Buongiorno amici. Oggi parliamo, in diretta:insoddisfazione cronica.
Da cosa nasce l’insoddisfazione cronica?
Tutti noi, probabilmente, ci siamo sentiti insoddisfatti almeno una volta.
Nessuno ha una vita perfetta. Tuttavia, il problema nasce quando questo sentimento domina ogni singola giornata.
In genere l’insoddisfazione cronica è relazionata a due elementi: non accettare la realtà ed essere incapaci di cambiare ciò che non va.
Entrambi gli elementi sono fondamentali per sentirsi bene. Applicarne solo uno produce stanchezza (psicologica e fisica, in ordine), ma favorisce anche le emozioni spiacevoli e persino la depressione.
Cosa succede se si accetta questa condizione?
Immaginate, per un momento, di scegliere il primo approccio. Esatto, quello dell’accettazione.
Anche se ci sono elementi nella vostra vita che non vi piacciono per niente, decidete di smettere di preoccuparvi. In fin dei conti, godersi il momento è uno dei segreti della felicità umana.
Quindi, smetterete di perdere tempo a pensare a ciò che non va.
Se il vostro capo è una cattiva persona, gli porgerete l’altra guancia. Se non avete abbastanza soldi per mettere su famiglia, vi rinuncerete. Ma quali saranno gli effetti di questo atteggiamento a lungo andare?
Vi lascio il link della diretta.
Potete anche scaricarla per guardarla e riguardarla, anche con i vostri ragazzi, quando e dove volete.
Buongiorno amici. Oggi parliamo di come trasformare i problemi in sfida.
Un aspetto estremamente rilevante è che i figli, sin da piccoli, crescano capaci di superare le avversità della vita, utilizzando al meglio anche questi momenti per migliorare le proprie capacità di adattamento e sviluppare le proprie risorse.
Avversità
“A volte vedo mio figlio che si perde in un bicchier d’acqua. Quando deve affrontare qualcosa di nuovo oppure le cose non vanno come se le aspettava getta subito la spugna e non ci prova nemmeno. Nonostante abbia tante risorse è come se non se ne rendesse conto e non crede davvero in quello che fa”
Spesso gli adolescenti si bloccano davanti a un problema o a una situazione che percepiscono come difficile.
Assumono un atteggiamento difensivo e rinunciatario nei confronti di quello che devono affrontare e non riescono a viverlo come una sfida.
“Mi sento schiacciata da tutto quello che devo fare, mi sento di non riuscire a stare dietro a tutto. Ho mille pensieri che mi tormentano e quando mi sento così mi sale l’ansia, mi blocco e non riesco ad essere lucida”
In realtà, il significato della parola “problema”, che deriva dal greco e significa letteralmente “mettere avanti” (Garzanti Linguistica), ci aiuta a comprendere come i problemi possano essere uno stimolo per andare oltre i propri limiti.
Come risponde il nostro cervello?
Nel momento in cui si presentano situazioni intense e impegnative da affrontare, il cervello reagisce, ovvero rilascia sostanze chimiche e attiva una serie di circuiti neuronali.
In adolescenza sono molto stimolate le aree del sistema limbico, una serie di strutture, che spesso portano i ragazzi a sentirsi sopraffatti dalle emozioni.
Se si considera ciò che si sta vivendo come una minaccia, il cervello entra in uno stato di allarme e si prepara alla difesa.
Nel momento in cui ci si blocca e si smette di agire, il cervello crea un’abitudine, per cui attiverà quel tipo di risposte davanti ai vari problemi, rinforzando gli stessi circuiti neuronali. Al contrario, se si affronta quella condizione come se fosse una sfida, il corpo produce una maggior quantità di energia per poterla superare e viene poi rilasciato un neurotrasmettitore, la dopamina, che fa sperimentare gratificazione.
Inoltre, nel cervello dei ragazzi che si dimostrano essere più resilienti, ossia più capaci di far fronte allo stress e alle avversità.
Il corpo calloso, area che si occupa dello scambio di informazioni motorie, sensitive e cognitive tra i lobi dei due emisferi cerebrali, elabora e trasferisce tali informazioni molto più rapidamente.
Come aiutare i figli ad essere più efficaci?
È fondamentale partire dal presupposto che i problemi e gli ostacoli fanno parte della vita. Non ci si può sottrarre ad essi, ma è possibile cambiare la prospettiva con cui si affrontano.
Ecco 3 strategie da poter condividere con i figli:
1. Usare le parole giuste. Le parole non sono solo un insieme di lettere, ma hanno un impatto diretto su emozioni e comportamenti.
Se un evento viene associato alla parola “ostacolo”, in automatico si richiama alla mente l’immagine di qualcosa che è faticoso affrontare; se si utilizza la parola “sfida”, cambia l’approccio e ci si sente più motivati a “guardare in faccia” la situazione e affrontarla.
