Proviamo a coltivarlo invece di ricercare la perfezione.
Buongiorno amici. Oggi parliamo de il talento.
Il talento
Tutti, e dico davvero tutti, abbiamo un talento, una nostra peculiarità.
Tutti i ragazzi ne hanno uno che magari non quello che pensavano i genitori, magari esula dal pensiero comune, dai classici talenti ma c’è.
E’ lì che aspetta noi per potersi esplicitare.
Ma cosa succede?
Genitori
Spesso incontro genitori che mi dicono “Marco( nome di fantasia) è carente in matematica( ditemi poi chi non ha una debolezza in questa materia:D). non è che va male ma potrebbe dare di più. Invece ha un talento in arte. va beh…deve recuperare matematica”.
Eh…è questo il modo sbagliato di aiutare un ragazzo a investire sui propri talenti, sulle proprie abilità.
Perché investire, invece, su u qualcosa che non potrà mai essere tanto superiore a quello che già da, perché non è un su talento, invece di coltivare le sue peculiarità?
La perfezione
E’ un errore inculcare ai ragazzi la ricerca della perfezione qualsiasi cosa facciano: scuola, hobby, sport. Devi essere sempre il miglior, deve eccellere in tutto aumentando , così, non la sua autostima ma l’ansia da prestazione che avranno per soddisfare le vostre aspettative.
C’è, infatti, troppa competizione malsana, troppi paragoni con gli altri. ma noi siamo tante individualità e ognuno di noi, per fortuna, ha delle caratteristiche diverse. E’ su quelle che dobbiamo puntare.
Insegnate ai ragazzi a puntare su se stessi, a dare il meglio non per prevaricare gli altri ma per da raggiungere gli obiettivi che si sono prefissati. Aiutateli a trovarli questi obiettivi.
E se avete bisogno del mio aiuto contattatemi tramite la sezione cotnatti e consulenze del sito
Cos’è e perché dobbiamo assolutamente liberarci da tutto questo.
Buongiorno ragazzi. Oggi parliamo della sindrome della brava ragazza.
Essere buona è una bella cosa. Avere la “sindrome della brava ragazza” no. Perciò, tanto per cominciare, è bene non confondersi. «La persona buona agisce in base a puri slanci di generosità ed è sempre padrona delle sue scelte. Chi ha la “sindrome della brava ragazza”, invece, tende a comportarsi bene per ottenere approvazione e apprezzamento da parte degli altri».
«Ciò significa che a volte, dietro la ragazza sempre educata, sempre sorridente e sempre disponibile, può celarsi una persona ingabbiata in dinamiche e schemi di comportamento predefiniti e vissuti (in modo più o meno conscio) con una certa insofferenza.»
Quali altri sintomi dimostra chi ha la “sindrome della brava ragazza”?
«La tendenza a sentirsi spesso inadeguata e ad avere un atteggiamento un po’ passivo. Le ragazze con questa sindrome non dicono mai nulla che possa ferire l’altro, non replicano e si prodigano al massimo pur di salvaguardare il “quieto vivere” ed evitare il conflitto. Si sentono in colpa se disattendono le aspettative degli altri, non sanno dire di no e faticano a esprimere quello che sentono. In generale, antepongono le esigenze altrui alle proprie e cercano di continuo l’approvazione di chi le circonda».
Cosa porta ad avere la “sindrome della brava ragazza”?
«I fattori possono essere tanti. In genere, una prima causa risiede nel tipo di educazione ricevuta in famiglia, quindi nell’imprinting dato dai genitori. Un’altra causa può essere l’insicurezza personale (chi ha una buona autostima non ha bisogno di cercare di continuo l’apprezzamento da parte degli altri).»
Perché comportarsi sempre da “brava ragazza” può rivelarsi nocivo?
«Per vari motivi. Innanzitutto, soffocare le proprie esigenze per quelle degli altri significa soffocare la propria personalità e la propria energia vitale. In secondo luogo, evitare il confronto e il conflitto con gli altri in nome del quieto vivere porta a impostare i rapporti in modo non autentico e a non farli evolvere. Infine, più si mettono gli altri al primo posto e più gli altri si sentiranno autorizzati a chiedere. Anzi, a chiedere sempre di più».
È possibile guarire (anche solo in parte) dalla “sindrome della brava ragazza”?
«Sì, ma il presupposto fondamentale è rendersi conto di averla, il che il che a volte è difficile. La persona abituata a comportarsi in questo modo fatica a concepire reazioni diverse. Tuttavia, quel carico di malessere e di frustrazione che una “brava ragazza” può fingere mentalmente di non vedere, tende prima o poi a esplodere altrove. Ossia a livello fisico. Come? Per esempio, sotto forma di cefalee, di problemi alla pelle o all’intestino. Le persone abituate a trattenere le proprie esigenze e la propria personalità finiscono spesso per somatizzano il loro malessere».
Perciò, intanto sarebbe utile decifrare certi possibili disturbi fisici…
«Assolutamente sì. Per il resto, può essere utile provare ad adottare tanti piccoli comportamenti nuovi. Tenendo presente che una tendenza forte e radicata, come quella a comportarsi da “brava ragazza”, si può scardinare soltanto a poco a poco. Un buon punto di partenza è quello di provare ad attivare, giorno dopo giorno, tanti piccoli cambiamenti nelle abitudini o nel proprio modo di pensare».
E allora cosa fare, in concreto, per smettere di avere la “sindrome della brava ragazza”?
Cosa fare
SMETTI DI ANDARE “OLTRE”
Dosa meglio la tua disponibilità «Tendi a rimanere in ufficio oltre il tuo orario di lavoro? Comincia a non farlo più tutti i giorni, ma solo in caso di necessità» suggerisce Laura Rivolta. «Oltre un certo limite, hai bisogno di dire “basta” e mettere dei sani paletti. Sia per il tuo benessere sia perché poi, ricaricandoti, tornerai all’opera in condizioni migliori.»
SPEZZA LA ROUTINE
Se hai la “sindrome della brava ragazza”, avrai anche (con molta probabilità) un forte attaccamento alla routine. Per smuovere qualcosa, comincia ad alterare certe abitudini. «Vai al cinema solo il sabato sera? Per una volta, vacci nel bel mezzo della settimana. Ti vedi con le amiche soltanto nel tardo pomeriggio? Improvvisa con loro un caffè di mattina. Insomma, scardina qualcosa nella tua routine
COMINCIA A DIRE DI NO
Basta dire di sì controvoglia. Basta con le abitudini che abbiamo solo per fare contenti gli altri. «Per esempio» spiega la psicoterapeuta, «se non ti va di andare ogni santa domenica a pranzo dai suoi suoceri, non andarci. Non sentirti sempre obbligata ad accettare il loro invito. Ogni tanto rifiuta con gentilezza oppure valli a trovare solo per il tempo di un caffè.»
CERCA DI “SGARRARE” RISPETTO AI TUOI STANDARD
Un altro consiglio per liberarsi dalla “sindrome della brava ragazza”? «Prova a fare qualcosa di “indisciplinato” rispetto al tuo senso del dovere» suggerisce Laura Rivolta. «Per esempio, non sentirti obbligata a rispondere sempre al cellulare. Ci sono chiamate e messaggi che possono aspettare. Allenati a capire quando rispondere subito e quando non farlo.»
DIVERTITI A INVERTIRE CERTE SEQUENZE
Prima questo e poi quello. Mai il contrario. Se hai la “sindrome della brava ragazza” tendi con molta probabilità a seguire una scaletta nel fare le cose. Anche quelle più banali. «E allora» suggerisce Laura Rivolta, «inizia a invertire qualche sequenza-tipo della tua giornata. Esempio: non esci mai di casa la mattina se prima non hai lavato tutte le tazze della colazione e lasciato in ordine la cucina? Fai il contrario: ogni tanto esci da casa e pensa alle faccende al tuo ritorno».
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Buongiorno amici. Oggi riflettiamo sul “ io sono chi voglio essere” non chi devo.
o sono cho voglio essere. Cho VOGLIO, non chi DEVO.
quante volte ci troviamo, quando siamo ragazzini( ma anche da bimbi succede), nella situazione per cui tutti, e dico davvero tutti, ci dicono cosa dobbiamo essere senza stimolarci a sviluppare una nostra personalità, dei nostri obiettivi che sono nostri soltanto?
Condizionamenti
A partitre dalla famiglia. Spesso, purtroppo, i ragazzi crescono in un ambiente familiare er cui devi fare ed essere quello che i tuoi genitori hanno pensato per te.
Lo fannos empre in buona fede? A volte ma non sempre e, nonostante la buona fede, distruggono qualsiasi tipo di dialogo coi ragazzi.
