Buongiorno amici. Oggi parliamo di adolescenti oppositivi e del perché è un ben che lo siano.
Adolescenti oppositivi
Chi è genitore o è spesso a contatto con ragazziadolescenti, si aspetta un atteggiamento oppositivo da parte loro. Eppure sempre più spesso gli adulti si trovano spiazzati di fronte a ragazzi e ragazze che non sfidano apertamente e non si ribellano all’autorità. Vuol dire che non esistono più adolescenti oppositivi? No, solo che l’oppositività oggi si manifesta in passività, rifiuto a collaborare a un progetto comune, mancata voglia di immaginare un futuro in cui essere responsabili.
Essere oppositivi è necessario
«Il mondo adulto e l’adolescenza – esordisce l’esperto – sono da sempre in conflitto e questo non è un male di per sé: i giovani spesso definiscono la propria identità per contrapposizione con quella delle figure adulte».
A questo però contribuisce anche un’errata interpretazione del ruolo educativo degli adulti, che spesso si vedono come controllori e domatori: Siamo ancora legati al modello dei giudici da reality show, che sanzionano, condannano e si impongono con autorità. Chi cerca di mediare, nella società adulta, non ha successo: è certamente anche a questa deriva che gli adolescenti si ribellano. La necessità di opporsi per crescere però sta iniziando a venir meno. Perché?
Adolescenti passivi: perché
Gli adolescenti di oggi non sono più così provocatori, non cercano lo scontro aperto con le figure adulte. Un dato di fatto osservato da tutti i soggetti che si occupano di minori, ma ancora difficile da decifrare.
Da un lato i ragazzi e le ragazze si trovano di fronte sempre più frequentemente adulti che si sottraggono al conflitto, che faticano a sostenerlo; dall’altro però sono loro stessi a rivolgersi sempre meno alle generazioni più anziane per avere un confronto.
La società adulta certamente li considera sempre meno, ma anche loro cercano gli spazi per emergere avendo come riferimento i coetanei e non una collettività che prevede scambi intergenerazionali: non sono più interessati, insomma, a entrare in conflitto con un genitore o un professore.
Adolescente sfidante vs adolescente passivo: le differenze
Gli adolescenti di oggi stanno dunque crescendo indipendentemente dalle generazioni precedenti, senza l’aiuto di un adulto di riferimento cui opporsi.
anche chi non riesce a evolvere da solo, non risponde alle sollecitazioni degli adulti: «Questo un po’ perché gli adulti sono fermi all’idea di adolescente che c’era 20 anni fa e, non comprendendo i giovani d’oggi, fanno loro proposte senza significato. I teenager con un atteggiamento passivo però sembrano non riconoscere l’esistenza di un altro, pensano di poter crescere a prescindere da tutto e tutti.
Per loro non è importante stare all’interno di una società, conta solo il confronto con il gruppo dei pari e la capacità di emergere con ogni mezzo al suo interno».
Come coinvolgere un adolescente passivo
Qualche strumento e strategia per attivare gli adolescenti “oppositivi” di oggi.
Parlate con loro. Gli adulti di oggi devono dimenticare le proprie idee sull’adolescenza e tornare ad essere curiosi: Per capire chi sono dobbiamo metterci in ascolto e conoscere le culture in cui sono immersi, i loro interessi, i loro passatempi.
Personalizzate l’approccio. Ogni ragazzo è a sé e una sola modalità di azione non può funzionare per tutti. È possibile includere sia chi ha un atteggiamento più sfidante sia chi è più passivo, ma le modalità e i tempi di coinvolgimento sono diversi.
Progettate CON loro. Non attivate progetti sui ragazzi, ma con i ragazzi. L’apatia o passività è una reazione uguale e contraria al desiderio di protagonismo esistente in tutti i giovani: se invece di trattarli come destinatari di una proposta li mettete al centro come soggetti e attori, scardinate questo meccanismo.
Fate squadra. Si parla sempre di alleanza educativa ma poi i soggetti in gioco attorno agli adolescenti (insegnanti, allenatori, educatori e genitori) si parlano molto raramente. È proprio difficile coinvolgere il soggetto al centro, se non lo conosciamo e se non mettiamo insieme le informazioni per conoscerlo. Ricordiamoci che la resilienza, di cui tanto si dice, non è una caratteristica personale ma ambientale e di contesto: dipende da quanto tiene la rete sociale attorno a una persona. Nessuno ce la fa da solo.
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Buongiorno amici. Oggi parliamo di un premio di 100 uro a chi ha la media del 9…assurdo.
No…parto subito col dire che questo non è assolutamente un metodo educativo sensato. Ma a cosa dovrebbe portare?
Se un insegnante incentivasse alla media del nove in questo modo otterrebbe un solo risultato: i ragazzi farebbero di tutto per avere quei soldi, non per andar bene a scuola.
Il fine giustifica i mezzi? In questo caso, ma come per altre cose, assolutissimamente no.
Soluzione inutile
E’ inutile non soltanto per il motivo detto sopra…ma perché non è possibile che tutti ottengano tale media.
