Bongiorno amici. Ogg vediamo perché i ragazzi sono sempre più arrabbiati.
In rete ci si imbatte spessissimo in un linguaggio provocatorio, violento, fatto di messaggi offensivi e di odio.
Sembra non si aspetti altro che entrare nel proprio “sfogatoio online” per imporre il proprio pensiero, la propria voce e il proprio “sapere”: la libertà di esprimersi viene spesso travisata nella possibilità di scaricare sull’altro i propri stati interni e i propri pensieri senza filtri, dimenticandosi che dietro l’immagine di un profilo c’è una persona e che le parole sono reali.
Purtroppo, non siamo abituati al confronto, alla tolleranza e al rispetto.
Gli haters sono in forte crescita anche tra gli adolescenti: secondo i dati dell’Osservatorio Nazionale Adolescenza oltre 2 ragazzi su 10, tra i 14 e i 19 anni, di cui il 53% sono maschi, commentano intenzionalmente in modo negativo e aggressivo foto, video, immagini, con lo scopo di offendere l’altro.
Equivoci a portata di click
Partiamo da un presupposto di base: ogni volta che ci addentriamo nella rete, siamo tempestati da ogni tipo di contenuto e da una tendenza all’estremizzazione che inevitabilmente genera frustrazione, insoddisfazione e rabbia.
Inoltre, il confronto con gli abitanti del web non è il confronto con il vicino di casa o con gli amici più stretti, è un confronto con un numero rilevante di persone che amplifica lo stimolo e la sensazione di inadeguatezza di tanti adulti e adolescenti. Nelle piattaforme online è tutto troppo veloce.
Questa accelerazione va ad intaccare la capacità di pensare in maniera critica e la capacità attentiva.
Leggere senza attenzione, focalizzarsi sulle prime parole o impressioni, leggere quello che si vuole leggere (bias di conferma), innalzano notevolmente la probabilità di fraintendimento.
La rapidità, l’assenza della attesa e il doversi quasi imporre sull’altro sono altri aspetti sottostanti queste dinamiche.
Sembra ci sia una competitività estrema su tutto, una ricerca della propria ragione, un’assenza di flessibilità mentale che incrementa il livello di tensione di fondo e abbassa notevolmente quello di tolleranza.
Si cercano profili e post che confermano le proprie tesi e si attacca chi non è in linea con i propri pensieri, ideologie e convinzioni. Sta diventando un continuo schierarsi.
In questo modo ci si dimentica di un concetto molto importante, che dovrebbe essere alla base della tolleranza: non esiste una realtà oggettiva, esiste una realtà soggettiva, che non è assoluta.
Scienza e cervello: quali meccanismi scattano?
Secondo un recente studio pubblicato nella rivista Science Advances (Brady et al., 2021), i social network portano le persone a tirar fuori nel tempo una maggiore rabbia e frustrazione.
Infatti, nelle piattaforme online le reazioni violente e cariche di odio ottengono un maggior numero di like e condivisioni, suscitano molte più interazioni e hanno un potere attrattivo molto forte.
Tutto questo attiva nel cervello una sensazione di forte gratificazione e di appagamento immediato che vanno a stimolare specifiche aree cerebrali e il rilascio di dopamina e altri neurotrasmettitori che fanno sperimentare la piacevolezza e la sensazione di essere ricompensati.
Inoltre, se pensiamo in modo specifico agli adolescenti, bisogna tener conto del fatto che in questa fase evolutiva la corteccia prefrontale non ha raggiunto il suo pieno sviluppo.
Questa parte del cervello è quell’area deputata prettamente alle funzioni esecutive e di controllo come prendere decisioni, valutare le conseguenze delle proprie azioni e bloccare i comportamenti inappropriati.
Al contrario, le aree emotive del cervello, a causa delle numerose trasformazioni in atto, sono molto più attive, meno gestibili e possono portare i ragazzi ad agire in modo più impulsivo.
Per questo gli adulti devono lavorare tantissimo sull’aiutarli a pensare in maniera più pertinente e bilanciare questo sbilanciamento dovuto allo sviluppo.
Loro tendono maggiormente ad agire piuttosto che a pensare e anche in rete, quindi, si è portati a commentare senza pensare dimenticandosi troppe volte che dietro uno schermo, un’immagine o un profilo c’è una persona e che le parole possono essere taglienti come lame.
E vi ricordo che se avete bisogno di me potete cotnattarmi tramite la sezione “contatti e consulenze” del sito
o sulla piattafoema camtv col nome del canale adolescenti istruzioni per l’uso
Il trend che, purtroppo, sta spopolando su tiktok.
Buongiorno amici. Oggi parliamo e riflettiamo sulla cicatrice francese.
Sta spopolando in queste settimane su TikTok una nuova “sfida social” che consiste nel provocarsi una vistosa cicatrice sul volto: l’obiettivo è quello di assomigliare ai gangster.
Giampiero Girolomoni, direttore dell’unità di Dermatologia dell’Azienda ospedaliera universitaria integrata di Verona: «Potrebbe servire il laser per farlo scomparire»
La cicatrice francese
Si chiama “cicatrice francese”, ma non è una cicatrice, bensì un livido. Ci sono decine di video sulla piattaforma Tik Tok (la più popolare tra i ragazzini) che spiegano come procurarselo e ragazzini che si riprendono mentre si pizzicano in faccia, sempre più forte.
