Buongiorno amici. Oggi parliamo di femmine e maschi. C’è differenza? No.
Nessuno se ne accorge all’inizio perché cominciamo a leggere una parte alla volta. Perché siamo incuriositi dalle differenze e partiamo pregiudicanti.
È quando ci accorgiamo che le due parti sono identiche… Ci meravigliamo e riflettiamo.
Maschi e femmine
Sono secoli che, fin da piccini, ci inculcano l’idea, sbagliata, che i maschi devono fare determinate cose e le femmine altre.
Che i maschietti devono comportarsi in un modo e assolutamente n in un altro e le femmine sono l’esatto opposto.
Che non hanno le stesse capacità fisiche e mentali.
Che gli uomini devono fare alcuni lavori, sport, avere hobby completamente diversi dalle femmine. Ma perché?
Retaggi culturali, ovviamene, ma che si insinuano nella mente dei bambini che, già da adolescenti, cresceranno in modo sbagliato.
La Famiglia
Come cresce u ragazzo, come diventerà adulto e camminerà da solo nel mondo dipende dalla propria famiglia, dalla propria infanzia.
Se nasciamo e cresciamo n una famiglia in cui “tu sei un maschio non puoi e non devi piangere: è da femminucce, devi essere forte”. in cui” il ballerino? Ma è uno sport da femmine…o sei gay per caso(tono di rimprovero e di delusione)?” dove “i maschi non si truccano, che schifo” e ancora “sei una donna non puoi giocare a calcio”.
Da qui mille problemi: la paura di fare coming out in famiglia per i ragazzi che coprono di essere omosessuali; la paura di dire in famiglia che si vuol fare quel lavoro o quello sport.
Il trattenere le proprie emozioni perché altrimenti non va bene, non si deve, non si può. Non posso piangere quando vorrei. Non posso gioire come una matta perché non si fa. Non posso essere arrabbiata e non aver voglia di parlare per un giorno intero perché non è rispettoso nei confronti degli altri.
Ma perché? Perché siamo pieni di tutti questi condizionamenti che ci impediscono di crescere in modo sano o, per lo meno, di essere noi stessi?Perché dobbiamo fingere di essere quello che non siamo solo per compiacere gli altri?
E perché voi genitori, lo fate, senza accorgervi che così danneggiate i vostri ragazzi e li allontanate sempre di più da voi?
Crescere
Parola d’ordine? Educare ad essere quello che si vuole e metterci tutto l’impegno che serve, costi quel che costi, per raggiungere i propri obiettivi.
E chi se ne frega se la ragazza vuol diventare un calciatore e il ragazzo un ballerino di danza classica e si trucca. Se questo è davvero quello che vogliono, se il loro talento li porta a questo i genitori non devono fare altro che aiutarli a sbagliare e a rialzarsi. A credere in loro stessi, a non paragonarsi a nessuno perché loro sono unici. Questo bisogna fare.
Buongiorno amici. Oggi pariamo di dialogo e della sua importanza per i ragazzi.
I ragazzi…sempre criticati, additati da giudizi troppo affrettati e da pregiudizi per come parlano, si muovono, vestono, per la musica che ascoltano.
Ma li avete ascoltati davvero anche solo una volta?
Dialogo
A volte sembra che non hanno bisogno di voi genitori, a volte sembra quasi che la vostra presenza dia fastidio ma non è così. La cosa più importante per loro è la presenza, il dialogo.
Quel dialogo che, purtroppo, si sintetizza spesso attraverso una chat, un messaggio su whatsapp o su un social. Pochissime parole per sintetizzare un mondo interiore, un’angoscia, una paura, un sentimento. Possibile? no.
Ma, oggi, è l’unico modo che si ha per rimanere costantemente a contatto con chi ci vuol bene. Un assurdo? Può essere ma riflettiamo.
Se ai ragazzi non fregasse davvero nulla di parlare, del dialogo, di comunicare non starebbe o attaccati ad un mezzo che, poi, di vicinanza ha ben poco. Ma dietro quel nick c’è una persona che lo ascolta, o almeno dovrebbe.
Sì, perché ok, con gli amici si scherza, si confidano piccoli grandi segreti. Ma nel vero momento di crisi, di dubbio, di indecisione e sofferenza e di gioia vogliamo sempre l presenza di chi ci ha messo al mondo e ci ama.
Genitori
Sì, siete proprio voi, cari genitori. Ma cosa succede spesso? Che predicate bene e razzolate male.
Criticate i vostri ragazzi perché passano troppo tempo sul telefono a chattare con amici con chissà chi, a vedere quelli sui social e bla bla bla..ma voi?
Non date spesso il buon esempio. Perché noi adulti siamo i primi ad essere attaccati ai telefoni. Da qui lo sharenting: il trip di fotografare qualsiasi, e dico davvero qualsiasi, cosa faccia il figlio, per la maggior parte delle volte minorenne, bambino, senza goderci quei momenti.
Si fanno centinaia di video , foto, per metterle sui social e ricevere tanti complimenti o tanti insulti. Cominciate a dare l’esempio. Come? Il dialogo.
Parlate
Dedicate tempo ai vostri ragazzi, dovete. Perché, a modo loro, hanno bisogno, un bisogno tremendo della vostra vicinanza, della vostra presenza. Hanno bisogno di essere ascoltati, ma ascoltati attivamente.
Non del “adesso non posso, più tardi”. No, hanno bisogno dic apire che la loro casa è un porto sicuro e che voi siete una spalla su cui potersi appoggiare sempre.
Siete le persone che li amano sopra ogni cosa, senza giudicarli, mai e, che per qualsiasi cosa, ci siete a dare una mano, a consigliare, a fare capire dove hanno sbagliato per aiutarli a non commettere più quello sbaglio.
