Un bambino che è cresciuto in un ambiente violento, non ha sicuramente sviluppato un legame di fiducia con il genitore, o con i genitori violenti, non può fidarsi di lui e affidarsi a lui (o loro) dopo aver visto le sue reazioni e aver subìto i suoi comportamenti.
Vive in una condizione di costante allerta, di attivazione interna generata dalla paura che la violenza sia dietro l’angolo.
Vivere a contatto con il, o i genitori violenti, potrebbe rappresentare un rivivere, anche in maniera indiretta, ciò che è stato subito per anni.
Come possono lasciarsi andare, esprimersi e vivere invece che sopravvivere? Chi aiuta questi bambini che si sentono soli e troppe volte non riconosciuti e incompresi?
Vi ricordo che se avete bisogno del mio aiuto potete cotnattarmit ramite la sezione contatti e consulenze de sito
Vi leggo storie tratte dal libro “cuori connessi”.
Buongiorno amici. Oggi vi leggo due storie di bullismo, scritte dal pugno di chi lo ha subito, e redatto da Luca Pagliari.
Il libro in questione è “cuori connessi”, redatto, appunto , da Luca Pagliari, con la collaborazione della polizia di stato, ma scritto da chi il bullismo l’ha subito e, a volte, l’ha provocato.
Storie
Oggi vi presento due delle storie, riassunte ovviamente, che troverete nel libro, due delle tante.
Avevo già fatto uan diretta di questo tipo tempo fa, leggendo altre storie.
E’ un tema, lo sapete, cui sono legata e che voglio riproporre ciclicamente per cercare di combattere il bullismo, visto anche le due ultime notizie degli ultimi giorni.
E, allora, vi lascio alla visione, ma soprattutto all’ ascolto, della diretta.
Buongiorno amici:) Oggi parliamo di depressione da social e adolescenti.
Una diretta correlazione tra il tempo trascorso sui social network e il calo del tono dell’umore nonché con lo sviluppo di disturbi di vario genere (alimentari, comportamentali, sessuali).
Che nelle forme peggiori può dare origine a una vera e propria patologia, chiamata “depressione da social”. Specialmente se chi è davanti allo schermo del computer o dello smartphone è un minore.
E’ la preoccupante conclusione a cui è giunto uno studio condotto dalla Società Italiana di Pediatria (SIP), recentemente pubblicato sulla rivista International Journal of environmental research of public health, facendo ordine nella vasta letteratura scientifica prodotta sull’argomento negli ultimi 18 anni.
Depressione da social, bambini e ragazzi davanti allo schermo per troppo tempo
Come riporta il sito Skuola.net, sui 68 studi analizzati dai pediatri, ben 19 – ovvero circa 1 su 4 – segnalano un’associazione significativa tra depressione e uso delle piattaforme social.
Quello che resta da vedere, come sottolinea Rino Agostiniani, Consigliere Nazionale SIP, è “se l’uso dei social porti a una maggiore depressione o se questi sintomi depressivi inducano le persone a cercare di più i social media (il che potrebbe alimentare un circolo vizioso).
Ciò che però emerge in maniera inequivocabile dai lavori svolti sinora è che più tempo bambini e adolescenti trascorrono sui dispositivi digitali, più alti livelli di depressione vengono segnalati.
E ciò avviene senza grandi distinzioni geografiche: dalla Svezia all’Egitto”.
Meccanismi
Ma per quale motivo si innesca un meccanismo del genere? Sono gli stessi pediatri a provare a dare una spiegazione.
“La depressione è collegata a un rapido aumento della comunicazione digitale e degli spazi virtuali che sostituiscono il contatto faccia a faccia con uso eccessivo dello smartphone e delle chat online.
Bambini e adolescenti navigano in Internet per lo più da soli, consultando con assiduità i social media.
Primi tra tutti, Instagram, Tik-Tok e Youtube. Con inevitabili conseguenze sulla loro vita: dalle interazioni sociali e interpersonali al benessere fisico e psicosociale”.
Fragilità_ depressione da social e adolescenti
Perché è molto facile che questo stato di fragilità emotiva, dalla dimensione digitale, esca e vada a produrre effetti negativi sullo stato di salute generale.
Alcuni esempi?
