Come sempre non voglio anticiparvi grandi cose ma solo dirvi che, il silenzio attivo, è fondamentale.
Cos’è
E’ la sospensione della comunicazione che un genitore fa nei confronti del proprio ragazzo.
Attenzione però, questo non deve essere un atto punitivo, una reazione emotiva ad una risposta che non ci aspettavamo o ad un non rispettare una regola, cose che, comunque, sono all’ordine del girono in questa fascia d’età.
Quando applicarlo
Deve essere applicato solo e soltanto nei casi in cui c’è una reazione grave, davvero grave ed aggressiva da parte del ragazzo in questione.
E questo silenzio, appunto, deve essere motivato. Deve essere un modo per portare il ragazzo a riflettere sui motivi per cui, io, ho deciso di non parlarti più per due ore, mezza giornata.
Cos’è e perché dobbiamo assolutamente liberarci da tutto questo.
Buongiorno ragazzi. Oggi parliamo della sindrome della brava ragazza.
Essere buona è una bella cosa. Avere la “sindrome della brava ragazza” no. Perciò, tanto per cominciare, è bene non confondersi. «La persona buona agisce in base a puri slanci di generosità ed è sempre padrona delle sue scelte. Chi ha la “sindrome della brava ragazza”, invece, tende a comportarsi bene per ottenere approvazione e apprezzamento da parte degli altri».
«Ciò significa che a volte, dietro la ragazza sempre educata, sempre sorridente e sempre disponibile, può celarsi una persona ingabbiata in dinamiche e schemi di comportamento predefiniti e vissuti (in modo più o meno conscio) con una certa insofferenza.»
Quali altri sintomi dimostra chi ha la “sindrome della brava ragazza”?
«La tendenza a sentirsi spesso inadeguata e ad avere un atteggiamento un po’ passivo. Le ragazze con questa sindrome non dicono mai nulla che possa ferire l’altro, non replicano e si prodigano al massimo pur di salvaguardare il “quieto vivere” ed evitare il conflitto. Si sentono in colpa se disattendono le aspettative degli altri, non sanno dire di no e faticano a esprimere quello che sentono. In generale, antepongono le esigenze altrui alle proprie e cercano di continuo l’approvazione di chi le circonda».
Cosa porta ad avere la “sindrome della brava ragazza”?
«I fattori possono essere tanti. In genere, una prima causa risiede nel tipo di educazione ricevuta in famiglia, quindi nell’imprinting dato dai genitori. Un’altra causa può essere l’insicurezza personale (chi ha una buona autostima non ha bisogno di cercare di continuo l’apprezzamento da parte degli altri).»
Perché comportarsi sempre da “brava ragazza” può rivelarsi nocivo?
«Per vari motivi. Innanzitutto, soffocare le proprie esigenze per quelle degli altri significa soffocare la propria personalità e la propria energia vitale. In secondo luogo, evitare il confronto e il conflitto con gli altri in nome del quieto vivere porta a impostare i rapporti in modo non autentico e a non farli evolvere. Infine, più si mettono gli altri al primo posto e più gli altri si sentiranno autorizzati a chiedere. Anzi, a chiedere sempre di più».
È possibile guarire (anche solo in parte) dalla “sindrome della brava ragazza”?
«Sì, ma il presupposto fondamentale è rendersi conto di averla, il che il che a volte è difficile. La persona abituata a comportarsi in questo modo fatica a concepire reazioni diverse. Tuttavia, quel carico di malessere e di frustrazione che una “brava ragazza” può fingere mentalmente di non vedere, tende prima o poi a esplodere altrove. Ossia a livello fisico. Come? Per esempio, sotto forma di cefalee, di problemi alla pelle o all’intestino. Le persone abituate a trattenere le proprie esigenze e la propria personalità finiscono spesso per somatizzano il loro malessere».
Perciò, intanto sarebbe utile decifrare certi possibili disturbi fisici…
«Assolutamente sì. Per il resto, può essere utile provare ad adottare tanti piccoli comportamenti nuovi. Tenendo presente che una tendenza forte e radicata, come quella a comportarsi da “brava ragazza”, si può scardinare soltanto a poco a poco. Un buon punto di partenza è quello di provare ad attivare, giorno dopo giorno, tanti piccoli cambiamenti nelle abitudini o nel proprio modo di pensare».