Sembrano non capire che farsi del male non è un gioco.
Potrebbe servire il laser per farlo scomparire»- cicatrice francese
«Attenzione, però. Potrebbero volerci anni perché questo segno scompaia. In alcuni casi potrebbe addirittura diventare permanente, per cui servirebbe un intervento laser per farlo sparire».
L’avvertimento arriva dal dermatologo Giampiero Girolomoni, direttore dell’unità di Dermatologia dell’Azienda ospedaliera universitaria integrata di Verona.
Per bene che vada, spiega l’esperto, il segno che i ragazzi si procurano sulla guancia, strizzando la carne tra due dita per assomigliare a dei criminali, dura poche ore.
In alcuni casi qualche giorno, in altre intere settimane. «Il gesto di pizzicarsi, anche molto forte, non comporta dei rischi in particolare, come quello di sviluppare un’infezione.
Però può provocare un danno estetico», afferma Girolomoni.
Quali sono i rischi
Il rischio, infatti, è quello di rompersi i capillari, poiché l’azione combinata di pizzicare e torcere la pelle provoca disfunzioni della microarticolazione sanguigna.
«Il livido potrebbe trasformarsi in un angioma, ovvero un inestetismo della pelle che si presenta sotto forma di macchie rosse-violacee di varie forme e dimensioni, caratterizzata da piccoli punti rossi circondati da vasi sanguigni. In questo caso potrebbero volerci anni per farlo sparire».
Come quando si vuole rimuovere un tatuaggio e occorre un intervento laser per farlo.
«Sarebbe bene che i ragazzi facessero i conti anche con aspetti come questo, quando decidono di autoinfliggersi lesioni per farne un segno distintivo o di appartenenza», dice Girolomoni.
L’allarme
A dare l’allarme è stato un prof di italiano di una scuola di bologna vedendo molti alunni arrrivare in classe con dei lividi sul volto.
In un primo momento, si pensava ad atti di bullismo, purtroppo noti oin molte scuol e erealtà.
Invece, una ragazza, alla domanda del professore , ha speigato che in reltà è una challenge vista su tiktok.
subito la circolare alla famiglie, alla scuola e la collaborqzione con la polizia postale.
I genitori
La polizia postale da’ un monito anche ai gneitori dicendo di stare attenti, molto più attenti alle connessioni e a questi tipi di social frequentati da ragazzi molto molto giovani.
L’età media che sfida i coetanei in quest modo è di 13-16 anni. Ma alcuni casi sono stati registrati anche tra bambini di 10/11 anni.
Autolesionismo?
Se si pensa ald anno che ci si provoca da soli sì. Se pensiamo al perché un ragazzo si fa del mael da solo talgandosi le braccia e varie parti del corpo non è assolutamente paragonabile.
Dietro episodi di autolesionismo ci sono motivazioni molto gravi: il non riuscire a superare unt rauma importante, il non sentirsi capiti, la vergogna per il proprio corpo magari proprio dopo un atto di bullismoo una violenza.
Qui si palra di un qualcosa che viene preso come un gioco e che, in fondo, gioco non è.
E allora, genitori, state molto attenti e non utilizzate uno smartphone, un tablet come baby sitter. Dedicate del tmepo ai vostri figli ed educateli al corretto utilizzo della tecnologia.
E, se avete bisogno del mio aiuyo, che voi siate adulti o no, contattatemi tramite la sezione “contatti e consulenze” del sito
Io spero che parlare della cicatrcice francese vi sia stato d’aiuto.
Già da piccoli hanno dovuto imparare inf retta a fare l’adulto
Buongiorno amici. Oggi parliamo di piccoli adulti.
La crescita psicoemotiva di una persona è ben precisa e segue tappe specifiche, ognuna di queste con propri obiettivi da perseguire. Durante l’infanzia e l’adolescenza il bambino deve essere attratto dal mondo esterno, vivere con leggerezza e iniziare a creare la propria identità sociale. Il gioco, senso-motorio o di imitazione, diventerà un aspetto fondamentale per lui, da eseguire con i genitori o con altri bambini.
I genitori in queste fasi hanno un compito fondamentale, ovvero essere presenti per il proprio figlio e rispondere correttamente dal punto di vista emotivo alle sue richieste. Basta un solo sguardo della madre per soddisfare l’emotività del bambino. Se, però, ciò non è presente, si corre il rischio di incorrere nel fenomeno ‘dell’adultizzazione infantile’, ovvero il bambino che non ha vissuto il suo tempo, che è già nato grande.
Un caso clinico, la storia di Maria
Ecco Maria, una bambina che ha dovuto fare i conti con la sofferenza emotiva già da piccolina. Ha vissuto e sopportato le esperienze delle persone adulte. E’ stata spinta ad assumersi responsabilità che, alla sua età, non avrebbe dovuto ancora avere. Già a 5 anni ha dovuto imparare a camuffare le sue emozioni e a trovare le forze ovunque. Maria è stata una bambina ferita, una bambina con un’anima spezzata. Tutto a causa di una serie di circostanze che ha dovuto affrontare in tenera età.
I suoi genitori non avevano un rapporto felice e così Maria si è ritrovata a dover ascoltare tutte le loro discussioni, a vedere quanto non si sopportavano a subire le loro liti. La sua sfortuna? Essere quella più responsabile, l’alibi perfetto per dover aiutare la mamma con il fratellino di 3 anni.
