Buongiorno amici. Oggi parliamo di un premio di 100 uro a chi ha la media del 9…assurdo.
No…parto subito col dire che questo non è assolutamente un metodo educativo sensato. Ma a cosa dovrebbe portare?
Se un insegnante incentivasse alla media del nove in questo modo otterrebbe un solo risultato: i ragazzi farebbero di tutto per avere quei soldi, non per andar bene a scuola.
Il fine giustifica i mezzi? In questo caso, ma come per altre cose, assolutissimamente no.
Soluzione inutile
E’ inutile non soltanto per il motivo detto sopra…ma perché non è possibile che tutti ottengano tale media.
I ragazzi, fortunatamente, sono tutti diversi, noi siamo tutti diversi.
cosa vuol dire? Vuol dire che ognuno di loro, come di noi, ha le proprie capacità, inclinazioni e i loro tempi per poter raggiungere i propri personali obiettivi.
Obiettivi
Ho detto propri obiettivi.
Lo specifico perché troppe volte i genitori paragonano il loro figli con i compagni, loro stessi, i fratelli causando solo sconforto, spesso aggressività, altrettanto spesso depressione e senso di fallimento che, in realtà, non deve esistere.
Provate solo a pensare come si possa sentire un ragazzo che, per mettendocela tutta sta media del nove proprio non riesce ad avere?
Si sentirà, sbagliando, un fallito rispetto ad altri che, forse, potrebbero davvero farcela. E vi sembra questo il modo per migliorare l’autostima e incentivare alo studio? assolutamente no.
Autostima
L’unica cosa che devono fare i genitori in primis e gli insegnanti in second’ ordine è cercare di aumentare l’autostima dei ragazzi. E non promettendo soldi, non aumentando il senso di competizione malsana con gli altri compagni.
Ma stimolandoli a mettercela tutta, tutto se stessi , anima, cuore, cervello per raggiungere un obiettivo.
E non c’etra niente il voto. Non pensiamo, adulti e non, che il voto ci identifichi come persona.
L’importante è dimostrare a se stessi soprattutto che con l’impegno posso farcela, solo con questo.
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Io spero che riflettere sul premio di 100 euro a chi la la media del 9 vi sia stato di aiuto.
Cos’è e perché dobbiamo assolutamente liberarci da tutto questo.
Buongiorno ragazzi. Oggi parliamo della sindrome della brava ragazza.
Essere buona è una bella cosa. Avere la “sindrome della brava ragazza” no. Perciò, tanto per cominciare, è bene non confondersi. «La persona buona agisce in base a puri slanci di generosità ed è sempre padrona delle sue scelte. Chi ha la “sindrome della brava ragazza”, invece, tende a comportarsi bene per ottenere approvazione e apprezzamento da parte degli altri».
«Ciò significa che a volte, dietro la ragazza sempre educata, sempre sorridente e sempre disponibile, può celarsi una persona ingabbiata in dinamiche e schemi di comportamento predefiniti e vissuti (in modo più o meno conscio) con una certa insofferenza.»
Quali altri sintomi dimostra chi ha la “sindrome della brava ragazza”?
«La tendenza a sentirsi spesso inadeguata e ad avere un atteggiamento un po’ passivo. Le ragazze con questa sindrome non dicono mai nulla che possa ferire l’altro, non replicano e si prodigano al massimo pur di salvaguardare il “quieto vivere” ed evitare il conflitto. Si sentono in colpa se disattendono le aspettative degli altri, non sanno dire di no e faticano a esprimere quello che sentono. In generale, antepongono le esigenze altrui alle proprie e cercano di continuo l’approvazione di chi le circonda».
Cosa porta ad avere la “sindrome della brava ragazza”?
«I fattori possono essere tanti. In genere, una prima causa risiede nel tipo di educazione ricevuta in famiglia, quindi nell’imprinting dato dai genitori. Un’altra causa può essere l’insicurezza personale (chi ha una buona autostima non ha bisogno di cercare di continuo l’apprezzamento da parte degli altri).»
Perché comportarsi sempre da “brava ragazza” può rivelarsi nocivo?
«Per vari motivi. Innanzitutto, soffocare le proprie esigenze per quelle degli altri significa soffocare la propria personalità e la propria energia vitale. In secondo luogo, evitare il confronto e il conflitto con gli altri in nome del quieto vivere porta a impostare i rapporti in modo non autentico e a non farli evolvere. Infine, più si mettono gli altri al primo posto e più gli altri si sentiranno autorizzati a chiedere. Anzi, a chiedere sempre di più».
È possibile guarire (anche solo in parte) dalla “sindrome della brava ragazza”?