Dalla scelta della scuola, al lavoro, a come devi comportarti, vestirti, chi devi frequentare…
E poco c’entra il volerbene…perché se voglio bene a mio figlio, invece di parlare èer imposizioni, cerco di guidalro ad essere una persona serena; a dar lui stimoli e coraggio per cercare di migliorarsi sempre e per raggiungere i suoi obiettivi…non i miei.
Non i miei.Perché un altro macro errore è questo: noi non siamo riusciti per X motivi ad essere quello che volevamo e, ora, pretendiamo che i nostri figli siamo quello che NOI volevamo essere.
Personalità- io sono chi voglio essere
E la perosnalità? E i ragazzi? Se continuano a dover essere e non a essere come cresceranno, felici davvero?
No, frustrati, pieni di rabbia nei confronti de mondo o nsicuri da non riuscire a cavarsela da soli nel mondo.
E allora lasciate che i ragazzi SIANO …che accrescano la loro autostima e aiutateli in questo.
Aaccompaganteli mano nella mano ad ESSERE …
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Cosa sono, come uscirne, come comportarsi con chi ti ha deluso.
Buongiorno amici. Oggi parliamo di come gestire le delusioni.
Almeno una volta nella vita, a ognuno di noi capita di trovarsi di fronte ad una delusione da parte di un amico, un partner, un familiare oppure verso sé stessi.
Alla delusione segue spesso una sofferenza, che può manifestarsi in modi molto diversi. Se non gestita, può avere conseguenze trasversali sulle relazioni, gli ambienti in cui ci troviamo e sull’autostima.
COS’È UNA DELUSIONE?
Innanzitutto è importante sapere che la delusione è un sentimento e non un’emozione: non si tratta di una semplice reazione ad un evento ma è implicata anche la nostra cognizione, cioè pensieri, credenze e schemi di ragionamento.
Per definizione la delusione si presenta quando ciò che vogliamo, desideriamo o ci aspettiamo non coincide con ciò che si verifica nella realtà.
Di conseguenza, maggiore idealizzazione degli altri o degli esiti di un’azione, maggiori aspettative e desideri irrealistici e maggiore sarà la delusione che viviamo.
Trattandosi di un sentimento, le conseguenze possono essere molteplici:
frustrazione
rabbia
tristezza
pensieri
intrusivi
isolamento
abbandono di alcuni percorsi
fiducia in sé stessi
COME COMPORTARSI CON CHI CI DELUDE
Come detto sopra, la delusione è generata dalla distanza tra ciò che ci aspettiamo e ciò che desideriamo.
Spesso quando entriamo in relazione con gli altri, rischiamo di creare un’idea di come l’altro dovrebbe comportarsi, di cosa dovrebbe fare per noi o addirittura di come ci aspettiamo che sia.
Di conseguenza, nel momento in cui l’altra persona non rispecchierà questa nostra idea, potremmo percepire una delusione nei suoi confronti.
Per evitare che ciò accada è importante comunicare all’altro cosa desideriamo e cosa ci aspettiamo da lui/lei.
Ponendoci in una posizione aperta al confronto e alla possibilità di modificare queste aspettative in base ai suoi feedback.
Quando la delusione si verifica potrebbe essere utile seguire alcuni passi:
riconoscere che la delusione è determinata dalle nostre aspettative e non ha realmente a che vedere con l’altra persona;
valutare se le aspettative che avevamo erano realistiche o irragionevoli;se si tratta di aspettative realistiche, allora possiamo comunicare all’altro cosa ci aspettavamo e come ci ha fatto stare ciò che è successo, senza incolparlo e dandogli la possibilità di rimediare se ne ha la volontà;
individuare delle strategie funzionali a gestire le emozioni scatenate che ci fanno stare male;
riformulare le aspettative che abbiamo per gli altri in termini più realistici;
COME GESTIRE LA DELUSIONE VERSO SE STESSI
Talvolta, e per alcuni molto spesso, la delusione può essere rivolta proprio a sé stessi.
Possiamo essere delusi del nostro comportamento, delle nostre prestazioni sportive, scolastiche o lavorative.
Addirittura possiamo essere delusi rispetto ad alcune nostre caratteristiche personali.
Questo succede perché il nostro Sé Ideale (che rappresenta come noi vorremmo essere) ed il nostro.
Sé Reale (ciò che effettivamente siamo) non coincidono. Più idealizziamo ciò che vorremo essere e maggiore è la delusione per noi stessi.
In questo caso più che mai un percorso di terapia ci è d’aiuto per accettare ciò che siamo e le nostre prestazioni e diminuire così la delusione percepita.
Può però esserci d’aiuto iniziare a lavorare in autonomia su alcuni aspetti:aumentare la consapevolezza dei nostri limiti e delle nostre risorse, e individuare quali possono essere modificati, rinforzati o acquisiti;
formulare obiettivi realistici sulla base delle nostre risorse e dei nostri limiti;
allenarci a trattarci con compassione quando qualcosa va male, proprio come facciamo con le persone a cui vogliamo bene;
allenare la nostra autoironia per ridimensionare la delusione e mantenere uno stato d’animo positivo e propositivo
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Buongiorno amici. Oggi parliamo de l’adolescente interiore e come aiutarlo.
Avrete già sentito parlare del bambino interiore e delle sue ferite, di come lavorare su esso ci aiuti a superare certi limiti e stare meglio. Tuttavia, l’infanzia non è l’unica fase critica. In termini di formazione della personalità, anche l’adolescenza ha una grande importanza e quanto accaduto in questi anni può segnare in modo profondo. Per questo motivo, vogliamo parlare dei benefici della guarigione dell’adolescente interiore.
Cosa viene in mente quando si parla di un adolescente? Probabilmente ribellione, passione, entusiasmo e voglia di conquistare il mondo, ma anche insicurezza, complessi, disorientamento e sensazione di incomprensione.
Lavorando sull’adolescente interiore si può recuperare la forza di quella fase della vita e rivedere aspetti che limitano perché non sono stati affrontati. Se siete pronti a intraprendere questo percorso, continuate a leggere.
L’impatto dell’adolescente interiore
Quando si parla di ferite infantili, molte persone non si sentono identificate. Affermano di aver avuto un’infanzia piena, felice e serena e non capiscono, quindi, da cosa possano dipendere le reazioni emotive esagerate che a volte le assalgono. In realtà, anche l’adolescenza ci segna e non sempre in positivo.
In questa fase, bisogna affrontare diverse sfide. Avvertiamo maggiore pressione accademica, la paura di essere respintie un forte bisogno di inserirsi nel gruppo. I complessi nei confronti del proprio corpo diventano più salienti e i tradimenti e le delusioni sono vissuti con insolita intensità.
Anche in famiglia cambia tutto: all’improvviso sentiamo che nessuno ci capisce, che nessuno si preoccupa per noi. Forse cominciamo a pensare che i nostri genitori vogliono solo limitarci, che non capiscono il nostro bisogno di libertà e al tempo stesso di affetto e sostegno. Potremmo sentirci paragonati o non supportati nei nostri sogni e obiettivi.
Sì, l’adolescente ha forza, coraggio, entusiasmo e ideali, ma è anche estremamente vulnerabile. Per questo è necessario rivedere le sue esperienze e aiutare l’adolescente interiore.
Un lavoro di introspezione per entrare in contatto con chi eravamo
Per guarire l’adolescente interiore, bisogna portarlo nel presente, ricordare cosa ha vissuto e come si è sentito. Per individuare i punti principali su cui lavorare, si rivelano utili le seguenti domande:
Quali sono state le figure più importanti durante la tua adolescenza? Chi ti ha segnato di più, nel bene o nel male? Puoi includere familiari, colleghi, insegnanti o qualsiasi altra persona.
Ricordare l’adolescenza. Quali emozioni predominavano? Come ti sentivi ogni giorno? Perché ti sei sentito così?
Elencare tre situazioni o eventi di quegli anni che sono stati particolarmente significativi.
Se dovessi definire la tua adolescenza in tre parole, quali sarebbero?
Cosa ha provato e vissuto il tuo adolescente interiore?
Grazie alle precedenti domande, si può svolgere un processo di introspezione che aiuta a identificare i punti da affrontare. Questi sono alcuni problemi che si possono riscontrare:
Sensazione di inadeguatezza, di inferiorità rispetto alle persone intorno a sé. Questa tendenza a paragonarsi agli altri e la mancanza di fiducia in se stessi possono essere molto radicate.
Sensazione di mancanza di comprensione e supporto. Forse le figure di riferimento non credevano in noi o sono state eccessivamente dure, autoritarie e poco empatiche. Ciò potrebbe averci scoraggiati a inseguire i nostri sogni e intraprendere certi progetti. Forse ci costringiamo ad avere la vita che “dovremmo avere”, mentre zittiamo la nostra voce interiore che chiede qualcosa di diverso.