E quindi, mettete da parte un po’ quei telefoni e…parlate.
Che cos’è l’empatia e perché è importante svilupparla per avere successo nella vita? Continua a leggere e lo scoprirai.
“Ogni persona che incontri sta combattendo una battaglia di cui non sai nulla. Sii gentile. Sempre.”
Cos’è l’empatia? Una delle abilità umane più invisibili. Ma anche una delle più celebrate quando si presenta nel suo splendore.
Il problema è che questa abilità è in rapido declino.
“Si va avanti solo se si è i più forti e si schiacciano gli altri.”
Questo, più o meno, è il mantra di una competizione eccessiva che dimentica i benefici della collaborazione.
È una linea guida radicata in molti ambiti: dall’educazione, al commercio, al mondo delle relazioni.
L’individualismo ha tolto allenamento alla nostra empatia, relegandola a un lontano angolino della nostra mente.
Ma oggi vediamo perché è importante.
Il significato di Empatia
Partiamo dalle basi. Il termine Empatia deriva dal greco en-pathos “sentire dentro” e la definizione che gli viene data oggi dall’Enciclopedia Treccani è la seguente: “Capacità di porsi nella situazione di un’altra persona o, più esattamente, di comprendere immediatamente i processi psichici dell’altro. Con questo termine si vuole rendere in italiano quello tedesco di Einfühlung”.
Cos’è l’empatia?
Quindi, come si può definire con poche e semplici parole l’empatia al giorno d’oggi?
È la capacità di riconoscere e comprendere a pieno le emozioni altrui. La capacità di ascoltare in modo attivo e senza giudicare le persone che avete accanto.
È caratterizzata da processi cognitivi e un’attivazione emozionale nel soggetto che la prova.
È un tentativo attivo di comprendere la prospettiva degli altri e le loro emozioni: in pratica come percepiscono e come vivono la loro realtà.
Cosa non è l’empatia
È importante non fare confusione dando questo nome a emozioni diverse.
L’empatia non è:
compassione: quest’ultima è una forma di empatia unita al desiderio attivo di aiutare il prossimo;
imitazione: essere empatici non significa imitare i sentimenti dell’altra persona e il suo comportamento;
pietà: questa è infatti la preoccupazione per lo stato di un’altra persona percepita come inferiore.
A cosa serve?
Se vogliamo crescere, è un’abilità cruciale per noi e le nostre relazioni: ci permette infatti di ampliare la nostra percezione sfruttando esperienze diverse dalla nostra.
L’empatia porta con sé un enorme vantaggio sociale.
L’umano è un animale che ha sempre fatto di socialità e cooperazione i suoi punti di forza. Grazie a loro siamo riusciti a stabilirci in cima alla piramide alimentare e a inventare la nostra tecnologia.
Riusciamo a far funzionare comunità enormi e complesse grazie all’uso della parola, della scrittura e del pensiero razionale.
Ma come riusciamo a comunicare quando non abbiamo lo stesso linguaggio?
Riconoscere le emozioni degli altri e avere la certezza che gli altri riconoscano le nostre, facilita le nostre interazioni.
Accade sia nel piacere, che nel dolore: quando vediamo qualcuno sbattere la testa contro un muro, “sentiamo” il suo dolore.
Se invece osserviamo delle persone gioire, quella gioia è in grado di riflettersi dentro di noi.
Empatia e intelligenza emotiva
Quando si parla di empatia, non si può di certo trascurare l’intelligenza emotiva. Questa espressione, infatti, è definita come “la capacità di monitorare le proprie e le altrui emozioni, di differenziarle e di usare tali informazioni per guidare il proprio pensiero e le proprie azioni” (Salovey e Mayer, 1990).
Possedere tra le proprie qualità l’intelligenza emotiva, dunque, significa avere le capacità di consapevolezza, motivazione, padronanza di sé, empatia e abilità nelle gestione delle risorse umane, che sono alla base di una buona relazione tra individui.
Non tutti, però, sviluppano l’intelligenza emotiva e questo porta alcuni individui a non saper riconoscere e controllare le proprie emozioni e quelle altrui, oltre a essere incapaci di provare empatia.
Dove sono le prove che l’empatia esiste davvero?
Secondo uno studio del Max Planck Institute in Germania, l’area del nostro cervello che si attiva nelle reazioni empatiche (e che resta spenta in abitudini egocentriche) è la circonvoluzione sopramarginale destra, una regione del lobo parietale.
Quest’area è centrale nella distinzione delle nostre emozioni rispetto a quelle degli altri.
Inoltre si attiva per darci l’abilità di osservare e valutare le emozioni che gli altri stanno provando in tempo reale.
La ricerca ha dimostrato che un funzionamento subottimale di quell’area ci porta a proiettare le nostre emozioni sugli altri, facendoci diventare egocentrici, dimenticando appunto cos’è l’empatia.
Dimenticandolo fisicamente.
Inoltre, quando siamo costretti a prendere decisioni rapide, la nostra empatia viene frenata o inibita completamente, portandoci a giudizi scorretti o imprecisi.
Non solo, in quest’area sono presenti i Neuroni Specchio che ci fanno imitare le azioni degli altri: per esempio quando una persona sbadiglia, ci troviamo a sbadigliare a nostra volta.
I vantaggi di essere empatici
Come abbiamo intuito aiuta nelle aree sociali: nella gestione delle relazioni, in quelle delle nostre comunità e soprattutto nella consapevolezza di noi stessi.
“Sapere come riconoscere le emozioni degli altri, ci dà dei parametri per riconoscere le nostre.”
Migliora anche le scelte morali: se abbiamo provato dolore sarà più difficile desiderare di infliggerlo agli altri e se abbiamo provato gioia, sarà più facile gioire della felicità altrui.