Maria non ha avuto il tempo di essere una bambina, non ha potuto giocare con le bambole o con le bambine della sua età; era troppo impegnata a dover fare tutto ciò che la mamma le chiedeva o peggio a fare i conti con i sensi di colpa per non essere stata come mamma voleva.
Eh sì, perché quando si è piccoli, non si ha la maturità giusta per capire che sono i genitori ad assumere comportamenti sbagliati e il bambino finisce per convincersi che è lui a non essere meritevole d’amore ed è lui quello sbagliato che non sa rendere felice mamma.
Maria ha una ferita che brucia
Le ferite interiori sono quelle più devastanti, perché non si vedono… perché sono invisibili aglio occhi del mondo, perché sono invisibili agli occhi del mondo del bambino: il genitore! Nel caso di Maria, come nel caso di tanti altri piccoli adulti, i genitori pensano che ogni bambino stia chiuso nel suo mondo a viversi il momento. I genitori pensano che ogni bambino possa dimenticare presto ogni accaduto, o peggio, alcuni genitori pensano addirittura che i bambini non siano in grado di capire.
Purtroppo è vero il contrario. I bambini, a modo loro, capiscono e assorbono tutto: astio, sofferenze e contrasti familiari.
Maria, come altri bambini che hanno vissuto la sua situazione, sa bene che tutto quello che vive le scuote l’anima…. ciò che non sa è che se ora le conseguenze non si manifestano, da adulta la vita le presenterà il conto, e sarà un conto salato da pagare, proporzionale agli errori commessi dai suoi genitori!
Maria era una bambina con una ferita bruciante, una ferita ben nascosta e difficile da curare.
Una bambina non ha i mezzi giusti per vivere tra conflitti familiari, tra inasprimenti genitoriali e tra le oscillazioni d’umore della mamma. Una bambina è una principiante in questo strano gioco delle vita! A volte Maria piangeva. Sì, ma lo faceva quando era sola a letto, al buio e non piangeva per capriccio ma perché si trovava a fare i conti con una cosa più grande di lei, più grande di ogni uomo adulto: la frustrazione.
La condizione di impotenza di Maria era indotta dai comportamenti incoerenti e conflittuali dei genitori. Maria aveva presto imparato a sentirsi vuota e a capire che in quel mondo non c’era nessuno che potesse supportarla o capirla.
All’età di Maria, i genitori generalmente impartiscono regole, dicono cosa si può e cosa non si può fare. I genitori di Maria finivano per fare ciò che intimavano ai figli di non fare. “Maria non strillare!” e durante le liti, i genitori puntualmente alzavano la voce. “Maria non offendere tuo fratello!” E i genitori, puntualmente si offendevano a vicenda… Anche questo è qualcosa che genera confusione nei bambini ma nell’infanzia di Maria era l’ultimo dei problemi.
Il vestito d’adulto, indossato da un bambino, aiuta a incassare il colpo
Il tempo scorreva, Maria cresceva ma le cose non cambiavano neanche per il suo ottavo compleanno… la sua vita era ancora ricca di incoerenza e dolore. I genitori continuavano a ignorare e negare le esigenze della piccola Maria che, per adattarsi alla situazione, ha dovuto ben presto vestire i panni di un’adulta. Maria fin da subito mostrava pazienza e integrità, non gridava, non dava fastidio e non faceva capricci.
Maria osservava con tristezza quello che le accadeva intorno, la sua tristezza mutò ben presto in rassegnazione. Maria sapeva di non poter fare nulla perché nessuno poteva aiutarla o capirla. Nessuno poteva vedere il suo dolore che, con il trascorrere degli anni, iniziò a pensare fosse addirittura ingiustificato… ma il dolore c’era, ed era reale.
Ogni giorno Maria simulava benessere, lo faceva per la famiglia. A scuola, le maestre iniziarono a notare che qualcosa non andava nella vita della piccina. Le maestre decisero di fissare un colloquio con i genitori, suggerirono un supporto psicologico per la piccola Maria riferendo che in classe manifestava dei disagi. I genitori non ci pensarono due volte: le maestre non capivano niente, Maria per loro stava bene! Qualsiasi piccola incertezza mostrata o non esisteva affatto, oppure, quando palese, si sarebbe “aggiustata da sola con la crescita”.
Un genitore dovrebbe fare qualcosa per un figlio in difficoltà, allora perché riesce abilmente a mostrarsi cieco di fronte a certe sofferenze?
Un genitore, nell’accettare un disagio psicologico nel figlio, dovrebbe mettere in discussione il proprio operato. Dovrebbe ammettere delle colpe, dovrebbe capire che in determinati ambiti ha fallito… E’ più facile negare tutto che mettersi in discussione.
Il bivio: dalla consapevolezza all’oscurantismo
Così come Maria, tutti i bambini che hanno avuto un’infanzia difficile, crescendo, si sono ritrovati -più o meno inconsapevolmente- davanti a un bivio. Da un lato vi è la via del perdono, della consapevolezza, delle esperienze emotive correttive. Dall’altro lato vi è la strada dei modelli comportamentali inconsci, delle credenze e dei meccanismi disfunzionali che si perpetuano senza fine.
E’ vero, l’assenza di qualcosa nell’infanzia può trasformarsi in un vuoto emotivo che da adulti sarà impossibile da colmare.