Complessi su aspetto fisico o personalità. Essersi sviluppati molto presto o tardi, un fisico diverso per qualsiasi motivo o interessi che non si adattavano a quelli degli altri possono avere ripercussioni anche in età adulta. È noto che i complessi e un’immagine di sé negativa causano intenso stress emotivo, dunque frustrazione e tristezza.
Paura del rifiuto e difficoltà a stabilire dei limiti. Durante l’adolescenza è forte il bisogno di adattarsi, di essere accettati dai coetanei. Chi è stato rifiutato o non ha avuto amicizie sane durante questo periodo, potrebbe sentire il bisogno di compiacere ed essere incapace di dire “No”.
Paura dell’intimità emotiva. Se le prime relazioni sentimentali sono state dolorose, segnate da tradimenti o abbandono, da adulto si potrebbe avere paura dell’impegno e di aprirsi emotivamente.
Come guarire l’adolescente interiore
Dopo aver identificato le ferite passate e le situazioni in sospeso, possiamo intraprendere alcuni passaggi per guarire l’adolescente interiore:
Ricordare che ora siamo adulti. Non dipendiamo più dagli altri e godiamo di più strumenti per gestire le situazioni. Possiamo donarci l’amore e la convalida di cui abbiamo bisogno, oltre a scegliere relazioni e legami.
Riflettere sugli insegnamenti delle esperienze passate. Cosa ci hanno insegnato su noi stessi, gli altri e la vita? Sicuramente hanno contribuito al nostro sviluppo personale in qualche aspetto; in caso contrario, è tempo di cercare le lezioni nascoste e farle proprie.
Perdonare chi ci ha ferito o deluso. Non come un modo per giustificare le loro azioni, ma come un modo per liberarci dalla loro influenza. Capire che, forse, non potevano o non sapevano agire diversamente e che, in ogni caso, non meritiamo di provare ancora quel dolore. Impariamo da quanto successo e lasciamo andare il risentimento.
Perdonarsi per non aver saputo fare meglio, per le volte che abbiamo ignorato la nostra natura per compiacere gli altri.
Imparare ad ascoltare l’adolescente interiore nel quotidiano. La sua voce incoraggia a correre dei rischi, a scommettere su se stessi e perseguire i propri sogni. È la voce che invita divertirsi, riposare e godersi la vita. È quel grido di ribellione che spinge a difendersi quando una situazione insulta la propria anima. Diamole un posto nella nostra vita.
Conclusioni- l’adolescente interiore
Guarire l’adolescente interiore aiuterà a ritrovare passione e forza, a bilanciare i doveri con i piaceri e, soprattutto, a credere in se stessi. Da adulti, concediamo a quell’adolescente convalida, supporto e limiti, così tutto inizierà a cambiare.
Vi ricordo che se avete bisogno di me potete contattarmi tramite la sezione “contatti consulenze ” del sito
Buongiorno amici. Oggi pariamo di genitori figli e di come recuperare la relazione tra le due parti.
Se hai una relazione genitore-figlio frastagliata, l’ascolto empatico, la reciprocità e un lavoro incentrato su te stesso, possono aiutarti a migliorarla. Le relazioni interpersonali, soprattutto quelle di lunga durata, possono essere molto complesse e talvolta si verificano eventi che allontanano le persone. Gli eventi e la ricerca estenuante di un colpevole, possono logorare anche i legami più significativi e il rapporto genitore-figlio non fa eccezione.
A volte, gli eventi della vita e le caratteristiche di personalità del genitore e del figlio, possono rendere il legame insanabile. Altre volte, invece, ci sono dei fattori che possono aiutare a superare anche il peggiore attrito. Il recupero diviene più fattibile quando il figlio ha risanato le sue ferite (spesso inflitte proprio da quel genitore con il quale intende recuperare il rapporto) e il genitore è riuscito a mettersi in discussione nel suo stesso ruolo genitoriale.
Recuperare un rapporto non è possibile quando il genitore si identifica rigidamente nel ruolo del genitore perfetto e tende a giustificare le sue mancanze. Analogamente, recuperare il rapporto non è possibile quando il figlio è rigidamente ingabbiato nel suo ruolo di vittima e cova ancora rancore per le mancanze e i torti subiti in passato. Sebbene sia vero che un figlio possa essere stato vittima di trascuratezza emotiva, è altrettanto vero che un attento lavoro su se stesso può eliminare ogni gabbia e lavare via qualsiasi rancore. Una volta guarito, il figlio potrà scegliere consapevolmente se ricucire quel rapporto. Alla base di tutto, infatti, dovrà essere la volontà reciproca di riavvicinarsi.
5 consigli per il genitore-genitori figli
Entriamo nel vivo dell’argomento e cerchiamo di capire come migliorare la relazione genitore figlio. Care mamme e cari papà, se tuo figlio si è allontanato da te, potresti sentire un forte peso sul cuore. Sappi che se lei/lui non vuole, non puoi costringerlo a riavvicinarsi. Anche se è doloroso, l’unica cosa che puoi fare è accettare la sua decisione e lavorare su te stesso. Puoi sicuramente porgergli la mano e ricordargli che la tua porta è sempre aperte e che tu sei disponibile al dialogo.
Sai, ci sono dei modi per aumentare il senso di connessione tra te e tuo figlio. Lavorare sul legame, anche quando questo è stato messo a dura prova da diversi eventi, è possibilissimo. Ci sono alcune cose che puoi fare per far sì che tuo figlio si senta maggiormente a suo agio con te.
#1. Assumiti le tue responsabilità genitoriali
Se tuo figlio è schivo, si è allontanato o in qualche modo ti ha ferito, sappi che tu potresti essere, almeno in parte, responsabile per la sua condotta. Le azioni di un genitore, così come il suo modello educativo, hanno sempre un forte impatto sullo sviluppo psicoaffettivo del figlio. Anche se a te possono sfuggire dei nessi causa-effetto, cerca di mettere in discussione il tuo operato. Come ho spiegato nel mio libro «Riscrivi le Pagine della Tua Vita», talvolta i genitori possono commettere delle mancanze spinti anche dalle migliori intenzioni.
Per esempio, l’eccessiva premura, oppure il voler spronare il figlio a ogni costo a fare bene a scuola, possono involontariamente negare al bambino di sviluppare una propria autonomia. I bambini, mentre crescono, subiscono mille pressioni (imparare a camminare, a parlare, a leggere e scrivere, a comportarsi bene in società) la più grande? Soddisfare i genitori e assicurarsi il loro amore! A volte un genitore, involontariamente, fallisce totalmente o parzialmente nel suo compito. I genitori, prima di essere genitori, sono umani, quindi imperfetti. Possono sbagliare. Tieni conto di questo.
#2. Sii di larghe vedute
Essere ascoltati e accettati è uno dei nostri principali bisogni. Per un figlio, essere accettati e stimati da un genitore, è di fondamentale importanza. Anche se quando i figli sono adulti, questo non sembra essere un vero bisogno, sappi che è tutto. La tua accettazione conta.
Quando tuo figlio si apre e condivide qualcosa con te, tieni la tua mente aperta, non giudicare. Sappi che non sei tu a dettare ciò che è il meglio per lui. Amare qualcuno significa accettarlo e accettare che sia lui a valutare ciò che è per lui il meglio.
#3. Fai sentire il tuo supporto
Ogni volta che puoi, sostienilo. Fagli sentire che sei dalla sua parte. Questo aumenterà la sua percezione di fiducia. Già, nonostante gli anni passati insieme, quando qualcosa si rompe, tuo figlio dovrà di nuovo imparare a fidarsi di te (e forse tu di lui). Il mondo è pieno di persone dal giudizio facile, criticoni e oppositori incalliti, tuo figlio non ha bisogno dell’ennesima critica, ciò di cui ha bisogno è di sostegno, qualcuno che convalidi le sue esperienze e lo faccia sentire meno solo.
#4. Ascolto empatico
Ascoltare empaticamente significa prestare particolare attenzione ai sentimenti che tuo figlio esprime quando parla. In questo modo, tuo figlio si sentirà accolto e compreso da te.
#5. Concedigli spazio
La vicinanza emotiva richiede anche un pizzico di distacco. Lascia che tuo figlio si costruisca il suo spazio, lascia che si affermi nella propria identità. Concedigli spazio e tempo. In questo modo, quando starete insieme, riuscirà ad apprezzare di più i momenti di condivisione e vicinanza.
5 consigli per il figlio-genitori figli
Anche se qualcuno di voi sarà restio ad ammetterlo, i tuoi genitori, in qualche modo, sono già entrati a far parte della tua identità. Non importa quanto tu sia diverso da loro, non si tratta di ciò che fai o chi sei, ma di come ti senti. Questo è vero sia se i tuoi genitori ti sono rimasti accanto durante la crescita, sia se hai dovuto cavartela da solo. Se hai deciso di recuperare la relazione che hai con i tuoi genitori, considera questi cinque punti.