Infine la ricerca ha evidenziato altri aspetti molti interessanti:
Lo stato di salute dei pazienti migliora dove l’empatia viene praticata attivamente dai medici.
Diminuisce significativamente gli errori medici.
Modera i comportamenti aggressivi.
L’assenza di empatia è un marker fondamentale di psicopatia e autismo.
La sua presenza migliora la soddisfazione nelle relazioni intime.
Permette di creare e mantenere amicizie.
L’empatia è correlata positivamente con comportamenti di supporto e negativamente con eventi di aggressività.
Diminuisce l’incidenza dei crimini nelle società dove l’empatia è più presente.
Minimizza i problemi familiari.
Semplificando molto: possedere questa abilità migliora la nostra salute e le nostre relazioni.
Perché è così importante
“Siamo scimmie evolute con bombe atomiche a disposizione.”
Fermiamoci un attimo a pensare: negli ultimi decenni ci siamo trovati con invenzioni e tecnologie pazzesche!
Ma nonostante questo, siamo quasi gli stessi umani di qualche decina di migliaia di anni fa, con l’aggravante dell’alienazione sociale promossa dai Social Media.
Questa rivoluzione tecnologica include strumenti magnifici, come la risonanza magnetica, e armi devastanti come la bomba atomica.
Le decisioni su come e quando lanciare quelle bombe sono sempre in mano a noi umani.
Pensaci: preferiresti che a scegliere fosse una persona che sa cos’è l’empatia, o qualcuno che pensa solo a se stesso?
Come sviluppare l’empatia?
Per allenare l’empatia (siamo o non siamo efficaci dopotutto? 🙂 ) ci sono diverse attività che si possono praticare con costanza.
1) Fai questo semplice gioco
Spesso passiamo il tempo tra la gente incollati allo schermo dello smartphone.
Possiamo provare però a fare un gioco: osservare le persone e provare a indovinare il loro stato emotivo.
Ci possiamo chiedere: che giornata stanno passando? Cosa stanno provando?
La curiosità verso gli altri è il primo passo per comprendere cos’è l’empatia ed estenderne l’efficacia.
2) Impara ad ascoltare attivamente
Spesso durante le conversazioni abbiamo la risposta pronta prima ancora che l’altro abbia finito la frase.
Trattiamo molte conversazioni come battaglie verbali e finiamo per scontrarci davvero.
Rallentando un po’ possiamo cambiare il corso di questi scambi. Potremmo ad esempio fare così:
Ci prendiamo un momento per considerare ciò che l’altro ha detto e facciamo delle domande per approfondire il suo punto di vista.
Dopodiché tentiamo di comprendere perché quella persona la pensa così.
Infine proviamo a identificare le sue emozioni.
Questa pratica è ancora più utile quando non condividiamo l’opinione dell’altro, perché ci permette di espandere e completare la nostra.
3) Apriti agli altri
Ascoltare le esperienze degli altri è come leggere libri.
È vivere nuove prospettive della stessa vita: questo ci permette di avere più informazioni su esperienze comuni e vederle in maniera diversa.
Allo stesso tempo, aprirsi ai propri sentimenti e alle esperienze è fondamentale per poterli gestire e riconoscere in maniera equilibrata e costruttiva.
L’uso continuo di queste tre pratiche ci permette di allargare i nostri confini di “giudizio e pregiudizio” limitando l’uso di etichette verso l’altro e facilitandoci la via verso la visione di com’è realmente l’esperienza umana e cioè un’esperienza comune, in cui siamo una specie sola e lavoriamo per la nostra evoluzione e sopravvivenza.
Questi vantaggi e principi funzionano a tutti i livelli, dalle relazioni più intime ai progetti più grandi.
Com’è possibile avere un obiettivo comune e perseguirlo con efficacia se non prendiamo atto di cos’è l’empatia e non ci comprendiamo?
Buongiorno amici. Oggi parliamo dell’importanza che hanno i genitori per gli adolescenti.
Ci sono atteggiamenti e comportamenti dei figli, quando diventano adolescenti, che mettono a dura prova mamme e papà.
Dov’è finito il bambino che conoscevano così bene e con il quale giocavano, parlavano e che sembrava avere bisogno del loro affetto e della loro presenza?
Un estraneo
La sensazione che prevale, in alcuni momenti, è quella di ritrovarsi con un estraneo accanto, che non riconoscono più e che non vuole avere nulla a che fare con loro. Ebbene, sappiate che non è così! Anche se spesso sembrano non avere alcuna intenzione di dialogo o sembrano quasi voler rifuggire lo sguardo degli adulti, e dei genitori in modo particolare.
I ragazzi stanno cercando la loro identità e sì, vero, molto spesso preferiscono starsene da soli, o ad ascoltare gli amici che, per loro, sono il microcosmo che stanno creando e va benissimo così.
Presenza
Questo non significa che non ne abbiano più bisogno e che non lo vogliano più: è forse proprio in quei momenti che ne hanno maggiormente necessità. Si sentono come “osservati” dagli altri, come sotto un riflettore che punta la luce su di loro e sono pronti a essere giudicati e criticati.
Vogliono essere visti da mamma e papà, vogliono sapere che hanno ancora la stessa attenzione nei loro confronti, che li osservano, che notano i loro comportamenti e atteggiamenti, che sanno andare al di là delle parole o dei silenzi.
Silenzi
Quanto parlano i loro silenzi. A volte è solo perché vogliono stare da soli coi loro pensieri ma aspettano, comunque, che mamma o papà vadano da loro dicendo “se hai bisogno di me ci sono”: Ecco, basta questo, basta essere compresi. Basta che i ragazzi abbiamo un porto sicuro a cui possono sempre fare affidamento: presenza, vicinanza non invadente. Osservarli .