«Sì, ma il presupposto fondamentale è rendersi conto di averla, il che il che a volte è difficile. La persona abituata a comportarsi in questo modo fatica a concepire reazioni diverse. Tuttavia, quel carico di malessere e di frustrazione che una “brava ragazza” può fingere mentalmente di non vedere, tende prima o poi a esplodere altrove. Ossia a livello fisico. Come? Per esempio, sotto forma di cefalee, di problemi alla pelle o all’intestino. Le persone abituate a trattenere le proprie esigenze e la propria personalità finiscono spesso per somatizzano il loro malessere».
Perciò, intanto sarebbe utile decifrare certi possibili disturbi fisici…
«Assolutamente sì. Per il resto, può essere utile provare ad adottare tanti piccoli comportamenti nuovi. Tenendo presente che una tendenza forte e radicata, come quella a comportarsi da “brava ragazza”, si può scardinare soltanto a poco a poco. Un buon punto di partenza è quello di provare ad attivare, giorno dopo giorno, tanti piccoli cambiamenti nelle abitudini o nel proprio modo di pensare».
E allora cosa fare, in concreto, per smettere di avere la “sindrome della brava ragazza”?
Cosa fare
SMETTI DI ANDARE “OLTRE”
Dosa meglio la tua disponibilità «Tendi a rimanere in ufficio oltre il tuo orario di lavoro? Comincia a non farlo più tutti i giorni, ma solo in caso di necessità» suggerisce Laura Rivolta. «Oltre un certo limite, hai bisogno di dire “basta” e mettere dei sani paletti. Sia per il tuo benessere sia perché poi, ricaricandoti, tornerai all’opera in condizioni migliori.»
SPEZZA LA ROUTINE
Se hai la “sindrome della brava ragazza”, avrai anche (con molta probabilità) un forte attaccamento alla routine. Per smuovere qualcosa, comincia ad alterare certe abitudini. «Vai al cinema solo il sabato sera? Per una volta, vacci nel bel mezzo della settimana. Ti vedi con le amiche soltanto nel tardo pomeriggio? Improvvisa con loro un caffè di mattina. Insomma, scardina qualcosa nella tua routine
COMINCIA A DIRE DI NO
Basta dire di sì controvoglia. Basta con le abitudini che abbiamo solo per fare contenti gli altri. «Per esempio» spiega la psicoterapeuta, «se non ti va di andare ogni santa domenica a pranzo dai suoi suoceri, non andarci. Non sentirti sempre obbligata ad accettare il loro invito. Ogni tanto rifiuta con gentilezza oppure valli a trovare solo per il tempo di un caffè.»
CERCA DI “SGARRARE” RISPETTO AI TUOI STANDARD
Un altro consiglio per liberarsi dalla “sindrome della brava ragazza”? «Prova a fare qualcosa di “indisciplinato” rispetto al tuo senso del dovere» suggerisce Laura Rivolta. «Per esempio, non sentirti obbligata a rispondere sempre al cellulare. Ci sono chiamate e messaggi che possono aspettare. Allenati a capire quando rispondere subito e quando non farlo.»
DIVERTITI A INVERTIRE CERTE SEQUENZE
Prima questo e poi quello. Mai il contrario. Se hai la “sindrome della brava ragazza” tendi con molta probabilità a seguire una scaletta nel fare le cose. Anche quelle più banali. «E allora» suggerisce Laura Rivolta, «inizia a invertire qualche sequenza-tipo della tua giornata. Esempio: non esci mai di casa la mattina se prima non hai lavato tutte le tazze della colazione e lasciato in ordine la cucina? Fai il contrario: ogni tanto esci da casa e pensa alle faccende al tuo ritorno».
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Buongiorno amici e buona Pasquetta . Oggi riflettiamo sull’ essere genitori.
Genitori
Il “lavoro” più bello e anche il più impegnativo.
Da come educhiamo un figlio dipenderà il formarsi del suo carattere, di come si relazionerà col mondo esterno, di quanta autostima e rispetto avrà di se’ stesso e degli altri.
Insomma…i ragazzi di oggi sono gli adulti di domani. Ed è una bella responsabilità.
Guida
Per questo, come dico sempre, i genitori, fin dall’infanzia, devono essere una guida, un Buon esempio. Devono essere, dicendola alla moderna, gli influencer principali della vita dei figli.
Eh sì…chi è un influencer? Come dice la parola stessa è quella persona ce influenza il modo di are e di pensare , di agire dei ragazzi. Con le proprie azioni, col è proprio modo di essere…una sorta di..esempio.
Perché? Perché magari incarna quell’ ideale di persona che vorremmo come amici, o, addirittura, come genitori. Non pensando, però, che dietro un semplice video su instagram, youtube o qualsiasi piattaforma social, c’è solo una piccolissima parte di queste persone. Tutto ilr esto, non lo conosciamo.
Esempio
E l’esempio è dato soprattutto dalle azioni.