#1. Assumiti le tue responsabilità personali
È vero, le condotte genitoriali hanno sicuramente avuto un impatto su di te. Di certo trascuratezza e diverse forme di abuso perpetuate in modo involontario e maldestro, possono averti causato un forte dolore, ma anche i genitori sono umani e possono sbagliare. Se un tempo erano loro responsabili per te, oggi sei tu l’unico responsabile del tuo benessere. Ciò significa che se loro sono responsabili delle tue ferite, tu sei responsabile di guarirle quelle ferite. Non aspettare che, per magia, sia tuo padre o tua madre a guarirle. Lavoraci da solo. La tua guarigione ti renderà libero e ti darà modo di vivere nuovi momenti di gioia con i tuoi genitori.
#2. Non rinfacciare
Quando dialoghi con i tuoi genitori, cerca di non puntualizzare continuamente le mancanze subite. Non rinfacciare gli errori del passato. Ogni volta che lo fai, dai modo a eventi del passato di interferire (ancora e ancora) con il tuo presente. Quando lo fai, non solo ferisci i tuoi genitori ma condanni anche te stesso: divieni prigioniero del passato.
Cerca di essere indulgente. Sappi che anche i tuoi genitori sono stati figli e probabilmente anche loro hanno ferite nascoste. So che se stai ancora soffrendo, più che comprendere loro vorresti essere compreso da loro. Tu fai il tuo cammino. Sappi solo che probabilmente ancora i tuoi genitori hanno avuto le loro esperienze dolorose dalle quali tentano di guarire.
Potrebbe essere saggio ricordare che tutti fanno il meglio che possono con le risorse e le conoscenze che hanno a loro disposizione. Se ci sono state omissioni, probabilmente non c’erano risorse o conoscenze per fare altrimenti.
#3. Ricorda che fa parte della tua famiglia
Per proteggerti dal dolore, potresti essere tentato di lasciare fuori tua madre (o tuo padre) da diversi aspetti della tua vita. Magari hai smesso di condividere informazioni sulla tua salute, sulla tua carriera lavorativa o sulla tua situazione sentimentale. Queste omissioni, faranno sentire tuo madre (o tuo padre), molto distante da te. Prova a migliorare il senso di connessione condividendo qualcosa. Concedi ai tuoi genitori di far parte della tua vita, anche a piccole dosi.
4. Dedica del tempo al vostro legame
Lo so, gli impegni della vita possono essere molto gravosi. La vita da adulto può essere molto impegnativa e il tempo libero pochissimo. Ricavare un po’ di tempo per stare insieme, può essere un passo importante per avvicinarti. Magari prova a portare avanti qualche tradizione di famiglia, qualcosa di cui senti la nostalgia e che sai che ti potrà riempire il cuore.
#5. Né troppo vicini, né troppo lontani
Un indicatore del successo della psicoterapia sai qual è? La buona gestione dei confini genitoriali. Osservando come un adulto gestisce i confini con i genitori, si può capire molto. I confini che hai con i tuoi genitori come sono? Troppo rigidi o inesistenti? I confini inesistenti sono il frutto di una dipendenza affettiva (potresti ritrovarti con un genitore che ti gestisce la vita). Al contrario, confini troppo rigidi sono il frutto di un atteggiamento estremamente difensivo (per sfuggire a un genitore invischiante o per proteggerti da ulteriori ferite genitoriali).
i confini sono inesistenti, inizia a porre dei limiti. Prova a porre un limite per volta così da non sconvolgere le vite di entrambi. Al contrario, se i confini sono troppo rigidi, prova a riavvicinarti gradualmente, magari provando a coinvolgere tua madre (o tuo padre) in una decisione da prendere, anche qualcosa di banale.
Ripartire da se stessi-genitori figli
Che tu sia un figlio o un genitore, sappi che i conflitti che vivi oggi risiedono nella tua infanzia. È certamente difficile essere genitori ma lo è perché prima è stato difficile essere figli. Quando veniamo al mondo, un genitore investe su di noi mille aspettative e questo genera forti pressioni nello sviluppo dell’identità del figlio.
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Buongiorno amici. Oggi parliamo di autostima e adolescenza.
L’ adolescenza è quella fase della vita nella quale i protagonisti cercano di trovare il loro posto nel mondo e di capire chi diavolo sono. È per questo che l’autostima ha un ruolo fondamentale: cavalcandola, i ragazzi potranno affrontare le diverse sfide che implica questa fase, che non sono poche è hanno tutte una certa importanza.
D’altra parte, anche se vogliono uscire dalla protezione che viene offerta loro dai genitori e da altre figure di riferimento, continuano a dipendere da loro che, inoltre, continueranno a condizionare parte della visione che hanno del mondo e di loro stessi. In questo modo, adottando il punto di vista dei genitori, capiremo quanto è complicato il loro ruolo nella fase dell’adolescenza.
Parliamo di quel “doverci essere senza esserci davvero” o “esserci, ma restando nell’ombra”, come quando sono piccoli e fanno i loro primi passi. I genitori li lasciano andare, ma li seguono molto da vicino, perché sanno che devono raggiungere i loro obiettivi, ma questa volta senza il loro aiuto diretto. Anche se ha volte non sono ben accetti, i genitori continuano a essere responsabili per i propri figli durante l’adolescenza, sia delle loro azioni sia della loro educazione o della loro autostima.
Tutti i genitori vogliono vedere i propri figli raggiungere il successo. Nonostante ciò, molti dimenticano che, oltre ai risultati, gli adolescenti devono superare sfide importanti, come quelle relazionate alla propria immagine e alla propria autostima. Così, la realtà ci dice che molti giovani hanno problemi a essere accettati, sia dagli altri sia da se stessi.
I genitori possono avere un ruolo fondamentale nel costruire un senso di identità nei propri figli adolescenti.
L’importanza dell’autostima durante l’adolescenza
L’autostima durante l’adolescenza influisce sulla vita e sulle decisioni del ragazzo, sulle sue relazioni e sul suo rendimento scolastico. Per questo motivo, è importante sottolineare che una bassa autostima può portare gli adolescenti ad assumere comportamenti rischiosi, tra i quali troviamo il consumo di droga, la violenza, i disordini alimentari, le abitudini sessuali rischiose, ecc. Per non parlare di quanto sono vulnerabili di fronte alla pubblicità di sette o gruppi violenti.
Non possiamo dimenticare nemmeno che l’autostima degli adolescenti è la base del loro futuro come adulti. La vita è già abbastanza difficile con un’immagine positiva di se stessi per darla per scontata o sottovalutarne l’importanza.
Consigli per aumentare l’autostima degli adolescenti
Anche se non si tratta di un compito facile, a volte i genitori devono usare tutti i mezzi a loro disposizione per migliorare l’autostima dei propri figli adolescenti. Ecco alcuni consigli per riuscirci.
Stabilire limiti ed aspettative
Anche gli adolescenti hanno bisogno di alcuni limiti, anche se adattati alla loro età. Se durante l’infanzia i limiti sono fondamentali, durante l’adolescenza sono vitali se si desidera che i propri figli crescano in sicurezza e siano responsabili. È quindi importante stabilire delle regole e delle aspettative che si adattino a quelle che vogliono gli adolescenti, in modo da contribuire alla loro crescita, invece di limitarla.
Durante il periodo dell’adolescenza, si presentano situazioni che, non essendo ancora abitudinarie, bisogna lasciare incontrollate. Aspetti come le uscite con gli amici, l’uso di dispositivi mobili o la scoperta della sessualità, ad esempio, vanno affrontati con il dialogo, argomenti e accordi che vanno rispettati da entrambe le parti. È qui che entra in gioco l’abilità dei genitori di negoziare, di stabilire delle regole che nascano anche dal consenso dei figli adolescenti, senza che siano limiti che manchino di condiscendenza.
La comunicazione con gli adolescenti deve essere fluida e aperta, deve favorire una relazione flessibile nella quale, senza esser dispotici, i genitori sappiano esercitare l’autorità che spetta loro. Le regole devono essere chiare e devono trasmettere valori concreti.
Essere generosi con i complimenti
Molti genitori si sforzano, perché i propri figli diano il meglio di loro e si superino, ma troppo spesso si concentrano su ciò che gli adolescenti non hanno fatto bene o su come potrebbero migliorare. Invece, anche se gli adolescenti hanno bisogno di stabilire delle mete, è importante anche che sappiano quando hanno fatto bene qualcosa e persino quando superano se stessi, anche se hanno ancora molta strada da fare.
Per gli adolescenti, è anche importante ricevere elogi specifici quando usano abilità che loro stessi hanno deciso di sviluppare o quando sono particolarmente bravi in una disciplina. Anche se i gusti o le aspirazioni dei figli possono non essere le stesse dei genitori, bisogna rispettarli e riconoscerne il valore. Non bisogna dimenticare che, anche se la loro maturità non permette ai genitori di concedere loro un’indipendenza totale, alla fine sono le loro vite che stringono tra le mani.