I ragazzi, fortunatamente, sono tutti diversi, noi siamo tutti diversi.
cosa vuol dire? Vuol dire che ognuno di loro, come di noi, ha le proprie capacità, inclinazioni e i loro tempi per poter raggiungere i propri personali obiettivi.
Obiettivi
Ho detto propri obiettivi.
Lo specifico perché troppe volte i genitori paragonano il loro figli con i compagni, loro stessi, i fratelli causando solo sconforto, spesso aggressività, altrettanto spesso depressione e senso di fallimento che, in realtà, non deve esistere.
Provate solo a pensare come si possa sentire un ragazzo che, per mettendocela tutta sta media del nove proprio non riesce ad avere?
Si sentirà, sbagliando, un fallito rispetto ad altri che, forse, potrebbero davvero farcela. E vi sembra questo il modo per migliorare l’autostima e incentivare alo studio? assolutamente no.
Autostima
L’unica cosa che devono fare i genitori in primis e gli insegnanti in second’ ordine è cercare di aumentare l’autostima dei ragazzi. E non promettendo soldi, non aumentando il senso di competizione malsana con gli altri compagni.
Ma stimolandoli a mettercela tutta, tutto se stessi , anima, cuore, cervello per raggiungere un obiettivo.
E non c’etra niente il voto. Non pensiamo, adulti e non, che il voto ci identifichi come persona.
L’importante è dimostrare a se stessi soprattutto che con l’impegno posso farcela, solo con questo.
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Io spero che riflettere sul premio di 100 euro a chi la la media del 9 vi sia stato di aiuto.
Cos’è e perché dobbiamo assolutamente liberarci da tutto questo.
Buongiorno ragazzi. Oggi parliamo della sindrome della brava ragazza.
Essere buona è una bella cosa. Avere la “sindrome della brava ragazza” no. Perciò, tanto per cominciare, è bene non confondersi. «La persona buona agisce in base a puri slanci di generosità ed è sempre padrona delle sue scelte. Chi ha la “sindrome della brava ragazza”, invece, tende a comportarsi bene per ottenere approvazione e apprezzamento da parte degli altri».
«Ciò significa che a volte, dietro la ragazza sempre educata, sempre sorridente e sempre disponibile, può celarsi una persona ingabbiata in dinamiche e schemi di comportamento predefiniti e vissuti (in modo più o meno conscio) con una certa insofferenza.»
Quali altri sintomi dimostra chi ha la “sindrome della brava ragazza”?
«La tendenza a sentirsi spesso inadeguata e ad avere un atteggiamento un po’ passivo. Le ragazze con questa sindrome non dicono mai nulla che possa ferire l’altro, non replicano e si prodigano al massimo pur di salvaguardare il “quieto vivere” ed evitare il conflitto. Si sentono in colpa se disattendono le aspettative degli altri, non sanno dire di no e faticano a esprimere quello che sentono. In generale, antepongono le esigenze altrui alle proprie e cercano di continuo l’approvazione di chi le circonda».
Cosa porta ad avere la “sindrome della brava ragazza”?
«I fattori possono essere tanti. In genere, una prima causa risiede nel tipo di educazione ricevuta in famiglia, quindi nell’imprinting dato dai genitori. Un’altra causa può essere l’insicurezza personale (chi ha una buona autostima non ha bisogno di cercare di continuo l’apprezzamento da parte degli altri).»
Perché comportarsi sempre da “brava ragazza” può rivelarsi nocivo?
«Per vari motivi. Innanzitutto, soffocare le proprie esigenze per quelle degli altri significa soffocare la propria personalità e la propria energia vitale. In secondo luogo, evitare il confronto e il conflitto con gli altri in nome del quieto vivere porta a impostare i rapporti in modo non autentico e a non farli evolvere. Infine, più si mettono gli altri al primo posto e più gli altri si sentiranno autorizzati a chiedere. Anzi, a chiedere sempre di più».
È possibile guarire (anche solo in parte) dalla “sindrome della brava ragazza”?
«Sì, ma il presupposto fondamentale è rendersi conto di averla, il che il che a volte è difficile. La persona abituata a comportarsi in questo modo fatica a concepire reazioni diverse. Tuttavia, quel carico di malessere e di frustrazione che una “brava ragazza” può fingere mentalmente di non vedere, tende prima o poi a esplodere altrove. Ossia a livello fisico. Come? Per esempio, sotto forma di cefalee, di problemi alla pelle o all’intestino. Le persone abituate a trattenere le proprie esigenze e la propria personalità finiscono spesso per somatizzano il loro malessere».
Perciò, intanto sarebbe utile decifrare certi possibili disturbi fisici…
«Assolutamente sì. Per il resto, può essere utile provare ad adottare tanti piccoli comportamenti nuovi. Tenendo presente che una tendenza forte e radicata, come quella a comportarsi da “brava ragazza”, si può scardinare soltanto a poco a poco. Un buon punto di partenza è quello di provare ad attivare, giorno dopo giorno, tanti piccoli cambiamenti nelle abitudini o nel proprio modo di pensare».
E allora cosa fare, in concreto, per smettere di avere la “sindrome della brava ragazza”?