E, ancora di più, anche se sembrano non essere più interessati alla vostra presenza, hanno bisogno di sapere che, qualunque cosa accada, il genitore sarà sempre lì, ad ascoltare e accogliere.
Sono ragazzi
“Una cosa non dobbiamo mai dimenticarci: sono ragazzi, hanno bisogno di essere compresi. Per non perdersi hanno bisogno di poter contare su qualcuno, e per questa ragione si deve andare oltre i comportamenti superficiali o oppositivi, oltre il ‹‹non ho niente, sto bene›› e guardarli davvero.
Empatizzare davvero, mettersi nei loro panni può aiutarci a comprendere il senso profondo delle loro azioni, leggere nei loro pensieri può consentirci di anticiparli, tendendo loro la mano quando serve.
Dedicate loro del tempo…anche solo guadandoli, interessandovi alla loro vita, ai loro interessi senza pregiudizi, senza giudicarli perché , con loro, dovete lasciare sempre aperta la porta del dialogo e dell’ascolto attivo. Dimostrate che siete lì, sempre, per incoraggiarli, proteggerli, aiutarli a camminare co le proprie gambe.
Buongiorno amici. Oggi parliamo di come “sopravvivere” a questa fase: l’adolescenza.
Quando i figli oltrepassano la soglia dell’adolescenza, non cambiano solo da un punto di vista fisico, ma iniziano anche a mettere in discussione i modelli genitoriali e iniziano a ribellarsi, provocando anche frequenti tensioni e litigi in famiglia.
Disorientamento
I genitori si trovano spesso disorientati di fronte agli atteggiamenti e ai comportamenti dei figli che crescono, non li riconoscono più, sentono di non avere più il controllo e temono che la situazione possa sfuggirgli di mano.
“Il bambino affettuoso del passato, sempre pronto ad accettare i suggerimenti e gli ordini paterni, non esisteva più. I genitori, al momento dell’adolescenza del figlio, vivono un vero e proprio lutto: non esiste più il bambino tanto amato che li faceva sentire importanti e addirittura indispensabili” (Tratto dal libro Nel nome del figlio di Nicolò e Massimo Ammaniti).
Non bisogna salire sul ring: ascolto e dialogo sono le chiavi principali
Litigi e conflitti possono essere all’ordine del giorno, un tira e molla sui compiti, sul disordine, sull’uso eccessivo di videogiochi e cellulare nonostante l’adolescenza non sia una terra di mezzo ma una fase di crescita fisiologica e necessaria: una sorta di ricerca o pretesa della propria autonomia.
Far capire le proprie ragioni può essere molto difficile e i genitori si sentono spesso messi a dura prova e costretti a provarle tutte pur di gestire la ribellione dei figli, anche se si ha spesso la sensazione che qualunque strategia adottata sembri non funzionare.
Regole
Poche regole, ma ben definite, saranno in grado di dare contenimento ai figli. La via di mezzo è quella più efficace: valutare in base alle diverse situazioni e non avere un’unica linea rigida. Ci saranno momenti in cui chiudere un occhio e altri in cui restare fermi nelle proprie decisioni, anche di fronte a rabbia e proteste.
“L’adolescenza assume significati e valori diversi nel linguaggio degli adolescenti e nelle parole degli adulti, che siano genitori, insegnanti o anche istruttori sportivi. Molti adulti non riescono a comprenderne le manifestazioni e i comportamenti” (Tratto dal libro Nel nome del figlio di Nicolò e Massimo Ammaniti).
Certamente, bisogna partire dal dialogo e dall’ascolto e cercare di comprendere le loro esigenze che spesso non corrispondono a quelle dell’adulto. La disponibilità all’ascolto è molto apprezzata dai ragazzi, anche se non lo riconosceranno mai apertamente, e può evitare di farli partire sul piede di guerra.
dove i ragazzi spengono il cellulare e leggono ascoltando musica.
Buongiorno amici. Oggi parliamo di party letterari a New York.
“Al di fuori della scuola e delle cerimonie religiose, non ci sono ambienti in cui possiamo leggere all’unisono”.
Così un frequentatore dei Reading Rhythms lo scorso dicembre spiegava alla giornalista del New York Times Molly Young come mai amasse così tanto quegli happening. I Reading Rhythms non sono dei club del libro. Un club del libro è in genere strutturato in un gruppo di persone che si riunisce per discutere di libri che sono già stati letti e precedentemente selezionati in base a un tema comune o a un elenco di letture predeterminato.
Il club del libro-party letterari a New York
Questi club spesso si accordano su un unico libro da leggere ed esaminare insieme. I Reading Rhythms sono dei party letterari, delle “feste di lettura”, durante le quali i partecipanti si riuniscono per divertirsi leggendo in reciproca compagnia, ognuno con il proprio romanzo, saggio, raccolta di racconti o di poesie, e tra un blocco di tempo dedicato alla lettura e l’altro, ci sono pause dedicate alla chiacchiera.
Che potrà essere a tema letterario oppure no. Non ci sono vincoli, su questo, tant’è che la stessa reporter del NYT, racconta d’essere finita ad ascoltare la storia della vita di un altro reader, emigrato dalla Turchia agli Usa, nello specifico in Minnesota “in cerca di un posto freddo in cui studiare”, e d’essersi stupita di come, da introversa dichiarata, la connessione creata dalla lettura in sincro l’avesse stimolata alla conversazione. Si può parlare di qualunque cosa, non necessariamente di libri (anche se è più probabile che si finirà lì), e, altra differenza con ciò che avviene in una biblioteca, le posture di lettura sono tutte ammesse.