Sì, perché se io dico che una cosa non si deve fare e poi i mostro a farla non si da’ un buon esempio…ma si dimostra ipocrisia non coerenza, e questo manda in confusione il minore.
“Ma se loro mi dicono di non farlo e poi lo fanno…vuol dire che, in fondo, posso farlo anch’io”.
Ma i genitori devono capire, in primis, che la loro importanza, il rispetto non è dovuto solo perché avete messo al mondo un figlio se poi, di questo figlio, non ve ne occupate nel modo corretto.
Se non siete presenti nella loro vita, se non siete disposti ad ascoltarli attivamente e scendere, a volte, a compromessi con loro.
Se non avete capito che, per educarli, dovete crescere insieme a loro e che, ognuno, ha il proprio carattere e le proprie ambizioni che possono essere diverse dalle vostre od a quello dei loro fratelli.
Essere genitori vuol dire essere il loro porto sicuro.
E’ accettarli per come sono senza volerli cambiare ma, anzi, cercando di rafforzare la loro autostima.
E’ amarli incondizionatamente…sempre…e comunque.
E vi ricordo che se avete bisogno di me potete contattarmi tramite òa sezioen contatti e consulenze del sito
Io spero che parlare di cosa vuol dire essere genitori vi sia stato utile.
buongiorno amici. Oggi parliamo di autostima e degli errori da non fare coi ragazzi.
“lascia stare, tanto non andari da nessuna parte”
“ma dai, fai qualcosa di serio che tanto non sei bravo”
Ecco…questo è quello che, purtroppo, spesso troppo spesso sento dire da genitori e insegnanti nei confronti dei ragazzi, che siano figli o alunni.
In entrambi i casi, gli adulti compiono un gravissimo errore: uccidere l’autostima.
Adolescenti
L’adolescenza , ma il discorso è esteso anche a bimbi e pre adolescenti, è quella fascia d’età che ama essere ribelle…che vuole scoprire il mondo, che ha bisogno di guida , di esempi positivi, di stimoli per poter dare sempre il meglio di se stessi per raggiungere i propri obiettivi.
E’ l’età della scoperta di se stessi a 360°. Del conoscere persone nuove che possono essere positive o meno, ed è qui che devono intervenire i genitori.
L’età del cambio idea ogni 10 minuti perché devo cercare di capire cosa voglio fare da grande, quando, poi, anche da grande faccio difficoltà a capirlo.
Autostima
L’autostima, sempre ma in questa fase di vita ancora di più, è fondamentale perché il ragazzo possa avere sempre più fiducia in se stesso e combattere per superare ostacoli, limiti che si crea da solo, per raggiungere gli obiettivi che si è posto( e non quelli dei genitori).
Un genitore, che è il primo educatore, deve essere da incoraggiamento per il ragazzo.
Se questo , appunto, sente parole come quelle citate sopra perderà entusiasmo, crederà che non vale nulla, crederà che, nella vita, non concluderà mai nulla .
E questo perché è il genitore per primo che lo cresce inculcando quest’idea. “io sono un fallito” “meglio se non nascevo”…parole che ho sentito pronunciare a soli 16 anni.
Insegnanti
I secondi educatori. Non hanno il peso che hanno i genitori nella vita e nella crescita di un ragazzo…ma importanti lo sono lo stesso.
Soprattutto se fanno continui paragoni con gli altri alunni. Il così detto cocco della pro…e vi assicuro che esistono.
Questo atteggiamento può portare conseguenze e comportamenti negativi non solo verso se stessi, per l’appunto, ma anche verso chi li ha fatti sentire una nullità. E’ cronaca de nostri giorni di episodi di suicidi e di omicidi nei confronti di genitori ed insegnanti.
Stimoli
I ragazzi hanno bisogno di stimoli, di essere incoraggiati, spronati a fare sempre il meglio, di alzar un pochino l’asticella non per essere migliori degli altri perché ognuno, a modo suo e co i propri tempi, vale e ha le, proprie abilità che, fortunatamente, sono diverse da quelle di chiunque altro.
Perché noi siamo unici perché meritiamo di essere unici.
E se avete bisogno del mio aiuto, ragazzi, scrivetemi qui e mi raccomando.
Se trovate qualcuno che nella vita cerca di buttarvi a terra voi non ascoltate, non date retta ma andate sempre per la vostra strada.
Io spero che parlare di autostima vi sia stato utile.
Potete contattarmi tramite la sezione “contatti e consulenze” del sito
Buongiorno amici. Oggi parliamo delle chat tra studenti e dei pericoli che si potrebbero e si devono evitare.
Si fingono coetanei di bambini e ragazzini, conquistano la loro fiducia, li manipolano. Nei casi peggiori abusano di loro. Ecco come contrastare questo odioso fenomeno in crescita.