La “depressione da social” potrebbe essere benissimo alla base di: problemi psicologici, disturbi del sonno, dipendenza, ansia, problemi comportamentali, distorsione della percezione del proprio corpo, ridotta attività fisica.
Nonché patologie strettamente legate all’uso delle nuove tecnologie, come disturbi visivi e posturali, rachialgia, tendinite, fino al cosiddetto “pollice da sms”.
Minori sui social esposti a messaggi sbagliati, soprattutto su alimentazione e la sessualità
Ma sono soprattutto i disturbi alimentari quelli su cui pongono di più l’accento i pediatri. Anche perché evidenziati da ben 15 studi – oltre 1 su 5 – tra quelli esaminati.
I bambini, rileva l’analisi, quando sono in Rete sono esposti alla commercializzazione di cibi malsani, che inducono a comportamenti non salutari.
Questo perché i minori sono più vulnerabili ai contenuti sponsorizzati e agli influencer e le piattaforme di social media si sono dimostrate inefficaci nel proteggerli dal marketing di cibo spazzatura.
Specie durante la pandemia, avverte la SIP, è aumentato il rischio di un aggravamento delle abitudini alimentari inadeguate, tanto che in un precedente rapporto la SIP ha indagato il fenomeno della “covibesity”.
All’opposto, i social potrebbero anche essere un fattore di rischio per i messaggi pro-anoressia.
Questi messaggi, sottolinea lo studio, non sono più limitati come in passato a siti web che possono essere facilmente monitorati, ma sono stati trasferiti su Snapchat, Twitter, Facebook, Pinterest.
Di conseguenza, i contenuti che incitano a comportamenti alimentari errati sono più facilmente accessibili, da tutti.
Così come bisognerebbe prestare attenzione agli effetti di un eccesso di Internet sulla sfera sessuale.
Le piattaforme social possono, infatti, negli adolescenti possono alterare la percezione della propria sessualità.
L’esposizione a materiale sessuale online anche attraverso finestre pop-up o pubblicità è un rischio reale della Rete e può predisporre a sviluppo di depressione, suicidio e abuso di sostanze.
Cyberbullismo, un rischio reale che colpisce soprattutto i più giovani
Infine, non va dimenticato il ruolo determinante che un abuso dei social potrebbe avere sulle “devianze” più strettamente legate alla sfera digitale.
Come il cyberbullismo (anche questo collegamento è stato rilevati in 15 studi su 68) o il grooming (adescamento) online.
Ciò è dovuto principalmente alla crescente divulgazione negli ultimi anni di messaggi ostili e aggressivi tramite i dispositivi elettronici sotto forma di messaggi, immagini e video condivisi sui social media.
In questo contesto, l’uso problematico dei social media è stato ormai riconosciuto dalla letteratura quale un importante fattore di rischio di cyberbullismo, soprattutto nei ragazzi di età compresa tra i 13 e i 15 anni.
“La diffusione dei social media, soprattutto tra i più giovani richiede un’attenzione particolare.
Un uso non responsabile può creare problemi rilevanti nella vita quotidiana dei ragazzi e delle loro famiglie.
L’età preadolescenziale e adolescenziale rappresenta una fase cruciale per lo sviluppo dell’individuo.
Darvi un ragguaglio sulla depressione da social e adolescenti sia stato utile.
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Buongiorno amici. Oggi parliamo di im…possible…ovvero, lotta sempre per ciò in cui credi
Se hai davvero un sogno a cui credi, un obiettivo che vuoi davvero raggiungere niente è nessuno potrà mai fermarti.
Può darsi che quell’ obiettivo va contro le aspettative di tutti. Ma non importa. È il TUO obiettivo e devi metterci tutto te stesso per poterlo realizzare.
Difficoltà-im…possible
Non i dico che tutto sarà facile ma che, al contrario, ci saranno mille ostacoli da superare e, purtroppo, mille persone che cercheranno di fermarti.
Ci sarà di sicuro chi cercherà di screditarti, di farts entire inferiore (ma a chi poi?); chi remerà contro i tuoi ideali.
Ma la colpa sarà tua…
Il problema-im…possible
E adesso tu mi dirai “ma come Terry colpa mia??”…
Sì, perché se qualcuno ti fa credere di non essere in grado di arrivare alla meta, se qualcuno ti farà sentire incapace e inferiore la colpa sarà tua erché sarai tu a permettergli di farlo.
