Buongiorno amici. Oggi diretta importante: impegno e sacrifici, non solo desideri.
Molti genitori dicono ai propri figli adolescenti: “Tu sarai in grado di fare qualsiasi cosa”. Tutti i genitori dovrebbero spronare i propri figli a seguire i loro interessi e a non sentirsi limitati dalla visione che la società ha delle loro capacità. Nonostante ciò, un atteggiamento così positivo e, a quanto sembrerebbe, motivante, può avere degli svantaggi inaspettati.
Prima di tutto, perché non è detto che tutti possano essere e fare ciò che vogliono nella vita, o forse sì, ma la strada dei sacrifici è talmente lunga che gli adolescenti dovrebbero sapere anche che cosa li aspetta prima di tagliare la linea del traguardo.
Creare una strada da seguire senza una mappa è nocivo per gli adolescenti
Dire agli adolescenti che possono fare qualsiasi cosa senza aiutarli a disegnare una mappa da seguire ha implicazioni molto negative. Spronarli a stabilire mete ambiziose senza fornire loro nessun tipo di informazione né aiuto su come raggiungerle può essere fonte di una grande frustrazione, con la quale forse non sono pronti a convivere o, semplicemente, non vogliono.
Le tre P-impegno e sacrifici, non solo desideri
Invece di dire agli adolescenti che possono fare tutto nella vita, Erica Reischer propone di insegnare loro le tre P: pratica, pazienza e perseveranza.
Pratica: lo sforzo, insieme al feedback, è fondamentale per lo sviluppo della maestria e il raggiungimento dell’eccellenza.
Pazienza: il dominio di un’attività e i successi significativi accadono dopo un lungo periodo di tempo.
Perseveranza: gli ostacoli sono normali e i contrattempi sono comuni in qualsiasi grande impresa.
La compagna non passa i compiti .L e altre la picchiano in strada.
Buongiorno amici. Oggi parliamo di bullismo tra compagne.
Non fa copiare i compiti in classe e per questo, appena fuori da scuola, subisce l’aggressione delle coetanee, con una che per giunta riprende tutto col telefonino. L’episodio di pesante bullismo è accaduto nei giorni scorsi in centro a Cesena.
Violenza
Dopo l’episodio di ieri mattina a Bari, dove un diciassettenne in classe ha sparato al professore con una pistola giocattolo a pallini provocandogli un malore, da Cesena oggi arriva notizia di alcune adolescenti che si sono rese protagoniste di un’aggressione particolarmente violenta.
Nel filmato – riporta il Corriere di Romagna – si vedono le ragazzine, giovanissime, circondarne una, buttarle a terra il cellulare e cominciare a strattonarla e colpirla con calci e pugni.
Il filmato
Tre contro una.
Una quarta ha filmato la scena col telefonino.
Sarebbero compagne di classe di un istituto professionale della città, mentre la «colpa» della vittima sarebbe quella di non aver fatto copiare i compiti.
«Un episodio che colpisce per la sua violenza, un fatto grave che non va banalizzato», ha detto al quotidiano romagnolo il sindaco Enzo Lattuca.
L’intervento della preside
Il dirigente dell’istituto – cui si sono rivolti diversi genitori una volta appreso l’accaduto – aveva inizialmente sottolineato che «l’episodio è avvenuto in contesto extra scolastico», dunque fuori dalla scuola e non in orario delle lezioni.
Una presa di distanza costatagli diverse critiche dai genitori stessi degli alunni che frequentano la scuola.
Poi, come sottolineato anche dal sindaco, il preside ha cambiato atteggiamento.
Il sindaco
«Ho contattato il dirigente e mi ha riferito che si sono attivati con gli insegnanti, parlando con i diretti interessati e coinvolgendo anche i genitori», spiega il primo cittadino.
«Che possano esserci conflitti in una classe che si va formando, è comprensibile, forse anche normale – dice Lattuca – ma quel video ci trasferisce una violenza che colpisce e non può essere minimizzata.
La scuola ha attivato i suoi percorsi anche per cercare di riportare serenità nella classe.
Come Comune ci siamo messi a disposizione, sia per pensare ad eventuali iniziative, sia come competenze, ma anche se servisse il supporto di servizi e operatori sociali, noi siamo disponibili a collaborare».
A Bari, invece, ha parlato Pasquale Pellicani, il docente di diritto ed economia all’istituto tecnico Romanazzi, che ieri, appena seduto in cattedra, si è visto sparare da un allievo alcuni pallini di plastica.
«Pensavo si trattasse di una pistola vera – rivela – e sono rimasto scioccato. Questo, secondo me, è un gesto di bullismo: ‘ti faccio vedere che sono più forte di te, ti posso mettere i piedi in testa e faccio ridere la classe, questo è il significato».
