Buongiorno amici. Oggi voglio fare una riflessione su l’esempio che danno i bambini.
Esempio
Oggi voglio fare una piccola riflessione con voi. Sull’esempio che seguiamo da che siamo bambini fino all’età adulta.
Nasciamo e veniamo a contatto solo col nostro nucleo famigliare: mamma e papà e, a volte, fratelli. Ma l’esempio che ci dicono di seguire è quello dei genitori.
Ed è qui che questi devono cominciare a dare esempio del ruolo importantissimo che hanno. Il buon esempio, sì.
Perché , come dico sempre io, a quell’età i bimbi sono come delle spugne.
Non hanno ancora una facoltà cognitiva molto sviluppata, sono nati da poco tempo. E, più che le parole, seguono ciò che i genitori dicono e fanno. Sono il loro esempio, i loro eroi.
Se i genitori parlano urlando a casa questo modo di comunicare verrà trasportato, una volta più grandicelli, al di fuori delle mura domestiche. Se, da adolescenti, mamma vi dice di non fumare perché fa male alla salute ma lei stessa lo fa, nel cervello del ragazzo c’è una domanda:” ma allora è lecito. Lo faccio anch’io”.
Nonni
Un altra bellissima figura della famiglia sono i nonni. Ci dicono sempre che i nonni sono l’emblema della saggezza.
E quanto ci piaceva sentir raccontare di quando nonna era giovane o degli episodi della sua epoca, di come viveva. A volte quei racconti erano quasi meglio delle favole.
La mia canticchiava spesso e le insegnava a me. E id etti popolari? Quanta saggezza davvero in quelle frasi che non capivamo ma che, nel profondo, nascondevano dei veri insegnamenti che, poi, ci portiamo avanti per tutta la vita.
E i bambini?
Ma quindi i bimbi, devono solo imparare e tacere?
E no. Ci dicono , e diamo per scontato che sia l’unico modo per crescere bene, che solo gli adulti possono insegnarci qualcosa. Ma chi l’ha detto?
Sono sempre stata, e sempre lo sarò, convinta che chiunque può insegnarci qualcosa, anche un bambino.
Nella sua gentilezza, ingenuità. nei suoi occhi pieni di meraviglia nello scoprire il mondo.
Nella non malizia nel rapportarsi con gli altri e nell’assenza di giudizio e pregiudizio, a meno che non abbia seguito un esempio sbagliato in casa.
No presunzione
Troppe volte vedo, nelle famiglie con ragazzi adolescenti, i genitori, o almeno uno di oro, che si sentono i detentori della verità assoluta. Io sono il migliore nel dire , fare, in tutto e, per questo, devi prendere e esempio da me.
A volte pressano i ragazzi di troppe aspettative facendo crescere, così, delle persone frustrate che hanno paura di deludere gli adulti.
Quegli adulti che dovrebbero supportarli e aiutarli ad avere fiducia in se stessi e a valorizzarli.
Ebbene sì, anche voi non siete mai arrivati.
Ricordatevi che nella vita c’è sempre da imparare, da tutto e tutti, indipendentemente da sesso ed età.
Buongiorno amici. Oggi rispondiamo ad una domanda che molti s fanno:” sento di odiare il mio corpo. Cosa devo fare?”
Tutti noi, a un certo punto, ci siamo detti “mi sento come se odio il mio corpo”.
Non è facile amarlo ogni giorno o apprezzarne ogni sua imperfezione e forma.
Tuttavia, quei momenti passano e alla fine lo accettiamo così com’è, perché questo fantastico involucro fisico è ciò che ci permette di sentire, respirare, abbracciare, lavorare, goderci la vita e interagire con gli altri.
Tuttavia, negli ultimi anni, sempre più persone hanno un cattivo rapporto con la propria immagine corporea.
Rifiutano se stessi, odiano l’essere che si riflette nei loro specchi, perché non si armonizza con i presunti “corpi ideali” dei social network o con quelli che ci vengono venduti nella società dei consumi.
Come affrontare queste situazioni? Scopri di più a riguardo con il seguente articolo.
Non è necessario amare il nostro corpo, basta rispettarlo, accettarlo. Tuttavia, la cultura, e persino l’istruzione, fanno sì che sempre più giovani odino la propria immagine e portano a comportamenti autodistruttivi.
Come faccio a sapere se sento di odiare il mio corpo?
È possibile che ogni volta che ti guardi allo specchio o nei tuoi selfie ti dica “Mi sento come se odiassi il mio corpo”. Inoltre, potresti avere un figlio o una figlia adolescente che senti ripetere spesso. A che punto iniziamo a preoccuparci delle nostre percezioni o di quelle degli altri? Quando superi il confine da “normale” a “patologico”?
In uno studio pubblicato sull’Indian Journal of Psychiatry, viene evidenziato che, sebbene sia normale avere preoccupazioni per l’aspetto fisico, quando queste diventano eccessive, potremmo essere all’interno dello spettro del disturbo da dismorfismo corporeo (BDD).
