Buongiorno amici:) Oggi diretta: perché è difficile amarsi?
Amarsi
E’ quello che tutti noi dovremmo fare…amarci. Ma per una serie di motivi, spesso, purtroppo, siamo portati a non farlo.
E per la maggior parte dei casi è perché siamo cresciuti in un ambiente in cu non siamo mai stati abbracciati, coccolati, ascoltati, capiti.
E questo, come dico sempre, si ripercuote nella vita dei ragazzi che diventeranno poi adulti e si comporteranno, coi figli, allo stesso modo.
Strategie diretta: perché è difficile amarsi?
Ma esistono delle strategie, dei trucchetti per imparare a farlo? Assolutamente sì. E ve li spiego accuratamente proprio nella diretta che state per vedere.
Lo sapete che non voglio mai spoilerare nulla delle live.
Ma vi assicuro che , questa, deve essere vista dai genitori,d ai figli, da tutti quelli che , per un motivo o per un altro, non si amano.
Per capire il motivo ma , soprattutto, per cominciare a farlo.
Proviamo a coltivarlo invece di ricercare la perfezione.
Buongiorno amici. Oggi parliamo de il talento.
Il talento
Tutti, e dico davvero tutti, abbiamo un talento, una nostra peculiarità.
Tutti i ragazzi ne hanno uno che magari non quello che pensavano i genitori, magari esula dal pensiero comune, dai classici talenti ma c’è.
E’ lì che aspetta noi per potersi esplicitare.
Ma cosa succede?
Genitori
Spesso incontro genitori che mi dicono “Marco( nome di fantasia) è carente in matematica( ditemi poi chi non ha una debolezza in questa materia:D). non è che va male ma potrebbe dare di più. Invece ha un talento in arte. va beh…deve recuperare matematica”.
Eh…è questo il modo sbagliato di aiutare un ragazzo a investire sui propri talenti, sulle proprie abilità.
Perché investire, invece, su u qualcosa che non potrà mai essere tanto superiore a quello che già da, perché non è un su talento, invece di coltivare le sue peculiarità?
La perfezione
E’ un errore inculcare ai ragazzi la ricerca della perfezione qualsiasi cosa facciano: scuola, hobby, sport. Devi essere sempre il miglior, deve eccellere in tutto aumentando , così, non la sua autostima ma l’ansia da prestazione che avranno per soddisfare le vostre aspettative.
C’è, infatti, troppa competizione malsana, troppi paragoni con gli altri. ma noi siamo tante individualità e ognuno di noi, per fortuna, ha delle caratteristiche diverse. E’ su quelle che dobbiamo puntare.
Insegnate ai ragazzi a puntare su se stessi, a dare il meglio non per prevaricare gli altri ma per da raggiungere gli obiettivi che si sono prefissati. Aiutateli a trovarli questi obiettivi.
E se avete bisogno del mio aiuto contattatemi tramite la sezione cotnatti e consulenze del sito
Buongiorno amici. Oggi parliamo di competizione malsana.
Vi è mai capitato di assistere ad una partita di qualsiasi sport, in questo caso calcio, e vedere genitori o parenti inveire contro la qualunque?
Contro l’arbitro perché è un cretino
contro l’allenatore perché non mette le persone bene in campo
contro il figlio/nipote perché deve correre
Stoooop!
Stop
Il cartello, affisso in non so quale città d’Italia ma da esempio, spiega nel migliore dei modi cosa bisogna fare in questi casi.
I ragazzini, purtroppo, sono molto spesso “Costretti” a fare questa o quell’attività extra scolastica per
desiderio dei genitori, della mamma, perché “Io non ho avuto la possibilità di farlo alla tua et tu sei fortunato”.
Ma vi siete ma chiesti se al ragazzino/a piace davvero fare quello che fa? Se ha davvero le capacità per fare questo sport ho ne ha per uno sport diverso?
O semplicemente è appassionato di altro?
Ecco, cominciamo a farci queste domande.