Il docente non denuncerà gli studenti «per non rovinarli» – uno aveva portato la pistola a scuola, l’altro l’ha utilizzata – ma vuole adottare una pena severa dal punto di vista scolastico, «sono a favore dell’espulsione e servono provvedimenti serissimi o le scuole le possiamo chiudere».
Bullismo
E’ terribile come, a 14 anni, tu possa anche solo pensare di fare atti di violenza su una tua coetanea . La motivazione’ Non mi ha passato i compiti.
Ogni volta che sento e vedo e assisto ad azioni di bullismo così atroci, penso al background di questi ragazzi.
Background
Dico sempre che i genitori sono i loro influencer, il loro esempio ma dovrebbero esser un buon esempio. Se un ragazzo, fin da bimbo, abituato a vedere e giustificare atti di questo tipo in famiglia è ovvio che li farà propri.
Ma come intervenire, arrivati ad un punto del genere?
Prendendo dei provvedimenti. Ingiustificata la reazione del preside di Cesena.
Non sei il buttafuori di un pub che puoi lavartene le mani se un atto violento avviene fuori dal locale e, oltretutto, tra persone adulte.
Se queste azioni vanno sempre fatte passar anche, purtroppo a volte, giustificandole, mi dite che esempio date ai ragazzi?
Si Sentiranno liberi di continuare a comportarsi in questo modo. La scuola deve formare e deve anche punire in questi casi.
Cosa ne pensate? Ditemi la vostra e se avete bisogno di me contattatemi
Buongiorno amici:)Oggi parliamo di sport e adolescenza.
L’attività sportiva durante l’infanzia e l’adolescenza è estremamente importante sia da un punto di vista fisico che mentale.
Vita
Dove c’è movimento c’è vita, c’è attività mentale, apprendimento ed espressione di se stessi.
Attraverso la pratica sportiva bambini e ragazzi hanno la possibilità di mettersi alla prova sperimentando la propria autonomia, imparando a stare insieme agli altri e a collaborare per raggiungere obiettivi comuni.
Ma non solo: lo sport permette di lavorare sulla disciplina mentale e acquisire strumenti per gestire al meglio i propri vissuti, stimolando anche il rilascio, da un punto di vista neurochimico, di sostanze che fanno bene al cervello.
Sport e cervello adolescente: cosa cambia?
In adolescenza avviene la cosiddetta potatura sinaptica, un processo che porta ad eliminare, a livello cerebrale, le connessioni nervose che non serviranno più.
Al contempo, vengono stabilite nuove connessioni che permettono di acquisire nuove abilità cognitive ed emotive.
Inoltre, con la maturazione della corteccia prefrontale, area deputata alle funzioni di controllo (come valutare le conseguenze delle proprie azioni, effettuare scelte, decidere tra diverse alternative) migliora e si affina anche la capacità dei ragazzi di prendere decisioni, controllare gli impulsi, lavorare su obiettivi a lungo termine e non solo su gratificazioni immediate.
Quando pratichiamo uno sport, ad esempio, accadrà in alcune situazioni di dover dedicare il proprio tempo all’allenamento, rinunciando magari ad altre attività.
In questo modo si impara non solo a lavorare per raggiungere i propri obiettivi, ma anche a utilizzare strategie per fronteggiare gli ostacoli o regolare e gestire le proprie emozioni.
Apprendere in movimento
L’attività sportiva può avere effetti positivi anche sull’apprendimento, in quanto permette di sviluppare in modo più efficace alcune capacità cerebrali.
Bambini e ragazzi che praticano regolarmente sport hanno una maggiore velocità di elaborazione cognitiva e ciò sembra accadere per diverse ragioni, fra cui un aumento dell’afflusso di sangue al cervello, compresa l’area dove risiedono la capacità di apprendere, l’attenzione e la memoria.
Lo sport, inoltre, richiede di pensare, elaborare strategie e mantenere sempre pronta anche la mente.
Infine, vengono rilasciate sostanze in grado di favorire la funzionalità dei neuroni; è stata, infatti, identificata una speciale proteina che si produce nella stessa zona attivata dall’attività fisica, che sembra influenzare in modo positivo la crescita e la sopravvivenza delle cellule nervose.
Lo sport e il valore dell’errore
L’attività sportiva ha anche un’altra funzione: permette di fronteggiare anche ostacoli o frustrazioni, che sono importanti per lo sviluppo e la crescita, non solo fisica ma anche psichica ed emotiva.
L’attività fisica allena la loro autostima, fa scoprire i loro limiti ma anche le loro risorse e capacità, porta a confrontarsi con gli altri e vivere emozioni intense.