«Alle madri e ai padri dico: spiegate ai vostri figli che non devono interagire online con chi non conoscono nella realtà. E che quando vengono fatte richieste strane, o si verificano situazioni “idilliache” dove l’altro dice sempre la cosa giusta al momento giusto, vuole creare relazioni uniche, molto spesso dietro si cela qualcosa che non va. E in quel caso i ragazzi dovrebbero avvisare i genitori per capire cosa si nasconde dietro».
Minori online
Quasi 3 bambini su 10 tra i 9 e i 10 anni hanno un profilo su Tik Tok, 1 su 10 della stessa età su Instagram e 1 su 10 ha un suo canale YouTube.
Il 96% dei bambini guarda video su YouTube e il 43% su Tik Tok. Più di 2 bambini su 10 danno l’amicizia a persone che non conoscono e quasi il 20% di loro interagisce con utenti sconosciuti.
I bambini sono sempre più iperconnessi e interconnessi, fanno uso delle chat, possiedono un loro smartphone o usano quello dei genitori senza un controllo appropriato.
Questo fa sì che i minori siano sempre più esposti e rischino di incorrere in persone che sfruttano la rete alla ricerca di soggetti da adescare.
Il fenomeno del child grooming è sottovalutato ma i genitori dovrebbero aprire gli occhi. Dall’altra parte ci sono adescatori abili e preparati, nascosti dietro profili insospettabili.
Il profilo dell’adescatore
Sono spesso mascherati da coetanei in grado di parlare il loro linguaggio, di giocare bene ai videogiochi e di interagire con loro.
Usano tutti i canali possibili, studiano le loro abitudini e le loro aree di interesse.
Sfruttano i videogiochi, i vari blog e profili social per poi cercare di spostare le conversazioni nelle chat private. Interagiscono nei commenti dei video.
Conquistano la loro fiducia di bambini e ragazzi interagendo con loro anche per mesi, fino a quando non sono in grado di manipolarli mentalmente e indurli a soddisfare le loro richieste. Il bambino generalmente si vergogna o ha paura di raccontare quello che gli è accaduto e non si apre con gli adulti.
Purtroppo tanti genitori e insegnanti si fanno ingannare dalla dimestichezza con la quale i bambini utilizzano gli strumenti tecnologici.
Il fatto che sappiano usare uno smartphone e tutte le sue applicazioni, non significa che abbiano la consapevolezza di ciò che fanno e che siano pronti per un corretto utilizzo.
Non sono in grado di riconoscere i pericoli della rete e di identificare quando qualcuno sta cercando di entrare nella loro cerchia di fiducia per adescarli.
Grooming
Il vero problema di oggi, e soprattutto di domani, non è la dipendenza dalla tecnologia ma l’adescamento online (grooming) che è già in notevole crescita.
Un figlio in rete non è immune ai pericoli. Per essere immune deve essere in grado di pensare in maniera critica e deve essere abituato dal genitore a farlo quotidianamente attraverso una costante e continua educazione digitale efficace.
Per contrastare il grooming si deve insegnare ai bambini a non interagire mai con utenti sconosciuti, a non dare informazioni personali a nessuno, anche all’utente che sembra più amichevole e più in sintonia con loro.
Dalla teoria alla pratica, che fare per arginare il grooming
Cosa serve per arginare il fenomeno? Serve educazione digitale.
C’è uno scollamento tra la realtà degli adulti e quella dei bambini, poco conosciuta da parte dei primi.
Molti genitori e insegnanti sono partiti scettici ma si sono resi invece conto di quanto sia reale il problema dell’adescamento e di quanto sono a rischio i bambini.
Posso dire che grazie a questo progetto abbiamo fatto avvicinare i due mondi.
Ci si è resi conto di quanto i bambini siano a contatto con situazioni dalle quali dovrebbero stare lontani, senza avere gli strumenti, e senza che gli adulti siano realmente in grado di contrastare l’adescamento.
Serve l’interazione per rendere i bambini consapevoli dei pericoli, non basta dire loro “state attenti perché c’è un pericolo”.
I bambini sanno cos’è un pedofilo ma nell’interazione non sanno riconoscerlo. Tant’è che poi nella realtà fanno attività a rischio come interagire con chi non conoscono e dare l’amicizia a persone sconosciute.
Non sono troppo piccoli per questi problemi, ma non lo sono nemmeno per capire come starne alla larga».
Genitori
I genitori dovrebbero dare dei limiti. Mettere i blocchi, le impostazioni della privacy, controllare la cronologia delle loro attività in rete. Più sono piccoli, meno lo devono usare da soli, neanche nelle chat con i compagni di classe perché spesso sono proprio le chat private il maggior diffusore di materiale che non deve circolare tra bambini.