Tuttavia, non bisogna nemmeno esagerare con i complimenti e dimenticarsi di tutto il resto. Gli elogi presentati nel modo giusto sono una vera e propria carica per la loro motivazione, ma un eccesso può aver conseguenze negative, soprattutto se questi elogi sono sempre accompagnati da ricompense materiali, ben lontane dall’attività nella quale hanno messo l’impegno che i genitori vogliono premiare.
Incentivare la formazione di opinioni proprie
Gli adolescenti amano dire la propria. Ciò li fa sentire grandi e permette loro di spiccare. Inoltre, dà loro la possibilità di fare una delle cose che amano di più: discutere. Questo è normale e necessario.
Nonostante ciò, ci sono molte situazioni in cui gli adolescenti, poiché non hanno un criterio proprio per formare le loro opinioni, usano quelle degli altri e, guidati dalla convinzione sbagliata che chi più urla o più masse smuove è il migliore, adottano quel punto di vista senza metterlo in discussione.
I genitori devono incentivare la formazione di opinioni personali nei figli, senza imporre loro le proprie idee o quelle degli altri. Devono offrire una visione ampia del mondo e rendere possibile una vasta gamma di esperienze che permetta loro di pensare in libertà.
Incentivare la presa di decisioni
Gli adolescenti devono imparare anche a prendere le proprie decisioni, a esserne responsabili e a decidere d’accordo a criteri che si basano sui loro valori personali. I genitori fanno bene a permettere ai propri figli adolescenti di decidere da soli, di scegliere i propri gusti e le proprie aspirazioni, sempre se ciò non li esponga a un serio rischio. Tornando all’esempio del bambino che sta imparando a camminare: dobbiamo permettergli di dirigersi nella direzione che preferisce, sempre se lungo la sua strada non ci sono ostacoli imminenti che possono mettere a rischio la sua vita.
La questione non finisce qui. I genitori devono aiutare i propri figli a tracciare un piano che sia coerente con le proprie decisioni e che agisca d’accordo alle decisioni che hanno preso. Bisogna anche lasciare che affrontino le conseguenze delle proprie azioni e delle proprie decisioni. Va bene offrire loro un sostegno per risolvere i problemi, ma senza guidarli per mano né facendo tutto lo sforzo per loro.
Io spero che parlare di autostima e adolescenza vi sia stato utile.
Vi ricordo che se avete bisogno del mio aiuto potete contattarmi nella sezione “contatti e consulenze” del sito
Buongiorno amici. Oggi parliamo degli adolescenti ribelli e del perché, in fondo, essere ribelli è positivo.
Molti genitori potrebbero storcere il naso, eppure essere un adolescente ribelle è positivo. In termini di indipendenza emotiva, la ribellione è una parte fondamentale del percorso di costruzione della personalità.
L’adolescenza è una fase vitale ricca di cambiamenti fisici, ormonali e sociali. Dura approssimativamente dai 10 ai 19 anni. È l’abbandono dell’infanzia per iniziare una fase più vicina all’età adulta.
Adolescente ribelle, perché?
La stragrande maggioranza degli adolescenti è ribelle, sebbene ognuno a modo proprio. In linea di massima possiamo affermare che i primi dissapori tra genitori e figli emergono proprio durante l’adolescenza.
Durante l’infanzia, di fatto, i figli raramente mettono in discussione i propri genitori: possono protestare se i loro desideri non vengono realizzati, ma non dubitano del loro ruolo; sono i loro modelli, i loro punti di riferimento.
Grazie a loro, imparano come si fanno molte cose, come dovrebbero comportarsi nella sfera sociale e cosa è giusto e cosa è sbagliato. Ma ecco che una volta raggiunta l’adolescenza, inizia la famosa indipendenza emotiva, fondamentale per la vita adulta.
Per quanto possa sembrare impegnativo, si tratta di un passo fondamentale nella costruzione della personalità e della vita interiore del giovane. Ricevere un “no” come risposta può essere vissuto come provocatorio e segno di ribellione, perché in un certo senso lo è.
Che significato ha la ribellione?
La ribellione adolescenziale è conseguenza della costruzione della propria identità. Tutto appreso e accettato durante l’infanzia è ora messo in discussione. Da bambini si ha una libertà di scelta alquanto ristretta.
La ribellione adolescenziale è una realtà, almeno nella nostra cultura, e in molti casi un bisogno. Il giovane deve iniziare a uscire dai sentieri battuti per trovare la propria strada. In questo momento, i genitori devono affrontare una missione complicata: crescere insieme ai figli.
Ultimo aggiornamento: 06 ottobre, 2022
Molti genitori potrebbero storcere il naso, eppure essere un adolescente ribelle è positivo. In termini di indipendenza emotiva, la ribellione è una parte fondamentale del percorso di costruzione della personalità.
L’adolescenza è una fase vitale ricca di cambiamenti fisici, ormonali e sociali. Dura approssimativamente dai 10 ai 19 anni. È l’abbandono dell’infanzia per iniziare una fase più vicina all’età adulta.
Questo passaggio tra infanzia ed età adulta può creare grande confusione nell’adolescente che lotta per capire chi è.
Quali cambiamenti possiamo vedere nell’adolescente?
Durante l’adolescenza, i cambiamenti più evidenti sono fisici, come l’altezza, la crescita dei peli del corpo, tono di voce diverso, l’odore del corpo cambia e si assiste a un generale sviluppo fisico.
A ciò si aggiunge che la cerchia di amici diventa un elemento fondamentale, che porta a trascurare la famiglia; questo aspetto può causare tensioni nelle dinamiche familiari.
Meno visibili, ma certamente evidenti, i cambiamenti interiori. Nello specifico questi riguardano la costruzione dell’identità e della personalità.
L’adolescenza è una fase di cambiamenti, compresi quelli legati alla costruzione dell’identità e della personalità.
Adolescente ribelle, perché?
La stragrande maggioranza degli adolescenti è ribelle, sebbene ognuno a modo proprio. In linea di massima possiamo affermare che i primi dissapori tra genitori e figli emergono proprio durante l’adolescenza.
Durante l’infanzia, di fatto, i figli raramente mettono in discussione i propri genitori: possono protestare se i loro desideri non vengono realizzati, ma non dubitano del loro ruolo; sono i loro modelli, i loro punti di riferimento.
Grazie a loro, imparano come si fanno molte cose, come dovrebbero comportarsi nella sfera sociale e cosa è giusto e cosa è sbagliato. Ma ecco che una volta raggiunta l’adolescenza, inizia la famosa indipendenza emotiva, fondamentale per la vita adulta.
L’adolescenza è il trampolino di lancio. Ecco, dunque, che i genitori possono opporsi di fronte a questa nuova sfaccettatura dei loro figli, con cui non sempre saranno d’accordo. Gli adolescenti iniziano a esprimere desideri, preoccupazioni e, soprattutto, a dire di “no” ai genitori.
Per quanto possa sembrare impegnativo, si tratta di un passo fondamentale nella costruzione della personalità e della vita interiore del giovane. Ricevere un “no” come risposta può essere vissuto come provocatorio e segno di ribellione, perché in un certo senso lo è.
Va notato che i genitori devono mantenere alcune regole, ma al tempo stesso essere flessibili in questa fase.
Che significato ha la ribellione?
La ribellione adolescenziale è conseguenza della costruzione della propria identità. Tutto appreso e accettato durante l’infanzia è ora messo in discussione. Da bambini si ha una libertà di scelta alquanto ristretta.
Se ciò viene mantenuto anche durante l’adolescenza, i genitori si scontreranno probabilmente con figli infastiditi, provocatori e che fanno l’opposto. È il loro di uscire dai sentieri battuti, di provare, di sperimentare.
Per la prima volta, pensano al di là di quello che viene suggerito loro per dare la priorità alle loro sensazioni. Ciò riguarda diversi ambiti come i vestiti, la musica, il cibo: capiscono che possono trovare opzioni che sostituiscono quello che non amano e che forniscono più soddisfazione.
L’adolescente ribelle, tuttavia, non ha in nessun caso smesso di amare i suoi genitori, ma piuttosto si fa strada nel mondo insieme a loro, ma essendo se stesso.
Non tutti gli adolescenti si ribellano allo stesso modo né tutti lo fanno. Ma per quale motivo l’adolescente non si ribella?
La ribellione adolescenziale è una realtà, almeno nella nostra cultura, e in molti casi un bisogno. Il giovane deve iniziare a uscire dai sentieri battuti per trovare la propria strada. In questo momento, i genitori devono affrontare una missione complicata: crescere insieme ai figli.