Chi sceglie la prima strada (quella del perdono e della consapevolezza) accetta l’esistenza di quel vuoto e capisce che ormai fa parte del passato e che il presente può essere plasmato con nuove prospettive. Chi sceglie la seconda strada, tenta a tutti i costi di colmare quel vuoto collezionando solo fallimenti. La seconda strada è fatta da dipendenza affettiva, tratti narcisistici, inconsapevolezza e mancata realizzazione.
Le esperienze, belle o brutte che siano, hanno sempre uno scopo: la strada della consapevolezza
Poiché Maria è stata una bambina ferita nascosta sotto un’apparenza adulta, tutti i problemi che potrà incontrare in futuro diventeranno esperienze con cui crescere. Maria maturerà, imparerà e diventerà un’adulta in grado di trasformare il dolore in qualcosa di buono e di positivo che l’aiuterà ad andare avanti.
Vincerà con la resilienza, imparerà il valore del saper esprimere e identificare le sue emozioni, saprà gestirle e, soprattutto, imparerà a perdonare. Perdonerà i suoi genitori per non essere riusciti a fare di meglio e perdonerà se stessa per essersi sentita colpevole e non meritevole d’amore senza esserlo mai stata davvero. Quando Maria si renderà conto di tutto ciò, la ferita che albergava nel suo intimo inizierà a risanarsi formando una cicatrice che con il tempo imparerà a guardare con coraggio.
Certo, le capiterà di soffrire ancora e probabilmente si presenteranno nuove ferite che riapriranno quella che sembrava già rimarginata. Maria però non dovrà temere! La bambina ferita di un tempo potrà diventare un’adulta molto forte, capace di dare valore ai sorrisi, circondarsi di persone positive e apprezzare a pieno i bei momenti.
Come rinascere
Se ti sei rivisto in alcuni di questi punti, probabilmente ti starai chiedendo: cosa fare? Certo, puntare il dito contro i genitori e vivere perennemente arrabbiati non è la cosa giusta. Anche lasciarsi sopraffare dal rancore e dalla nostalgia per ciò che poteva essere ma non è stato non è la via. Allora come muoversi? Vivere intrappolati in cicatrici del passato significa rinunciare per l’ennesima volta a se stessi, e tu una possibilità di riscatto la meriti. E per afferrarla non basta la forza di volontà. Il motivo?
Prova un po’ a svitare un bullone senza l’attrezzo giusto, a mani nude. Puoi essere caparbio, assennato, determinato… ma senza la chiave giusta otterrai solo mani dolenti e dita sanguinanti.
E se avete bisogno di me contattatemi trmaite la sezioen contatti e consulenze del sito
Io spero che riflettere sui piccoli adulti vi sia servito.
Progetto molto importante dedicato agli adolescenti.
Buonigorno amici. Oggi vi presento no more home abuse.
Progetto
Tutto asce dall’idea di creare uno spazio, un piccolo cntro dove poter dare ascolto a tutti quei ragazzi e ragazze vittime di abusi e violenze domestiche.
E che, per paura, vergogna, non hanno ancora avuto il coraggio di urlare il loro dolor,e la loro rabbi,a di denunicare ed essere sostenuti.
Di chiedere aiuto.
Ragazzi-no more home abuse
Nel mio lavoro, nel corso degli anni, ho avuto, purtroppo, a che fare con situazioni di questo tipo.
Cosa comporta? L’allontanamento dalla famiglia dei ragazzi, il percorso in comunità, il processo, a volte, la presa incarico degli assistenti sociali e del tribunale dei minori.
Ed è rporpio aiutando questi ragazzi, ed è proprio gardando i loro occhi e tenendo le loro mani che ho voluto portare avanti questo progetto.
Incontro- no more home abuse
Un progetto che è , oltretutto, un luogo di incontro tra ragazzi che hanno lo stesso vissuto, che possono darsi coraggio e sostenersi a vicenda. Per non farli sentire soli e sbagliati.
Un luogo dove l’arte può essere da veicolo per esprimere i loro sentimenti e le loro paure.
Ma per avvare tutto questo ho bisogno di voi e del vostro aiuto.
Ascoltate attentamente la diretta .
E se volete, sostenete no more home abuse e fate girare il più possible,ai vostri parenti, amici, conoscenti, sui social media, questo link
Buongiorno amici. Oggi riflettiamo sul fatto che ci ricordiamo di come ci siamo sentiti, non delle parole che c vengono dette.
Piccola ma importantissima riflessione del giorno.
Come ci sentiamo
Molte, troppe volte, quasi sempre, i genitori pensano di ferire con le parole, di faresi rispettare alzando la voce, di dare più pathos e impeto ad un rimprovero alzando la voce o dicendo quella parola di troppo.
Come dico sempre, fin dall’infanzia, ossia quando i bimbi non hanno altro esempio e conoscenza se non quella del nucelo familiare con cui vive tutto il giorno, i genitori devono esere un buon esempio, una guida per los viluppo sano del proprio figlio.
In questa fase, il bambino assorbe tutto quello che vve tra le mura dic asa. E quando dico tutto è davvero tutto.
E non avendo ancora consapevolezza di cosa è giusto e sbagliato, di come si deve comportare o meno nel modo corretto con le persone che lo circondano, prendono come esempio non quello che dicono o genitori ma quello che fanno.