2. Applicare nuovi schemi. Cambiare atteggiamento mentale significa guardare da un altro punto di vista, cambiare il filtro con cui si valuta la realtà.
Significa porsi domande e non aver paura di investire del tempo per lavorare sulla risposta, cercando soluzioni alternative a quelle già sperimentate, senza soffermarsi su ciò che possono dire o pensare gli altri.
3. Scegliere obiettivi focalizzati e concreti. Le difficoltà vanno affrontate gradualmente, dividendo ogni situazione in piccoli segmenti.
Si cambia solo facendo, per questo è utile focalizzarsi su obiettivi raggiungibili.
Aver chiaro ciò che si sta facendo e dove si vuole andare porterà al successo, perché permette di non mollare, di saper anche aspettare, analizzare da più punti di vista il percorso, senza paura di cambiare quando necessario.
Per i ragazzi ogni sfida può essere un’opportunità di crescita che non va evitata, altrimenti si rinforzeranno le paure perché nel momento in cui non si affronta qualcosa, non ci si confronta con se stessi.
Buongiorno amici. Oggi parliamo del conflitto tra giovani e boomer.
I motivi principali?
I “grandi” fanno fatica a vedere che i tempi cambiano, oltre a manifestare una certa noncuranza verso le opinioni dei ragazzi.
Tanti adolescenti, poi, sentono una mancanza di comprensione del loro rapporto con il digitale
I grandi? Poco aggiornati e molto distratti
Tra gli elementi che, a detta delle generazioni Z e Alpha, contribuiscono ad allargare la distanza tra i due universi c’è prima di tutto il fatto che le “classi” precedenti non capiscono che i tempi sono molto cambiati rispetto a quando erano giovani loro: così per il 62% degli intervistati.
A seguire, l’idea che da parte dei grandi ci sia una totale noncuranza per quel che pensano i più piccoli: a dirlo è il 46%.
Al terzo posto, troviamo la percezione che i cosiddetti “boomer” non comprendano il rapporto tra i ragazzi e la dimensione digitale, in particolare con i social network: il 41% colpevolizza gli adulti per questo.
Molto quotata – indicata da circa 1 su 3 – anche l’accusa di non capire desideri, passioni, priorità, sentimenti e timori delle nuove generazioni.
Dialogo
E poi ci sono le questioni prettamente legate al “dialogo” in casa.
A renderlo parecchio complicato, lato genitori, ci sono soprattutto tre fattori.
Per cominciare, il fatto di non mettersi mai in discussione e di pensare di avere sempre ragione: lo afferma il 38%.
Quasi alla pari (37%) c’è l’abitudine di tirare fuori la fatidica frase “ai miei tempi…”, lontani però ormai decenni. Senza dimenticare l’utilizzo dei voti scolastici come indice universale di soddisfazione: se ne lamenta il 33%.
Da non sottovalutare, infine, anche l’apparire distratti e quasi di “fingere” di ascoltare ciò che dicono i figli (e i giovani in generale) ma anche di pretendere troppo dai ragazzi, caricandoli di responsabilità.
Entrambi gli aspetti vengono rilevati da oltre uno intervistato su quattro e, nel caso delle ragazze, le percentuali salgono ulteriormente.
A conti fatti, solo il 19% degli intervistati non si sente di rimproverare nulla agli adulti di riferimento.
Il confronto tra figli e genitori è ai minimi termini
Tutto quanto appena detto, all’atto pratico, si traduce in una diffusa incomunicabilità. Solamente il 40% dei ragazzi dice di condividere con una certa frequenza le proprie idee e i propri pensieri con i genitori.
Quasi il doppio (79%) preferisce di gran lunga farlo con amici e coetanei.
Ma mamme e papà sono fortemente insidiati anche da fratelli e sorelle, che ottengono un buon 30% di preferenze.
I genitori risalgono un po’ nella gerarchia dei “confessori” giusto se c’è un problema: in questi casi è il 43% a scegliere loro per parlarne.
I fratelli perdono un po’ di affidabilità, interpellati solo dal 22%. Ma la via che rimane più battuta è quella che porta verso i pari età, percorsa prioritariamente da circa i due terzi degli intervistati (64%) anche se la questione è più delicata.
Soluzioni?
Tante e tutte diverse in base alle situazioni, la caso, ai soggetti coinvolti.
Ma la cosa che accomuna tutti è una: l’empatia.
E la presenza. Crescete coi vostri figli, cercate di far capir loro che voi ci siete sempre, anche senza parlare.
E ogni volta che avranno bisogno di voi sarete pronti ad ascoltarli e supportarli davvero, senza essere giudicanti.
Interessatevi ai loro interessi, comprendeteli, capite i loro silenzi e se avete bisogno di me contattatemi
Come comprendere gli adolescenti attraverso il linguaggio del corpo.