Competizione
La competizione deve esserci in uno sport a patto che sia sana.
Incitare a mettercela tutta è ottimo, dobbiamo farlo sempre in qualsiasi occasione.
Il che vuol dire non mortificare o riprendere se qualcosa non va ma aumentare l’autostima dei ragazzi che, in caso contrario, si sentono dei falliti che non sono.
Invece vedo molta violenza verbale durante queste partite che, poi, sono a livello amatoriale .
Genitori
Tutti diventano subito esperti…ma sapete qual’è l’unica cosa che dovete fare?
E’ starvene seduti sulle tribune ad incitare il vostro ragazzo, col sorriso sulle labbra.
Gratificarlo perché, comunque, si è impegnato ed è stato in campo. E se la partita è persa..va beh, andrà meglio la prossima, migliorerà.
Lasciate che i ragazzi vivano questo come uno sfogo , un momento di gioia, un gioco…non una brutta competizione.
Io spero che riflettere su questa competizione malsana vi sia stato utile.
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Buongiorno amici. Oggi riflettiamo sulla paura di sbagliare e di come fare per insegnare ai ragazzi, bimbi o adolescenti, a non averne.
Sono sempre di più i bambini e i ragazzi che hanno paura di sbagliare, che non accettano gli errori e li vivono come un fallimento.
Il risultato
Purtroppo viviamo in una società che pone troppo spesso l’accento sul risultato: ci si preoccupa di ottenere sempre buone prestazioni e ci si dimentica di quanto, invece, anche imparare a sbagliare sia importante per crescere e sviluppare una buona autostima.
Sono tanti i bambini e i ragazzi che, per paura di sbagliare, vanno incontro a un rifiuto, a un non voler andare avanti.
A volte, infatti, preferiscono abbandonare ciò che stanno facendo perché non riescono a gestire le emozioni che vivono.
Sbagliare
Ogni bambino e adolescente ha il diritto di sperimentare, sbagliare, provare tristezza.
Un figlio che non ha la possibilità di sbagliare, con maggiore probabilità svilupperà in adolescenza e poi in età adulta una serie di paure o insicurezze, poiché non ha imparato a conoscere e utilizzare le proprie risorse.
E’ soprattutto a scuola che i più piccoli temono di sbagliare.
Livelli eccessivi di ansia, che spesso riguardano la paura di prendere un brutto voto o del giudizio degli altri, possono attivare un blocco e la percezione di non essere all’altezza.
Si dice “chi non sbaglia, non impara!” In effetti molte volte si impara di più dagli errori che dal seguire quei consigli che evitano di farti sbagliare.
Il messaggio che bisogna trasmettere ai più piccoli è che gli errori non sono necessariamente negativi, anzi servono per imparare e per crescere.
Che si tratti di un brutto voto, di compiti a casa, di un rimprovero ricevuto, i genitori non devono sostituirsi ai figli, ma fornire gli strumenti per comprendere quanto accaduto e affrontare la situazione.
Come aiutare i bambini che hanno paura di sbagliare?
ESSERE UN BUON ESEMPIO.
L’approccio del genitore, il modo in cui affronta i propri errori e definisce quelli degli altri, gioca sicuramente un ruolo importante.
Bisogna fare attenzione ai messaggi che si trasmettono indirettamente ai figli: non è sempre necessario esprimere in modo evidente le proprie aspettative, basta anche l’adozione di un atteggiamento perfezionista verso se stessi o una scarsa tolleranza dei propri errori.
DARE SPAZIO ALLE LORO EMOZIONI.
E’ bene non sminuire ciò che provano, facendoli sentire incompresi: mostrare accoglienza per le loro emozioni e offrire sempre ascolto è importante.
Si può chiedere loro di cosa hanno paura e quali sono i loro pensieri negativi, per conoscere il loro punto di vista e trovare insieme dei modi diversi di affrontare le situazioni che reputano difficili.
AIUTARLI A METTERSI IN GIOCO.