Monitorare non significa invadere la loro privacy, significa star loro accanto. Non basta controllare, bisogna insegnargli a navigare correttamente e se un genitore ha delle lacune deve avvalersi dell’aiuto di esperti in grado di insegnargli come essere una guida efficace.
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Vediamo quali sono le dinamiche che ci portano a farlo.
Buongiorno amici. Oggi riflettiamo sul perché mentiamo online..e off?
Bugie
Ma lo sapete che le bugie non hanno sempre un’accezione negtiva? In questa diretta parleremo proprio di questo.
Innanzitutto faremo una distinzione tra bugie bianche, quelle appunto giustificate, e quelle nere, dannose per chi le riceve.
Bugie che uniscono
Sembra una banalità, un assurdo ma mentre le buge nere spezzano legami, quelle bianche possono crearli e unirli, rafforzarli.
Le bugie bianche sono dette per non rimanere soli. Fateci caso, chi è più sicnero ha pochissme perosne al suo seguito.
Ma sapete che vi dico, melgio, perché di quelle persone vi potrete sempre fidare.
Bambini e ragazzi
E, udite udite, chi dice più bugie nere sono proprio i bambini. I ragazzi più grandi tendono più a dire quelle bianche Ma non voglio spoilerare nullad ella diretta quindi…vi lascio i link per vederla.
Io spero che il riflettere sul perché mentiamo online..e off? vi sia di aiuto .
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uno studente su tre mente sugli esami dati. Vediamo il perché.
Buongiorno amici. Oggi parliamo di università e del perché molti studenti mentono sugli esami dati inf amiglia.
Storie
Ci sono storie che finiscono malissimo, altre, come quella raccontata venerdì 17 marzo su Twitter da Paola, che mostrano resilienza e offrono speranza: «Avevo congelato la mia carriera universitaria perché di colpo e per motivi che neanche io ho ancora capito ho avuto un crollo», racconta in un thread che ha avuto oltre duecentomila visualizzazioni in poche ore.
Il finale è una riscossa: dopo anni di fatica, blocco, «bolla d’ansia», Paola ha ripreso a studiare e a dare esami.
Aumentano i casi di difficoltà psicologica, crisi da stress, ansia da prestazione, timore di essere inadatti e incapaci, di non rispondere alle aspettative dei professori e delle famiglie.
Secondo un sondaggio tra gli studenti fatto dal sito Skuola.net circa uno studente universitario su 3 ammette di aver mentito alla famiglia sulla propria carriera studentesca.
In circa la metà di questi casi – si parla del 16% del totale – la bugia è sistematica. Tra chi, a oggi, continua a tenere nascosta la realtà dei fatti, solo 1 su 3 afferma di essere nel pieno controllo della situazione.
Mentre il 32% vorrebbe vuotare il sacco ma non riesce a trovare il coraggio, e il 35% è convinto che non si possa più tornare indietro.
Se venisse scoperto dalla famiglia sul reale stato delle cose, il 25% ritiene di poter essere preda di uno stato di disperazione e la stessa percentuale afferma di poter ipotizzare anche un gesto estremo.
Intervenire sulla famiglia
Con questi dati viene da chiedersi se non sia tardi per correre ai ripari e soprattutto quale può essere una strategia utile per fermare o limitare questo fenomeno che rischia di diventare patologico.
Secondo gli studenti il problema è in famiglia: uno su due (46 per cento) vorrebbe che passasse il messaggio che non è che una laurea sia per forza il sinonimo di successo.
La prima spiegazione di chi comincia a mentire sui propri esami ai genitori è quella di volerli tranquillizzare. Solo il 15% vede utile potenziare il supporto psicologico da parte degli atenei, mentre uno su tre vorrebbe un approccio più umano e comprensivo da parte delle Università.
Cosa ne penso
Tanto troppi ragazzi mentono, in famiglia, sul loro percorso universitario : se la frequentano, come è se superano gli esami.
Molte volte La famiglia scopre la verità il. Giorno della laurea. A volte, purtroppo, c’è chi compie gesti estremi come togliersi la vita.
Cari genitori, l università non è un obbligo e sicuramente non qualifica una persona migliore di un’altra.
È semplicemente una scelta che deve essere voluta dai ragazzi, anche per quanto riguarda l’indirizzo.
Non devono sentirsi in obbligo perché voi avete pensato ad un futuro per loro che magari non corrisponde né alle loro capacità, inclinazioni né ai loro obiettivi.
È loro la scelta. Accettatela.
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Già da piccoli hanno dovuto imparare inf retta a fare l’adulto
Buongiorno amici. Oggi parliamo di piccoli adulti.