Cosa fare
SMETTI DI ANDARE “OLTRE”
Dosa meglio la tua disponibilità «Tendi a rimanere in ufficio oltre il tuo orario di lavoro? Comincia a non farlo più tutti i giorni, ma solo in caso di necessità» suggerisce Laura Rivolta. «Oltre un certo limite, hai bisogno di dire “basta” e mettere dei sani paletti. Sia per il tuo benessere sia perché poi, ricaricandoti, tornerai all’opera in condizioni migliori.»
SPEZZA LA ROUTINE
Se hai la “sindrome della brava ragazza”, avrai anche (con molta probabilità) un forte attaccamento alla routine. Per smuovere qualcosa, comincia ad alterare certe abitudini. «Vai al cinema solo il sabato sera? Per una volta, vacci nel bel mezzo della settimana. Ti vedi con le amiche soltanto nel tardo pomeriggio? Improvvisa con loro un caffè di mattina. Insomma, scardina qualcosa nella tua routine
COMINCIA A DIRE DI NO
Basta dire di sì controvoglia. Basta con le abitudini che abbiamo solo per fare contenti gli altri. «Per esempio» spiega la psicoterapeuta, «se non ti va di andare ogni santa domenica a pranzo dai suoi suoceri, non andarci. Non sentirti sempre obbligata ad accettare il loro invito. Ogni tanto rifiuta con gentilezza oppure valli a trovare solo per il tempo di un caffè.»
CERCA DI “SGARRARE” RISPETTO AI TUOI STANDARD
Un altro consiglio per liberarsi dalla “sindrome della brava ragazza”? «Prova a fare qualcosa di “indisciplinato” rispetto al tuo senso del dovere» suggerisce Laura Rivolta. «Per esempio, non sentirti obbligata a rispondere sempre al cellulare. Ci sono chiamate e messaggi che possono aspettare. Allenati a capire quando rispondere subito e quando non farlo.»
DIVERTITI A INVERTIRE CERTE SEQUENZE
Prima questo e poi quello. Mai il contrario. Se hai la “sindrome della brava ragazza” tendi con molta probabilità a seguire una scaletta nel fare le cose. Anche quelle più banali. «E allora» suggerisce Laura Rivolta, «inizia a invertire qualche sequenza-tipo della tua giornata. Esempio: non esci mai di casa la mattina se prima non hai lavato tutte le tazze della colazione e lasciato in ordine la cucina? Fai il contrario: ogni tanto esci da casa e pensa alle faccende al tuo ritorno».
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Buongiorno amici e buona Pasquetta . Oggi riflettiamo sull’ essere genitori.
Genitori
Il “lavoro” più bello e anche il più impegnativo.
Da come educhiamo un figlio dipenderà il formarsi del suo carattere, di come si relazionerà col mondo esterno, di quanta autostima e rispetto avrà di se’ stesso e degli altri.
Insomma…i ragazzi di oggi sono gli adulti di domani. Ed è una bella responsabilità.
Guida
Per questo, come dico sempre, i genitori, fin dall’infanzia, devono essere una guida, un Buon esempio. Devono essere, dicendola alla moderna, gli influencer principali della vita dei figli.
Eh sì…chi è un influencer? Come dice la parola stessa è quella persona ce influenza il modo di are e di pensare , di agire dei ragazzi. Con le proprie azioni, col è proprio modo di essere…una sorta di..esempio.
Perché? Perché magari incarna quell’ ideale di persona che vorremmo come amici, o, addirittura, come genitori. Non pensando, però, che dietro un semplice video su instagram, youtube o qualsiasi piattaforma social, c’è solo una piccolissima parte di queste persone. Tutto ilr esto, non lo conosciamo.
Esempio
E l’esempio è dato soprattutto dalle azioni.
Sì, perché se io dico che una cosa non si deve fare e poi i mostro a farla non si da’ un buon esempio…ma si dimostra ipocrisia non coerenza, e questo manda in confusione il minore.
“Ma se loro mi dicono di non farlo e poi lo fanno…vuol dire che, in fondo, posso farlo anch’io”.
Ma i genitori devono capire, in primis, che la loro importanza, il rispetto non è dovuto solo perché avete messo al mondo un figlio se poi, di questo figlio, non ve ne occupate nel modo corretto.
Se non siete presenti nella loro vita, se non siete disposti ad ascoltarli attivamente e scendere, a volte, a compromessi con loro.
Se non avete capito che, per educarli, dovete crescere insieme a loro e che, ognuno, ha il proprio carattere e le proprie ambizioni che possono essere diverse dalle vostre od a quello dei loro fratelli.
Essere genitori vuol dire essere il loro porto sicuro.
E’ accettarli per come sono senza volerli cambiare ma, anzi, cercando di rafforzare la loro autostima.
E’ amarli incondizionatamente…sempre…e comunque.
E vi ricordo che se avete bisogno di me potete contattarmi tramite òa sezioen contatti e consulenze del sito
Io spero che parlare di cosa vuol dire essere genitori vi sia stato utile.
buongiorno amici. Oggi parliamo di autostima e degli errori da non fare coi ragazzi.