E allora cosa fare, in concreto, per smettere di avere la “sindrome della brava ragazza”?
Cosa fare
SMETTI DI ANDARE “OLTRE”
Dosa meglio la tua disponibilità «Tendi a rimanere in ufficio oltre il tuo orario di lavoro? Comincia a non farlo più tutti i giorni, ma solo in caso di necessità» suggerisce Laura Rivolta. «Oltre un certo limite, hai bisogno di dire “basta” e mettere dei sani paletti. Sia per il tuo benessere sia perché poi, ricaricandoti, tornerai all’opera in condizioni migliori.»
SPEZZA LA ROUTINE
Se hai la “sindrome della brava ragazza”, avrai anche (con molta probabilità) un forte attaccamento alla routine. Per smuovere qualcosa, comincia ad alterare certe abitudini. «Vai al cinema solo il sabato sera? Per una volta, vacci nel bel mezzo della settimana. Ti vedi con le amiche soltanto nel tardo pomeriggio? Improvvisa con loro un caffè di mattina. Insomma, scardina qualcosa nella tua routine
COMINCIA A DIRE DI NO
Basta dire di sì controvoglia. Basta con le abitudini che abbiamo solo per fare contenti gli altri. «Per esempio» spiega la psicoterapeuta, «se non ti va di andare ogni santa domenica a pranzo dai suoi suoceri, non andarci. Non sentirti sempre obbligata ad accettare il loro invito. Ogni tanto rifiuta con gentilezza oppure valli a trovare solo per il tempo di un caffè.»
CERCA DI “SGARRARE” RISPETTO AI TUOI STANDARD
Un altro consiglio per liberarsi dalla “sindrome della brava ragazza”? «Prova a fare qualcosa di “indisciplinato” rispetto al tuo senso del dovere» suggerisce Laura Rivolta. «Per esempio, non sentirti obbligata a rispondere sempre al cellulare. Ci sono chiamate e messaggi che possono aspettare. Allenati a capire quando rispondere subito e quando non farlo.»
DIVERTITI A INVERTIRE CERTE SEQUENZE
Prima questo e poi quello. Mai il contrario. Se hai la “sindrome della brava ragazza” tendi con molta probabilità a seguire una scaletta nel fare le cose. Anche quelle più banali. «E allora» suggerisce Laura Rivolta, «inizia a invertire qualche sequenza-tipo della tua giornata. Esempio: non esci mai di casa la mattina se prima non hai lavato tutte le tazze della colazione e lasciato in ordine la cucina? Fai il contrario: ogni tanto esci da casa e pensa alle faccende al tuo ritorno».
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Buongiorno amici e buona Pasquetta . Oggi riflettiamo sull’ essere genitori.
Genitori
Il “lavoro” più bello e anche il più impegnativo.
Da come educhiamo un figlio dipenderà il formarsi del suo carattere, di come si relazionerà col mondo esterno, di quanta autostima e rispetto avrà di se’ stesso e degli altri.
Insomma…i ragazzi di oggi sono gli adulti di domani. Ed è una bella responsabilità.
Guida
Per questo, come dico sempre, i genitori, fin dall’infanzia, devono essere una guida, un Buon esempio. Devono essere, dicendola alla moderna, gli influencer principali della vita dei figli.
Eh sì…chi è un influencer? Come dice la parola stessa è quella persona ce influenza il modo di are e di pensare , di agire dei ragazzi. Con le proprie azioni, col è proprio modo di essere…una sorta di..esempio.
Perché? Perché magari incarna quell’ ideale di persona che vorremmo come amici, o, addirittura, come genitori. Non pensando, però, che dietro un semplice video su instagram, youtube o qualsiasi piattaforma social, c’è solo una piccolissima parte di queste persone. Tutto ilr esto, non lo conosciamo.
Esempio
E l’esempio è dato soprattutto dalle azioni.
Sì, perché se io dico che una cosa non si deve fare e poi i mostro a farla non si da’ un buon esempio…ma si dimostra ipocrisia non coerenza, e questo manda in confusione il minore.
“Ma se loro mi dicono di non farlo e poi lo fanno…vuol dire che, in fondo, posso farlo anch’io”.
Ma i genitori devono capire, in primis, che la loro importanza, il rispetto non è dovuto solo perché avete messo al mondo un figlio se poi, di questo figlio, non ve ne occupate nel modo corretto.