Per imparare a fare qualcosa, infine, serve esercizio costante e non bisogna mai dimenticare che alla base dell’apprendimento c’è l’errore.
Solo lasciando liberi bambini e ragazzi di sbagliare e di apprendere dai propri errori, capiranno anche come fare l’analisi di un problema e come trovare strategie efficaci per affrontarlo.
Lucchetta ha detto uns cosa verissima.
Spesso mi è capitato, tra comunità, scuola, adm, di consigliare sport, anche molto fisici, si genitori dei ragazzi. Il rugby, ad esempio.
Se ti fermi all’apparenza vedi solo un mucchio di persone che si saltano addosso.
Invece c’è una disciplina, un rispetto per gli altri, compagni e non, pazzesco.
Qui il compito è Dell allenatore che, in questi casi, diventa una sorta di educatore. In questo caso specifico il rugby era stato consigliato ad un ragazzo che aveva bisogno di scaricare tensione e di stare alle regole del gruppo.
Ma, alla base di ogni sport, c’è tutto questo. Basta scegliere i più giusto in base alla propria personalità e ai propri interessi.
Riflettiamo sul perché i ragazzi ne sono colpiti e cosa fare
Buongiorno amici:) Oggi parliamo di ansia, questa nemica.
E’ indubbio che un numero crescente di ragazzi e ragazze stia vivendo un periodo che li vede fronteggiare l’ansia, in varie sfumature.
Diverse ricerche nazionali e internazionali, negli ultimi mesi, hanno evidenziato questo fenomeno e hanno cercato di sensibilizzare gli adulti su possibili soluzioni.
L’ansia risulta, tra i ragazzi, molto pervasiva, la vediamo declinarsi in forme più lievi o in alcune gravemente invalidanti, quando si costella cioè in un vero e proprio disturbo che impedisce alla persona di adempiere ai normali compiti della vita.
Dai social, alla guerra, ai genitori onnipresenti: le radici dell’ansia, questa nemica
Alla base di quest’ansia crescente, ci sono elementi esterni e totalmente endogeni, fattori di contesto, modalità relazionali e radici familiari.
Pensiamo, per esempio, al fatto che ragazzi e ragazze vivono oggi un tempo caratterizzato da fattori esterni fortemente ansiogeni: gli anni del Covid, che hanno seguito quelli del terrorismo e preceduto quelli della guerra in Ucraina.
La “fornace dei social” e la paura del giudizio–ansia, questa nemica
Tutto questo avviene, poi viene amplificato nella “fornace dei social”, come l’ha definita in una recente intervista il noto psicanalista Massimo Ammanniti, secondo il quale la vita in rete amplifica moltissimo l’ansia dei giovani.
Infatti i ragazzi, dall’adolescenza in poi, hanno più bisogno dell’approvazione del gruppo dei pari che di quella dei genitori, ma l’essere continuamente sovraesposti sul web li rende preda di una paura del giudizio che diventa esponenziale e incontrollabile.
Questi ragazzi, poi, sono stati molto spesso bambini sovraccaricati di attività e costretti a performare sin da piccoli (alcuni di loro già alla scuola materna non hanno un pomeriggio libero).
E sono figli di genitori che, pur con le migliori intenzioni, si sostituiscono ai figli per eliminare dalla loro strada più ostacoli possibile, convinti di fare il loro bene ma in realtà rendendoli più fragili, impreparati alle inevitabili difficoltà della vita e molto meno capaci di impegnarsi per ottenere un risultato.
Troppe scelte, nessuna scelta
C’è poi un altro aspetto che a mio parere alimenta ulteriormente le loro ansie, una volta cresciuti: si trovano di fronte, a un certo punto del loro cammino, tante, forse a volte troppe possibilità, troppe strade da poter scegliere, che, non padroneggiando a pieno le loro capacità, invece di orientarli li disorientano.
E’ indubbiamente bello poter scegliere tra molte alternative, ma i ragazzi di oggi, per come li abbiamo descritti, non riescono a sfruttare questa occasione, che anzi, diventa una fonte aggiuntiva di ansia.
Tutto sembra troppo fluido, reversibile, manca una forte motivazione e manca la capacità di stare anche con l’eventuale difficoltà, di rimboccarsi le maniche e credere di poter superare l’ostacolo.
Sentono che tutto è più grande di loro, si percepiscono persi e disancorati. Ovviamente non sono tutti così, ma un buon numero sì.
E’ come se in questi ragazzi mancasse qualcosa che li “contenga”; probabilmente a volte è mancato anche nelle loro famiglie quando erano piccoli. Ricordiamo che il contenimento emotivo nelle primissime fasi della vita è fondamentale per una buona crescita del bambino.