“lascia stare, tanto non andari da nessuna parte”
“ma dai, fai qualcosa di serio che tanto non sei bravo”
Ecco…questo è quello che, purtroppo, spesso troppo spesso sento dire da genitori e insegnanti nei confronti dei ragazzi, che siano figli o alunni.
In entrambi i casi, gli adulti compiono un gravissimo errore: uccidere l’autostima.
Adolescenti
L’adolescenza , ma il discorso è esteso anche a bimbi e pre adolescenti, è quella fascia d’età che ama essere ribelle…che vuole scoprire il mondo, che ha bisogno di guida , di esempi positivi, di stimoli per poter dare sempre il meglio di se stessi per raggiungere i propri obiettivi.
E’ l’età della scoperta di se stessi a 360°. Del conoscere persone nuove che possono essere positive o meno, ed è qui che devono intervenire i genitori.
L’età del cambio idea ogni 10 minuti perché devo cercare di capire cosa voglio fare da grande, quando, poi, anche da grande faccio difficoltà a capirlo.
Autostima
L’autostima, sempre ma in questa fase di vita ancora di più, è fondamentale perché il ragazzo possa avere sempre più fiducia in se stesso e combattere per superare ostacoli, limiti che si crea da solo, per raggiungere gli obiettivi che si è posto( e non quelli dei genitori).
Un genitore, che è il primo educatore, deve essere da incoraggiamento per il ragazzo.
Se questo , appunto, sente parole come quelle citate sopra perderà entusiasmo, crederà che non vale nulla, crederà che, nella vita, non concluderà mai nulla .
E questo perché è il genitore per primo che lo cresce inculcando quest’idea. “io sono un fallito” “meglio se non nascevo”…parole che ho sentito pronunciare a soli 16 anni.
Insegnanti
I secondi educatori. Non hanno il peso che hanno i genitori nella vita e nella crescita di un ragazzo…ma importanti lo sono lo stesso.
Soprattutto se fanno continui paragoni con gli altri alunni. Il così detto cocco della pro…e vi assicuro che esistono.
Questo atteggiamento può portare conseguenze e comportamenti negativi non solo verso se stessi, per l’appunto, ma anche verso chi li ha fatti sentire una nullità. E’ cronaca de nostri giorni di episodi di suicidi e di omicidi nei confronti di genitori ed insegnanti.
Stimoli
I ragazzi hanno bisogno di stimoli, di essere incoraggiati, spronati a fare sempre il meglio, di alzar un pochino l’asticella non per essere migliori degli altri perché ognuno, a modo suo e co i propri tempi, vale e ha le, proprie abilità che, fortunatamente, sono diverse da quelle di chiunque altro.
Perché noi siamo unici perché meritiamo di essere unici.
E se avete bisogno del mio aiuto, ragazzi, scrivetemi qui e mi raccomando.
Se trovate qualcuno che nella vita cerca di buttarvi a terra voi non ascoltate, non date retta ma andate sempre per la vostra strada.
Io spero che parlare di autostima vi sia stato utile.
Potete contattarmi tramite la sezione “contatti e consulenze” del sito
Buongiorno amici. Oggi riflettiamo su quanto su l’importanza di esplorare per bimbi e ragazzi e cosa devono fare i genitori.
Esplorare significa mettere in pratica una certa competenza in un contesto sicuro ma allo stesso tempo stimolante. Esplorare significa imparare dall’esperienza, permettersi di sbagliare, e avere una base sicura, un rifugio sicuro, che mi accoglie sempre… Qualcosa che sembra complesso ma alla fine è semplice buon senso. Ma quali sono i bisogni dei bambini?
L’importanza dell’esplorazione
Stare con il tuo bambino non è solo un momento emozionante e felice per te. Per i più piccoli è la loro occasione per iniziare a scoprire il mondo
I bambini sperimentano ogni giorno cose nuove ed eccitanti attraverso il vedere, toccare, gustare e ascoltare. Svuotare i cassetti, usare scale e corridoi come percorsi avventura, fare dolci torte dal terreno, entrare di notte nella mamma e nella stanza di papà – è tutto parte della crescita.
Voi genitori, che nell’ultimo anno avete accolto il bambino nella vostra vita, ora scoprite che lui inizia a crearsi uno spazio proprio; la sfida sta nell’incoraggiare queste nuove capacità occupandosi al contempo della sicurezza, offrendo dei limiti, talvolta anche fisici, al piccolo. Nel tempo avverrà un processo di interiorizzazione che lo aiuterà a riconoscere i pericoli, nonché i limiti necessari per agire nell’ambiente e in relazione alle altre persone.
Per favorire lo sviluppo dell’autonomia potreste proporre attività motorie libere, rispettando i tempi e le iniziative del bambino, favorendo anche attività ludiche con oggetti che consentono di esercitare le abilità quotidiane. Potrete osservare il vostro piccolo mentre gioca e sperimenta in tranquillità, e divertirvi nel vederlo utilizzare gli oggetti nei modi più creativi.