Comportamenti
Se dico al mio bambino fumare fa male, non devif arlo” e poi il bimbo vede mamma o papà che fumano tutto il giorno, essendo una guida per il bimbo, questo non ascolterà, non memorizzerà le parole dette dal genitore ma guarderà i fatti.
E il fatto, qui, è vedere la mia guida fumare. Quindi vuol dire che è corrett farlo. Qundi lo faccio anch’io. Esempio banale ma per farvi capire.
Ferire
Troppe volte mic apita di vedere, in famiglie cona dolescenti, genitori che pretendono di essere ascoltati dai loro ragazzi urlando, attaccandoli con parole che feriscono la loro persona, praticamente insulti.
O, peggio ancora, alzando quanlche schiaffo.
Ecco…ai ragazzi non rimarranno dentro le parole, le urla.
Ma quello che rimarrà dentro di loro è il come si sonos entiti in quel momento: male, inutili, falliti, non capiti o sacoltati.
Uno schiaff verrà ricordato in eterno e farà molto più male di un qualcosa detto alzando il tono della voce.
Attacchi
Non ricorderanno una parola detta furo posto ma come quella parola li avrà feriti; come li avrà fatti sentire in quel momento. Perché è questo che uccide .
Quando un ragazzo, storia vera, mi dice , prlando del suo compleanno “era meglio che non nascevo, tanto…”, dietro questa frase terribile c’è una sofferenza immensa nata da tutti quei momenti in cui questo ragazzo si è sentito solo.
Nasce da come, atteggiamneti, indifferenza, non curanza, mancanza di attenzione e affetto, mancanza di stima, lo hanno fatto sentire…un fallito, depresso, solo, non capito e ascoltato.
Non ricorderannos icuramente la parola in questione, la frase…ma lo stato d’animo quello sì.
E non pensiate di creare un dialogo serio, vero, sano in questo modo.
Ascolto
Prestate attenzione a quello che dicono i vostri ragazzi, ascoltateli senza pregiudizi o giudizi, cercate di empatizzare con loro e il loro mondo e se avete bisogno del mio aiuto contattatemi nella sezione “contatti e consulenze” del sito
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La sfida di comunicare in mdoo corretto coi ragazzi.
Buongiorno amici. Oggi riflettiamo sulla frase “quante volte te lo devo dire?”
Quante volte ai genitori capita di dover ripetere le stesse cose ai figli adolescenti e fare e rifare le stesse richieste senza ottenere nulla in cambio, se non proteste o risposte come “che stress” o “lo faccio dopo” o “adesso non ne ho voglia”?
Volontà- quante volte te lo devo dire?
In queste situazioni, ci si aspetta di poter ottenere anche un minimo di reazione in un breve lasso di tempo visto che la maggior parte delle volte le richieste non sono poi così impegnative.
Tali aspettative, però, non corrispondono ai comportamenti dei figli oppure non tengono conto delle modalità di pensiero e funzionamento specifiche della loro fascia di età, per cui si può sperimentare un vissuto di rabbia, frustrazione e impotenza.
Essere genitori consapevoli significa fare i conti con le dinamiche tipiche della crescita, conoscere i meccanismi, anche cerebrali, che si nascondono dietro i loro comportamenti, per trovare modalità più efficaci di comunicare.
Quando prevale la sensazione di dover “ripetere diecimila volte le stesse cose” agli adolescenti, dobbiamo fare lo sforzo di comprendere che non si tratta di pigrizia o disinteresse.
Ma il loro cervello funziona in modo differente da quello adulto ed influenza le loro risposte alle nostre richieste.
L’importanza di una comunicazione efficace– quante volte te lo devo dire?
È fondamentale focalizzarsi sul modo in cui si chiedono le cose ai figli, perché reagiscono alle parole utilizzate, al tono, ai gesti, agli sguardi: nelle relazioni ci si influenza reciprocamente.
Urla, critiche e commenti svalutanti possono innescare un braccio di ferro continuo, con il rischio di innervosirsi ancora di più.
Se le critiche nella fase della crescita sono associate a emozioni negative si sperimenta un apprendimento negativo che fa rivivere quelle stesse emozioni anche solo quando si richiama alla memoria quella situazione o si sperimenta qualcosa di simile.
Inserire delle domande prima di reagire impulsivamente è una buona strategia per essere più efficaci e aumentare le probabilità di essere ascoltati.
Pensare alle parole giuste, quelle che accolgono prima, e direzionano poi, è un passaggio fondamentale.
Leggere con gli occhi/cervello di chi si ha davanti permette di essere efficaci. Che parole scelgo di usare? Mi prendo il tempo necessario per spiegare come determinate cose andrebbero fatte o mi aspetto che capisca al volo e lo sappia già fare?
Esseri chiari, non usare troppe parole, armarsi di pazienza e spiegare ciò che devono fare, con suggerimenti ed esempi concreti, è un modo efficace per accompagnarli gradualmente ad assumersi più responsabilità e acquisire autonomia.
Anche se al genitore non lo diranno mai apertamente, hanno bisogno di una guida e di qualcuno che si fidi di loro e delle loro capacità.
Cervello ancora immaturo: cosa tenere in considerazione?
La percezione dei genitori è che i figli siano impermeabili a ciò che viene chiesto, come se avessero i tappi nelle orecchie o abitassero su un altro pianeta.