La crescita psicoemotiva di una persona è ben precisa e segue tappe specifiche, ognuna di queste con propri obiettivi da perseguire. Durante l’infanzia e l’adolescenza il bambino deve essere attratto dal mondo esterno, vivere con leggerezza e iniziare a creare la propria identità sociale. Il gioco, senso-motorio o di imitazione, diventerà un aspetto fondamentale per lui, da eseguire con i genitori o con altri bambini.
I genitori in queste fasi hanno un compito fondamentale, ovvero essere presenti per il proprio figlio e rispondere correttamente dal punto di vista emotivo alle sue richieste. Basta un solo sguardo della madre per soddisfare l’emotività del bambino. Se, però, ciò non è presente, si corre il rischio di incorrere nel fenomeno ‘dell’adultizzazione infantile’, ovvero il bambino che non ha vissuto il suo tempo, che è già nato grande.
Un caso clinico, la storia di Maria
Ecco Maria, una bambina che ha dovuto fare i conti con la sofferenza emotiva già da piccolina. Ha vissuto e sopportato le esperienze delle persone adulte. E’ stata spinta ad assumersi responsabilità che, alla sua età, non avrebbe dovuto ancora avere. Già a 5 anni ha dovuto imparare a camuffare le sue emozioni e a trovare le forze ovunque. Maria è stata una bambina ferita, una bambina con un’anima spezzata. Tutto a causa di una serie di circostanze che ha dovuto affrontare in tenera età.
I suoi genitori non avevano un rapporto felice e così Maria si è ritrovata a dover ascoltare tutte le loro discussioni, a vedere quanto non si sopportavano a subire le loro liti. La sua sfortuna? Essere quella più responsabile, l’alibi perfetto per dover aiutare la mamma con il fratellino di 3 anni.
Maria non ha avuto il tempo di essere una bambina, non ha potuto giocare con le bambole o con le bambine della sua età; era troppo impegnata a dover fare tutto ciò che la mamma le chiedeva o peggio a fare i conti con i sensi di colpa per non essere stata come mamma voleva.
Eh sì, perché quando si è piccoli, non si ha la maturità giusta per capire che sono i genitori ad assumere comportamenti sbagliati e il bambino finisce per convincersi che è lui a non essere meritevole d’amore ed è lui quello sbagliato che non sa rendere felice mamma.
Maria ha una ferita che brucia
Le ferite interiori sono quelle più devastanti, perché non si vedono… perché sono invisibili aglio occhi del mondo, perché sono invisibili agli occhi del mondo del bambino: il genitore! Nel caso di Maria, come nel caso di tanti altri piccoli adulti, i genitori pensano che ogni bambino stia chiuso nel suo mondo a viversi il momento. I genitori pensano che ogni bambino possa dimenticare presto ogni accaduto, o peggio, alcuni genitori pensano addirittura che i bambini non siano in grado di capire.
Purtroppo è vero il contrario. I bambini, a modo loro, capiscono e assorbono tutto: astio, sofferenze e contrasti familiari.
Maria, come altri bambini che hanno vissuto la sua situazione, sa bene che tutto quello che vive le scuote l’anima…. ciò che non sa è che se ora le conseguenze non si manifestano, da adulta la vita le presenterà il conto, e sarà un conto salato da pagare, proporzionale agli errori commessi dai suoi genitori!
Maria era una bambina con una ferita bruciante, una ferita ben nascosta e difficile da curare.
Una bambina non ha i mezzi giusti per vivere tra conflitti familiari, tra inasprimenti genitoriali e tra le oscillazioni d’umore della mamma. Una bambina è una principiante in questo strano gioco delle vita! A volte Maria piangeva. Sì, ma lo faceva quando era sola a letto, al buio e non piangeva per capriccio ma perché si trovava a fare i conti con una cosa più grande di lei, più grande di ogni uomo adulto: la frustrazione.
La condizione di impotenza di Maria era indotta dai comportamenti incoerenti e conflittuali dei genitori. Maria aveva presto imparato a sentirsi vuota e a capire che in quel mondo non c’era nessuno che potesse supportarla o capirla.
All’età di Maria, i genitori generalmente impartiscono regole, dicono cosa si può e cosa non si può fare. I genitori di Maria finivano per fare ciò che intimavano ai figli di non fare. “Maria non strillare!” e durante le liti, i genitori puntualmente alzavano la voce. “Maria non offendere tuo fratello!” E i genitori, puntualmente si offendevano a vicenda… Anche questo è qualcosa che genera confusione nei bambini ma nell’infanzia di Maria era l’ultimo dei problemi.
Il vestito d’adulto, indossato da un bambino, aiuta a incassare il colpo
Il tempo scorreva, Maria cresceva ma le cose non cambiavano neanche per il suo ottavo compleanno… la sua vita era ancora ricca di incoerenza e dolore. I genitori continuavano a ignorare e negare le esigenze della piccola Maria che, per adattarsi alla situazione, ha dovuto ben presto vestire i panni di un’adulta. Maria fin da subito mostrava pazienza e integrità, non gridava, non dava fastidio e non faceva capricci.