Se non siete presenti nella loro vita, se non siete disposti ad ascoltarli attivamente e scendere, a volte, a compromessi con loro.
Se non avete capito che, per educarli, dovete crescere insieme a loro e che, ognuno, ha il proprio carattere e le proprie ambizioni che possono essere diverse dalle vostre od a quello dei loro fratelli.
Essere genitori vuol dire essere il loro porto sicuro.
E’ accettarli per come sono senza volerli cambiare ma, anzi, cercando di rafforzare la loro autostima.
E’ amarli incondizionatamente…sempre…e comunque.
E vi ricordo che se avete bisogno di me potete contattarmi tramite òa sezioen contatti e consulenze del sito
Io spero che parlare di cosa vuol dire essere genitori vi sia stato utile.
Da cosa nasce l’aggressività, perché, c’è differenza con la violenza?
Buongiorno amici. Oggi diretta sull aggressività.
Aggressività o violenza- diretta sull aggressività
In effetti c’è una sottilissima differenza. Semplicemente nel fatto che la violenza è quando il soggetto aggressivo ha atteggiamenti autodistruttivi o distruttivi nei confronti del malcapitato che, invece, diventa il suo obiettivo, ciò che deve sottomettere.
Cosa fare
Nella diretta, rifletteremo di un sacco di punti legati alle motivazioni per cui un ragazzo può diventare aggressivo o violento nei confronti degli altri e, spesso, di se’ stesso.
E vi dirò come fare a capire se è il caso di intervenire o no.
I ragazzi, a quest’età, sono ribelli, e hanno il diritto di esserlo. Stanno cercando di costruire la propria identità.
Ma se la ribellione non è legata al singolo episodio ma diventa sistemica, beh, allora è il caso di correre ai ripari.
Diretta sull aggressività
Niente ulteriori spoiler. Gustatevi la diretta e vi ricordo, come sempre , che se avete bisogno del mio aiuto potete contattarmi in questo modo:
Buongiorno amici. Oggi riflettiamo sul chiedere aiuto e sul perché è così difficile farlo.
Mamma, mamma! Mi aiuti?” Chissà quante volte abbiamo sentito dire (e abbiamo detto) questa frase. Quando siamo piccoli non ci facciamo nessun problema nel chiedere aiuto, ma non appena diventiamo grandi molte cose cambiano.
Di sicuro conoscerete persone che preferiscono sprecare moltissime energie per risolvere da soli un problema che, con un l’aiuto di qualcun altro, sarebbe presto fatto oppure che preferiscono lasciar perdere o fallire piuttosto che lasciare che qualcuno dia loro una mano. Anche voi fate parte di questo gruppo?
Torniamo a un’altra scena tipica dell’infanzia. chiedere aiuto
“Mamma, mamma! Ce l’ho fatta da solo!” o “Lasciami! Ci riesco da solo...” E ancora: “Bravissimo! Ci sei riuscito da solo!” Ecco la tipica risposta che punta a stimolare l’autonomia dei figli, ma che spesso è l’inizio di un percorso che ci porta a quest’abitudine che non sempre risulta positiva.
Perché ci riesce così difficile chiedere aiuto?
Sono molti i motivi che possono scatenare questo comportamento, e molti anche i vantaggi che si perdono quando non chiediamo aiuto.
1. Il primo motivo è probabilmente l’orgoglio: vogliamo avere soltanto noi il merito di essere riusciti a risolvere un problema, e non siamo disposti a condividerlo con nessuno.
2. Il secondo motivo che può bloccarci dal chiedere aiuto ha a che fare con il fatto di non voler ammettere che abbiamo un problema. Per esempio, è tipico delle persone che hanno delle dipendenze dall’alcol o dalla droga oppure che hanno contratto molti debiti per colpa del gioco d’azzardo. Sono tutti problemi di cui è difficile parlare.
3. Il terzo dei motivi comuni è la vergogna: non vogliamo che altri sappiano che non riusciamo a risolvere un problema. Alcune persone, infatti, pensano che chiedere aiuto sia un segno di debolezza.
4. Il quarto motivo ha a che fare con la possibilità che l’aiuto che chiediamo ci venga negato. Dietro questo timore si nasconde la paura del rifiuto, di sperimentare la sensazione di non essere abbastanza importanti da far sì che qualcuno ci dedichi il suo tempo.