Infine, ricercate le occasioni per farlo partecipare ad attività e conversazioni familiari, dandogli il tempo di esprimere i suoi desideri e di fare delle scelte, facendogli sentire che viene ascoltato.
I ragazzi e l’importanza di esplorare
I genitori crescono insieme ai figli. E il metodo educativo che adottate quando il bimbo ha 6 anni non potrà essere identico a quando vostro figlio sarà un adolescente.
Semplicemente perché le esigenze saranno diverse, perché vorrà continuare ad esplorare ma il mondo che lo circonda, gli amici, tutto ciò che ‘è fuori casa.
L’errore più grande, infatti, è quello di essere troppo protettivi e soffocanti. I ragazzi hanno bisogno di esplorare, di crescere, di sbagliare per imparare dai loro errori e i genitori devono osservare, essere attenti , far loro da guida, da supporto lasciandoli, comunque, esprimere la loro personalità in continuo sviluppo.
Ricordate, autorevoli ma non autoritari.
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Vediamo quali sono le dinamiche che ci portano a farlo.
Buongiorno amici. Oggi riflettiamo sul perché mentiamo online..e off?
Bugie
Ma lo sapete che le bugie non hanno sempre un’accezione negtiva? In questa diretta parleremo proprio di questo.
Innanzitutto faremo una distinzione tra bugie bianche, quelle appunto giustificate, e quelle nere, dannose per chi le riceve.
Bugie che uniscono
Sembra una banalità, un assurdo ma mentre le buge nere spezzano legami, quelle bianche possono crearli e unirli, rafforzarli.
Le bugie bianche sono dette per non rimanere soli. Fateci caso, chi è più sicnero ha pochissme perosne al suo seguito.
Ma sapete che vi dico, melgio, perché di quelle persone vi potrete sempre fidare.
Bambini e ragazzi
E, udite udite, chi dice più bugie nere sono proprio i bambini. I ragazzi più grandi tendono più a dire quelle bianche Ma non voglio spoilerare nullad ella diretta quindi…vi lascio i link per vederla.
Io spero che il riflettere sul perché mentiamo online..e off? vi sia di aiuto .
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Bongiorno amici. Oggi parliamo di quando la tecnologia migliora l’apprendimento.
“Leggere e ascoltare sono attività umane antichissime e sono state essenziali per l’evoluzione della civiltà […] La combinazione, l’unificazione di queste due antiche modalità di conoscenza e apprendimento tramite gli strumenti tecnologici attualmente disponibili […], è sicuramente una novità di cui è bene valutare l’impatto sulla didattica e sull’educazione in generale” (Dal libro “LETTURA+ ASCOLTO. Come migliorare l’apprendimento linguistico, emotivo ed empatico con gli audiolibri” di M. Falghera).
Quali possono essere i benefici dell’ascolto?– quando la tecnologia migliora l’apprendimento
La tecnologia ha aumentato l’importanza dell’ascolto, poiché bambini e ragazzi utilizzano ormai quotidianamente dispositivi e strumenti che si basano su linguaggi e suoni orali. Così, sempre più spesso, i cosiddetti nativi digitali ascoltano anche per imparare.
“All’inizio non pensavo mi sarebbe servito davvero. Poi, però, ho deciso di fare quello che mi aveva detto il prof. e ho sentito la parte dell’audiolibro che mi aveva consigliato. Le parole, non so come, restavano di più nella mia mente, ci capivo qualcosa in più, non mi annoiavo come quando leggo e basta. Da allora non ho più smesso!”
L’ascolto offre un mezzo per differenziare i contenuti, sia in termini di strumenti utilizzati che in termini di risorse che vengono stimolate e possibilità di superare alcune difficoltà che si possono incontrare. Per gli studenti che hanno una difficoltà di lettura, ad esempio, l’ascolto può rappresentare un’alternativa per l’accesso ai contenuti e ai testi su cui lavorare e, dunque, un supporto all’apprendimento.
Il coinvolgimento attivo ed emotivo degli studenti è fondamentale e l’ascolto può rivelarsi utile ed efficace nel mettere in relazione l’apprendimento con strumenti diversificati e con la tecnologia.
Linguaggi differenti, stessi effetti sul cervello!
Le neuroscienze hanno rivelato che, quando le persone sono impegnate in un ascolto attivo e strategico, le informazioni vengono elaborate in modo simile alla lettura e si attivano nella corteccia prefrontale le stesse funzioni esecutive.
Le stesse strategie e abilità che consentono a un ascoltatore di dare un senso al linguaggio orale (prevedere, comprendere, collegare le conoscenze, fare una sintesi), permettono dunque a un lettore di dare un senso al linguaggio scritto.
La comprensione dell’ascolto è fondamentale per la comprensione della lettura, perché entrambi richiedono le stesse strategie.
Inoltre, l’ascolto di audiolibri o podcast sembra essere apprezzato dagli studenti che ne evidenziano l’efficienza e la possibilità di combinare, con maggiore efficacia, apprendimento e intrattenimento.
Gli audiolibri consentono a bambini e ragazzi di sperimentare e accedere a contenuti che potrebbero non essere in grado di leggere e comprendere da soli, permettendo anche di conoscere e apprendere una grande varietà di parole, con pronuncia e fluidità corretti.