Buongiorno amici, oggi parliamo di linguaggio non verbale, essenziale per comprendere i ragazzi.
Linguaggio non verbale e comportamento degli adolescenti
I genitori che hanno figli in età di adolescenza sanno quanto è difficile comunicare con loro. In questa fase di crescita i ragazzi spesso si chiudono e parlano poco con i genitori e le altre figure educative. Cosa fare allora di fronte a questi silenzi? Come decifrare il comportamento dei figli adolescenti? Ecco alcuni consigli tratti dal libro “Figli che tacciono, gesti che parlano” (Salani, 2020) di Susana Fuster, esperta di comunicazione non verbale che vuole insegnare ai genitori a capire il linguaggio del corpo degli adolescenti e leggere i loro stati d’animo.
6 passi per interpretare quello che gli adolescenti non dicono
1 – Impara ad osservare
Anche senza le parole, il corpo parla; e la differenza è che lui non sa mentire. È necessario dunque prestare attenzione ai segnali non verbali dei ragazzi, per capire meglio cosa stanno passando e accrescere quindi empatia e comprensione reciproca.
Sono sempre lì da vedere, ma il più delle volte non ci facciamo caso. Se invece impariamo a osservarli davvero, sapremo riconoscere cosa si nasconde dietro una certa espressione del volto, una postura corporea, un gesto o la scelta di un capo di abbigliamento.
2 – Tieni a mente il suo comportamento abituale
Un genitore osserva suo figlio per anni e impara a conoscerlo, ha un’idea di quale siano i suoi schemi comportamentali, ovvero come agisce normalmente.
È fondamentale averlo bene in mente per poter interpretare correttamente anche eventuali nuove e insolite manifestazioni.
Quanto vostro figlio gesticola, se è riservato o chiacchierone, se parla con tono alto o basso, se mantiene il contatto visivo o no, qual è la sua postura abituale: conoscere quella che gli analisti chiamano linea di base del comportamento o base line consente anche di accorgersi di un cambiamento, importante perché corrisponde a una sua variazione emotiva.
E poi? E poi ascoltate con attenzione la diretta della settimana.
Questo è il link: potete anche scaricarlo e rivederlo ogni volta che volete.
Buongiorno amici. Oggi parliamo de la rabbia degli adolescenti.
Molto spesso i figli, soprattutto se adolescenti, fanno fatica a condividere gli aspetti per loro più privati, le loro emozioni o i loro sentimenti.
Non riescono a comunicarlo apertamente, ma ciò non significa che non vogliano farlo o che non abbiano bisogno della presenza e della comprensione dei genitori.
Per conoscere maggiormente i figli adolescenti è fondamentale focalizzarsi sulle parole che utilizzano, perché se si impara ad ascoltarli davvero ci comunicano moltissimo di loro e di ciò che sentono dentro.
La tempesta emotiva degli adolescenti
I ragazzi fanno fatica a riconoscere e gestire nel modo più efficace le emozioni che provano e da cui, spesso, si sentono schiacciati.
In questa fase di sviluppo sono molto stimolate e attive le aree del sistema limbico, comprendenti una serie di strutture tra cui l’amigdala, responsabile della regolazione emotiva e delle reazioni più istintive.
Ciò spiega gli scoppi d’ira, i comportamenti impulsivi e le montagne russe emotive da cui sono pervasi gli adolescenti.
“La mia fame spesso è nervosa e non riesco a controllarla. Quando sono arrabbiata è inutile dirmi che mi arrabbio subito. E’ difficile per me gestire la rabbia e le mie paure che non riesco a superare non sono stupide. Quello che vorrei essere non è facile da costruire, datemi il tempo. Se ho delle fissazioni è inutile dirmi di toglierle”
Comportamenti
I comportamenti dei giovanissimi possono apparire più irrazionali perché, negli adolescenti, gli stimoli raggiungono direttamente l’amigdala, senza passare per la mediazione della corteccia prefrontale, che non ha ancora raggiunto un pieno sviluppo e che solitamente opera come una sorta di filtro emotivo.
Le emozioni, quindi, vengono fuori in tutta la loro potenza: la rabbia è esplosiva, la tristezza diventa disperazione, la gioia diventa euforia.
“Quando mi arrabbio è soltanto per un po’ di sfogo: vorrei che capissero che nonostante tutto gli voglio bene”
“Quando mi sale la rabbia, faccio davvero fatica a controllarla. In quel momento vorrei distruggere tutto e tutti. Devo però ammettere che quando i miei provano ad avvicinarsi, in automatico mi viene da allontanarmi e da rispondergli male, ma in realtà apprezzo il tentativo di starmi vicino e so che per me ci sono sempre”.