In fondo, dietro tutti questi motivi se ne nasconde uno che li include tutti: la paura del giudizio degli altri. Non ci piace essere sotto lo sguardo degli altri in un momento in cui ci stiamo dimostrando deboli. Per questo, per chiedere aiuto molto spesso bisogna essere abbastanza sicuri di noi stessi. Inoltre, non chiediamo aiuto a chiunque, indistintamente: dobbiamo anche fidarci delle capacità delle persone a cui ci affidiamo. Questo ci fa capire che, in realtà, la maggior parte delle volte chiedere aiuto non è sinonimo di debolezza, ma di coraggio.
Che cosa ci stiamo perdendo quando non vogliamo chiedere aiuto?
Prima di tutto, quando non chiediamo aiuto ci costringiamo a sprecare molte più energie che, se non ci danno il risultato sperato, generano in noi un forte sentimento di frustrazione. In secondo luogo, perdiamo la possibilità di sperimentare la bontà degli altri e di migliorare la nostra visione del mondo. E perdiamo anche un’occasione di contatto con gli altri, che potrebbe arricchirci ulteriormente. Secondo la psicologia sociale, inoltre, quando chiediamo aiuto stiamo anche migliorando l’immagine che la persona che ci aiuterà ha di noi.
Non dobbiamo dimenticare che siamo animali sociali, e che anche le situazioni in cui abbiamo bisogno di collaborazione rappresentano una buona opportunità per sviluppare le nostre relazioni. Infine, considerato che quando chiediamo aiuto riceviamo in cambio le attenzioni di qualcun altro, stiamo anche perdendo l’occasione di guadagnare sicurezza e fiducia in noi stessi.
Sappiamo che aiutare qualcuno è meraviglioso, ma anche lasciare che ci aiutino non è da meno. Perché non provarci?
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Io spero che parlare del chiedere aiuto vi sia stato utile.
Buongiorno amici. Oggi riflettiamo su quanto su l’importanza di esplorare per bimbi e ragazzi e cosa devono fare i genitori.
Esplorare significa mettere in pratica una certa competenza in un contesto sicuro ma allo stesso tempo stimolante. Esplorare significa imparare dall’esperienza, permettersi di sbagliare, e avere una base sicura, un rifugio sicuro, che mi accoglie sempre… Qualcosa che sembra complesso ma alla fine è semplice buon senso. Ma quali sono i bisogni dei bambini?
L’importanza dell’esplorazione
Stare con il tuo bambino non è solo un momento emozionante e felice per te. Per i più piccoli è la loro occasione per iniziare a scoprire il mondo
I bambini sperimentano ogni giorno cose nuove ed eccitanti attraverso il vedere, toccare, gustare e ascoltare. Svuotare i cassetti, usare scale e corridoi come percorsi avventura, fare dolci torte dal terreno, entrare di notte nella mamma e nella stanza di papà – è tutto parte della crescita.
Voi genitori, che nell’ultimo anno avete accolto il bambino nella vostra vita, ora scoprite che lui inizia a crearsi uno spazio proprio; la sfida sta nell’incoraggiare queste nuove capacità occupandosi al contempo della sicurezza, offrendo dei limiti, talvolta anche fisici, al piccolo. Nel tempo avverrà un processo di interiorizzazione che lo aiuterà a riconoscere i pericoli, nonché i limiti necessari per agire nell’ambiente e in relazione alle altre persone.
Per favorire lo sviluppo dell’autonomia potreste proporre attività motorie libere, rispettando i tempi e le iniziative del bambino, favorendo anche attività ludiche con oggetti che consentono di esercitare le abilità quotidiane. Potrete osservare il vostro piccolo mentre gioca e sperimenta in tranquillità, e divertirvi nel vederlo utilizzare gli oggetti nei modi più creativi.
Infine, ricercate le occasioni per farlo partecipare ad attività e conversazioni familiari, dandogli il tempo di esprimere i suoi desideri e di fare delle scelte, facendogli sentire che viene ascoltato.
I ragazzi e l’importanza di esplorare
I genitori crescono insieme ai figli. E il metodo educativo che adottate quando il bimbo ha 6 anni non potrà essere identico a quando vostro figlio sarà un adolescente.