Alcuni preferiranno sedere a gambe incrociate con un libro appoggiato sulle ginocchia. Altri staranno rannicchiati su un divano. Molti adotteranno una posizione modificata del “Pensatore”. Qualche raro caso se ne starà dritto come un fuso, come un uccello di palude. L’unica cosa assolutamente proibita sono i cellulari.
New york vibes
Nella stessa America, anzi nella stessa New York degli adolescenti luddisti, un’altra tendenza va a cercare di depotenziare il ruolo di protagonista assoluto delle nostre vite che ha lo smartphone.
Dopo il movimento di auto-liberazione dagli smartphone, fondato qualche mese fa da un gruppo di adolescenti di Brooklyn resisi conto di essere finiti, dal lockdown in poi, in una sorta di burnout causato da abbuffate di chat e social, nella Grande Mela è scoppiato il boom di questi party letterari liberi dal gracchiare delle suonerie, e accompagnati, al massimo, da qualche dj set ambient o dalle note di un pianista.
Come nel caso del Luddite Club, fondato da una teenager di nome Logan Lane che ha convinto un altro centinaio di coetanei a passare le giornate nei parchi newyorkesi a fare di tutto tranne stare al telefono, anche i Reading Rhythms sono nati come cosa tra amici. In questo caso quattro ventenni – Ben Bradbury, Charlotte Jackson, John Lifrieri e Tom Worcester – hanno scoperto lo scorso autunno di avere un condiviso senso di allarme per il deterioramento del loro consumo di libri: ne leggevano sempre meno e la cosa non li rendeva affatto felici. Le cause erano quelle che ci si potrebbe facilmente immaginare: capacità di attenzione annientata, troppa socializzazione, e soprattutto gli insidiosi incantesimi dell’iPhone.
L’idea- party letterari a New York
Bradbury e Worcester, che sono coinquilini, hanno ospitato il primo evento sul loro tetto: hanno creato una playlist, 10 amici si sono presentati da loro muniti di libro, hanno letto per un po’ tutti assieme e poi hanno parlato di quello che avevano letto. E poi sono tornati a casa. Tutto molto semplice eppure tutto molto speciale, per la facilità, naturalezza e piacevolezza con cui era successo. Charlotte Jackson ha detto al NYT di aver lasciato la prima festa con la sensazione di “essere stata nella biblioteca di scuola, a discutere di filosofia fino a tarda notte con gli amici, ma senza il peso di un esame o di un saggio all’orizzonte”. “Non c’era un premio finale in ballo; è stato puramente divertente”.
I quattro hanno consolidato un format, dato un nome all’evento, pianificato altre feste, aperto la lista degli invitati e aperto un account Instagram.
Da maggio ci sono state feste a New York, Los Angeles e (tra tutti i posti) in Croazia. I party sono cresciuti: quello dello scorso febbraio, nella roccaforte dei Readers che è il club FourFiveSix di Williamsburg a New York, ha accolto 175 lettori, con una lista d’attesa di altrettanti. L’evento, dicevamo, è strutturato in più blocchi di lettura silenziosa di 30 minuti, all’insegna del monotasking e della consapevolezza.
In netto contrasto, dunque, con il multitasking che spesso ostacola la nostra concentrazione, creatività e benessere. Uno studio dell’Università del Sussex, infatti, suggerisce che il multitasking, soprattutto con i nostri dispositivi elettronici, può ridurre la nostra capacità cognitiva e il nostro benessere mentale.
Party letterari a New York
Ecco, ai party letterari si legge, talvolta si ascolta un po’ di musica, di sicuro ci si dimentica, o almeno ci si si prova, dei device. La componente interattiva di un incontro come Reading Rhythms, che arriva dopo i blocchi di lettura mirati, e in cui si discute delle nostre letture con gli altri, è supportata dalla ricerca sull’apprendimento sociale.
Secondo uno studio del Journal of Applied Cognitive Psychology, quando conversiamo con altri sul materiale che stiamo leggendo, possiamo migliorare significativamente la comprensione e la memorizzazione.
Il concetto è che quando prendi qualcosa che non è stato elaborato nel tuo cervello e lo metti su carta o in parole, ciò aiuta a organizzarlo in una narrazione coerente. “Quando ascoltavo altre persone parlare delle idee e dei pensieri che avevano trovato nei loro libri – ha scritto su questo aspetto dei RR il giornalista di Rolling Stone Usa Chris Schembra – ero ispirato a trovare nuovi modi di guardare il materiale che avevo letto nei miei”.
L’ambiente sociale
Per molti la parte preferita di questo tipo di incontro è proprio l’ambiente sociale, ma analcolico e non partitico, che ha. Sono, infatti, feste che avvengono a inizio settimana, magari proprio di lunedì sera, e per questo immerse in un’energia diversa rispetto a quella aggressiva e competitiva del weekend. Sono, dalla voce di chi li ha sperimentati, eventi calmi, accoglienti e piacevoli. Secondo una ricerca pubblicata sull’
International Journal of Environmental Research and Public Health impegnarsi in attività di gruppo come la lettura è stato collegato a un miglioramento della salute mentale e a una diminuzione del senso di solitudine, tanto che c’è chi ha iniziato a contemplare l’applicazione delle feste di lettura in altre aree, come nelle società di consulenza per il team building, negli ambienti aziendali.
“Immagina di essere un leader aziendale creativo – scrive sempre Schembra – È probabile che i tuoi dipendenti si sentano soli, disconnessi ed esauriti. Sono costantemente di fretta, raramente si fermano a riflettere, il che porta alla stagnazione. Condividere idee innovative sembra uno sforzo eccessivo, quindi si attengono allo status quo. Organizzare una festa di lettura, in qualunque forma o modo, potrebbe aiutare le persone a connettersi in modo significativo. Penso che le persone imparerebbero gli uni dagli altri. E si conosceranno meglio anche solo guardando quali libri gli altri abbiano scelto di portare”.