Se i figli temono sempre di incontrare un ostacolo, non bisogna iperproteggerli ma motivarli sempre di più, facendogli sperimentare a poco a poco le attività a loro più congeniali.
E’ bene trovare delle occasioni in cui fare da soli qualcosa di nuovo: più avranno occasioni di sperimentare e imparare anche a sbagliare, più potranno sviluppare autostima e sicurezza in se stessi.
MOSTRARE IL LATO POSITIVO.
Aiutateli a non concentrarsi solo sul risultato raggiunto, ma valorizzate l’impegno, il fatto che si siano divertiti, che abbiano rispettato le regole.
Il genitore, infatti, deve aiutare il figlio a capire che gli errori e le perdite fanno parte dell’esperienza e che il successo sta nell’accettare anche la sconfitta e capire cosa è andato storto per migliorarsi, crescere e imparare.
E’ importante imparare a fare la cosa giusta così com’è importante imparare a sbagliare.
Per vivere serenamente bisogna pensare agli errori che si commettono nella vita quotidiana come del tutto normali e anzi importanti per crescere.
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Bunogiorno amici. Oggi parliamo di paragoni deleteri e dei danni sui ragazzi.
Paragoni
Quanto possono danneggiare i paragoni che facciamo noi a noi stessi e genitori ai figli?
“Guarda tuo fratello/tua sorella com’è bravo/a…dovresti fare come lui/lei”
“i tuoi compagni sono più veloci”
“tua cugina è diventata mamma ed è più giovane di te…”
E mille altri esempi banali che potrei fare. Dico banali non per gli argomenti ma perché …se ci pensate…mi dite che senso hanno?
Famiglie e non solo
Purtroppo molto spesso sento mamme o papà o entrambi i genitori, di ragazzi che hanno affrontato un percorso con me, fare paragoni costantemente tra il ragazzo in questione e persone x: amici, parenti, fratelli, compagni di classe.
Errore madornale. Perché il ragazzo passa da uno stato di frustrazione e depressione perché si sente inferiore a uno dir abbia nei confronti di se stesso, di chi ha fatto questo o quel paragone e della persona cui viene paragonato.
Inferiore a chi?
Il fatto è che nessuno, e sottolineo nessuno, è superiore o inferiore a qualcun altro.
Dovete capire, ragazzi e genitori, che siamo tante bellissime individualità e , come tali, abbiamo le nostre caratteristiche, le nostre abilità, i nostri talenti e i nostri tempi.
Tutto questo, per l’appunto, deve essere rispettato.
Se Giorgio a scuola finisce il compito in meno di un’ora e a tuo figlio ne serve un’ora e mezza non vuol dire che è incapace. Vuole semplicemente dire che ha bisogno di più tempo.
Se mamma vuole che faccia il corso X per cui non sono portata a vuole Lei che lo faccia, la colpa non è mia di quell’insuccesso. Ma forse sono portata più per il corso Y.
Se ho bisogno di aiuto per una determinata cosa è perché ho qualche difficoltà da superare.
Ognuno ha i suoi talenti e deve essere rispettato.
Rispetto
I ragazzi non hanno bisogno di un genitore che li mortifichi.
I ragazzi hanno bisogno di genitori positivi, che invece di mortificarli diano loro la forza, l’incoraggiamento giusto per aumentare la propria autostima.
Hanno bisogno di chi fa capir loro che solo se si insegnano con tutte le loro forze possono raggiungere gli obiettivi prefissati. Se vuoi davvero con tutte le tue forze una cosa , beh, allora mettici tutto l’impegno possibile, ma fallo davvero.
Vedrai che andrà tutto bene e se durante il percorso inciampi ci si rialza e si riprova finché non ce l’abbiamo fatta.
E se invece non va’ Non importa, l’importante è aver dato tutto il massimo che potevamo dare per non sentirsi in colpa di non aver fatto abbastanza.
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Buongiorno amici. Oggi parliamo, nella diretta, del positive parenting.
Cos’è
Ma che cos’è il positive parenting?