Ultimo aggiornamento: 06 ottobre, 2022
Molti genitori potrebbero storcere il naso, eppure essere un adolescente ribelle è positivo. In termini di indipendenza emotiva, la ribellione è una parte fondamentale del percorso di costruzione della personalità.
L’adolescenza è una fase vitale ricca di cambiamenti fisici, ormonali e sociali. Dura approssimativamente dai 10 ai 19 anni. È l’abbandono dell’infanzia per iniziare una fase più vicina all’età adulta.
Questo passaggio tra infanzia ed età adulta può creare grande confusione nell’adolescente che lotta per capire chi è.
Quali cambiamenti possiamo vedere nell’adolescente?
Durante l’adolescenza, i cambiamenti più evidenti sono fisici, come l’altezza, la crescita dei peli del corpo, tono di voce diverso, l’odore del corpo cambia e si assiste a un generale sviluppo fisico.
A ciò si aggiunge che la cerchia di amici diventa un elemento fondamentale, che porta a trascurare la famiglia; questo aspetto può causare tensioni nelle dinamiche familiari.
Meno visibili, ma certamente evidenti, i cambiamenti interiori. Nello specifico questi riguardano la costruzione dell’identità e della personalità.
L’adolescenza è una fase di cambiamenti, compresi quelli legati alla costruzione dell’identità e della personalità.
Adolescente ribelle, perché?
La stragrande maggioranza degli adolescenti è ribelle, sebbene ognuno a modo proprio. In linea di massima possiamo affermare che i primi dissapori tra genitori e figli emergono proprio durante l’adolescenza.
Durante l’infanzia, di fatto, i figli raramente mettono in discussione i propri genitori: possono protestare se i loro desideri non vengono realizzati, ma non dubitano del loro ruolo; sono i loro modelli, i loro punti di riferimento.
Grazie a loro, imparano come si fanno molte cose, come dovrebbero comportarsi nella sfera sociale e cosa è giusto e cosa è sbagliato. Ma ecco che una volta raggiunta l’adolescenza, inizia la famosa indipendenza emotiva, fondamentale per la vita adulta.
L’adolescenza è il trampolino di lancio. Ecco, dunque, che i genitori possono opporsi di fronte a questa nuova sfaccettatura dei loro figli, con cui non sempre saranno d’accordo. Gli adolescenti iniziano a esprimere desideri, preoccupazioni e, soprattutto, a dire di “no” ai genitori.
Per quanto possa sembrare impegnativo, si tratta di un passo fondamentale nella costruzione della personalità e della vita interiore del giovane. Ricevere un “no” come risposta può essere vissuto come provocatorio e segno di ribellione, perché in un certo senso lo è.
Va notato che i genitori devono mantenere alcune regole, ma al tempo stesso essere flessibili in questa fase.
Che significato ha la ribellione?
La ribellione adolescenziale è conseguenza della costruzione della propria identità. Tutto appreso e accettato durante l’infanzia è ora messo in discussione. Da bambini si ha una libertà di scelta alquanto ristretta.
Se ciò viene mantenuto anche durante l’adolescenza, i genitori si scontreranno probabilmente con figli infastiditi, provocatori e che fanno l’opposto. È il loro di uscire dai sentieri battuti, di provare, di sperimentare.
Per la prima volta, pensano al di là di quello che viene suggerito loro per dare la priorità alle loro sensazioni. Ciò riguarda diversi ambiti come i vestiti, la musica, il cibo: capiscono che possono trovare opzioni che sostituiscono quello che non amano e che forniscono più soddisfazione.
L’adolescente ribelle, tuttavia, non ha in nessun caso smesso di amare i suoi genitori, ma piuttosto si fa strada nel mondo insieme a loro, ma essendo se stesso.
“In questa fase della vita qualcosa deve morire per dare origine a qualcosa di nuovo. Si affronta un lutto per abbandonare la persona che si era per i propri genitori”.
-Garcia, 2019-
Quando preoccuparsi?
È importante tenere a mente che ci sono manifestazioni più delicate che non hanno nulla a che fare con l’indipendenza emotiva.
La ricostruzione soggettiva può essere accompagnata dalla ribellione, ma alcuni adolescenti assumono condotte violente e autodistruttive che dovrebbero essere comprese e affrontate diversamente (Bayo-Borras, 1997).
Non tutti gli adolescenti si ribellano allo stesso modo né tutti lo fanno. Ma per quale motivo l’adolescente non si ribella?
L’adolescente continua ad attenersi a ciò che dicono i suoi genitori, senza interrogarsi o senza esprimere la propria opinione, potremmo avere qualche difficoltà a costruire la propria identità e ad allontanarsi dallo scenario infantile.
In questi casi, i genitori devono favorire spazi affinché il giovane possa scoprire i suoi interessi. Sebbene possa essere più facile non litigare mai con i figli, uno sviluppo incompleto dell’identità avrà conseguenze sullo sviluppo e l’indipendenza emotiva.
Come gestire l’adolescente ribelle senza ostacolarne la crescita
La ribellione adolescenziale è una realtà, almeno nella nostra cultura, e in molti casi un bisogno. Il giovane deve iniziare a uscire dai sentieri battuti per trovare la propria strada. In questo momento, i genitori devono affrontare una missione complicata: crescere insieme ai figli.
Ultimo aggiornamento: 06 ottobre, 2022
Molti genitori potrebbero storcere il naso, eppure essere un adolescente ribelle è positivo. In termini di indipendenza emotiva, la ribellione è una parte fondamentale del percorso di costruzione della personalità.
L’adolescenza è una fase vitale ricca di cambiamenti fisici, ormonali e sociali. Dura approssimativamente dai 10 ai 19 anni. È l’abbandono dell’infanzia per iniziare una fase più vicina all’età adulta.
Questo passaggio tra infanzia ed età adulta può creare grande confusione nell’adolescente che lotta per capire chi è.
Quali cambiamenti possiamo vedere nell’adolescente?
Durante l’adolescenza, i cambiamenti più evidenti sono fisici, come l’altezza, la crescita dei peli del corpo, tono di voce diverso, l’odore del corpo cambia e si assiste a un generale sviluppo fisico.
A ciò si aggiunge che la cerchia di amici diventa un elemento fondamentale, che porta a trascurare la famiglia; questo aspetto può causare tensioni nelle dinamiche familiari.
Meno visibili, ma certamente evidenti, i cambiamenti interiori. Nello specifico questi riguardano la costruzione dell’identità e della personalità.
L’adolescenza è una fase di cambiamenti, compresi quelli legati alla costruzione dell’identità e della personalità.
Adolescente ribelle, perché?
La stragrande maggioranza degli adolescenti è ribelle, sebbene ognuno a modo proprio. In linea di massima possiamo affermare che i primi dissapori tra genitori e figli emergono proprio durante l’adolescenza.
Durante l’infanzia, di fatto, i figli raramente mettono in discussione i propri genitori: possono protestare se i loro desideri non vengono realizzati, ma non dubitano del loro ruolo; sono i loro modelli, i loro punti di riferimento.
Grazie a loro, imparano come si fanno molte cose, come dovrebbero comportarsi nella sfera sociale e cosa è giusto e cosa è sbagliato. Ma ecco che una volta raggiunta l’adolescenza, inizia la famosa indipendenza emotiva, fondamentale per la vita adulta.
L’adolescenza è il trampolino di lancio. Ecco, dunque, che i genitori possono opporsi di fronte a questa nuova sfaccettatura dei loro figli, con cui non sempre saranno d’accordo. Gli adolescenti iniziano a esprimere desideri, preoccupazioni e, soprattutto, a dire di “no” ai genitori.
Per quanto possa sembrare impegnativo, si tratta di un passo fondamentale nella costruzione della personalità e della vita interiore del giovane. Ricevere un “no” come risposta può essere vissuto come provocatorio e segno di ribellione, perché in un certo senso lo è.
Va notato che i genitori devono mantenere alcune regole, ma al tempo stesso essere flessibili in questa fase.
Che significato ha la ribellione?
La ribellione adolescenziale è conseguenza della costruzione della propria identità. Tutto appreso e accettato durante l’infanzia è ora messo in discussione. Da bambini si ha una libertà di scelta alquanto ristretta.
Se ciò viene mantenuto anche durante l’adolescenza, i genitori si scontreranno probabilmente con figli infastiditi, provocatori e che fanno l’opposto. È il loro di uscire dai sentieri battuti, di provare, di sperimentare.
Per la prima volta, pensano al di là di quello che viene suggerito loro per dare la priorità alle loro sensazioni. Ciò riguarda diversi ambiti come i vestiti, la musica, il cibo: capiscono che possono trovare opzioni che sostituiscono quello che non amano e che forniscono più soddisfazione.
L’adolescente ribelle, tuttavia, non ha in nessun caso smesso di amare i suoi genitori, ma piuttosto si fa strada nel mondo insieme a loro, ma essendo se stesso.