La rabbia
Spesso i ragazzi hanno bisogno di concedersi la rabbia. Il messaggio che si può leggere tra le righe è “anche se mi arrabbio, ti voglio bene lo stesso”: anche in questi momenti, infatti, sebbene sembri che vogliano attaccare il genitore, in realtà non mettono in discussione il rapporto o la relazione, anzi, è proprio il contrario.
Si sentono liberi di esprimere ciò che sono, provano e sentono perché si fidano di quella persona, perché sanno che la rabbia potente che esce fuori non intacca il rapporto. Se invece non sentono solido il legame, hanno più paura ad esprimersi o a sfogarsi.
La rabbia dei figli adolescenti: una sfida anche per i genitori
Può essere molto faticoso gestire i momenti in cui i figli si arrabbiano, rispondono male o si allontanano, ma essere consapevoli del fatto che lo fanno perché si sentono sicuri nel legame permette di dare una lettura diversa a ciò che si vive.
É importante fare attenzione anche alle parole che il genitore utilizza.
Quante volte capita, in modo quasi automatico, di reagire a propria volta con affermazioni del tipo “Non arrabbiarti”, “Non devi fare così”?
In quel momento, però, questo tipo di affermazioni attivano quella parte emotiva già sollecitata.
Anzitutto, perché non ci si sente compresi e capiti realmente e questo porta, ad arrabbiarsi ancora di più.
Comprendere non significa giustificare. E’ importante comprendere il meccanismo, senza però giustificare tutto: ascolto, dialogo, comprensione sono i primi strumenti che il genitore può e deve utilizzare. Dopo questo primo passaggio, si ha la possibilità di filtrare in maniera differente e più efficace, aiutando i figli ad esprimere e gestire ciò che stanno sperimentando.
Genitori
“Io vorrei che mia mamma non si arrabbiasse troppo spesso e che mi ascoltasse di più quando mi sfogo, anziché dirmi subito che sono sempre il solito e che con me non si riesce a parlare”
La capacità di gestire emozioni e relazioni ha le basi in un processo di apprendimento sociale in cui i genitori hanno un ruolo fondamentale, che si gioca anche attraverso l’esempio.
È fondamentale che essi comprendano e diano una lettura e un senso alle reazioni dei figli perché, molto spesso, loro da soli non possono ancora farlo.
Il loro cervello è in fase di “rimodellamento”.
Per questo, in alcune situazioni, è necessario che un adulto, senza valutazioni o giudizio, intervenga per aiutarli a riconoscere, verbalizzare, dare significato alle emozioni che sperimentano e modularle.
Buongiorno amici. Oggi vediamo insieme la proposta del ministro dell’istruzione sul divieto dei cellulari in classe.
Cellulari vietati alle elementari e alle scuole medie. Il ministro all’Istruzione Giuseppe Valditara annuncia la stretta, ma tra i presidi il pungo duro non convince.
Il divieto
Andiamo per gradi. Secondo il ministro l’utilizzo del cellulare a scuola è inopportuno anche se questi avviene per fini didattici.
Per Valditara l’utilizzo improprio dello smartphone può diventare un elemento di tensione tra studenti e docenti.
Tensioni che arriverebbero addirittura ad atti aggressivi. Da qui alla stretta il passo sarà breve.
Resta da capire le modalità attraverso le quali vietare l’utilizzo dei cellulari a scuola.
Ma la tolleranza zero fa storcere il naso ai dirigenti scolastici. “In realtà già oggi nelle scuole l’utilizzo dello smartphone è regolato – premette Lorella Camporesi (nella foto) dirigente alla scuola Bertola di Rimini -. Non lo si può utilizzare, salvo che per fini didattici.
La scuola
Ed è quello che si fa rispettare. Nel momento in cui un cellulare suona durante la lezione, il telefono viene portato in segreteria e vengono chiamati i genitori per la riconsegna”.
Il divieto totale lascia perplessi. “Ritengo che tra i giovani ci sia lo stesso abuso dello strumento che c’è tra gli adulti.
Le crociate periodiche a cui assistiamo contro l’utilizzo dei cellulari credo che ormai siano fuori tempo.
Questo strumento è parte della nostra quotidianità, dunque bisogna imparare a utilizzarlo nel modo corretto. Ecco, credo che sia meglio educare al suo utilizzo che un divieto totale”.
Cosa fare?
Cancellare gli smartphone dalle scuole desta qualche perplessità anche in Nicola Tontini, dirigente dell’istituto comprensivo 1di Riccione.
“Nel nostro istituto – premette Tontini – l’utilizzo degli smartphone a fini didattici viene concesso e su questo non vi sono problemi.
Il docente fa domanda e la richiesta viene accettata. Tuttavia è vero che ad oggi una normativa chiara non c’è e sono limitate le azioni che si possono mettere in campo per gestirne l’uso, quando il fine non è didattico.
Ad esempio l’idea di raccogliere tutti i cellulari al momento dell’entrata non è affatto semplice da perseguire. Servirebbe una regolamentazione chiara a cui riferirsi”.