Il contenimento che serva ai bambini e agli adolescenti
In generale, il bisogno semplice e allo stesso tempo estremo di ogni bambino è quello di sentire che nelle situazioni difficili il suo Qualcuno di riferimento in quell’istante ha la situazione sotto controllo.
Ma questo bisogno esplode di nuovo in adolescenza, età in cui si cercano altre forme di contenimento, più adulte, fatte di regole e limiti diversi, ma sempre necessari.
A volte sarebbe meglio poter scegliere tra due cose piuttosto che tra cento: le ansie di sbagliare, di deludere, di perdere tempo, di non farcela, di non avere abbastanza motivazione, avrebbero meno terreno fertile su cui attecchire.
Saper chiedere aiuto
E’ bene che questi giovani possano ususfruire di percorsi di aiuto, per recuperare la capacità di ancorarsi a se stessi e di realizzarsi a pieno.
Quando i livelli di ansia sono patologici, e si arriva al ritiro sociale, è necessario un lavoro strutturato, a volte anche con qualche farmaco, perché l’obiettivo è quello di toglierli al più presto da quello stato di profonda sofferenza e frustrazione che rischia di cronicizzarsi e dal quale poi diventa sempre più complicato uscire.
E’ tanto importante aiutarli, perché sono anche ragazzi ricchissimi di qualità, di intelligenza, di sensibilità e di enormi potenzialità.
Ma se avete bisogno del mio aiuto contattatemi pure:)
Buongiorno amici. Oggi parliamo di adolescenza: così, nell’adolescenza, esce ciò che seminiamo.
L’adolescenza è un periodo di transizione dall’infanzia verso l’età adulta, che va da circa i 12 fino ai 19-20 anni, periodo dell’età evolutiva durante i quali i ragazzi attraversano numerosi cambiamenti nel corpo e nella mente: acquisiscono nuovi ruoli e responsabilità all’interno del contesto sociale e si trovano a dover strutturare una propria identità.
Periodo complesso
È un periodo complesso, come sanno tutti i genitori: se da una parte i ragazzi cercano una nuova autonomia e una maggiore indipendenza, dall’altra hanno ancora bisogno di percepire un «porto sicuro», la famiglia. Ma a volte capita che la conflittualità tra le due generazioni diventi esasperata, rasenta i limiti della tollerabilità. Se è normale una contrapposizione che serve al giovane per esprimere la propria differenza dal nucleo familiare, e quindi un’identità propria, specifica, si scivola talvolta in situazioni in cui crede che tutto sia dovuto, in cui vede solo sé stesso e le sue esigenze, e il genitore come una persona da usare per ciò che serve.
La patente non serve prenderla perché i genitori sono «autisti» sempre disponibili ad accompagnarlo da tutte le parti; ci si può inventare diete vegane o alternative perché c’è sempre qualcuno che cucina, differenziando ogni singolo menù; non c’è bisogno di ricordare di prendere le chiavi di casa perché si può suonare il campanello a qualsiasi ora della notte. Non c’è bisogno di «agire» insomma, perché in tutte le situazioni c’è chi lo fa per lui.
Genitori e comunicazione
La comunicazione è basata sul «fammi», «mi devi dare», «dammi». E questo atteggiamento si riversa non solo nei confronti dei genitori, ma delle regole e di ciò che rappresenta l’istituzione in generale, insegnanti compresi. Spesso, infatti, viene richiamato a scuola o vengono convocati i genitori per problemi comportamentali legati alla disciplina.
Sempre più spesso osserviamo genitori che si rapportano ai figli con un’eccessiva apprensione, quasi ossessiva, che alla lunga finisce per essere deleteria. «Stai attento, te lo faccio io», «Chiamami quando arrivi», «Con chi esci? Dove vai?».
Ibambini, i ragazzi e poi gli adolescenti, hanno bisogno di mettere alla prova le proprie capacità, acquisendo così sempre più sicurezza e fiducia in sé stessi.
Fare le cose al posto loro non li aiuta a crescere: bisogna aiutarli solo quando serve, stimolando la loro autostima, senza mai sostituirsi a loro. Ed è invece proprio l’insicurezza che si genera con atteggiamenti iperprotettivi a determinare scompensi interiori, conflitti, rabbia, frustrazione, premessa per future crisi di panico e attacchi d’ansia.
Protezione
Il compito del genitore quindi non è quello di sostituirsi a lui per poterlo proteggere meglio, ma quello di «esserci», di «essere presente» quando avrà bisogno di sostegno: fornendo affetto, attenzioni, ascolto, accompagnandolo nelle sue insicurezze e dubbi, aiutandolo a comprendere e a gestire le sue emozioni e le sue paure.