“La professoressa ci fa usare spesso anche audiolibri e, a volte, ci ha consigliato anche di ascoltare dei podcast per approfondire alcuni argomenti. Mi è un sacco utile! È più divertente, le voci ti restano più in mente e quindi ti ricordi pure le parole e i contenuti che hai sentito!”
La parola chiave è bilanciamento
Se è vero che l’ascolto può rappresentare una fonte di apprendimento, anche in età evolutiva, è importante selezionare con attenzione materiali formativi e contenuti pertinenti in relazione all’età e a ciò che si vuole approfondire o apprendere.
Non si tratta, dunque, di sostituire interamente altre modalità espressive e di apprendimento, ma di integrare, offrire delle alternative, garantire sempre l’accesso e la disponibilità di tutta una serie di attività fondamentali nello sviluppo e nell’apprendimento.
Io spero che riflettere di quando la tecnologia migliora l’apprendimento vi sia stato utile.
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Buongiorno amici. Oggi parliamo dell’eliminare i difetti per i like: trend sbagliatissimo tra i ragazzi.
Ragazzi che si piacciono solo con filtri e fotoritocco e utilizzano qualunque strategia pur di apparire “più belli” sui social e ottenere il maggior numero di like. Tantissimi adolescenti trascorrono ore a scattare foto e selfie che, prima di essere pubblicati, vengono rigorosamente manipolati ed elaborati con programmi e filtri specifici, per eliminare ogni difetto.
Filtri e fotoritocco: alla ricerca di una perfezione che non esiste
I filtri spopolano tra gli under 14: secondo una ricerca dell’Università di Cassino, infatti, il 50% dei giovani con età inferiore ai 14 anni usa i filtri messi a disposizione dai social per modificare la propria immagine e il 42% di loro vorrebbe essere nella vita reale così come appare quando li utilizza.
Uno studio condotto da Edelman Data & Intelligence, inoltre, sui potenziali effetti nocivi dell’utilizzo costante di filtri sull’autostima delle ragazze, ha evidenziato come il 77% delle ragazze utilizzi filtri o app per il ritocco foto prima di postare sui social e il 48% di coloro che usano abitualmente i filtri nelle loro foto mostri poca stima di sé stesse.
La ricerca dell’approvazione social danneggia l’autostima dei più giovani
In Italia, circa 1 adolescente su 10 (l’80% sono ragazze) decide di effettuare una dieta per apparire più bello nei selfie, già a partire dagli 11 anni di età (Dati Osservatorio Nazionale Adolescenza).
Il 45% circa scatta anche tanti selfie nella stessa posa per scegliere quello migliore e lo modifica con filtri o fotoritocco prima di pubblicare.
Quasi 3 su 10 dai 14 ai 19 anni, e il 22% dagli 11 ai 13 anni, dichiarano di essere in ansia prima di pubblicare una foto per paura che non piaccia, che non ottenga like o venga criticata. Il 60% dai 14 ai 19 anni e il 65% dagli 11 ai 13 anni, invece, si sente più felice e sicuro quando riceve like e commenti positivi.
Dati importanti che confermano come la ricerca compulsiva dell’approvazione social stia intaccando l’autostima dei ragazzi, fin dall’infanzia, condizionando le loro emozioni e i loro comportamenti.
Bold Glamour: il filtro della bellezza “finta” che sta spopolando su TikTok
Nelle ultime settimane si è molto parlato di “Bold Glamour”, un filtro che sembra spopolare su TikTok, creando anche polemiche e preoccupazione rispetto alle possibili influenze negative che questo genere di effetti può avere sui teenager.
Una funzione che si basa su un algoritmo in grado di ringiovanire il viso, con grande precisione, come se fosse stato truccato da professionisti: scompaiono rughe, pallore e qualsiasi tipo di difetto.
Aumenta al contempo anche l’attenzione verso questi fenomeni ed aumentano le campagne di sensibilizzazione, come quella promossa da Dove (#TurnYourBack) e lanciata lo scorso 8 marzo in occasione della Festa della Donna, per ribellarsi ai filtri presenti sulle piattaforme social, che creano standard di bellezza irrealistici e dannosi soprattutto per le ragazze più giovani.
La campagna ha riscontrato l’adesione e la partecipazione di diverse creator TikTok che hanno deciso di mostrarsi senza filtri, sottolineando proprio quelle imperfezioni che vengono solitamente cancellate o nascoste.
Nonostante i filtri dei social media possano essere anche fonte di creatività e di auto-espressione, è importante prestare attenzione ai possibili rischi derivanti da un utilizzo costante o eccessivo e inadeguato di questi strumenti.
Bisogna tener conto di come i ragazzi oggi siano sottoposti, fin da bambini, alla pressione di media e modelli sociali che diffondono una precisa idea di bellezza, ispirata alla perfezione e al controllo dell’immagine. Il corpo si trasforma, in questo modo, in un oggetto da controllare e modificare pur di apparire in un certo modo e di eliminare ogni imperfezione.