Sono tutte quelle pratiche, piccole regoline e accorgimenti che permettono ai genitori di essere davvero dei genitori positivi.
Il che vuol dire, adottare un metodo educativo che si allontana dai due eccessi: l’autoritarismo e il permessivismo eccessivo.
Entrambi metodi sbagliati, entrambi non portano a nulla.
Regole del positive parenting
Durante la diretta, di cui non spoilero come sempre nulla , parleremo anche di qualche regola necessaria per metterlo in pratica.
Una di queste? Proprio essere empatici coi figli senz però essere amici. Mi soffermo molto per spiegarvi il significato di tutto questo perché è molto molto importante.
O, altra e poi mi fermo, non mortificare ma incoraggiare se vostro figlio non riesce a fare qualcosa. Niente paragoni ma imparare a crescere con loro; imparare a dialogare in base alle loro capacità, al loro modo di essere.
Spero, ovviamente, di avervi messo un po’ di curiosità. Vi dico che, durante la diretta, una mamma mi ha chiesto un consiglio che potrebbe essere utile a tutti.
Diretta positive parenting
Vi lascio il link della diretta e vi ricordo che se avete bisogno di me potete contattarmi tramite la sezione contatti e consulenze del sito.
Sì, è vero…dico sempre che gli occhi, i gesti non calcolati, il linguaggio del volto e del corpo parlano molto più delle parole…sono più sinceri.
Ma ogni giorno, però, ci relazioniamo con il mondo: dalla famiglia, agli amici, ai professori, ai colleghi…l’essere umano non è fatto per stare solo, non può. E’ un individuo che ha bisogno di socializzare, e menomale direi. Ma non tutti sanno dosare e utilizzare a meglio le parole.
Le parole mal dette
Provate a pensare a quando discutiamo con chi ci vuole bene. Siamo talmente arrabbiati che diciamo cose dettate dalla rabbia. E alla fine? feriamo chi ci ama davvero, senza rendercene conto. Poi chiediamo scusa ma quelle parole risuoneranno sempre nella nostra mente.
Haters
Soprattutto tra i ragazzi, purtroppo, ” va di moda” l’insulto online. I social sono pieni di haters…youtube è pieno di gente che comincia, per chissà quale motivo, ad insultare chi non ha mai visto. Così, perché gli va.
Pensiamo anche al bullismo…a quanti ragazzi e ragazze vengono presi di mira e insultati non solo fisicamente ma anche online. Parole che possono, nei casi più gravi, portare le vittime a compiere gesti estremi…arrivando, a volte, al suicidio.
Perché? Perché non pensiamo, essendo al di là di uno schermo, a quanto quelle parole hanno ferito la vittima. A quanto possano fare male più di uno schiaffo in piena faccia, più di uno spintone , di una sberla.
Perché tocca la nostra persona, il nostro a nimo, al nostra autostima.
Non fatelo
No, per nessun motivo al mondo. Pensate molto bene prima di pronunciare determinate parole. E, a seconda di chi avete davanti, dovete saperle dosare al meglio. Le parole possono consolare, amare, essere conforto ma anche uccidere.
Se, a volte, vi sentite in diritto di utilizzare determinate frasi contro qualcuno, fermatevi a pensare se le riceveste voi. Quale sarebbe il vostro stato d’animo? Ma rispondete alla domanda sinceramente.
Siamo tutte persone con una propria sensibilità e , spesso, questa viene schiacciata.
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Buongiorno amici. Oggi parliamo dei ragazzi sotto pressione per il rush finale della scuola.
Giunti quasi al termine dell’anno scolastico, aumentano stress e tensioni sperimentate dai ragazzi nel tentativo di gestire al meglio lo sprint finale.
Tra voti da recuperare, paura di prendere debiti e rischio di bocciature, le ultime verifiche e interrogazioni diventano la preoccupazione principale per ragazzi e genitori.
Consigli
Oggi anno ragazzi e genitori si trovano ad affrontare l’immancabile sprint finale.