E allora cosa fare?
Andare dritto per la tua strada. Nessuno nella vita è arrivato…e nessuno è superiore a qualcun altro.
Se hai chiaro il tuo obiettivo, lotta con tutto te stesso per raggiungerlo, credi in te, nelle tue capacità perché tutti abbiamo talenti diversi.
Dovrai lottare contro chi non avrà le tue stesse idee ma non fermarti e , alla fine del percorso, dimostrerai anche a loro che si erano sbagliati e allora sì, sarai la persona più felice del mondo, orgogliosa di te.
E se da solo non riesci e vuoi il mio aiuto contattami nella sezione contatti e consulenze del sito
Come capire se si sono avvicinati alle droghe, come ascoltarli, come aiutarli.
Buongiorno amici. Oggi parliamo insieme di adolescenti e droga.
Qui di seguito vi ho linkato a diretta fatta su instagram, giusto questa settimana, sul tema.
Molti i partecipanti, molti interessati all’ argomento ed è questo lo scopo delle dirette, cui invito tutti a partecipare il giovedì.
Perché…-adolescenti e droga
Perché gli argomenti trattati toccano la maggior parte di voi..perché, molte volte, siete proprio voi a chiedermi di trattare determinati argomenti per capire cosa fare in certe situazioni.
Il tema della droga, purtroppo, è caro a molti genitori che cercano di capire se il figlio è si è davvero avvicinato a questo mondo come parlare con loro e come aiutarli al meglio.
Cosa sono, come uscirne, come comportarsi con chi ti ha deluso.
Buongiorno amici. Oggi parliamo di come gestire le delusioni.
Almeno una volta nella vita, a ognuno di noi capita di trovarsi di fronte ad una delusione da parte di un amico, un partner, un familiare oppure verso sé stessi.
Alla delusione segue spesso una sofferenza, che può manifestarsi in modi molto diversi. Se non gestita, può avere conseguenze trasversali sulle relazioni, gli ambienti in cui ci troviamo e sull’autostima.
COS’È UNA DELUSIONE?
Innanzitutto è importante sapere che la delusione è un sentimento e non un’emozione: non si tratta di una semplice reazione ad un evento ma è implicata anche la nostra cognizione, cioè pensieri, credenze e schemi di ragionamento.
Per definizione la delusione si presenta quando ciò che vogliamo, desideriamo o ci aspettiamo non coincide con ciò che si verifica nella realtà.
Di conseguenza, maggiore idealizzazione degli altri o degli esiti di un’azione, maggiori aspettative e desideri irrealistici e maggiore sarà la delusione che viviamo.
Trattandosi di un sentimento, le conseguenze possono essere molteplici:
frustrazione
rabbia
tristezza
pensieri
intrusivi
isolamento
abbandono di alcuni percorsi
fiducia in sé stessi
COME COMPORTARSI CON CHI CI DELUDE
Come detto sopra, la delusione è generata dalla distanza tra ciò che ci aspettiamo e ciò che desideriamo.
Spesso quando entriamo in relazione con gli altri, rischiamo di creare un’idea di come l’altro dovrebbe comportarsi, di cosa dovrebbe fare per noi o addirittura di come ci aspettiamo che sia.
Di conseguenza, nel momento in cui l’altra persona non rispecchierà questa nostra idea, potremmo percepire una delusione nei suoi confronti.
Per evitare che ciò accada è importante comunicare all’altro cosa desideriamo e cosa ci aspettiamo da lui/lei.
Ponendoci in una posizione aperta al confronto e alla possibilità di modificare queste aspettative in base ai suoi feedback.
Quando la delusione si verifica potrebbe essere utile seguire alcuni passi:
riconoscere che la delusione è determinata dalle nostre aspettative e non ha realmente a che vedere con l’altra persona;
valutare se le aspettative che avevamo erano realistiche o irragionevoli;se si tratta di aspettative realistiche, allora possiamo comunicare all’altro cosa ci aspettavamo e come ci ha fatto stare ciò che è successo, senza incolparlo e dandogli la possibilità di rimediare se ne ha la volontà;
individuare delle strategie funzionali a gestire le emozioni scatenate che ci fanno stare male;
riformulare le aspettative che abbiamo per gli altri in termini più realistici;
COME GESTIRE LA DELUSIONE VERSO SE STESSI
Talvolta, e per alcuni molto spesso, la delusione può essere rivolta proprio a sé stessi.