Secondo me…
Inizialmente ero combattuta dall’adottare il pensiero del minitro o dei presidi.
E’ vero, soprattutto con i minori, i divieti sono l’anticamera della ribellione, del trasgredire una regola. Il divieto, come anche una regoal, se non spiegata nel modo corretto, e non data fine a se stessa, non è mai la cosa più giusta da fare.
Vero, è giusto educare i ragazzi al corretto uso del cellulare. Ed è proprio perché si deve educare i ragazzi si deve anche fare capire loro( questa è educazione) che in determinati contesti come la scuola non si può utilizzare.
Perché? Perché in un posto dove bisogna prestare attenzione alle lezioni e al rapporto con docenti e compagni di classe, dove si impara a crescere non è il caso. Una volta fuori è un altro discorso.
E poi, ragazzi, parliamoci chiaro, una mattinata guardandoci negli occhi è meglio che incollarci ad uno schermo no?
Buongiorno amici . Oggi riflettiamo sulla frase “Mio figlio è insopportabile”.
In ogni fase della vita i genitori si trovano ad affrontare sfide e cambiamenti e avere figli adolescenti può rappresentare una sfida che richiede una grande capacità di adattamento.
Anche se per alcuni è possibile gestire questa fase delicata con pazienza e comprensione, altri si sentono sopraffatti e possono sentirsi catapultati sul ring di fronte a comportamenti e a reazioni dei loro figli a volte incomprensibili o molto distanti da ciò che vorrebbero.
“Le avvisaglie sono da sempre inequivocabili: ai primi vagiti del corpo adolescente, il dialogo si zittisce. I pori, i peli, l’odore, le curve, il menarca e le polluzioni notturne cominciano a parlare una lingua che chiede che non venga aggiunto altro: è iniziata la pubertà e la notizia pretende(rebbe) discrezione. Lo sviluppo del corpo che si fa generativo dice al mondo due cose: ai pari che si è entrati in partita; alla mamma, che dovrebbe farsi da parte”. (Tratto dal libro “Mio figlio è normale? Capire gli adolescenti senza che loro debbano capire noi” di Stefania Andreoli)
Adolescenti-“mio figlio è insopportabile”
L’adolescenza è un periodo di trasformazione fisica ed emotiva in cui i ragazzi cercano di scoprire chi sono e quale sarà il loro ruolo nel mondo.
Cercano di definire la propria identità, spesso sperimentando nuove passioni e amicizie, perdendo interesse per ciò che una volta li coinvolgeva maggiormente, incluso il rapporto con i genitori.
Spesso alcuni comportamenti e atteggiamenti sembrano venir fuori dal nulla, lasciando i genitori confusi e preoccupati.
“Ieri l’ennesima discussione, è evidente che ogni tentativo di dialogo con lui sia inutile. Io ormai non posso più parlare, qualsiasi suggerimento viene intrepretato e applicato al contrario, sono davvero delusa. L’adolescenza è diventata un alibi e ogni volta che rimango ferma su delle regole per me invalicabili, e lui non ottiene quello aveva nella mente, mi dice che con me non vuole più avere niente a che fare e che mi tratterà come un’estranea finché non cambierò idea. Io provo a disinnescare ma così è davvero difficile!”.
Autonomia- mio figlio è insopportabile
L’adolescenza è anche una fase in cui i giovani cercano di sviluppare un senso di autonomia e indipendenza.
A volte potrebbero prendere decisioni apparentemente in contrapposizione agli insegnamenti ricevuti dai genitori, ma è importante ricordare che questi comportamenti sono parte del processo di crescita.
I ragazzi hanno bisogno di essere accettati per quello che sono e di essere riconosciuti nel loro modo di essere e di esprimersi, anche se spesso rischia di andare in contrasto con le regole genitoriali.
“Ieri mi chiama nella sua stanza e mi fa vedere tutta orgogliosa il suo nuovo crop top aderente e che lascia ben poco spazio all’immaginazione.
Ovviamente avrebbe voluto indossare quella maglietta striminzita e, secondo me anche un po’ volgare, la mattina seguente per andare a scuola. Io prontamente ho risposto che poteva scordarselo e che non era adatto per il contesto scolastico.
Da lì sono partite una serie di argomentazioni e polemiche con un’insistenza incredibile. Se solo mettesse il 10 % di questa energia nello studio, sarebbe la più brava della classe.
Ho cercato di fargli capire che non si trattava di una limitazione della sua libertà di espressione, perché se fosse stato per me neanche l’avrebbe avuta nel suo armadio, ma era importante passarle il messaggio che nella vita è importante contestualizzare e che su alcune regole non c’è margine di trattativa”.