Maria osservava con tristezza quello che le accadeva intorno, la sua tristezza mutò ben presto in rassegnazione. Maria sapeva di non poter fare nulla perché nessuno poteva aiutarla o capirla. Nessuno poteva vedere il suo dolore che, con il trascorrere degli anni, iniziò a pensare fosse addirittura ingiustificato… ma il dolore c’era, ed era reale.
Ogni giorno Maria simulava benessere, lo faceva per la famiglia. A scuola, le maestre iniziarono a notare che qualcosa non andava nella vita della piccina. Le maestre decisero di fissare un colloquio con i genitori, suggerirono un supporto psicologico per la piccola Maria riferendo che in classe manifestava dei disagi. I genitori non ci pensarono due volte: le maestre non capivano niente, Maria per loro stava bene! Qualsiasi piccola incertezza mostrata o non esisteva affatto, oppure, quando palese, si sarebbe “aggiustata da sola con la crescita”.
Un genitore dovrebbe fare qualcosa per un figlio in difficoltà, allora perché riesce abilmente a mostrarsi cieco di fronte a certe sofferenze?
Un genitore, nell’accettare un disagio psicologico nel figlio, dovrebbe mettere in discussione il proprio operato. Dovrebbe ammettere delle colpe, dovrebbe capire che in determinati ambiti ha fallito… E’ più facile negare tutto che mettersi in discussione.
Il bivio: dalla consapevolezza all’oscurantismo
Così come Maria, tutti i bambini che hanno avuto un’infanzia difficile, crescendo, si sono ritrovati -più o meno inconsapevolmente- davanti a un bivio. Da un lato vi è la via del perdono, della consapevolezza, delle esperienze emotive correttive. Dall’altro lato vi è la strada dei modelli comportamentali inconsci, delle credenze e dei meccanismi disfunzionali che si perpetuano senza fine.
E’ vero, l’assenza di qualcosa nell’infanzia può trasformarsi in un vuoto emotivo che da adulti sarà impossibile da colmare.
Chi sceglie la prima strada (quella del perdono e della consapevolezza) accetta l’esistenza di quel vuoto e capisce che ormai fa parte del passato e che il presente può essere plasmato con nuove prospettive. Chi sceglie la seconda strada, tenta a tutti i costi di colmare quel vuoto collezionando solo fallimenti. La seconda strada è fatta da dipendenza affettiva, tratti narcisistici, inconsapevolezza e mancata realizzazione.
Le esperienze, belle o brutte che siano, hanno sempre uno scopo: la strada della consapevolezza
Poiché Maria è stata una bambina ferita nascosta sotto un’apparenza adulta, tutti i problemi che potrà incontrare in futuro diventeranno esperienze con cui crescere. Maria maturerà, imparerà e diventerà un’adulta in grado di trasformare il dolore in qualcosa di buono e di positivo che l’aiuterà ad andare avanti.
Vincerà con la resilienza, imparerà il valore del saper esprimere e identificare le sue emozioni, saprà gestirle e, soprattutto, imparerà a perdonare. Perdonerà i suoi genitori per non essere riusciti a fare di meglio e perdonerà se stessa per essersi sentita colpevole e non meritevole d’amore senza esserlo mai stata davvero. Quando Maria si renderà conto di tutto ciò, la ferita che albergava nel suo intimo inizierà a risanarsi formando una cicatrice che con il tempo imparerà a guardare con coraggio.
Certo, le capiterà di soffrire ancora e probabilmente si presenteranno nuove ferite che riapriranno quella che sembrava già rimarginata. Maria però non dovrà temere! La bambina ferita di un tempo potrà diventare un’adulta molto forte, capace di dare valore ai sorrisi, circondarsi di persone positive e apprezzare a pieno i bei momenti.
Come rinascere
Se ti sei rivisto in alcuni di questi punti, probabilmente ti starai chiedendo: cosa fare? Certo, puntare il dito contro i genitori e vivere perennemente arrabbiati non è la cosa giusta. Anche lasciarsi sopraffare dal rancore e dalla nostalgia per ciò che poteva essere ma non è stato non è la via. Allora come muoversi? Vivere intrappolati in cicatrici del passato significa rinunciare per l’ennesima volta a se stessi, e tu una possibilità di riscatto la meriti. E per afferrarla non basta la forza di volontà. Il motivo?
Prova un po’ a svitare un bullone senza l’attrezzo giusto, a mani nude. Puoi essere caparbio, assennato, determinato… ma senza la chiave giusta otterrai solo mani dolenti e dita sanguinanti.
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Io spero che riflettere sui piccoli adulti vi sia servito.
Progetto molto importante dedicato agli adolescenti.