Possiamo essere delusi del nostro comportamento, delle nostre prestazioni sportive, scolastiche o lavorative.
Addirittura possiamo essere delusi rispetto ad alcune nostre caratteristiche personali.
Questo succede perché il nostro Sé Ideale (che rappresenta come noi vorremmo essere) ed il nostro.
Sé Reale (ciò che effettivamente siamo) non coincidono. Più idealizziamo ciò che vorremo essere e maggiore è la delusione per noi stessi.
In questo caso più che mai un percorso di terapia ci è d’aiuto per accettare ciò che siamo e le nostre prestazioni e diminuire così la delusione percepita.
Può però esserci d’aiuto iniziare a lavorare in autonomia su alcuni aspetti:aumentare la consapevolezza dei nostri limiti e delle nostre risorse, e individuare quali possono essere modificati, rinforzati o acquisiti;
formulare obiettivi realistici sulla base delle nostre risorse e dei nostri limiti;
allenarci a trattarci con compassione quando qualcosa va male, proprio come facciamo con le persone a cui vogliamo bene;
allenare la nostra autoironia per ridimensionare la delusione e mantenere uno stato d’animo positivo e propositivo
E vi ricordo come sempre che, se avete bisogno di me, potete contattarmi nella sezione contatti e consulenze del sito
Cosa vivono i ragazzi che decidono di togliersi la vita
Buongiorno amici. Oggi parliamo di cyberbullismo e suicidio adolescenziale.
Una delle paure più grandi di un genitore è quella di arrivare “dopo”, di non giungere in tempo, di non riuscire a comprendere il dolore, la sofferenza, il disagio interiore di un figlio.
Non è così immediato per un genitore vedere il malessere di un adolescente perché purtroppo, non sono sempre così evidenti e manifesti.
Tante volte i ragazzi esprimono ciò che hanno dentro in maniera indiretta attraverso specifici comportamenti, parole, sguardo e soprattutto i “non detti”.
Il problema legato al fenomeno delle prevaricazioni dirette, come quelle fisiche e verbali, e indirette, è che ormai sono sempre più presenti già a partire dalla tenera età e si manifestano soprattutto attraverso l’uso di quel dispositivo che la maggior parte di persone tiene costantemente in mano: lo smartphone.
Commenti
Leggo spesso commenti impulsivi soprattutto sotto le notizie di cyberbullismo in cui si dà la colpa alla tecnologia. Il fenomeno del bullismo e del cyberbullismo è molto complesso.
Sono coinvolte più persone e sono presenti delle dinamiche personali, relazionali, sociali, individuali, familiari da tenere in considerazione. Per questa ragione non è facile sradicarlo.
Purtroppo, ci si ferma a riflettere sulla gravità di questi comportamenti prettamente davanti alle tragedie, quando si legge della morte di un ragazzo che decide volontariamente di togliersi la vita.
È importante affrontare il problema della violenza giovanile tutti i giorni perché quotidianamente migliaia di ragazzi vivono incastrati nella morsa delle prevaricazioni e delle prepotenze online.
Cosa scatta nella testa di chi subisce queste forme di violenza?
Coloro che subiscono queste forme di prepotenza si sentono intrappolati. La trappola è quell’oggetto che blocca nei movimenti, nell’espressione di se stessi, non ci si sente più liberi, ma incatenati, legati a quella condizione che giorno dopo giorno diventa sempre più stretta e soffocante.
Diventa il problema principale della propria vita, quella condizione inaccettabile, ingiusta e ingiustificata.
Quello che fa più male è che non capisci il perché di questi comportamenti, non riesci a fartene una ragione, non te ne capaciti, non comprendi come sia possibile che non vedano che sei una persona come loro, anche se non la pensi e non ti comporti come loro.
Rischi di arrivare a pensare di essere tu quello sbagliato.
La psiche- cyberbullismo e suicido adolescenziale
A livello psicologico pesa tantissimo non sapere quando arriveranno le prepotenze e che entità avrà il problema.