Riflettere sui propri errori: genitori tra senso di colpa e frustrazione
Quando ci si trova di fronte un figlio adolescente che sembra aver preso una strada diversa da quella della famiglia, è facile sperimentare un senso di colpa come genitori.
Tuttavia, è importante ricordare che i genitori non sono i soli responsabili delle scelte dei figli e che ogni individuo ha il diritto di esplorare e prendere decisioni autonome.
Spesso, infatti, si ha la sensazione di trovarsi di fronte a un figlio completamente estraneo, e possono sorgere dubbi e preoccupazioni sul proprio ruolo genitoriale. “Dove ho sbagliato?” potrebbe essere la domanda che tormenta molti genitori in questa situazione.
“Mi vergogno quasi a dirlo, ma mio figlio in questo periodo proprio non lo sopporto, non mi piace la persona che sta diventando e soprattutto mi chiedo dove ho fallito come genitore. Sono preoccupato per il suo futuro, perché se continua così non farà mai nulla nella vita: non sa gestire niente, nemmeno se stesso”
“Mia figlia è solo capace a chiedere, chiedere e ancora chiedere senza dare assolutamente nulla in cambio.
Non le importa di nessuno al di fuori di se stessa. Quando si avvicina a noi è solo perché è interessata ad ottenere ciò che le interessa: un passaggio con la macchina, uscite, shopping. Ma si rende conto che noi ci facciamo in quattro per lei e il fratello e che la sera avremmo solo bisogno di un po’ di collaborazione e tranquillità”?
Comprensione
Anche quando non si è d’accordo con quello che fanno o dicono, è importante non criticare i ragazzi ma cercare di comprenderli e sostenerli, di ascoltare le loro ragioni e le loro idee.
Non bisogna dimenticare che l’adolescenza comporta delle sfide anche per gli stessi ragazzi e il ruolo degli adulti fornisce una base sicura da cui muoversi per sperimentare e crescere nella propria individualità e a cui fare riferimento nelle difficoltà.
In una fase ricca di novità e di fatiche, anche quando sembrano respingere ogni aiuto, per i ragazzi sentire che i propri genitori sono sempre presenti e pronti a sostenerli, rappresenta un elemento positivo, che li fa sentire degni di attenzione e rispetto. Al contempo, può essere difficile per i genitori trovare una modalità adeguata che permetta loro di mantenere un ruolo di orientamento e guida poiché i ragazzi cercano, invece, di esercitare autonomamente ogni controllo sulla loro vita e sulle loro scelte.
I genitori come possono comportarsi?
In una società in cui si fa fatica ad avere punti di riferimento stabili, dove le incertezze prendono il sopravvento e il gap generazionale sembra ostacolare un’adeguata connessione tra adulti e giovani.
I ragazzi senza una guida, si sentono sempre più soli e in balia delle loro emozioni e comportamenti.
Dunque è fondamentale comunicare e far sentire loro la propria comprensione, sostenerli nella loro ricerca di autonomia e indipendenza, spiegare l’importanza di confini e limiti che li proteggano nelle loro esperienze.
Inoltre, è importante non focalizzare tutto sulla scuola e su tutto ciò che sbagliano, ma mostrare interesse per ciò che i figli hanno da dire e ascoltarli attentamente può aiutare a instaurare una migliore comunicazione.
Nonostante le difficoltà che si possono incontrare in questo percorso, la relazione con i propri figli può modificarsi ma conservare stabilità e fiducia.
Buongiorno amici. Oggi parliamo di figli e autostima e dei modi che i genitori hanno per danneggiarla.
I nostri figli non sono ingenui. L’obiettivo che dobbiamo porci è costruire in loro un adeguato senso di autocompetenza e di amor proprio. In una società competitiva che tende a mettere in discussione il nostro valore, nulla è tanto rilevante quanto affrontare quest’area della salute mentale.
Errori genitoriali comuni che danneggiano l’autostima dei figli
l’autostima non si costruisce solo con le nostre percezioni, ma è decisiva anche l’influenza dei nostri genitori, fratelli, insegnanti e amici. E chiariamo un aspetto: è più facile svilupparlo in un bambino che doverlo riparare in un adulto.
D’altra parte, non possiamo ignorare i modi in cui i genitori danneggiano l’autostima dei propri figli senza saperlo. Li analizziamo.
1. Non dare loro responsabilità adeguate alla loro età
L’iperprotezione è un ostacolo al corretto sviluppo dell’autostima dei bambini. È importante ricordare che se c’è qualcosa di cui un bambino ha bisogno è sentirsi competente e per raggiungere questo obiettivo non c’è niente di meglio che offrirgli responsabilità adeguate alla sua età.
E ce ne sono altri quattro molto importanti di atteggiamenti che apportano danni ai figli nello sviluppare la loro autostima.
E come ci sono i danni, ci sono anche i modi per risolverli.
Buongiorno amici. Oggi riflettiamo sull’argomento body shaming e bullismo.