“I miei genitori ogni giorno mi dicono sempre le stesse cose, a quel punto stacco la spina del cervello, e per me diventa solo un suono senza senso”
Certamente è sfidante trovare un bilanciamento in questa fase, in cui la corteccia prefrontale si sta ancora sviluppando e i ragazzi stanno gradualmente acquisendo diverse competenze cognitive.
Ragionare in modo critico, controllare i propri impulsi e inibire atteggiamenti inappropriati, pianificare e prendere decisioni.
Oltretutto, le neuroscienze hanno evidenziato che i rimproveri disattivano momentaneamente alcune aree del cervello degli adolescenti, impedendo loro di comprendere le intenzioni e il punto di vista degli altri.
“Durante l’adolescenza si verificano un insieme di cambiamenti determinanti a livello cerebrale, che danno origine a nuove capacità, potenzialità e funzioni (…) spesso celate alla vista, ma possono essere portate alla luce e valorizzate in modo più efficace se sappiamo dove cercarle e come coltivarle” (La mente adolescente di D. Siegel).
Quindi, anche quando si ha la sensazione che le parole dei genitori rimbalzino su un muro di gomma, è importante lavorare sul creare una relazione “sufficientemente buona” con loro, coinvolgendoli maggiormente nelle questioni che li riguardano e mettendo in conto che non basterà dirglielo una o poche volte, ma tutte le volte che sarà necessario.
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Buongiorno amici. Oggi parliamo di ascolto empatico.
Lo facciamo trmaite la diretta che ho girato givedì sera e che ha avuto non poche persone interessate, fortunatamente, al tema.
Ascoltare- ascolto empatico
Sì, perché l’ascolto attivo, o empatico, dovrebbe essere la base per qualsiasi tipo dir elazione. E’ l’unico modo corretto per ascoltare e, di cosneguenza, avere un dialogo costruttivo e sano con chi ci sta dif ronte. Che sia un ragazzo, o una persona adulta.
Mettersi nei panni di- ascolto empatico
Ma xosa vuol dire? Vuol dire ascoltare con le orecchie di chi ci sta di fronte e guardare con gli occhi di chi ci sta di fronte.
Vuol dire mettersi nei pannid ella persna che ci sta parlando e capire cosa sente davvero in quel momento.
E’, anche, ascoltare senza essere prevenuti ( come molti genitori fanno), senza pregiudizi o giudizi.
E’ ascoltare mettendo da parte il nostro ego , il nostros entirci superiori( anche questo è qualcosa che fa qualche genitore, purtroppo).
Non voglio spoilerare molto quindi vi lascio il link per poter vedere la diretta completa.
Buongiorno amici. Oggi parliamo di come negoziare coi propri figli.
Comunicare con i figli adolescenti può essere complesso e a volte anche piuttosto sfidante. Per il genitore è importante imparare l’arte della negoziazione, ossia “l’abilità di negoziare, realizzare delle trattative che portino a un accordo” (dal Vocabolario Treccani).
Tempo e pazienza: come il corpo, anche la mente ha bisogno di allenamento!
Per raggiungere un cambiamento è necessario allenarsi, essere costanti e avere pazienza. Servirà tanto esercizio per far sì che le nuove modalità di comunicazione portino un frutto e si trasformino in nuove abitudini. Allenarsi significa cambiare, modificare i pensieri, le parole e le modalità di reagire.
Il cambiamento non è immediato, richiede tempo. Non c’è un interruttore che si accende o spegne nella mente, ancor di più in quella adolescente: c’è bisogno di ripetizione.
Il ruolo del genitore è fondamentale: è un allenatore, non si può pensare di salire dentro il ring e combattere con la persona che si allena. Non si tratta di imporre perché anche se questa strategia non è efficace anche se potrebbe sembrare utile nell’immediato, non lo è nel lungo periodo perché non porta ad una reale comprensione del problema. Imparare a negoziare con i figli significa trovare degli accordi e far arrivare il messaggio che si vuole far arrivare, portarli verso la propria direzione quando serve, senza condizione il loro modo di essere.
Come essere più efficaci?
– ASCOLTO:
Bisogna, anzitutto, ascoltare e porre attenzione alla scelta delle parole. Quali, e in che sequenza, vengono utilizzate? In che modo vengono comunicate? Come vengono dette? È basilare l’ascolto iniziale da parte del genitore che deve partire dalla comprensione delle esigenze e dello stato dell’altro per poi poter procedere senza che si sentano incompresi.
Le parole attivano delle reazioni nel cervello, creano immagini che innescano, a loro volta, pensieri e comportamenti. Se un adolescente, ad esempio, si definisce “un disastro”, la sua mente ed il suo corpo reagiranno a quell’immagine. Ascoltare significa dare riconoscimento: senza questa fase non si può comunicare in maniera efficace.
– PAROLE E CERVELLO:
Non vanno utilizzati verbi come “provare” e “cercare” perché non è fare. Inoltre, i verbi usati al condizionale, vengono compresi a livello cognitivo ma non innescano una reazione immediata: con i vorrei non si cambia. Il cervello ha bisogno di fiducia e una chiamata all’azione per smuoversi, soprattutto in adolescenza. Il DEVI non è molto gradito e attenzione anche ai “ma” e i “però” che andrebbero sostituite con “e” oppure “o”, salvo che non si voglia annullare il senso di quello che si trova davanti al ma: “sei stato bravo, ma potevi fare di più”. Cosa rimane nella mente di un ragazzo? Il “potevi fare di più”, non il sei stato bravo.