“In questa fase della vita qualcosa deve morire per dare origine a qualcosa di nuovo. Si affronta un lutto per abbandonare la persona che si era per i propri genitori”.
-Garcia, 2019-
Quando preoccuparsi?
È importante tenere a mente che ci sono manifestazioni più delicate che non hanno nulla a che fare con l’indipendenza emotiva.
La ricostruzione soggettiva può essere accompagnata dalla ribellione, ma alcuni adolescenti assumono condotte violente e autodistruttive che dovrebbero essere comprese e affrontate diversamente (Bayo-Borras, 1997).
Non tutti gli adolescenti si ribellano allo stesso modo né tutti lo fanno. Ma per quale motivo l’adolescente non si ribella?
L’adolescente continua ad attenersi a ciò che dicono i suoi genitori, senza interrogarsi o senza esprimere la propria opinione, potremmo avere qualche difficoltà a costruire la propria identità e ad allontanarsi dallo scenario infantile.
In questi casi, i genitori devono favorire spazi affinché il giovane possa scoprire i suoi interessi. Sebbene possa essere più facile non litigare mai con i figli, uno sviluppo incompleto dell’identità avrà conseguenze sullo sviluppo e l’indipendenza emotiva.
L’indipendenza emotiva può generare nell’adolescente paure, dubbi e insicurezze.
Come gestire l’adolescente ribelle senza ostacolarne la crescita
Sebbene ogni adolescente sia diversi, le seguenti linee guida possono aiutare i genitori a non ostacolare l’indipendenza dei propri figli:
Lavoro di terapia personale. Vedere i figli abbandonare l’infanzia fa male, può essere molto doloroso rendersi conto di non essere più le loro uniche figure di riferimento. Lavorare su queste emozioni si rivela estremamente utile.
Confrontarsi con altri genitori per condividere esperienze e consigli.
Essere flessibili e tolleranti. Tollerare una risposta negativa e accettare i desideri dei figli, completamente diversi dai desideri personali.
Essere empatici ricordando la propria esperienza adolescenziale. Pur trattandosi di persone e tempi molto diversi, sicuramente potrebbero esserci degli elementi in comune.
Parlare molto con gli adolescenti per cercare di capire davvero i loro desideri.
Vi ricordo che se avete bisogno di me potete contattarmi nella sezione contatti e consulenze del sito
Io spero di aver fatto un po’ di chiarezza sugli adolescenti ribelli.
Buongiorno amici. Oggi parliamo di genitori irrisolti. Ma chi sono?
Ci sono genitori che non si mettono mai in dubbio, fermamente convinti della loro autorità genitoriale e poi ci sono genitori che vivono di ansia e paure e talvolta si sentono inadeguati nel loro ruolo genitoriale. Per quest’ultima categoria, c’è una buona notizia: chi riesce a mettersi in dubbio può trovare spunti per crescere, modi per migliorare e sì, via via può imparare ad acquisire la giusta misura di sicurezza così da allentare inadeguatezza, ansie e paure.
Errori
Ogni genitore e, più in genere, ogni essere umano, dovrebbe partire dal presupposto che ha sempre qualcosa da imparare. Ciò non significa che non bisogna muoversi nel mondo con sicurezza, ciò significa semplicemente che tutti possono migliorare e possiamo farlo solo se siamo disposti ad ammettere i nostri errori. In sintesi, chi non riesce ad ammette i propri errori e non si mette mai in dubbio, non cresce.
Avviso preliminare per figli feriti
Le ferite emotive possono essere deleterie, ma anche la ferita più profonda può essere lenita. Nessuno ti chiederà di condonare gli errori di un genitore negligente, abusante o distratto, tutto quello che ti chiedo è ciò che già devi a te stesso: prendi in mano le redini della tua vita e diventa la persona che desideri essere. Solo quando ti sentirai pienamente soddisfatto di te e della persone che sei diventata, sarai pronto a guardare i tuoi genitori con occhi diversi, non più con gli occhi dell’accusa, ma con gli occhi di chi è riuscito a guarire… nonostante tutto.
Avviso preliminare per genitori
Cara mamma, il manuale del genitore perfetto non esiste. Ti prego, in questi paragrafi non leggere giudizi sul tuo operato, accogli queste informazioni come semplici nozioni che possono aiutarti. Ricorda, prima di diventare un genitore, anche tu sei stata una figlia.
Prova a leggere questo articolo con gli occhi della bambina che sei stata e non con gli occhi del giudizio che ti accompagnano oggi. Un genitore ha molte responsabilità e ammetterne l’esistenza non farà di te una cattiva madre. Siamo esseri umani, tutti commettiamo errori. Il passato non si può cambiare ma, nel presente, nessuna impresa non potrà essere compiuta. Nessuna personalità è impossibile da guarire.
Ognuno è responsabile di se stesso
Solo quando si è bambini non si è responsabili per se stessi. Per molte persone questa verità è estremamente dura e talvolta anche crudele, tuttavia è la realtà con la quale ci scontriamo e non possiamo fare altro che accettarla: da adulti, siamo responsabili per ciò che siamo (oltre che per ciò che facciamo).
I nostri vissuti definiscono ciò che siamo, i nostri gusti, desideri, ambizioni, sono le esperienze del passato a “suggerirci” come muoverci nel mondo nel presente… E’ anche vero che ogni vissuto è importante, e da adulti possiamo sperimentare vissuti diversi per definirci in modi differenti, finché non troviamo la “strada che fa per noi” e diventiamo persone risolte.
Ma chi è una persona irrisolta?
Una persona risolta è colei che si muove nella vita con il giusto grado di sicurezza, che riesce a perseguire i propri obiettivi, riesce a stringere legami sani, sa auto-consolarsi e sa anche come trarre appagamento dall’esterno. Una persona risolta non è una persona senza ferite ma una persona che, preso atto delle proprie ferite, è riuscita a guarirle.
I danni dei genitori irrisolti : l’assenza di confini ben definiti
Quando una persona si accinge a diventare genitore senza aver guarito le proprie ferite, è possibile che infligga a sua volta ferite nei figli attivando una reazione a catena generazionale. Tutti i malesseri mentali e, a loro volta, le disfunzioni comportamentali, hanno una cosa in comune: l’assenza di confini ben definiti.
Non è un caso se noi professionisti della salute mentale, affermiamo che una persona che ha vissuto esperienze di neglet (trascuratezza emotiva nella prima infanzia) può dirsi davvero risolta quando è in grado di stabilire sani confini con i propri genitori. Ma cosa sono questi confini?
Nel linguaggio comune, un confine definisce e separa due aree. Sconfinare equivale a invadere. Da un punto di vista psicologico, violare un confine è sinonimo di abuso. In psicologia, i confini appartengono alla mente quanto al corpo e possono essere interni o esterni.
I confini esterni dei genitori irrisolti
I confini esterni delimitano e regolano i rapporti tra due persone: la vicinanza e la distanza, il contatto e il distacco, ma anche la capacità di riconoscersi al contempo come individuo a sé e parte di un legame o di un gruppo. Senza sani confini, è difficile poter sperimentare un sano senso di appartenenza. Questa mancanza, può aprire le porte alla dipendenza affettiva così come a un forte senso di solitudine, può innescare evitamenti, anaffettività e disfunzioni interpersonali di varia natura.
I confini esterni, inoltre, regolando i legami, restituiscono un’immagine di sé degna di stima o meno. In che modo? Mediante i confini comunichiamo all’altro cosa siamo disposti ad accettare in una relazione interpersonale.
I confini interni dei genitori irrisolti
I confini interni, invece, esprimono la capacità dell’individuo di discernere tra emozioni e pensieri (es.: mi sento inadeguato vs sono inadeguato, mi sento grasso vs sono grasso…) tra bisogni e desideri, così come la differenza tra una sensazione fisica e una suggestione della mente. Inoltre, i confini interni aiutano nel processo di definizione del sé.
Consentono di differenziare ciò che appartiene a sé (pensieri, emozioni, sentimenti, sensazioni, bisogni, valori…) da ciò che appartiene agli altri. I confini interni permettono di scandire l’identità personale.
Un genitore irrisolto non sempre riesce a trasmettere ai figli dei sani confini. Quando sono piccoli, i bambini dovrebbero essere protetti dall’abuso fisico, emotivo e sessuale. Un genitore irrisolto potrebbe non fornire al figlio la giusta sicurezza e la giusta dose di protezione.
Il ruolo dell’accudimento genitori irrisolti
Con l’accudimento, il genitore trasmette al bambino il valore dei propri confini, la dignità dell’essere persone complete, rispettabili, meritevoli di fiducia, stima e amore. E’ in questo modo che i figli imparano a farsi rispettare, a porre dei limiti a ciò che sono disposti a tollerare, apprendono come dire no a richieste eccessive.