Body shaming
Il body shaming è, alla lettera, la derisione del corpo e la discriminazione di una persona a causa del suo aspetto fisico.
La prima e più elementare forma di questa odiosa tattica di bullismo prende di mira una silhouette troppo abbondante, ma qualsiasi elemento può diventare oggetto di derisione.
Il colore dei capelli, la calvizie, la forma o le dimensioni del seno o del lato B di una ragazza, un’imperfezione della pelle come l’acne o anche il fatto di portare gli occhiali o l’apparecchio ai denti, indipendentemente dal fatto che la vittima possa modificare o no l’aspetto per cui è preso di mira.
Imparare a difendersi e soprattutto a non lasciarsi ferire è di importanza fondamentale, per non perdere la stima di sé e per non cadere in depressione.
Stereotipi
La società impone i suoi canoni di bellezza: una donna deve essere magra, avere qualche curva, ma solo nei posti “giusti”, ed essere capace di adeguarsi rapidamente alle mode dettate dallo star system quanto ad abbigliamento, make-up, acconciature.
Anche gli uomini devono essere conformi a certi standard estetici: occorre avere un fisico alto e muscoloso, capelli fluenti, atteggiamento da vincenti.
Chi non possiede queste caratteristiche, anche se si tratta solo di aspetto esteriore, è automaticamente persona non degna di rispetto e potenziale oggetto di derisione.
Se poi la vittima ha poche capacità di difendersi, ancora meglio: lo scherno diventa ancora più divertente.
Quando la derisione e il bullismo colpiscono soggetti fragili, ad esempio ragazzi o ragazze adolescenti, quando l’identità di sé è ancora tutta da costruire, l’impatto può essere devastante, come purtroppo la cronaca riferisce troppo spesso.
La vittima viene indotta a provare vergogna e a sentirsi in colpa per il proprio aspetto, tanto da essere a rischio di depressione, di ammalarsi di disturbi alimentari o di crisi di ansia.
Cosa fare
Subire attacchi, commenti negativi e veri e propri atti di bullismo e perfino di violenza per il proprio aspetto fisico suscita dolore, vergogna e rabbia in chi ne è vittima. Per questo è fondamentale imparare a difendersi.
– Le vie legali – Non sempre una strada possibile perché il body shaming è difficile da inquadrare come reato.
Nei casi più gravi, quando si trasforma in bullismo, in cyberbullismo se gli attacchi si verificano sui social, o in diffamazione, può trasformarsi in reato ed essere perseguito: a maggior ragione se diventa istigazione al suicidio.
Di solito però è considerato solo come una forma estrema di cattiva educazione, contro cui la legge non può nulla. Dobbiamo quindi difenderci da soli.
Autostima
– Costruire la propria autostima su elementi diversi dall’aspetto corporeo: è un duro lavoro, ma occorre imparare a conoscersi a fondo e ad amarsi per come si è e per aspetti diversi dalle caratteristiche fisiche: a quel punto si può arrivare a reagire positivamente contro chi si permette di dileggiare il nostro corpo.
– Non lasciarsi condizionare dai commenti negativi: non è facile né istintivo perché siamo naturalmente portati a cercare l’approvazione dei nostri simili.
Eppure, possiamo leggere questi attacchi come una sfida sulla strada dell’accettazione gentile di noi stessi: nessuno ha il diritto di dirci come dobbiamo essere e a chi dobbiamo assomigliare.
– Un invito a migliorarci: anche se i commenti che ci vengono rivolti sono malevoli e puntano solo a ferirci, proviamo a trasformiamoli in critiche costruttive e in una spinta a essere migliori.
Ci sono cose che possiamo fare senza troppo sforzo per migliorare noi stessi: ad esempio, possiamo provare le lenti a contatto al posto degli occhiali che ci appesantiscono i lineamenti, o curare di più il nostro make up o scegliere qualche outfit che valorizzi i nostri punti di forza.
Body positivity
– Pratichiamo la body positivity e la body neutrality: la body positivity ci dice di amare il nostro corpo, difetti compresi; la body neutrality ci invita a non odiarlo se anche non è pefetto, magari impegnandoci per migliorarci se proprio non riusciamo a sopportare qualche difetto.
– Educhiamo le persone intorno a noi – Il body-shaming è in gran parte legato a fattori di ignoranza e di inciviltà.
Per contenere il fenomeno, come si fa ad esempio contro il bullismo, possono essere molto utili le azioni di sensibilizzazione e di educazione anche a livello personale.
Ciascuno può e deve fare la sua parte, stigmatizzando i singoli episodi di body shaming di cui si è venuti a conoscenza, attirando l’attenzione sulla sofferenza inflitta alle vittime, e invitando a una linea di comportamento più rispettosa.
Big mama
In questi giorni sui social ne ho lette tante su di lei, o meglio contro di lei..o ancora meglio contro il suo aspetto fisico.