Nel frattempo oggi o domani spegni il cellulare per qualche ora. Metti da parte del tempo e dedicalo alla lettura. E infine, rendilo sociale, non social. Invita degli amici a casa e invece di dire loro di portare una bottiglia di vino, digli di portare un libro.
O tutte e due. L’importante è che i telefoni restino muti nelle tasche delle giacche, almeno per un capitolo o due.
Lo stress è una risposta fisiologica, positiva e funzionale alla nostra sopravvivenza. È una reazione che si attiva quando il nostro organismo deve rispondere agli eventi della vita. Bisogna immaginarlo come la tensione che deve sviluppare una molla prima di rilasciare la sua forza. Senza quella tensione, non svilupperebbe la sua energia e non si creerebbe il movimento.
Positivo o negativo?
Lo stress di per sé, qualunque sia la situazione che lo provoca, non è negativo né positivo poiché favorisce l’adattamento ai numerosi stimoli, sia fisici che mentali, ricevuti ogni giorno. Lo stress può essere positivo quando, ad esempio, aiuta a concentrarsi per un esame, dà la carica per affrontare una gara sportiva o un nuovo lavoro.
In questi casi viene definito stress positivo o eustress. Diventa, invece, negativo quando dura nel tempo senza che si abbia la capacità di affrontare la situazione che l’ha provocato. In questi casi si determina un sovraccarico o carico allostatico, che logora le cellule, i tessuti e gli organi compromettendone le funzioni.
La percezione di un evento potenzialmente stressante è diversa da persona a persona. Ciò che causa lo stress dipende, almeno in parte, dal modo in cui un evento è valutato. Una persona con un modo di pensare rigido e pessimistico percepirà un evento stressante in modo molto più negativo e potenzialmente pericoloso di quanto farebbe una persona con uno stile di pensiero flessibile e ottimista.
Ad esempio, nel caso di un ritardo del treno, una persona può reagire con rabbia ed ansia, mentre un’altra può adattarsi alla situazione approfittandone per leggere un libro o telefonare ad un amico.
Il modo in cui ognuno reagisce agli eventi potenzialmente stressanti è influenzato anche da fattori genetici: lievi differenze in alcuni geni possono modificare le modalità di risposta. Inoltre, forti reazioni a situazioni stressanti possono, a volte, essere ricondotte a eventi traumatici avvenuti in passato.
Le persone che sono state trascurate o hanno subito abusi fisici o sessuali da bambini tendono ad essere particolarmente vulnerabili allo stress. Lo stesso vale per coloro che hanno subito violenze fisiche o sono sopravvissute a gravi incidenti o attentati terroristici.
Eventi stressanti negativi
Le situazioni percepite in modo negativo includono:
morte del coniuge o di un altro membro della famiglia
separazione dal coniuge, divorzio, fine di una relazione affettiva
ricovero in ospedale (proprio o di un familiare)
incidente o malattia (propria o di un familiare)
rapporti tesi con le persone (familiari, partner, amici, colleghi)
frequentare un corso che interessa, o dedicarsi a un nuovo hobby
I sintomi
I disturbi (sintomi) associati allo stress sono molteplici e variano da persona a persona. Essere in grado di riconoscere quelli più comuni può aiutare a gestirli. Sono suddivisi in quattro categorie:
Non sempre è possibile prevenire lo stress, ma ci sono molti accorgimenti da poter seguire per gestirlo in maniera più efficace. Innanzitutto, è importante identificare quali siano gli eventi che lo scatenano e annotare per iscritto quali sensazioni, sia fisiche sia mentali, compaiono.
Tra i metodi utili per ridurre gli effetti dello stress:
effettuare esercizi di respirazione profonda o controllata
praticare esercizi di visualizzazione o meditazione
sottoporsi a massaggi
praticare tecniche di rilassamento (yoga, thay chi)
praticare regolarmente un’attività fisica (per esempio: passeggiare a passo veloce, andare in bicicletta, nuotare, giocare a tennis)
stabilire delle priorità, organizzare la propria giornata, sia personale sia lavorativa, evitando un sovraccarico di compiti e eliminando il più possibile quelle cose che non sono strettamente necessarie
ritagliare ogni giorno uno spazio solo per se stessi, per fare ciò che piace
circondarsi di una rete di amici, condividere non solo il tempo libero ma anche le preoccupazioni
Buongiorno amici. Oggi riflettiamo sulla storia di Asia: combattere contro un tumore e gli haters.
A “Le Iene” parla Asia, la 14enne di Sala Consilina, in provincia di Salerno, che da tempo combatte contro un tumore. Negli ultimi giorni la ragazza, che è in cura presso il reparto di Oncologia pediatrica dell’ospedale Santobono – Pausillipon di Napoli, racconta sui social il proprio percorso con la malattia postando video e foto dall’ospedale dove si sottopone alla chemioratepia.
A rendere più complicata la sua vicenda è il bullismo che la ragazza sta subendo: Asia ha trovato la forza di rispondere agli hater e la sua storia è diventata virale, tanto da arrivare al presidente della Repubblica, Sergio Mattarella, che su instagram le ha inviato un messaggio: “Asia, ho visto il tuo video e sei bravissima! Complimenti per la tua forza e auguri! Sergio Mattarella”.
Intervista
L’intervista di Asia a “Le Iene” A parlare con Asia è l’inviato del programma di Italia 1 Gaetano Pecoraro. “Essendo autoironica mi sono messa a ridere – ha commentato la ragazza parlando degli attacchi ricevuti la ragazza -, e mi sono messa ancora più a ridere pensando che lo fanno con l’anonimo”. E ancora, perché lo fanno secondo Asia? Sono frustrati“.