Buonigorno amici. Oggi vi presento no more home abuse.
Progetto
Tutto asce dall’idea di creare uno spazio, un piccolo cntro dove poter dare ascolto a tutti quei ragazzi e ragazze vittime di abusi e violenze domestiche.
E che, per paura, vergogna, non hanno ancora avuto il coraggio di urlare il loro dolor,e la loro rabbi,a di denunicare ed essere sostenuti.
Di chiedere aiuto.
Ragazzi-no more home abuse
Nel mio lavoro, nel corso degli anni, ho avuto, purtroppo, a che fare con situazioni di questo tipo.
Cosa comporta? L’allontanamento dalla famiglia dei ragazzi, il percorso in comunità, il processo, a volte, la presa incarico degli assistenti sociali e del tribunale dei minori.
Ed è rporpio aiutando questi ragazzi, ed è proprio gardando i loro occhi e tenendo le loro mani che ho voluto portare avanti questo progetto.
Incontro- no more home abuse
Un progetto che è , oltretutto, un luogo di incontro tra ragazzi che hanno lo stesso vissuto, che possono darsi coraggio e sostenersi a vicenda. Per non farli sentire soli e sbagliati.
Un luogo dove l’arte può essere da veicolo per esprimere i loro sentimenti e le loro paure.
Ma per avvare tutto questo ho bisogno di voi e del vostro aiuto.
Ascoltate attentamente la diretta .
E se volete, sostenete no more home abuse e fate girare il più possible,ai vostri parenti, amici, conoscenti, sui social media, questo link
Buongiorno amici. Oggi riflettiamo sul fatto che ci ricordiamo di come ci siamo sentiti, non delle parole che c vengono dette.
Piccola ma importantissima riflessione del giorno.
Come ci sentiamo
Molte, troppe volte, quasi sempre, i genitori pensano di ferire con le parole, di faresi rispettare alzando la voce, di dare più pathos e impeto ad un rimprovero alzando la voce o dicendo quella parola di troppo.
Come dico sempre, fin dall’infanzia, ossia quando i bimbi non hanno altro esempio e conoscenza se non quella del nucelo familiare con cui vive tutto il giorno, i genitori devono esere un buon esempio, una guida per los viluppo sano del proprio figlio.
In questa fase, il bambino assorbe tutto quello che vve tra le mura dic asa. E quando dico tutto è davvero tutto.
E non avendo ancora consapevolezza di cosa è giusto e sbagliato, di come si deve comportare o meno nel modo corretto con le persone che lo circondano, prendono come esempio non quello che dicono o genitori ma quello che fanno.
Comportamenti
Se dico al mio bambino fumare fa male, non devif arlo” e poi il bimbo vede mamma o papà che fumano tutto il giorno, essendo una guida per il bimbo, questo non ascolterà, non memorizzerà le parole dette dal genitore ma guarderà i fatti.
E il fatto, qui, è vedere la mia guida fumare. Quindi vuol dire che è corrett farlo. Qundi lo faccio anch’io. Esempio banale ma per farvi capire.
Ferire
Troppe volte mic apita di vedere, in famiglie cona dolescenti, genitori che pretendono di essere ascoltati dai loro ragazzi urlando, attaccandoli con parole che feriscono la loro persona, praticamente insulti.
O, peggio ancora, alzando quanlche schiaffo.
Ecco…ai ragazzi non rimarranno dentro le parole, le urla.
Ma quello che rimarrà dentro di loro è il come si sonos entiti in quel momento: male, inutili, falliti, non capiti o sacoltati.
Uno schiaff verrà ricordato in eterno e farà molto più male di un qualcosa detto alzando il tono della voce.
Attacchi
Non ricorderanno una parola detta furo posto ma come quella parola li avrà feriti; come li avrà fatti sentire in quel momento. Perché è questo che uccide .
Quando un ragazzo, storia vera, mi dice , prlando del suo compleanno “era meglio che non nascevo, tanto…”, dietro questa frase terribile c’è una sofferenza immensa nata da tutti quei momenti in cui questo ragazzo si è sentito solo.
Nasce da come, atteggiamneti, indifferenza, non curanza, mancanza di attenzione e affetto, mancanza di stima, lo hanno fatto sentire…un fallito, depresso, solo, non capito e ascoltato.
Non ricorderannos icuramente la parola in questione, la frase…ma lo stato d’animo quello sì.
E non pensiate di creare un dialogo serio, vero, sano in questo modo.
Ascolto
Prestate attenzione a quello che dicono i vostri ragazzi, ascoltateli senza pregiudizi o giudizi, cercate di empatizzare con loro e il loro mondo e se avete bisogno del mio aiuto contattatemi nella sezione “contatti e consulenze” del sito
o su camtv col nome del canale adolescenti istruzioni per l’uso