Semplicemente perché le esigenze saranno diverse, perché vorrà continuare ad esplorare ma il mondo che lo circonda, gli amici, tutto ciò che ‘è fuori casa.
L’errore più grande, infatti, è quello di essere troppo protettivi e soffocanti. I ragazzi hanno bisogno di esplorare, di crescere, di sbagliare per imparare dai loro errori e i genitori devono osservare, essere attenti , far loro da guida, da supporto lasciandoli, comunque, esprimere la loro personalità in continuo sviluppo.
Ricordate, autorevoli ma non autoritari.
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Buongiorno amici. Oggi parliamo delle chat tra studenti e dei pericoli che si potrebbero e si devono evitare.
Si fingono coetanei di bambini e ragazzini, conquistano la loro fiducia, li manipolano. Nei casi peggiori abusano di loro. Ecco come contrastare questo odioso fenomeno in crescita.
«Alle madri e ai padri dico: spiegate ai vostri figli che non devono interagire online con chi non conoscono nella realtà. E che quando vengono fatte richieste strane, o si verificano situazioni “idilliache” dove l’altro dice sempre la cosa giusta al momento giusto, vuole creare relazioni uniche, molto spesso dietro si cela qualcosa che non va. E in quel caso i ragazzi dovrebbero avvisare i genitori per capire cosa si nasconde dietro».
Minori online
Quasi 3 bambini su 10 tra i 9 e i 10 anni hanno un profilo su Tik Tok, 1 su 10 della stessa età su Instagram e 1 su 10 ha un suo canale YouTube.
Il 96% dei bambini guarda video su YouTube e il 43% su Tik Tok. Più di 2 bambini su 10 danno l’amicizia a persone che non conoscono e quasi il 20% di loro interagisce con utenti sconosciuti.
I bambini sono sempre più iperconnessi e interconnessi, fanno uso delle chat, possiedono un loro smartphone o usano quello dei genitori senza un controllo appropriato.
Questo fa sì che i minori siano sempre più esposti e rischino di incorrere in persone che sfruttano la rete alla ricerca di soggetti da adescare.
Il fenomeno del child grooming è sottovalutato ma i genitori dovrebbero aprire gli occhi. Dall’altra parte ci sono adescatori abili e preparati, nascosti dietro profili insospettabili.
Il profilo dell’adescatore
Sono spesso mascherati da coetanei in grado di parlare il loro linguaggio, di giocare bene ai videogiochi e di interagire con loro.
Usano tutti i canali possibili, studiano le loro abitudini e le loro aree di interesse.
Sfruttano i videogiochi, i vari blog e profili social per poi cercare di spostare le conversazioni nelle chat private. Interagiscono nei commenti dei video.
Conquistano la loro fiducia di bambini e ragazzi interagendo con loro anche per mesi, fino a quando non sono in grado di manipolarli mentalmente e indurli a soddisfare le loro richieste. Il bambino generalmente si vergogna o ha paura di raccontare quello che gli è accaduto e non si apre con gli adulti.
Purtroppo tanti genitori e insegnanti si fanno ingannare dalla dimestichezza con la quale i bambini utilizzano gli strumenti tecnologici.
Il fatto che sappiano usare uno smartphone e tutte le sue applicazioni, non significa che abbiano la consapevolezza di ciò che fanno e che siano pronti per un corretto utilizzo.
Non sono in grado di riconoscere i pericoli della rete e di identificare quando qualcuno sta cercando di entrare nella loro cerchia di fiducia per adescarli.
Grooming
Il vero problema di oggi, e soprattutto di domani, non è la dipendenza dalla tecnologia ma l’adescamento online (grooming) che è già in notevole crescita.
Un figlio in rete non è immune ai pericoli. Per essere immune deve essere in grado di pensare in maniera critica e deve essere abituato dal genitore a farlo quotidianamente attraverso una costante e continua educazione digitale efficace.
Per contrastare il grooming si deve insegnare ai bambini a non interagire mai con utenti sconosciuti, a non dare informazioni personali a nessuno, anche all’utente che sembra più amichevole e più in sintonia con loro.
Dalla teoria alla pratica, che fare per arginare il grooming
Cosa serve per arginare il fenomeno? Serve educazione digitale.