Asia ha parlato anche dell’emozione per il messaggio ricevuo dal presidente Mattarella: “Sono rimasta spiazzata – ha spiegato la ragazza -, c’era mamma che tremava”. E ancora: “Mi farebbe piacere se un giorno ci incontrassimo, lo vorrei conoscere, per una chiacchiera”.
La de Filippi
Il messaggio di Maria De Filippi Un altro augurio speciale è stato recapitato dalla ragazza, proprio dalle Iene.
Ed è quello di una persona che la ragazza stima molto: si tratta di Maria De Filippi. La conduttrice è molto seguita dalla ragazza e ha voluto inviare un messaggio di solidarietà per lei: “Ciao Asia, volevo dirti che so che sei forte, che so che suoni il pianoforte – ha esordito De Filippi -.
So che hai parlato di te sui social e che ti hanno scritto brutte cose. È capitato anche a me. Purtroppo deficienti in giro sono tanti, non devi fermarti, devi solo provare a ignorarli.
Un grande abbraccio, un grande bacio e in bocca al lupo per tutto, forza eh”. Asia resta senza parole: “Che bello ma non ci credo!” E poi risponde: “In molti mi hanno consigliato di cancellarmi dai social, ma non lo farò, perché devo limitarmi io?”.
La cattiveria
Io mi e vi chiedo, come può esserci tanta cattiveria? E per quale motivo inveire contro una ragazzina che sta vivendo, con una forza da leoni, una battaglia difficile e che, al contrario, dovrebbe essere sostenuta e incoraggiata?
Forse, anzi sicuramente, perché le persone sono frustrate. Forse perché una persona che lotta col sorriso fa paura ed invidia.
Forse solo perché certa gente non è stata educata e, come sempre, tutto questo non deriva dall’utilizzo dei social ma dalla famiglia d’origine.
Buongiorno amici. Oggi parliamo de i giganti dell’adolescenza.
L’adolescenza è un momento di transizione e di cambiamenti. Se i nostri figli riescono a superarla, domani saranno adulti più capaci di affrontare il mondo, di risolvere le difficoltà che si presentano e di godersi la vita. Ma, prima devono combattere i giganti dell’adolescenza.
“L’adolescenza è il ponte tra l’infanzia e l’età adulta”.
– Louise J. Kaplan
I giganti dell’adolescenza
Il gigante del corpo
Uno dei giganti dell’adolescenza più rumorosi. Gli adolescenti sperimenteranno cambiamenti nella corporatura, nell’altezza e nella taglia, nel peso, nella massa muscolare, crescono anche gli organi interni e si sviluppano i caratteri primari e secondari. Si manifestano numerosi cambiamenti in un lasso di tempo molto breve. In parte per questo si sentono goffi e insicuri. Avvertono il loro corpo come nuovo ed estraneo, hanno bisogno di tempo e di pazienza per abituarvisi.
Al giorno d’oggi, la maggior parte dei preadolescenti studia materie nelle quali si parla di sessualità e dei cambiamenti che subiranno. Dall’altro lato, è importante che anche noi ci sediamo con loro e ne parliamo, proponendogli un percorso fuori dall’ambito scolastico e rispettando sempre i loro tempi: non vogliamo che ci rifiutino come una fonte di consigli valida, ma il contrario.
Questo gigante ha a che fare con il corpo, gli ormoni, la fantasia. Affrontarlo implica che sperimenteranno la loro attrattiva, idealizzeranno l’amore, subiranno delusioni e si innamoreranno e disinnamoreranno con molta intensità. L’altra faccia di questo gigante è l’identità sessuale.
Il gigante della definizione
Durante l’adolescenza i nostri figli soffriranno una crisi d’identità e avranno bisogno di definirsi in qualche modo e di riconoscersi in questa definizione. Di tale definizione, una parte sarà l’autoconcetto, e le emozioni da esso risvegliate (l’autostima). All’interno di questa definizione si trovano anche i valori, per i quali constateranno che ci sono circostanze alle quali, qualunque essi siano, non sarà facile essere fedeli.
Hanno bisogno di scoprire diversi aspetti della propria identità:
Identità occupazionale: il lavoro o la professione che intraprenderanno
Identità sociale: le amicizie e le persone di cui si circonderanno
Identità sessuale: il ruolo come donne o uomini così come le preferenze sessuali
In questa fase i nostri figli iniziano a confidare i propri problemi e dubbi ad altri: professori, fratelli o giovani della stessa età o poco più grandi con i quali è probabile che si sentano più a loro agio nel parlare; per quanto ci riguarda, come genitori, è importante capirlo e rispettarlo. Creare un clima aperto a casa li fa sentire sicuri che non li bombarderemo di domande e rimproveri, che li ascolteremo quando ce lo chiedono e che li aiuteremo nel migliore dei modi.
“Puoi capire che un bambino sta crescendo quando smette di domandare da dove viene e e inizia a smettere di dire dove va”
– Anonimo-
Il gigante della famiglia
La battaglia contro uno dei principali giganti dell’adolescenza può diventare molto complicata quando si avvicendano i grandi conflitti, i litigi e i cambiamenti. Molti genitori si lamentano di aver perduto i loro figli/bambini, che sono ribelli e che discutono e manifestano dubbi su pratiche e pensieri radicati nella dinamica familiare mai contestati fino a quel momento.
I figli continuano a vivere a casa ma in un certo senso iniziano a fare passi da gigante verso la propria indipendenza. Indipendenza che spesso conquisteranno provando e sbagliando, nonostante i molti consigli ricevuti. Un periodo di transizione nel quale non accettano più gli ordini dei genitori, dubitano e cercano una nuova identità e il proprio ruolo nel mondo.