Giusto l’altro ieri leggevo su twitter di una mamma( mi chiedo che esempio dai a tua figlia)che scriveva” ah, ho visto che a Sanremo quest’anno c’è anche questa COSA QUI..mamma che schifo, ma cos’è?”
E la cosa che mi ha fatto ancora più ribrezzo è vedere tantissima gente che rideva e rincarava la dose in modi veramente cattivi e violenti.
Le stesse persone che, poi, fuori, vanno a manifestare contro il bullismo a scuola dei figli.
Ragazzi, mi raccomando. Non giudicate il libro dalla copertina perché non conoscete chi avete davanti e cosa sta passando, il perché di tante cose e cosa porta, emotivamente, questa condizione.
E, se siete vittime di bullismo, ricordate sempre e sottolineo sempre, di denunciare a chiedere aiuto a chi un aiuto può darvelo.
Padova: picchiata da ex compagne di scuola sulla strada.
Buongiorno amici. Oggi parliamo di bullismo tra ragazzi.
Attesa dopo le lezioni, minacciata e aggredita da due 14enni, mentre una terza coetanea riprende col cellulare. Il video dell’agguato postato sui social dalle bulle come un trofeo. La vittima ha presentato denuncia ai carabinieri
13enni
Ha appena tredici anni la ragazzina che nel pomeriggio di ieri, mercoledì 24 gennaio, è stata pestata da due ex compagnedi scuola che la aspettavano fuori dall’istituto che frequenta (siamo a Padova, omettiamo i dettagli per tutelare la vittima e anche le aggressore, trattandosi di minori) dopo l’ultima campanella.
L’aggressione, che avviene in strada, senza remore, senza timori, senza contegno, è stata filmata col cellulare da una terza ragazzina (ha 14 anni, come le due che si fanno riprendere mentre prendono a schiaffi, pugni e calci l’ex compagna appena più piccola) e postata sui social, a documentare la «bella impresa», quasi fosse un trofeo da mettere in vetrina.
L’aggressione filmata e condivisa
Dopo aver visto il video in una storia pubblicata stamattina, la tredicenne si è rivolta ai genitori, che l’hanno accompagnata al comando dei carabinieri di Padova principale per presentare denuncia.
I militari sono ora sulle tracce delle tre adolescenti coinvolte: una, fino allo scorso anno,era compagna di scuola della vittima; le altre due, invece, sarebbero solo amiche della prima.
Tutte e quattro sarebbero state alunne di una scuola media di uno dei principali quartieri di Padova. Le ragioni del pestaggio?Una parola di troppo, una frase sbagliata: questo, almeno, si evince dalle parole che una delle bulle rivolge alla vittima.
«Le ca…te che escono dalla tua bocca fanno male…». Per questo tre adolescenti hanno aspettato una ragazzina più piccola di un anno fuori da scuola, l’hanno accerchiata e brutalizzata.
La tredicenne riceve un ceffone in pieno volto dalla ragazza che, puntandole l’indice al mento, l’ha appena avvisata del «motivo».
Poi interviene la seconda bulla, che prede per i capelli la vittima, la strattona, le tira un pugno alla nuca…
La più piccola si piega a terra ma non è ancora abbastanza: parte un calcio, che arriva alla testa.
A quel punto, la prima bulla, che, un attimo prima ride mentre la compagna atterra il bersaglio, dice che può bastare.
Il filmato si interrompe dopo poco meno di un minuto, quando una donna, che ha assistito a tutta la scena, si avvicina in bicicletta alle quattro ragazzine e chiede alla più piccola se abbia bisogno di aiuto o di avvertire la polizia.
L’indagine
Il video sarebbe rimbalzato anche su alcune chat di gruppo dei genitori di altri alunni della scuola, che avrebbero segnalato l’accaduto anche alla questura di Padova.
Già in questi giorni potrebbero essere presi i primi provvedimenti, tanto nei confronti tanto delle due autrici dell’aggressione quanto della terza compagna che ha ripreso la scena con lo smartphone.
Visti i fatti, saranno con tutta probabilità indagate per violenza privata dalla procura minorile di Venezia, che ha competenza sui reati commessi da minori.
Responsabilità
Di chi è la responsabilità di tutto questo?
Mi spiace dirlo sempre ma del background familiare ed educativo che hanno ricevuto i ragazzi fin da piccini.
Purtroppo il bullismo è una brutta piaga che circola tra i nostri ragazzi, che siano essi piccini o più adulti.
Bisogna sensibilizzare il più possibile e in diversi ambiti: scolastico, con degli incontri familiari perché quello che succede ancora, non succeda mai più.
E voi, ragazzi vittime di atti di questo tipo, più o meno gravi, non rimanete in silenzio: parlatene, denunciate, perché le vittime siete voi.