C’è uno scollamento tra la realtà degli adulti e quella dei bambini, poco conosciuta da parte dei primi.
Molti genitori e insegnanti sono partiti scettici ma si sono resi invece conto di quanto sia reale il problema dell’adescamento e di quanto sono a rischio i bambini.
Posso dire che grazie a questo progetto abbiamo fatto avvicinare i due mondi.
Ci si è resi conto di quanto i bambini siano a contatto con situazioni dalle quali dovrebbero stare lontani, senza avere gli strumenti, e senza che gli adulti siano realmente in grado di contrastare l’adescamento.
Serve l’interazione per rendere i bambini consapevoli dei pericoli, non basta dire loro “state attenti perché c’è un pericolo”.
I bambini sanno cos’è un pedofilo ma nell’interazione non sanno riconoscerlo. Tant’è che poi nella realtà fanno attività a rischio come interagire con chi non conoscono e dare l’amicizia a persone sconosciute.
Non sono troppo piccoli per questi problemi, ma non lo sono nemmeno per capire come starne alla larga».
Genitori
I genitori dovrebbero dare dei limiti. Mettere i blocchi, le impostazioni della privacy, controllare la cronologia delle loro attività in rete. Più sono piccoli, meno lo devono usare da soli, neanche nelle chat con i compagni di classe perché spesso sono proprio le chat private il maggior diffusore di materiale che non deve circolare tra bambini.
Monitorare non significa invadere la loro privacy, significa star loro accanto. Non basta controllare, bisogna insegnargli a navigare correttamente e se un genitore ha delle lacune deve avvalersi dell’aiuto di esperti in grado di insegnargli come essere una guida efficace.
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Vediamo quali sono le dinamiche che ci portano a farlo.
Buongiorno amici. Oggi riflettiamo sul perché mentiamo online..e off?
Bugie
Ma lo sapete che le bugie non hanno sempre un’accezione negtiva? In questa diretta parleremo proprio di questo.
Innanzitutto faremo una distinzione tra bugie bianche, quelle appunto giustificate, e quelle nere, dannose per chi le riceve.
Bugie che uniscono
Sembra una banalità, un assurdo ma mentre le buge nere spezzano legami, quelle bianche possono crearli e unirli, rafforzarli.
Le bugie bianche sono dette per non rimanere soli. Fateci caso, chi è più sicnero ha pochissme perosne al suo seguito.
Ma sapete che vi dico, melgio, perché di quelle persone vi potrete sempre fidare.
Bambini e ragazzi
E, udite udite, chi dice più bugie nere sono proprio i bambini. I ragazzi più grandi tendono più a dire quelle bianche Ma non voglio spoilerare nullad ella diretta quindi…vi lascio i link per vederla.
Io spero che il riflettere sul perché mentiamo online..e off? vi sia di aiuto .
E vi ricordo che se avete bisogno di me potete contattarmit rmaite la sezione “contatti e consulenze” del sito
Buongiorno amici. Oggi, nella diretta, parliamo della cicatrice francese-diretta, le sue origini e i danni permanenti che può provocare.
Discutiamo Cicatrice francese-diretta
Tremd, prutroppo, che sta spopolando sul socia più cotnroverso e ricco di polemiche: tiktok.
Trend che è natoin francia, tra una comunità magrebina , e che sta spopolando, purtroppo, anche in talia.
Origini cicatrcie francese-diretta
Le origini risalgono a decenni fa quando un dittatore di Haiti, divenuto poi presidente, amava provocarsi questis egni sul volto coems egno di forza e valore.
Oggi, questa comunità magrebina, si provoca le stesse cicatrici per omaggiarlo.
Tiktok. Cicatrice francese-diretta
Da semrpe molto controverso perché genera questo tipo di trend e perché, soprattutto, è popolato da ragazzi troppo trppo giovani.
La responsabilità, però , non deve essere mai attribuita a itnernet, come ad un film o a un genere musicale.
La responsabilità va alla famiglia, va al fatto che non c’è la giusta educazione a come si utilizza al meglio un mezzo così potente .
Non voglio spoilerarvi l’intera diretta che, come sempre, merita di essere segutia con attenzione.
Ma, stavolta, dovete guardarla con i vostri figli, per evitare cha cadano in questi giochi che possono provocare molti danni.
Il trend che, purtroppo, sta spopolando su tiktok.