Per poterli aiutare, è importante avere pazienza e offrire loro un ambiente nel quale sentirsi sicuri di poter tornare. Confidare nell’educazione che abbiamo impartito loro fino a questo momento e rafforzare la loro autonomia, lasciando che si facciano carico di diversi compiti o confidando che sapranno comportarsi adeguatamente lì dove andranno.
“I giovani hanno sempre avuto lo stesso problema: come ribellarsi o conformarsi allo stesso tempo”.
-Quentin Crisp-
Il gigante degli amici
Gli amici per gli adolescenti sono fondamentali. Sono quelle persone verso le quali possono provare empatia giacché anche loro mettono in discussione il mondo degli adulti e sperimentano gli stessi cambiamenti. Con gli amici si può parlare apertamente di tutti gli argomenti, senza temere di sentirsi ridicolo e fuori luogo. In quest’epoca le amicizie sono più intense e gettano le basi dell’intimità nella vita adulta.
Gli adolescenti sono molto influenzabili e tendono ad adottare tendenze come modi di vestire, attività, preferenze musicali e persino politiche. Avere amici è così importante che molto spesso capita che perdano la propria voce e personalità, preferiscano seguire la corrente e non esprimere la propria opinione per non rimanere soli, cosa che può causare dei problemi nella ricerca della propria identità.
All’interno dei gruppi, possono diffondersi anche dipendenze a causa della pressione sociale. I gruppi giocano molto sulla capacità di isolare o rifiutare colori che non vogliono seguire le “regole del gioco”. I giovani timidi o con problemi di carattere possono essere in conflitto e risultare molto dipendenti. Il gruppo impone i valori e impedisce loro di ragionare in modo individuale, li condiziona e fa in modo che si annulli la responsabilità personale.
In quanto genitori bisogna stimolare le relazioni sociali dei propri figli insegnando loro i modi per relazionarsi meglio. Permettere che vadano a casa degli amici o che questi vengano nella nostra per conoscerli meglio. Conoscere le persone che frequentano e concedere ai propri figli la fiducia di saper scegliere bene le proprie amicizie. Essere tolleranti quando qualche amico non ci piace del tutto, purché non intravediamo atteggiamenti pericolosi.
“Il conflitto tra il bisogno di appartenere a un gruppo e il bisogno di essere visto come unico e individuale è la battaglia principale dell’adolescenza”.
-Jeanne Elium-
Anche se Davide dovette combattere la sua battaglia contro Golia da solo, non è necessario che i nostri figli facciano lo stesso contro i giganti dell’adolescenza. Importante è confidare in loro e in noi stessi e negli strumenti che abbiamo per aiutarli a combattere questa e altre mille battaglie.
Buongiorno amici. Oggi voglio fare una riflessione su l’esempio che danno i bambini.
Esempio
Oggi voglio fare una piccola riflessione con voi. Sull’esempio che seguiamo da che siamo bambini fino all’età adulta.
Nasciamo e veniamo a contatto solo col nostro nucleo famigliare: mamma e papà e, a volte, fratelli. Ma l’esempio che ci dicono di seguire è quello dei genitori.
Ed è qui che questi devono cominciare a dare esempio del ruolo importantissimo che hanno. Il buon esempio, sì.
Perché , come dico sempre io, a quell’età i bimbi sono come delle spugne.
Non hanno ancora una facoltà cognitiva molto sviluppata, sono nati da poco tempo. E, più che le parole, seguono ciò che i genitori dicono e fanno. Sono il loro esempio, i loro eroi.
Se i genitori parlano urlando a casa questo modo di comunicare verrà trasportato, una volta più grandicelli, al di fuori delle mura domestiche. Se, da adolescenti, mamma vi dice di non fumare perché fa male alla salute ma lei stessa lo fa, nel cervello del ragazzo c’è una domanda:” ma allora è lecito. Lo faccio anch’io”.
Nonni
Un altra bellissima figura della famiglia sono i nonni. Ci dicono sempre che i nonni sono l’emblema della saggezza.
E quanto ci piaceva sentir raccontare di quando nonna era giovane o degli episodi della sua epoca, di come viveva. A volte quei racconti erano quasi meglio delle favole.
La mia canticchiava spesso e le insegnava a me. E id etti popolari? Quanta saggezza davvero in quelle frasi che non capivamo ma che, nel profondo, nascondevano dei veri insegnamenti che, poi, ci portiamo avanti per tutta la vita.
E i bambini?
Ma quindi i bimbi, devono solo imparare e tacere?
E no. Ci dicono , e diamo per scontato che sia l’unico modo per crescere bene, che solo gli adulti possono insegnarci qualcosa. Ma chi l’ha detto?
Sono sempre stata, e sempre lo sarò, convinta che chiunque può insegnarci qualcosa, anche un bambino.
Nella sua gentilezza, ingenuità. nei suoi occhi pieni di meraviglia nello scoprire il mondo.
Nella non malizia nel rapportarsi con gli altri e nell’assenza di giudizio e pregiudizio, a meno che non abbia seguito un esempio sbagliato in casa.
No presunzione
Troppe volte vedo, nelle famiglie con ragazzi adolescenti, i genitori, o almeno uno di oro, che si sentono i detentori della verità assoluta. Io sono il migliore nel dire , fare, in tutto e, per questo, devi prendere e esempio da me.
A volte pressano i ragazzi di troppe aspettative facendo crescere, così, delle persone frustrate che hanno paura di deludere gli adulti.
Quegli adulti che dovrebbero supportarli e aiutarli ad avere fiducia in se stessi e a valorizzarli.
Ebbene sì, anche voi non siete mai arrivati.
Ricordatevi che nella vita c’è sempre da imparare, da tutto e tutti, indipendentemente da sesso ed età.