Porre il focus sul linguaggio che utilizziamo è un esercizio, da fare con se stessi oltre che con i figli: utilizzare i termini o i verbi giusti, per attivare un cambiamento e ottenere, gradualmente, un risultato.
– CONCRETEZZA:
Nel cervello adolescente tutto ciò che attiene al pensiero complesso, al ragionamento critico e alla riflessione più profonda è in fase di maturazione. Il compito del genitore è semplificare, rendere più comprensibile e, dunque, più flessibile. È importante usare un linguaggio che conoscono, fare esempi concreti, non fare paragoni o confronti che rimandano a qualcosa di distante e lontano dalla loro quotidianità (“Ai miei tempi”, “Quando avevo la tua età”).
– OSSERVARE:
Quante volte capita di non essere ascoltati dai figli adolescenti, anche quando ci si avvicina a loro o ci si impegna a comprendere e rispettare i loro tempi? È fondamentale andare oltre la risposta prettamente verbale e osservarli, anche nei loro comportamenti. A volte, infatti, non rispondono nel modo in cui l’adulto si aspetta: cambia il loro sguardo, il loro atteggiamento, comunicano proprio attraverso il loro silenzio.
Tenere in mente questi aspetti nella comunicazione con un adolescente permette di comprendere il loro punto di vista ed essere consapevoli che, anche quando non lo dicono a parole, ascoltano e recepiscono i messaggi del genitore.
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Buongiorno amici. Oggi riflettiamo su questa frase: i miei genitori non mi hanno mai capito.
Viviamo in una società in cui girano tante idee che sembrano condivise, oggi vogliamo dedicare particolare attenzione ad una di esse. “I genitori saranno sempre lì per noi, saranno il nostro più grande rifugio e ci daranno ali per volare e radici per ricordare dov’è casa nostra.” Questa immagine è molto stimolante e, in effetti, per più di una persona fortunata, questa tela concettuale può essere una realtà quotidiana.
Tuttavia, una parte della popolazione fa i conti con traumi messi a tacere da un rapporto complesso con i propri genitori. Perché, a volte, non è necessario che i nostri caregiver ci abbiano maltrattato per farci sentire danneggiati in modi inimmaginabili. Dopotutto, nelle famiglie possono comparire alcune microaggressioni che attaccano e distruggono i legami affettivi.
Una dinamica distruttiva abituale è la critica dei genitori nei confronti delle decisioni e del modo di essere dei figli. Ad esempio, dà fastidio che non siano a immagine e somiglianza del genitore. Li infastidisce il fatto che non condividano i valori della madre. Inoltre, che non sono conformi alle prospettive che entrambi avevano pianificato per il loro futuro.
Ci sono scenari familiari che assomigliano a una setta, per cui ogni gesto o decisione che devia dalle linee guida dei genitori viene visto come un tradimento. Come affrontare queste situazioni? I genitori sono tenuti a comprendere i comportamenti e le personalità dei propri figli in ogni momento? Lo analizziamo.
«I genitori, per essere felici, devono dare. Dai sempre, questo è quello che fa un padre.
-Honoré de Balzac-
Il rispetto tra genitori e figli è essenziale per la convivenza.
I miei genitori non mi hanno mai capito: per quale motivo?
Ci sono bambini che non rispettano i loro genitori e genitori che non hanno mai amato i loro figli come meritavano. I rapporti familiari sono intricati labirinti che spesso diventano autentiche fabbriche di sofferenza emotiva. È comune, infatti, raggiungere l’età adulta trascinandosi dietro i vuoti e i sapori di una relazione che non è mai stata del tutto soddisfacente.
“I miei genitori non mi hanno mai capito”. Questa è una percezione che molte persone si portano dietro quasi come una frattura interna difficile da descrivere a parole. Perché alla domanda se i genitori sono obbligati a capire i propri figli, va notato che esiste una dimensione più importante di questa. Intendiamo rispetto.
Ciò che un genitore dovrebbe sempre fare è rispettare, essere quel rifugio sicuro da cui una persona può svilupparsi liberamente nella direzione che desidera. Anche se non sei d’accordo o non ti sintonizzi al 100% con le decisioni che un bambino prende nel corso della sua vita.
La ricerca della Texas Tech University, ad esempio, evidenzia la rilevanza del costrutto del rispetto in tutte le relazioni interpersonali. Tuttavia, nel contesto della famiglia, questa dimensione agisce come quell’indiscutibile tendine psicologico che dà potere ai genitori durante l’educazione e l’educazione.
Avere 10 o 15 anni e sentire che i nostri genitori non vogliono capire i nostri bisogni e desideri fa male. Queste ferite rimangono con noi fino all’età adulta, il che spesso crea relazioni complicate a livello familiare.
Motivi per cui i genitori non capiscono i loro figli
Perché i miei genitori non mi hanno mai capito? Cosa ha costruito quel muro senza alcuna porosità capace di separarci in quasi ogni aspetto della vita? È comune porsi queste domande quando la disaffezione e l’attrito creano distanze tra noi ei nostri genitori. In generale, il trigger per queste situazioni è solitamente molto ampio:
A volte i genitori presumono che allevare un figlio implichi soddisfare i suoi bisogni primari nell’ambito di una certa disciplina; nient’altro. Raramente hanno una conversazione con loro, né si preoccupano di sapere come sono, cosa pensano, cosa provano, quali sono i loro sogni.