Proteggere i figli da ogni singola fatica, impegno o disagio (per non parlare di eventi assolutamente banali e regolari) comporta una rinuncia sul piano esperienziale: il messaggio che recepiscono è «non posso farcela da solo», «non sono capace», così si insinua gradualmente il concetto che «qualcuno lo farà per me…» e quindi alla fine «tutto è dovuto».
Da qualche anno ormai si sente parlare di adolescenza infinita, adolescenti di trent’anni e più… ma quando finisce l’adolescenza? Essere completamente sé stessi, riuscire ad esprimersi e a vivere senza condizionamenti è la base per raggiungere la piena autonomia e indipendenza.
Termina quando è ben chiaro chi si è, dove si vuole andare e quando si è pronti a costruire rapporti stabili e significativi, anche con sé stessi.
Buongiorno amici. Oggi riflettiamo su un tema. Cina: vietato l’uso dei cellulari di notte per i minorenni.
Limitare l’accesso a internet e impedire l’uso dello smartphone ai minori di 18 anni nelle ore notturne: è questo il provvedimento che la Cina vuole introdurre dal mese prossimo, per impedire a coloro che dovrebbero contribuire alla “costruzione della modernizzazione” del paese di diventare dipendenti dai social network e dal telefonino.
Cosa è consentito e cosa no-cina: vietato l’uso dei cellulari di notte per i minorenni
Una proposta presentata dalla Cyberspace Administration of China (Cac), il principale regolatore di internet del paese, richiederebbe l’installazione per tutti i dispositivi mobile, app e app store di un “youth mode”.
Una modalità che limiterebbe il tempo di visualizzazione giornaliero a un massimo di due ore a giorno, a seconda della fascia di età. Nel dettaglio, le nuove regole, che potrebbero entrare in vigore a partire dal 2 settembre, colpiscono chiunque abbia meno di 18 anni di età per impedire loro l’utilizzo del cellulare dalle 22 alle 6 di mattina.
E inoltre…
Sarebbe previsto, inoltre, un tempo massimo sull’uso dei telefonini, diviso per fasce d’età: 40 minuti al massimo ogni 24 ore sotto gli otto anni e due ore per chi ha 16 o 17 anni.
Secondo la bozza del Cac, ai bambini e gli adolescenti che utilizzano i dispositivi con lo “youth mode” sarà impedito l’uso delle app e dello smartphone una volta superati i limiti temporali previsti.
Sui telefonini compariranno quindi delle notifiche per ricordare di allontanare gli occhi dallo schermo a chi ha utilizzato il proprio dispositivo per più di 30 minuti consecutivi.
Il rispetto del provvedimento è reso possibile anche da una norma governativa, che impone a tutti gli utenti del web e social network di registrarsi con i loro veri nomi.
L’anno scorso, infatti, le autorità di regolamentazione hanno imposto a tutti i siti online di verificare le identità reali degli utenti prima di consentire loro di inviare commenti o mettere un like ai post sui social network.
Le restrizioni, se approvate, segnerebbero un inasprimento delle misure già esistenti, introdotte e ampliate negli ultimi anni da Pechino, che mira a voler limitare il tempo che i bambini trascorrono con il cellulare in mano.
Ma le nuove norme sono finalizzate anche a favorire la diffusione contenuti web adatti ai minorenni e prevenire la disinformazione, con l’obiettivo di “creare un ambiente online positivo”.
Ulteriore restrizione per le big tech cinesi
Le nuove misure potrebbero essere un nuovo grattacapo per le aziende tecnologiche cinesi, che sono generalmente ritenute responsabili dell’introduzione e del rispetto delle normative governative per l’uso dei social network.
La proposta della Cac arriva mentre è in atto una severa repressione normativa nei confronti dei giganti della tecnologia cinese.
Le ultime restrizioni avrebbero un impatto su aziende come Tencent, la più grande società cinese di giochi online, e ByteDance, che gestisce la popolare piattaforma di video brevi Douyin, la versione cinese di TikTok.
Due anni fa, le autorità di regolamentazione cinesi hanno vietato ai giocatori online di età inferiore ai 18 anni di usare i videogames nei giorni feriali, limitando il loro utilizzo a sole tre ore nei fine settimana. Per questo i colossi del tech cinese sono corsi ai ripari.
Douyin, la versione mandarina di TikTok, ha introdotto una “modalità per adolescenti” nel 2021 che limita a 40 minuti al giorno la quantità di tempo che i bambini di età inferiore ai 14 anni possono trascorrere sull’app. Kuaishou, un’altra popolare app di video, ha un’opzione simile.
Riflettiamo
Sono dell’idea che regolamentare va benissimo perché se ne sentono davvero troppe sui social riguardanti minorenni.
Ma il problema di fondo è un altro. I primi a proteggere i figli, a dare delle regole, ad educare ad un uso corretto dei telefoni sono i genitori.