L’ultimo mese di scuola è quello che pesa di più in assoluto perché sulle spalle di tutti perché si sente la fatica di tutto l’anno scolastico perché aumenta la tensione e la paura di non farcela.
In questo periodo fioccano rimproveri e sensi di colpa per non aver studiato regolarmente durante tutto l’anno accompagnati dal “potevi pensarci prima”.
Rinfacciare non serve a niente, non risolve il problema, ci si deve rimboccare le maniche, accettare la situazione e correre ai ripari, pronti per i buoni propositi di inizio scuola che tendenzialmente non vengono mai mantenuti.
Il ruolo di madri e padri in questo peridio è fondamentale, non serve accrescere la loro tensione e ansia, serve indirizzare, contenere e sostenere.
vademecum
Ecco allora qualche piccolo consiglio per “sopravvivere” all’ultimo mese di scuola:
EVITARE LITIGI E ATTACCHI DIRETTI!
È facile cedere alla tentazione di rimproverarli e ricordare loro che, se si fossero impegnati di più nei mesi precedenti ora sarebbero indubbiamente più tranquilli.
Ma non si può piangere sul latte versato, diventa fondamentale per prima cosa far capire che gli potete dare una mano pratica e che potete studiare insieme un piano di attacco.
In questa fase è controproducente dare spazio a discussioni e litigi sul fatto che per i ragazzi la scuola non sia la priorità e che non siano responsabili, sono adolescenti e lo stanno imparando.
Lo sanno di essere in torto anche se non lo fanno vedere e se non danno la soddisfazione al genitore.
Per questo bisogna spronarli a dare il massimo e motivarli magari anche raccontandogli alcune difficoltà del genitore vissute a scuola alla loro età, in modo da fargli capire che si può affrontare tutto e anche imparare dagli errori.
Soprattutto bisogna evitare di lasciargli quella sensazione di sconfitta e di “non ce la farò”.
È importante che nella vita imparino anche a scontrarsi con le difficoltà, tendono troppo a sfuggire e a non voler vedere il problema.
LA PAROLA CHIAVE È ORGANIZZAZIONE.
Spesso il problema non è legato solo al fatto che non vogliono studiare o non lo fanno abbastanza, ma alla difficoltà nel trovare il proprio metodo di studio.
Sbagliano il modo di studiare e non è solo colpa dei cellulari e che a volte nessuno li indirizza ad una modalità di studio più adatta al loro cervello. Non imponete il vostro metodo cercate il loro.
Bisogna aiutarli ad organizzarsi nel rispetto delle loro esigenze, senza polemiche o ramanzine che rischierebbero di togliere ancora più tempo allo studio.
È importante capire insieme a loro dove sbagliano o dove possono migliorare, in modo tale da trovare la strategia migliore per essere più efficaci ed incisivi.
LE MINACCE NON SONO UTILI!
Minacce e punizioni legate, ad esempio, al togliere la paghetta, vietare le uscite con gli amici o sequestrare smartphone non sempre sono efficaci e rischiano di inasprire ancora di più il rapporto tra genitori e figli, generando rabbia e frustrazione.
Questo non significa il contrario, ossia premiarli per non aver studiato.
L’autorevolezza è ovviamente fondamentale: devono capire che si tratta comunque di un periodo più intenso da affrontare.
Bisogna rimboccarsi le maniche e impegnarsi fino in fondo e che devono fare qualche rinuncia in modo tale che capiscano che quando si sbaglia si paga e che il non assumersi le responsabilità ha delle conseguenze.
Anche se in alcuni momenti può essere molto difficile, soprattutto dopo la fatica di un interno anno di corse e via vai, è importante cercare sempre il dialogo, non lo scontro.
AIUTARLI A TOLLERARE ANCHE LE FRUSTRAZIONI.
Spesso i ragazzi tendono a bloccarsi e fanno fatica a recuperare anche perché si sentono stanchi, hanno paura di fallire, di non riuscire ad ottenere dei risultati o di deludere ancora di più i genitori.