Chi è cresciuto con genitori invischianti, abusanti, trascuranti, eccessivamente ansiosi… non saprà «lasciar entrare e accogliere con piacere» ne’ saprà «tenere fuori e respingere». Non saprà trovare la giusta distanza tra sé e l’altro e finirà per fondersi oppure chiudersi completamente. Avrà inoltre problemi con i confini interiori: saprà individuare i propri bisogni e avrà un chiaro senso dell’identità personale.
Un genitore irrisolto rischia di far crescere il figlio in un profondo senso di insicurezza, imprevedibilità, di minaccia e paura. Il bambino impara che i legami possono essere pericolosi e le persone vanno tenute alla larga… oppure impara che per avere amore, deve sottomettersi e fondersi all’altro. In ogni caso, il bambino non impara a disegnare sani confini.
L’assenza di sani confini favorisce ulteriori esperienze di abuso. Non conoscendo altre realtà, alcune persone imparano ad essere “normalmente violate”. Vivono senza capire dove sta il limite. Perdono di vista anche il confine tra giusto e sbagliato.
Stabilire sani confini è il modo migliore per curare se stessi
La buona notizia è che dei sani confini si possono costruire in qualsiasi momento della vita. Riconoscere i propri confini e imparare a rispettarli è un lavoro faticoso e profondo ma che può dare grossi frutti in quando prevede enormi implicazioni identitarie e interpersonali.
Ricordiamo che stabilire sani confini interpersonali è il miglior modo che abbiamo per prenderci cura di noi stessi, perché definire con chiarezza cosa possiamo e non possiamo tollerare, non è una forma di ricatto o una prova di forza: è solo stima di sé.
Perché se è vero che non possiamo controllare o cambiare i comportamenti dell’altro, è altrettanto vero che possiamo decidere come comportarci e come agire (invece di reagire ai torti, alle mancanze e alle provocazioni), considerando l’ipotesi di mettere distanze quando le relazioni divengono disfunzionali.
E voi, viritenete deig enitori irrisolti?
Vi ricordo che se avete bisogno del mio aiuto potete contattarmi tramite la sezione “Contatti e consulenze” del sito
Buongiorno amici. Oggi riflettiamo sull’argomento figli che non parlano con i genitori.
Quante volte i genitori spesso sono gli ultimi a sapere le cose e a non essere informati di ciò che accade ai figli direttamente da loro.
Spesso e volentieri i ragazzi parlano con gli adulti solo quando c’è una necessità estrema o quando il problema è venuto a galla per cui non possono più nasconderlo.
In questo caso scatta quasi automaticamente il: “perché non me lo hai detto prima???”, seguito da tutte le accuse del caso, fino al “mi devi dire tutto quello che succede!“.
Perché non parlano con gli adulti, cosa scatta nella loro testa?
Se i figli non lo fanno ci sarà forse un perché e bisogna capire cosa li spinge a tenersi tutto dentro a parte il fatto che sono adolescenti,.
Vogliono la loro autonomia e spazi, fanno cose che non devono fare, mettono in discussione regole e adulti e segnano una linea di confine tra i due mondi molto ben marcata con tanto di bandiera con la scritta “tanto voi non mi capite”.
1. DEFINIRE LE PRIORITÀ, NON SERVE SAPERE TUTTO MA LE COSE IMPORTANTI
Innanzitutto, non c’è sempre bisogno di dire proprio tutto quello che succede nella loro vita, uno spazio personale e privato, un figlio lo deve sempre avere.
Bisogna fargli arrivare il messaggio che devono essere comunicate le cose importanti e fargli capire cosa secondo voi è prioritario e cosa no.
A loro non deve arrivare il messaggio che dovete sapere perché vi fa stare più tranquilli e perché potete controllare tutto.
A loro dà molto fastidio essere OBBLIGATI a raccontarvi le cose o il capire che vi intromettete di forza per placare la vostra ansia e non perché siete interessati totalmente a loro e alla loro emotività.
E’ una delle lamentele che fanno maggiormente in terapia rivolte ai genitori “me lo chiede perché così sta tranquilla, non perché le importa veramente di me“.
2. NO A DITA PUNTATE E A “TE L’AVEVO DETTO!”
Quello che temono i figli e che odiano, soprattutto quando sono adolescenti, è il famoso “te l’avevo detto“.
Lo sanno di aver sbagliato, sanno che glielo avevate detto e che glielo fate pesare per cui, per evitare che non vi dicano le cose e saltino la fase “ti racconto cosa accade nella mia vita”, mettete da parte il “te l’avevo detto”.
Cercate di andare al sodo, al nucleo del problema e aiutateli a risolverlo, perché quando si delega la risoluzione ad un genitore significa che non sono stati in grado di risolverlo da soli e che hanno bisogno di un aiuto concreto.
Questo confronto, soprattutto quando sono in torto, gli costa tanta fatica emotiva, per cui apprezzate e dategli una mano effettiva, spiegando loro l’importanza di parlare prima che accadano le cose, per trovare una soluzione precoce ed evitare inutili stress e tensioni che li fanno vivere male.
Evitate quindi il “me lo dovevi dire prima“, “adesso come facciamo” e lamentele varie legate al fatto che dovevano parlare prima.
Non lo hanno fatto, per cui si deve andare avanti, facendogli capire senza ulteriori pesi emotivi l’importanza di farlo prima e che il genitore è lì per aiutarli e non per mettergli il bastone tra le ruote.
3. ATTENZIONE ALLE REAZIONI. RABBIA E PUNIZIONI PORTANO AL SILENZIO DEI FIGLI
Non parlano se sanno che dall’altra parte verranno puniti o che il genitore si arrabbierà e gli toglierà o sequestrerà qualcosa a loro utile e caro
.A volte gli pesa veramente tanto il fatto di deludere il genitore, soprattutto se non sono i figli modello e ne combinano una dietro l’altra, e se hanno un confronto in casa con altri fratelli o sorelle molto bravi e diligenti.
Può sembrare che non gli importi niente ma, anche se non lo fanno vedere, si rendono conto, soffrono della situazione che creano in casa e non daranno mai la soddisfazione al genitore di dargliela vinta.
L’orgoglio adolescenziale per loro è veramente un grande limite.
4. NO ALLA SVALUTAZIONE DEI LORO PROBLEMI E DELLE LORO REAZIONI
Hanno timore di non essere compresi e che il genitore svaluti
il problema attribuendolo ad una fase transitoria, ad un problema tipico tra ragazzi o della fase adolescenziale.
Mettetevi nei loro panni, leggete il mondo con i loro occhi perché ciò che è importante per voi, magari non lo è per loro, e viceversa.
Se si sentono svalutati in ciò che sono e che fanno non parleranno e terranno tutto dentro.
Non vanno attaccati e criticati per ciò che fanno, per come parlano, per come si pettinano, per come si vestono, perché guardano determinate cose e perché ascoltano determinata musica, “come fai a guardare quelle cose“, “come fanno a piacerti ecc”… e così via
Non sono atteggiamenti che aprono una discussione e favoriscono il dialogo e la comunicazione in casa.
Generazioni
La loro generazione è totalmente diversa dalla nostra, come modo di approcciarsi alla vita, contesto, punti di riferimento, valori, modo di pensare e di ragionare, organizzazione del pensiero, modalità di acquisizione delle informazioni, di apprendimento, di espressione delle emozioni e sentimenti (che non ci sono quasi più), di comunicare e di modalità di relazionarsi.
Se non si capisce questo, se non si prova a capire la loro quotidianità, a parlare la loro lingua, a conoscere il loro mondo e modo di vivere e di approcciarsi, nonché il contesto in cui si muovono, il genitore rimarrà sempre indietro, dovrà rincorrere il figlio,.
NON POTRA’ STARGLI DAVANTI E FARGLI DA GUIDA, ma da zavorra o da persona lontana da lui che gli serve solo quando c’è bisogno di qualcosa di materiale, di soldi o per risolvere qualche problema grave.
Questa condizione frustra tanto anche i genitori, che si sentono bancomat, sfruttati dai figli, non amati e riconosciuti per ciò che fanno per loro.
Si deve cambiare questa dinamica che si instaura troppo spesso tra genitore e figlio perché, se i ragazzi si trovano nei guai, è bene che intervenga precocemente l’adulto di riferimento, senza che facciano di testa loro o che si facciano aiutare dagli amici che magari stanno nella loro stessa barca.
Solo tendendo loro la mano ed entrando nel loro mondo, senza invaderlo, si riesce a ricucire un rapporto che è la base che rende un genitore più tranquillo perché sa che si può fidare del figlio e che qualsiasi cosa accada, verrà informato e potrà aiutarlo a risolverla.
Io spero che parlare di figli che non parlano con i genitori vi sia stato utile.
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