Cellulari come i pad spesso usati, dai genitori appunto, come dei baby sitter…no, non funziona così.
A mio parere, dovrebbero esserci delle lezioni a scuola, anche per i più piccini, su come deve essere usata nel modo corretto la tecnologia e anche i rischi che si corrono se non si seguono queste regole.
Lezioni che, ovviamente, dovrebbero seguire anche i genitori…magari coi figli.
E voi, come la pensate?
Vi ricordo che se avete bisogno del mio aiuto potete contattarmi qui
Buongiorno amici. Oggi il tema è “cara me stessa…mi merito il meglio dalla vita”.
cosa vedi dentro di te?
E mi rivolgo alle ragazze ma anche alle persone adulte.
Non importa cosa tu faccia e che cosa ottieni dalla tua vita: c’è sempre una piccola voce dentro di te che ti ripete che “non sei abbastanza”.
Vero? Una voce che ti dice che non vali quanto gli altri e che non meriti la felicità e il benessere che, in fondo, noi tutti ricerchiamo. Forse non ne puoi più di sentire il peso di queste voci, e di tutte le delusioni che hai ricevuto nella tua vita.
Basta con i sensi di colpa, basta con la paura di non valere o di essere giudicata. Basta con il senso di solitudine. Cara me stessa, da adesso si apre un nuovo capitolo! Da oggi voglio credere di valere.
Se ti guardassi dentro, cosa vorresti vedere?
Vuoi una vita migliore? Se non ci credi, non la otterrai. Nulla avviene per caso; dietro un successo c’è tanto lavoro e sofferenza.
Quasi tutte le tue credenze nascono da quello che hai accettato o meno come vero da quando eri piccola
Può darsi che i tuoi genitori non ti abbiano dato abbastanza sicurezza. Così sei diventata fragile, la tua autostima ne ha risentito molto e continua ad essere piuttosto bassa anche ora che sei adulta.
Pero, ciò che è stato nel passato ormai è fatto, ma nel presente hai la possibilità di trattarti nel modo in cui desideri.
Rimproverarti ora è un modo per continuare a spaventare ulteriormente il tuo bambino interiore che si sente insicuro e che soffre.
Se non desideri fare del male a uno sconosciuto, perché continui a trattare male il tuo bambino interiore?
Tratteresti così il figlio o la figlia di uno dei tuoi amici? Allora perché non iniziare ad amarlo? Comincia ad amarti e ad approvarti ora.
Perché è così difficile pensare di meritare il meglio dalla vita?
Ci sono tantissimi motivi per cui è così difficile non riconoscere il proprio valore.
Esiste però un aspetto che accomuna ognuno di questi: credere di NON meritare amore. E questo, se diventa il nostro mantra, può essere quanto di più dannoso possa esistere per noi.
Assicurati di essere disposta\o a ricevere
Ciò che sogni e ciò di cui hai bisogno nella vita arriva solo quando pensi di meritarlo davvero.
Apri la tua mente, apri il tuo cuore, e apri le braccia. La vita ti ama e vuole solo darti il meglio.
Non importa se certe cose non le hai imparate prima; tutto si può imparare nella vita!
Non importa quanti anni hai; non è un caso se la vita ti ha messo di fronte a un cambiamento proprio ora … prima forse non saresti stata pronta o forse c’è qualcosa che devi imparare ora.
Non importa se hai vissuto tanti anni in funzione dei tuoi genitori o dei tuoi figli, puoi ancora rimediare e coltivare le tue ambizioni!
Non importa se si è conclusa una storia d’amore con una persona che pensavi fosse la persona della tua vita, puoi incontrare chi davvero ti apprezza!
Buongiorno amici. Oggi vediamo perché è impossibile educare la mente senza educare il cuore.
Le relazioni emotive stabilite durante l’infanzia determinano gran parte del futuro di una persona. Tradizionalmente, la razionalità è il cuore dell’educazione, ma ad essa sono strettamente collegate le abilità emotive e sociali.
Il motivo per cui è bene educare il cuore è che, se oggi ci occupiamo delle emozioni, domani avremo meno problemi causati dai conflitti tra esse. Tali problemi possono essere semplici e quotidiani oppure più gravi, come la violenza, il suicidio o il consumo di droghe.
Attraverso l’educazione emotiva, possiamo sviluppare un Io sano, i cui punti forti sono la libertà e la maturità emotiva, e il quale vive le sensazioni di auto-realizzazione e di vittoria.
È bene educare il cuore anche perché la plasticità neurale propria dell’infanzia ci aiuta a modellare lo sviluppo cerebrale, fomentando così il potenziamento di circuiti sani.