Buongiorno amici. Oggi parliamo e riflettiamo sulla cicatrice francese.
Sta spopolando in queste settimane su TikTok una nuova “sfida social” che consiste nel provocarsi una vistosa cicatrice sul volto: l’obiettivo è quello di assomigliare ai gangster.
Giampiero Girolomoni, direttore dell’unità di Dermatologia dell’Azienda ospedaliera universitaria integrata di Verona: «Potrebbe servire il laser per farlo scomparire»
La cicatrice francese
Si chiama “cicatrice francese”, ma non è una cicatrice, bensì un livido. Ci sono decine di video sulla piattaforma Tik Tok (la più popolare tra i ragazzini) che spiegano come procurarselo e ragazzini che si riprendono mentre si pizzicano in faccia, sempre più forte.
Sembrano non capire che farsi del male non è un gioco.
Potrebbe servire il laser per farlo scomparire»- cicatrice francese
«Attenzione, però. Potrebbero volerci anni perché questo segno scompaia. In alcuni casi potrebbe addirittura diventare permanente, per cui servirebbe un intervento laser per farlo sparire».
L’avvertimento arriva dal dermatologo Giampiero Girolomoni, direttore dell’unità di Dermatologia dell’Azienda ospedaliera universitaria integrata di Verona.
Per bene che vada, spiega l’esperto, il segno che i ragazzi si procurano sulla guancia, strizzando la carne tra due dita per assomigliare a dei criminali, dura poche ore.
In alcuni casi qualche giorno, in altre intere settimane. «Il gesto di pizzicarsi, anche molto forte, non comporta dei rischi in particolare, come quello di sviluppare un’infezione.
Però può provocare un danno estetico», afferma Girolomoni.
Quali sono i rischi
Il rischio, infatti, è quello di rompersi i capillari, poiché l’azione combinata di pizzicare e torcere la pelle provoca disfunzioni della microarticolazione sanguigna.
«Il livido potrebbe trasformarsi in un angioma, ovvero un inestetismo della pelle che si presenta sotto forma di macchie rosse-violacee di varie forme e dimensioni, caratterizzata da piccoli punti rossi circondati da vasi sanguigni. In questo caso potrebbero volerci anni per farlo sparire».
Come quando si vuole rimuovere un tatuaggio e occorre un intervento laser per farlo.
«Sarebbe bene che i ragazzi facessero i conti anche con aspetti come questo, quando decidono di autoinfliggersi lesioni per farne un segno distintivo o di appartenenza», dice Girolomoni.
L’allarme
A dare l’allarme è stato un prof di italiano di una scuola di bologna vedendo molti alunni arrrivare in classe con dei lividi sul volto.
In un primo momento, si pensava ad atti di bullismo, purtroppo noti oin molte scuol e erealtà.
Invece, una ragazza, alla domanda del professore , ha speigato che in reltà è una challenge vista su tiktok.
subito la circolare alla famiglie, alla scuola e la collaborqzione con la polizia postale.
I genitori
La polizia postale da’ un monito anche ai gneitori dicendo di stare attenti, molto più attenti alle connessioni e a questi tipi di social frequentati da ragazzi molto molto giovani.
L’età media che sfida i coetanei in quest modo è di 13-16 anni. Ma alcuni casi sono stati registrati anche tra bambini di 10/11 anni.
Autolesionismo?
Se si pensa ald anno che ci si provoca da soli sì. Se pensiamo al perché un ragazzo si fa del mael da solo talgandosi le braccia e varie parti del corpo non è assolutamente paragonabile.
Dietro episodi di autolesionismo ci sono motivazioni molto gravi: il non riuscire a superare unt rauma importante, il non sentirsi capiti, la vergogna per il proprio corpo magari proprio dopo un atto di bullismoo una violenza.
Qui si palra di un qualcosa che viene preso come un gioco e che, in fondo, gioco non è.
E allora, genitori, state molto attenti e non utilizzate uno smartphone, un tablet come baby sitter. Dedicate del tmepo ai vostri figli ed educateli al corretto utilizzo della tecnologia.
E, se avete bisogno del mio aiuyo, che voi siate adulti o no, contattatemi tramite la sezione “contatti e consulenze” del sito
Io spero che parlare della cicatrcice francese vi sia stato d’aiuto.