Il problema non sono le foto o i selfie, il problema si pone quando la propria immagine sovrappone la persona, quando si vive in funzione di come si appare, quando filtri e app non bastano più, non si accetta più la differenza tra l’immagine reale e quella perennemente ritoccata e si è disposti, senza pensarci due volte, a ricorrere a strategie di ogni tipo pur di eliminare i propri difetti.
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Già da piccoli hanno dovuto imparare inf retta a fare l’adulto
Buongiorno amici. Oggi parliamo di piccoli adulti.
La crescita psicoemotiva di una persona è ben precisa e segue tappe specifiche, ognuna di queste con propri obiettivi da perseguire. Durante l’infanzia e l’adolescenza il bambino deve essere attratto dal mondo esterno, vivere con leggerezza e iniziare a creare la propria identità sociale. Il gioco, senso-motorio o di imitazione, diventerà un aspetto fondamentale per lui, da eseguire con i genitori o con altri bambini.
I genitori in queste fasi hanno un compito fondamentale, ovvero essere presenti per il proprio figlio e rispondere correttamente dal punto di vista emotivo alle sue richieste. Basta un solo sguardo della madre per soddisfare l’emotività del bambino. Se, però, ciò non è presente, si corre il rischio di incorrere nel fenomeno ‘dell’adultizzazione infantile’, ovvero il bambino che non ha vissuto il suo tempo, che è già nato grande.
Un caso clinico, la storia di Maria
Ecco Maria, una bambina che ha dovuto fare i conti con la sofferenza emotiva già da piccolina. Ha vissuto e sopportato le esperienze delle persone adulte. E’ stata spinta ad assumersi responsabilità che, alla sua età, non avrebbe dovuto ancora avere. Già a 5 anni ha dovuto imparare a camuffare le sue emozioni e a trovare le forze ovunque. Maria è stata una bambina ferita, una bambina con un’anima spezzata. Tutto a causa di una serie di circostanze che ha dovuto affrontare in tenera età.
I suoi genitori non avevano un rapporto felice e così Maria si è ritrovata a dover ascoltare tutte le loro discussioni, a vedere quanto non si sopportavano a subire le loro liti. La sua sfortuna? Essere quella più responsabile, l’alibi perfetto per dover aiutare la mamma con il fratellino di 3 anni.
Maria non ha avuto il tempo di essere una bambina, non ha potuto giocare con le bambole o con le bambine della sua età; era troppo impegnata a dover fare tutto ciò che la mamma le chiedeva o peggio a fare i conti con i sensi di colpa per non essere stata come mamma voleva.
Eh sì, perché quando si è piccoli, non si ha la maturità giusta per capire che sono i genitori ad assumere comportamenti sbagliati e il bambino finisce per convincersi che è lui a non essere meritevole d’amore ed è lui quello sbagliato che non sa rendere felice mamma.
Maria ha una ferita che brucia
Le ferite interiori sono quelle più devastanti, perché non si vedono… perché sono invisibili aglio occhi del mondo, perché sono invisibili agli occhi del mondo del bambino: il genitore! Nel caso di Maria, come nel caso di tanti altri piccoli adulti, i genitori pensano che ogni bambino stia chiuso nel suo mondo a viversi il momento. I genitori pensano che ogni bambino possa dimenticare presto ogni accaduto, o peggio, alcuni genitori pensano addirittura che i bambini non siano in grado di capire.
Purtroppo è vero il contrario. I bambini, a modo loro, capiscono e assorbono tutto: astio, sofferenze e contrasti familiari.
Maria, come altri bambini che hanno vissuto la sua situazione, sa bene che tutto quello che vive le scuote l’anima…. ciò che non sa è che se ora le conseguenze non si manifestano, da adulta la vita le presenterà il conto, e sarà un conto salato da pagare, proporzionale agli errori commessi dai suoi genitori!
Maria era una bambina con una ferita bruciante, una ferita ben nascosta e difficile da curare.
Una bambina non ha i mezzi giusti per vivere tra conflitti familiari, tra inasprimenti genitoriali e tra le oscillazioni d’umore della mamma. Una bambina è una principiante in questo strano gioco delle vita! A volte Maria piangeva. Sì, ma lo faceva quando era sola a letto, al buio e non piangeva per capriccio ma perché si trovava a fare i conti con una cosa più grande di lei, più grande di ogni uomo adulto: la frustrazione.
La condizione di impotenza di Maria era indotta dai comportamenti incoerenti e conflittuali dei genitori. Maria aveva presto imparato a sentirsi vuota e a capire che in quel mondo non c’era nessuno che potesse supportarla o capirla.
All’età di Maria, i genitori generalmente impartiscono regole, dicono cosa si può e cosa non si può fare. I genitori di Maria finivano per fare ciò che intimavano ai figli di non fare. “Maria non strillare!” e durante le liti, i genitori puntualmente alzavano la voce. “Maria non offendere tuo fratello!” E i genitori, puntualmente si offendevano a vicenda… Anche questo è qualcosa che genera confusione nei bambini ma nell’infanzia di Maria era l’ultimo dei problemi.