La paura tante volte li blocca, invece di reagire si sentono schiacciati e preferiscono mollare pur di non affrontare un fallimento.
Bisogna bloccare sul nascere atteggiamenti ostili e pessimisti con cui vogliono affrontare questo ultimo mese di scuola.
Far capire loro che sono in grado di farcela, con l’obiettivo di rinforzarli e aiutarli a trovare una giusta motivazione che possa rendere il tutto più leggero.
A volte il genitore si deve trasformare in una sorta di coach, di motivatore in grado di dargli appunto strumenti e spinta. Sono troppo demotivati e troppo poco abituati a faticare.
NON SOSTITUIRSI A LORO.
Non bisogna cadere nell’errore di fare i compiti o studiare al loro posto, è fondamentale che sperimentino la propria autonomia.
La propria autoefficacia e sviluppino maggiore sicurezza in se stessi, anche assumendosi le proprie responsabilità quando le cose non vanno per il meglio.
Non sono certo una volta o una situazione specifica in cui si dà loro una mano in un momento di emergenza a rappresentare un problema.
L’importante è che non sia una modalità quotidiana, altrimenti si abitueranno anche in futuro a delegare le loro responsabilità.
Ragazzi
Spesso i ragazzi hanno la sensazione che per i genitori conti solo la scuola e i risultati e questo, anche quando non lo danno a vedere, li fa soffrire e arrabbiare.
Hanno un estremo bisogno di sentirsi accettati e sostenuti per quello che sono, e il ruolo fondamentale dei genitori è quello di fornire loro insegnamenti e strumenti che possano aiutarli ad affrontare le diverse situazioni della vita, a confrontarsi con se stessi e con gli altri, rendendoli sempre più autonomi e responsabili.
Tante volte non è solo un problema legato ad una scarsa motivazione, attraverso i voti e i comportamenti a scuola i ragazzi esprimono disagi e comunicano il loro mondo interno.
Per questo è importante imparare a decodificare ciò che hanno da dire, per farli sentire meno soli e più accolti.
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Buongiorno amici. Oggi parliamo della frase punitiva fila in camera tua.
Notizia, data dal quotidiano francese Le Figaro, secondo cui il Consiglio d’Europa avrebbe vietato il time out cioè il «Basta, fila in camera tua».
Oggi, tra i suggerimenti per un’educazione non violenta, si può leggere: «Bisogna reagire al comportamento scorretto con spiegazioni e in modo non aggressivo, evitando castighi come il time out».
Naturalmente si è acceso il dibattito tra chi sostiene questa posizione e chi invece la trova scorretta o esagerata.
Il time out è davvero indispensabile?
Nelle varie trasmissioni radiofoniche non è mancata l’ironia, con le tipiche osservazioni del genere «ma dove siamo arrivati» o «se non possiamo neanche più mandarli a riflettere in camera loro, come facciamo a educare ‘sti ragazzi?», e ancora: «quando la combinano grossa, bastano davvero delle parole gentili?».
In effetti hanno ragione. Pensando all’idea di educazione che ha la maggior parte delle persone, non è possibile eliminare le punizioni e sostituirle soltanto con parole gentili.
In un articolo del 2019 (che potete leggere qui) sostenevo che per educare non servono le punizioni, ma è necessario cambiare metodo educativo.
Se infatti il metodo in uso prevede premi e punizioni risulta abbastanza evidente che togliendo le punizioni il metodo non sta più in piedi.
Ma chiediamoci: cosa sono le punizioni, se non la reazione di un adulto che non sa più che pesci prendere? Come si arriva al momento in cui il «Basta, vai in camera tua» sembra l’unica soluzione? È possibile che ci sia un modo per non arrivarci affatto?
Io credo di sì, la strada per non arrivare alle punizioni esiste, ma necessita di un cambio di impostazione a livello educativo da parte degli adulti. È indispensabile un cambio di paradigma educativo.