La pratica fa il maestro
Il punto più importante sul quale lavorare è il momento in cui veniamo colti da un’emozione, perché è lì quando possiamo imparare a gestirla al meglio. In altre parole, l’apprendimento è maggiore tramite la pratica, perché le emozioni sono qualcosa di intangibile e astratto, difficili da comprendere senza l’esperienza.
Ad esempio, i bambini che riconoscono le loro emozioni negative, come l’ira o la rabbia, imparano a gestirle meglio e ad affrontarle con successo. Tuttavia, purtroppo, attacchiamo di frequente le emozioni dei nostri figli: se si arrabbiano, noi li castighiamo o ce la prendiamo con loro.
Tale reazione degli adulti fa dedurre ai bambini di non dover condividere certe emozioni e, pertanto, finiscono per perdere il contatto con esse. Il risultato non è la scomparsa dell’emozione in questione come si potrebbe pensare, bensì un indurimento del rapporto tra genitori e figli.
Educare il cuore: un compito appagante
Anche se il termine “educazione emotiva” è molto attraente, dobbiamo fare attenzione quando la mettiamo in pratica. Quando insegniamo accuratamente a fare addizioni e sottrazioni, dobbiamo impegnarci ad istruire anche il cuore.
Il bambino deve imparare ad individuare i segnali offertici dai sentimenti e deve impiegarli come base per prendere decisioni adeguate al clima affettivo che respira nel suo ambiente.
A questo scopo, dobbiamo trasmettere un messaggio chiaro ai bambini: tutti i sentimenti sono ben accetti, sono gli atteggiamenti che talvolta vanno corretti. Per svilupparsi emotivamente, è fondamentale capire che tutti, in certe situazioni, avvertono gelosia, avarizia, delusione, ecc. La cosa più importante è che imparino a familiarizzarsi con questi sentimenti e ad esprimerli in modo adeguato.
Per riuscirci, dobbiamo preoccuparci di dare ai più piccoli degli strumenti che li supportino. Questo concetto è molto importante, perché ci sono tanti bambini timorosi dei loro sentimenti: il loro problema è che non sono in grado di separarli dal comportamento.
In altre parole, è molto importante che il bambino capisca che, se è stato rimproverato dopo aver espresso dell’ira, non è stato a causa dell’emozione in sé, ma della sua condotta. Una buona soluzione per riuscirci è raccontargli una storia su un bambino immaginario che ha provato quell’emozione e che ha risolto la situazione agendo in un modo diverso. Possiamo invitarlo anche a comunicarci le sue sensazioni, a esprimerle in un disegno o in un piccolo testo.
In questo modo, il bambino ha la possibilità di imparare a calmarsi prima di pensare e di agire. È normale che si arrabbi o avverta gelosia, ma deve capire che alla radice del suo atteggiamento c’è un’emozione.
Non bisogna dire ai bambini di calmarsi, ma invitarli a comprendere che certi stati emotivi sono spiacevoli per tutti. Per controllare il comportamento derivante dalle sue emozioni, deve imparare a trattare gli altri nello stesso modo in cui lui vuole essere trattato da loro.
Tutte le strategie che contengano giochi, racconti e dinamiche divertenti sono adeguate per favorire l’assorbimento dei principi di cui abbiamo parlato in questo articolo. In questo modo, aiuterete i vostri figli a sviluppare la loro capacità di pensiero e di pianificazione, così da evitare situazioni complicate e infelici.
Buongiorno amici. Oggi parliamo del perché e come chiedere scusa ai figli.
Fare il genitore è veramente un mestiere difficile, un lavoro a tempo pieno, carico di responsabilità, dove può capitare di sbagliare, di perdere la pazienza con i figli.
Genitori perfetti?no
Non esiste il genitore perfetto. Per una mamma e un papà, l’importante NON è “non sbagliare mai”, ma essere consapevoli di certe dinamiche e delle loro conseguenze, riconoscere i propri errori e riuscire a riparare con i figli, ponendosi come una guida per loro.
Se c’è una cosa che fa bene a un figlio, è trovarsi un adulto consapevole delle proprie vulnerabilità, capace di riconoscere un errore e di chiedere scusa.
Molti adulti, specialmente gli uomini, pensano che scusarsi con un figlio li faccia apparire automaticamente deboli e meno autorevoli ai suoi occhi.
Ma non è così: mostrare di avere capito dove abbiamo sbagliato, di non essere soddisfatti di come sono andate le cose è il modo migliore per far comprendere a un ragazzo che ha davanti una persona vera e consapevole, realista e moralmente integra.
Spesso, ciò che fa più soffrire nelle relazioni non è l’errore commesso, ma non ricostruire il legame dopo la rottura.
E chiedere scusa è il modo migliore per ricucire uno strappo.
Perché ?
Molti genitori magari non chiedono scusa per orgoglio, per paura di sottomettersi o di perdere il proprio ruolo.