Il distacco causato dalla mancanza di connessione emotiva costruisce anche quei legami che mancano di comprensione e persino di rispetto.
Ci sono genitori che si buttano a capofitto nel loro lavoro e nelle loro giornate impegnative, credendo che, in questo modo, non solo daranno ai loro figli ciò di cui hanno bisogno, ma che saranno un buon modello. Tuttavia, raramente offrono loro ciò di cui hanno più bisogno: il loro tempo, la loro attenzione.
Un altro fattore è tracciato dagli stili di personalità e dalle evidenti carenze quando si tratta di crescere un figlio. Incompetenza, autoritarismo o narcisismo sono anche alla base di questa incomprensione da parte dei caregiver.
Ci sono genitori che non accettano che i figli rivendichino i loro spazi e prendano le proprie decisioni.
Come guarire le ferite dovute alla mancanza di comprensione dei nostri genitori
Spesso trascuriamo il ruolo che hanno i genitori nella costruzione del mondo interno dei propri figli. Una parte del nostro benessere psicologico si costruisce su quegli anni di interazione con le nostre figure di cura. Grazie a loro, moduliamo meglio le nostre emozioni e abbiamo l’opportunità di sviluppare un buon concetto di sé e una sana autostima.
Ora, è vero che crescere un figlio non è mai facile, ci sono pilastri che non dovrebbero mai mancare in quel processo. Oltre all’amore, alla cura e al rispetto, c’è senza dubbio la comprensione. Tuttavia, se uno raggiunge l’età adulta con il disgusto che i suoi genitori non lo abbiano mai capito, come possiamo guarire quella ferita? Lo analizziamo.
Comprensione è rispetto e senza questa dimensione nessun legame sarà soddisfacente o sano.
Create la vostra rete di supporto
Se i nostri genitori non ci hanno mai capito, è molto probabile che non ci siano quando ne abbiamo bisogno. Non saranno quella rete sicura su cui appoggiarsi ogni giorno. Di fronte a una mancanza così dolorosa, ognuno deve forgiare se stesso e creare la propria “famiglia”; quella che, senza essere di sangue, configura un rifugio dove ci sentiamo amati.
Gli amici, il partner e anche altre figure familiari come zii o cugini, possono essere quel punto di appoggio quotidiano che ci sarà sempre, qualunque cosa accada. Qualcosa di simile ci dà sicurezza e benessere.
Accettate che i vostri genitori abbiano le loro convinzioni e voi le vostre
Se i nostri genitori non ci hanno mai capito o accettato le nostre decisioni o il nostro modo di essere, probabilmente è perché si sono aggrappati a un tipo di convinzione in cui non ci inseriremo mai. In questi casi, sarà inutile che ci sforziamo di essere accettati o di cercare la loro accettazione rinunciando alle nostre essenze. In questo modo andremo solo contro noi stessi.
Sebbene sia complicato, dobbiamo presumere che loro abbiano la loro particolare visione della vita e noi abbiamo la nostra. Ricordiamoci che amare è capire e chi non si sforza di realizzare un tale mestiere emotivo non ci ama come meritiamo.
Agire in base ai nostri valori fondamentali
Se siamo chiari sui nostri valori fondamentali, saremo sempre nella giusta direzione. In generale, un principio che dovrebbe sempre guidarci è quello dell’autoconservazione. È quell’impulso capace di allontanarci da ciò che è dannoso, che ci ricorda che è lecito porre limiti e persino difendersi con rispetto e assertività da ciò che ci sembra ingiusto.
Il padre o la madre che si rifiutano di capire i propri figli fa loro credere che in loro ci sia qualcosa di sbagliato e difettoso. Non è salutare rimanere in legami così dannosi.
Aiuto professionale per guarire le ferite
È difficile uscire indenni da un ambiente familiare in cui non siamo stati capiti e, sì, da quelli in cui siamo stati oggetto di critiche e rimproveri. Questo potrebbe renderci esseri più insicuri, persone che, a volte, hanno ascoltato più i propri genitori che se stessi.
Se questo è il nostro caso, se non siamo riusciti a uscire da questa prigione emotiva e trasciniamo nodi che spengono il nostro benessere, non esitate a richiedere un aiuto .
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Quando i bambini e gli adolescenti sono deprivati delle loro emozioni.
Adultizzare i ragazzi-diretta molto interessante che tutti dovrebbero ascoltare, genitori e figli,
I genitori per capire il male che hanno provocato e i figli per cercare di elabroare e tornare a vivere.
Adultizzare i ragazzi-diretta
Ossia deprivare i miori delle loro eozioni, della loro autonomia e della loro personalità.
Ifigli, così, hanno solo obblighi e doveri, devono per forza soddisfare i bisogni dei loro genitori e non hanno la possibilità di esprimere le proprie emozioni e le proprie debolezze.
Le debolezze
Eh sì, perché i genitori ingombranti, così li chiamerò nella diretta a ragion veduta, educano i figli a non esprimere , esternare nessuna emozione, tantomeno le loro debolezze perché considerate vergognose.