Il fulcro del sistema educativo senza punizioni ruota intorno al significato della parola “rispetto” e ha bisogno di preparazione, pianificazione e organizzazione.
Come evitare di arrivare a dire «Basta, fila in camera tua»
Come evitare quindi di dire «Basta, fila in camera tua!»? Prima di tutto rispettando i bambini e i ragazzi; vediamo cosa vuol dire.
Essere consapevoli che i bambini si educano fin dal primo giorno di vita. Non esiste un momento in cui i bambini sono troppo piccoli per capire; piuttosto, il modo in cui ci rivolgiamo a loro deve farsi man mano più complesso, accompagnando la crescita.
Osservare i bambini e i ragazzi per comprendere i loro interessi e i loro bisogni e prepararsi per soddisfarli. Ciò non significa essere schiavi dei bambini o concedere loro di fare quello che vogliono, ma assecondare la naturale crescita dell’individuo e fornire quelle che consideriamo le giuste risposte.
I bambini e i ragazzi non pensano come gli adulti. Secondo le neuroscienze, il cervello sarà maturo solo verso i vent’anni e quindi fino ad allora le capacità decisionali dei bambini e dei ragazzi non sono guidate dalla razionalità, ma dal desiderio, dalle emozioni, dalla curiosità personale, dal bisogno di avere tutto subito. Se si osservano i propri figli in maniera montessoriana si colgono non i “capricci”, ma i bisogni di crescita.
Anticipare sempre i grandi cambiamenti: l’ingresso all’asilo, l’inizio della scuola primaria, la sessualità, l’adolescenza, l’uso dello smartphone… Anticipare significa fornire il giusto modo di approcciarsi a quel particolare cambiamento prima che il bambino o il ragazzo adotti comportamenti scorretti. L’amorevole autorevolezza del genitore, così, ha tutto il tempo per mostrare valori, atteggiamenti, comportamenti e scelte corrette.
I bambini vanno considerati come persone alle quali manca l’esperienza, e necessitano di tutti gli elementi che, come genitori, siamo in grado di fornire loro affinché possano affrontare le piccole sfide di tutti i giorni. Dobbiamo chiaramente considerare il fatto che fino ai 9/10 anni i bambini si fidano ciecamente di noi, mentre dai 10/11 anni mettono in discussione le nostre indicazioni perché vogliono “vivere da grandi”, pur non essendolo ancora. A volte mi viene da pensare che a causa della loro fisicità e forza, della loro energia e spavalderia giovanile, alcuni si sentano addirittura invincibili, quasi fossero dei supereroi. Ma noi genitori, con il nostro bagaglio di esperienza, sappiamo che i pericoli in agguato sono più di uno. Abbiamo quindi il dovere di mostrare ai nostri figli quella che reputiamo sia la strada corretta.
Evitare le bugie: bambini e ragazzi hanno bisogno della verità. Hanno bisogno di non essere imbrogliati. Penso al momento in cui lasciamo il bambino per andare al lavoro e scappiamo, di nascosto, quando lo vediamo distratto; è il primo germe della sfiducia. Piuttosto, salutiamolo e rassicuriamolo, anche se sta piangendo, anche se è doloroso.
I genitori non dovrebbero essere amici dei loro figli. Il ruolo del genitore è quello di educare, mostrare, far crescere; quello degli amici è di vivere insieme condividendo le stesse scoperte.
L’importanza di un’educazione basata sul rispetto
L’obiettivo di un’educazione basata sul rispetto è rendere la famiglia un posto sereno in cui è sempre bello tornare, sia per i genitori sia per i figli.
Conosco molti genitori che alla fine dell’orario di lavoro farebbero di tutto pur di non andare a casa con la paura di trovarsi davanti una delle tante situazioni “da punizione”.
E conosco tanti figli che quando vedono scritto “mamma” o “papà” sul display dello smartphone sbuffano e non risparmiano gli epiteti poco gradevoli.
Ecco, credo che un’educazione che si basa sul rispetto e non sulla violenza fisica o verbale sia capace di evitare tutto ciò.
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