In realtà, è un gesto che ha in sé un grande insegnamento educativo: per farlo bene, però, ci vuole consapevolezza perché non si tratta semplicemente di chiedere scusa a parole, ma riconoscere che si è sbagliato e cercare di correggere l’errore.
Perché è importante?
1. Si insegna ai figli che si può sbagliare, ma si può anche recuperare. I figli devono sapere che sbagliare è umano, che l’importante è rendersene conto e che si può porre rimedio per cercare almeno di attenuare le conseguenze negative: bisogna però ammetterlo, per agire meglio la volta successiva.
2. Si è un modello positivo per i figli. È importante dare il buon esempio ai figli e non c’è insegnamento migliore che la coerenza, quindi mettere in pratica ciò che si “predica”: se vogliamo che i figli imparino il rispetto, ad assumersi la responsabilità delle proprie azioni, il genitore deve dimostrarlo per primo attraverso il suo comportamento, più che con le parole.
3. Si favorisce un’educazione basata sul rispetto reciproco. Chiedere scusa ad un figlio significa riconoscerlo come persona che ha un valore e che merita rispetto, come lui dovrebbe dimostrare lo stesso nei confronti degli altri: non significa che, siccome sono piccoli, devono essere trattati diversamente.
Come chiedere scusa ad un figlio?
Se ci si rende conto di aver reagito in modo impulsivo, di non essere stati coerenti o di aver gestito male una situazione, è bene scusarsi con i figli, senza dilungarvi troppo con le parole, ma facendolo in modo autentico.
Le scuse devono nascere da un sentimento maturato dentro.
Per farlo in maniera adeguata, però, bisogna aver preso reale consapevolezza dei propri errori, assumendosi la responsabilità, altrimenti si rischia di farlo solo per scaricarsi la colpa.
Evitate quindi di dire “scusa ma ti comporti male e mi fai perdere la pazienza”; piuttosto andate dai figli quando vi siete calmati e riconoscete realmente di aver sbagliato.
Bisogna anche fare attenzione, però, a non abusare del termine “scusa” perché altrimenti perde di significato e di valore, diventa un’abitudine e si trasmette ai figli che può essere uno strumento per non assumersi le proprie responsabilità, continuando a commettere sempre lo stesso errore.
Non è tanto la parola “scusa” ad essere rilevante, quanto l’aver riflettuto sulla situazione, considerandola dal punto di vista di vostro figlio, riconoscere cosa sia successo e porvi rimedio, ripartendo con maggiore consapevolezza.
L’aspetto importante è riuscire a scusarsi sinceramente e “riparare” la relazione con i figli, dopo una difficoltà o un problema, ricostruendo con loro un clima di fiducia reciproca.
La storia di un ragazzino americano che suonava i campanelli del vicinato per trovare amici.
Buongiorno amici. “Ho bisogno di amici”, la storia di un ragazzino e della sua voglia di trovare amici.
Suona i campanelli di coloro che vivono nel suo quartiere per cercare amici.
La storia di Shayden Walker, ragazzino di Amarillo, in Texas, commuove la rete e innesca una rete di solidarietà.
A cambiare le sue sorti è Brennan Ray, vicino di casa che decide di registrare in un video il primo incontro con il suo giovane vicino.
“Ho davvero bisogno di amici” spiega Shayden, che inizialmente viene indirizzato da Brennan da alcuni ragazzini della zona che però vuole evitare in quanto da loro bullizzato in passato.
Brennan
Quando viene a sapere che Brennan e la moglie hanno una bambina di 2 anni, il ragazzino si dice disposto a stringere amicizia con lei.
Non solo: i suoi vicini decidono di aiutarlo e raccolgono 37mila dollari.
Con quei soldi la famiglia di Shayden ha comprato per lui vestiti e giochi oltre a dare un contributo in beneficenza.
Nel frattempo il protagonista di questa storia trova più amici del previsto: in molti gli scrivono e la famiglia Ray organizza un evento pubblico durante il quale il giovane, a questo punto non più solo, viene circondato d’affetto.
Amici
A quest’età, sempre ma quando sei adolescente ancora di più, gli amici svolgono un ruolo molto molto importante.
Il gruppo è il nostro senso di appartenenza ma questa voglia di avere amici, a volte, porta a modificare la nostra personalità per adattarci a comportamenti ed abitudini non consoni a noi.
Ed è questo l’errore che non dovete mai fare. Gli amici, quelli veri, vi accettano così come siete. Non c’è bisogno di dimostrare qualcosa che non siete perché, a lungo andare, non riuscirete a sopportarlo.
La conseguenza? Frustrazione, rabbia, atti violenti nei confronti di chi vi sta attorno.