Il vestito d’adulto, indossato da un bambino, aiuta a incassare il colpo
Il tempo scorreva, Maria cresceva ma le cose non cambiavano neanche per il suo ottavo compleanno… la sua vita era ancora ricca di incoerenza e dolore. I genitori continuavano a ignorare e negare le esigenze della piccola Maria che, per adattarsi alla situazione, ha dovuto ben presto vestire i panni di un’adulta. Maria fin da subito mostrava pazienza e integrità, non gridava, non dava fastidio e non faceva capricci.
Maria osservava con tristezza quello che le accadeva intorno, la sua tristezza mutò ben presto in rassegnazione. Maria sapeva di non poter fare nulla perché nessuno poteva aiutarla o capirla. Nessuno poteva vedere il suo dolore che, con il trascorrere degli anni, iniziò a pensare fosse addirittura ingiustificato… ma il dolore c’era, ed era reale.
Ogni giorno Maria simulava benessere, lo faceva per la famiglia. A scuola, le maestre iniziarono a notare che qualcosa non andava nella vita della piccina. Le maestre decisero di fissare un colloquio con i genitori, suggerirono un supporto psicologico per la piccola Maria riferendo che in classe manifestava dei disagi. I genitori non ci pensarono due volte: le maestre non capivano niente, Maria per loro stava bene! Qualsiasi piccola incertezza mostrata o non esisteva affatto, oppure, quando palese, si sarebbe “aggiustata da sola con la crescita”.
Un genitore dovrebbe fare qualcosa per un figlio in difficoltà, allora perché riesce abilmente a mostrarsi cieco di fronte a certe sofferenze?
Un genitore, nell’accettare un disagio psicologico nel figlio, dovrebbe mettere in discussione il proprio operato. Dovrebbe ammettere delle colpe, dovrebbe capire che in determinati ambiti ha fallito… E’ più facile negare tutto che mettersi in discussione.
Il bivio: dalla consapevolezza all’oscurantismo
Così come Maria, tutti i bambini che hanno avuto un’infanzia difficile, crescendo, si sono ritrovati -più o meno inconsapevolmente- davanti a un bivio. Da un lato vi è la via del perdono, della consapevolezza, delle esperienze emotive correttive. Dall’altro lato vi è la strada dei modelli comportamentali inconsci, delle credenze e dei meccanismi disfunzionali che si perpetuano senza fine.
E’ vero, l’assenza di qualcosa nell’infanzia può trasformarsi in un vuoto emotivo che da adulti sarà impossibile da colmare.
Chi sceglie la prima strada (quella del perdono e della consapevolezza) accetta l’esistenza di quel vuoto e capisce che ormai fa parte del passato e che il presente può essere plasmato con nuove prospettive. Chi sceglie la seconda strada, tenta a tutti i costi di colmare quel vuoto collezionando solo fallimenti. La seconda strada è fatta da dipendenza affettiva, tratti narcisistici, inconsapevolezza e mancata realizzazione.
Le esperienze, belle o brutte che siano, hanno sempre uno scopo: la strada della consapevolezza
Poiché Maria è stata una bambina ferita nascosta sotto un’apparenza adulta, tutti i problemi che potrà incontrare in futuro diventeranno esperienze con cui crescere. Maria maturerà, imparerà e diventerà un’adulta in grado di trasformare il dolore in qualcosa di buono e di positivo che l’aiuterà ad andare avanti.
Vincerà con la resilienza, imparerà il valore del saper esprimere e identificare le sue emozioni, saprà gestirle e, soprattutto, imparerà a perdonare. Perdonerà i suoi genitori per non essere riusciti a fare di meglio e perdonerà se stessa per essersi sentita colpevole e non meritevole d’amore senza esserlo mai stata davvero. Quando Maria si renderà conto di tutto ciò, la ferita che albergava nel suo intimo inizierà a risanarsi formando una cicatrice che con il tempo imparerà a guardare con coraggio.
Certo, le capiterà di soffrire ancora e probabilmente si presenteranno nuove ferite che riapriranno quella che sembrava già rimarginata. Maria però non dovrà temere! La bambina ferita di un tempo potrà diventare un’adulta molto forte, capace di dare valore ai sorrisi, circondarsi di persone positive e apprezzare a pieno i bei momenti.
Come rinascere
Se ti sei rivisto in alcuni di questi punti, probabilmente ti starai chiedendo: cosa fare? Certo, puntare il dito contro i genitori e vivere perennemente arrabbiati non è la cosa giusta. Anche lasciarsi sopraffare dal rancore e dalla nostalgia per ciò che poteva essere ma non è stato non è la via. Allora come muoversi? Vivere intrappolati in cicatrici del passato significa rinunciare per l’ennesima volta a se stessi, e tu una possibilità di riscatto la meriti. E per afferrarla non basta la forza di volontà. Il motivo?
Prova un po’ a svitare un bullone senza l’attrezzo giusto, a mani nude. Puoi essere caparbio, assennato, determinato… ma senza la chiave giusta otterrai solo mani dolenti e dita sanguinanti.
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Io spero che riflettere sui piccoli adulti vi sia servito.