Sai che arriveranno, ma non sai quando e come. Questo stato genera profondo stress psicofisico. Attiva quella condizione di impotenza appresa che fa ammalare il corpo e la mente.
Per comprendere pienamente cosa vive e cosa pensa chi è preso di mira, immaginiamo un cielo cupo scuro, sempre coperto, dove giorno dopo giorno c’è sempre meno spazio per il sole, per il sereno, per i momenti di luce. Questo è lo stato di fondo di tanti ragazzi.
Cosa succede? cyberbullismo e suicidio adolescenziale
E poi cosa succede? Arriva il tuono, arriva quel frastuono che ogni volta fa sussultare anche quando si è consapevoli che arriverà.
Il nostro cervello, anche se si aspetta qualcosa di negativo, è solo più pronto, anche se in realtà non è mai davvero pronto. È solo più in allarme e quindi ha un livello di attenzione più alto.
Ogni volta che arriva il tuono delle parole e il fulmine delle prese in giro, c’è una reazione di allarme, anche fisica perché c’è il rilascio dell’adrenalina e di ormoni dello stress nel cervello.
È il significato che si attribuisce alle cose, persone, situazioni che attiva specifiche reazioni psico-fisiche e chimiche.
La reazione di allarme ha un suo tempo di estinzione: la paura non passa immediatamente e si riattiva tutte le volte che si rivivono quelle immagini e si sentono quelle parole, anche solo a livello immaginario.
Pensate di vivere costantemente in questa condizione.
Cammini e non sai quando arriverà quel tuono, quando e dove cadrà quel fulmine, se ci sarà una tempesta più forte o un uragano. Il cervello di un ragazzo deve già affrontare tanti cambiamenti legati alla crescita e ai problemi legati al quotidiano e in più, si ritrova a dover vivere e gestire tutta questa turbolenza emotiva.
Rischi cyberbullismo e suicidio adolescenziale
Questa condizione rischia di spegnerli e questo non lo possiamo permettere, perché hanno bisogno degli adulti, hanno bisogno della rete di supporto e di sostegno. Da soli diventa troppo duro.
Tutti questi ragazzi sarebbero caricati di un peso ancora più grande, di un altro peso che non è giusto che debbano sopportare da soli.
Questa è anche una delle ragioni per le quali è difficile accorgersi di ciò che accade a un figlio se non parla esplicitamente dentro casa o a scuola.
È una morsa che si stringe piano piano, giorno dopo giorno, ed è per questo che quando si hanno dei dubbi, delle perplessità, è importante confrontarsi con degli specialisti, anche solo per fare delle domande, per capire le motivazioni che spingono i ragazzi a chiudersi in se stessi, a farsi del male mettendo in atto comportamenti autolesivi, fino ad arrivare al suicidio.
Come capirli
Sono ragazzi che spesso hanno perso la fiducia, che non vedono una via d’uscita e tutti noi adulti, qualunque ruolo si ricopra, dobbiamo essere lì in maniera pertinente, efficace e supportiva.
Dobbiamo guardare i loro occhi e leggere la situazione con il filtro di un cervello adolescente che vede i problemi in maniera diversa da noi adulti.
Noi siamo andati oltre quella fase e abbiamo imparato a gestire tante condizioni. Loro, invece, hanno bisogno di credere che ci sia chi è in grado di risolvere la loro situazione.
Devono fidarsi delle istituzioni e degli adulti. Spesso hanno paura di denunciare, per il timore di affrontare gli esiti negativi.
Tante volte si interviene in maniera inefficace e chi subisce queste forme di violenza ha addirittura paura che possa peggiorare la loro condizione.
Nelle azioni di contrasto al bullismo tecnologico è importantissimo lavorare su scuola e famiglia e anche su tutta la rete che circonda i ragazzi vittime di bullismo, soprattutto gli amici e i conoscenti, per indurli a parlare, a confrontarsi con gli adulti, capendo che non significa fare la spia, ma aiutare i loro amici e quindi creare quella fondamentale rete di solidarietà e supporto.
Solo così le vittime di bullismo potranno sentire di non essere sole, capire che non sono loro sbagliate, ricostruendo nella loro mente una fiducia nel mondo e nelle persone che gli stanno vicine.
Io spero che parlare di cyberbullismo e suicidio adolescenziale vi abbia fatto riflettere.
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