Di conseguenza, è importante rilevare quei sentimenti e attribuzioni negative verso la propria immagine che sono più problematiche. Affinché tu sia più consapevole di questi tipi di situazioni e sentimenti negativi, li elenchiamo di seguito:
Sei ossessionato dal viso, dai capelli, dal naso e dalla pelle.
Ti confronti costantemente con gli altri.
Provi sentimenti di insicurezza e inferiorità.
Provi tristezza e demotivazione a causa del tuo schema corporeo.
La tua vita sessuale affettiva è molto limitata da questo problema.
L’idea di ricorrere alla chirurgia ti perseguita con insistenza.
Restringi la tua vita sociale per dispiacere della tua stessa immagine.
Queste preoccupazioni per il proprio corpo occupano buona parte della giornata.
Ti lasci scivolare in comportamenti compulsivi come guardarti costantemente allo specchio o spazzolarti i capelli.
Come aiutarmi a smettere di odiare il mio corpo
Per quanto ti dicano che “accettati per come sei”, farlo non è facile. Non è perché la mente è dominata da pregiudizi cognitivi che alimentano la visione negativa della propria immagine corporea.
Anche le credenze apprese e molte idee irrazionali inconsce che non sono facili da disattivare. Tale riformulazione richiede tempo e lavoro. Vediamo quali strategie sono utili se ti sembra di odiare il tuo corpo.
Pratica la neutralità del corpo
Realtà come il disturbo da dismorfismo corporeo, così come la propria persistente antipatia per l’immagine fisica, hanno una parte della loro origine nella bassa autostima. Meta -analisi come quella riportata in BMC Psychiatry indicano che questo stesso fattore è solitamente un elemento trasversale.
Un modo per disattivare quel rifiuto quando dici a te stesso che “mi sento come se odio il mio corpo” è praticare la neutralità del corpo. È una strategia emotiva e motivazionale volta a migliorare il rapporto che hai con il tuo fisico. Per fare ciò, prendere nota delle seguenti raccomandazioni:
Fai una lista di tutto ciò che puoi fare con il tuo corpo: respirare, vedere, camminare, lavorare, guidare, abbracciare, baciare, scrivere, leggere, giocare con il tuo animale domestico, ballare e molto altro.
Fai attività gratificanti: fai una passeggiata, goditi bagni rilassanti, balla, canta, ecc. Svolgi attività che ti permettano di goderti ogni sensazione fisica che il tuo corpo ti dà.
Accetta la tua immagine senza bisogno di amarne ogni parte: apprezza solo tutto ciò che il tuo corpo ti permette di fare, il che non è poco. Questo compito comporta lo sviluppo di un’adeguata empatia con te stesso, permettendoti di esistere nella tua fisicità senza giudicarla.
Un modo per migliorare la nostra relazione con il nostro corpo è praticare la neutralità corporea. Consiste nello smettere di giudicare noi stessi, imparare a vivere empaticamente con il nostro corpo, godendoci ciò che ci permette di fare.
Si consiglia di regolamentare l’uso dei social network
Viviamo in una società dominata dalla tirannia dell’immagine. Pubblicità, cinema, televisione e social network sono media che impongono l’idea distorta che esistano “organismi regolatori”.
Pertanto, la persona che non si conforma a queste misure, forme e proporzioni ideali si sente rifiutata e persino elabora che c’è qualcosa di difettoso in loro.
Ricerche come quella pubblicata su Clinics in Dermatology limitano questo problema.
L’uso dei social network e l’esposizione a immagini idealistiche del corpo sono alla base di molti disturbi e sofferenze. Pertanto, è essenziale migliorare l’uso che fai dei social network e l’esposizione ai loro messaggi.
Per raggiungere questo obiettivo, prendi nota delle chiavi che possono aiutare nel processo e che condividiamo di seguito:
Riformula i messaggi social che ti spingono alla perfezione: ricorda che non esistono corpi ideali, esistono corpi reali.
Scegli account che esaltino la diversità, la salute del corpo e la positività del corpo : nel momento in cui inizi a seguire figure o celebrità che apprezzano e rispettano tutte le corporature, l’algoritmo continuerà a mostrarti profili simili.
Limita o regola l’uso che fai delle reti: a volte, puoi passare troppo tempo a esporti a messaggi che feriscono e immagini che rafforzano inconsciamente il rifiuto del tuo corpo. Fai buon uso della tecnologia.
Guarisci te stesso dai messaggi che hai ricevuto sul tuo corpo nel corso della tua vita
È possibile che la prima volta che ti sei detto “Sento di odiare il mio corpo” sia stato nella prima adolescenza.
Spesso il nostro ambiente più vicino rafforza in noi il rifiuto della nostra immagine.
Ci sono messaggi come “saresti più carina se dimagrissi” che ci inoculano un disagio molto precoce verso la nostra immagine di noi stessi.
Per guarire e costruire una buona relazione con il tuo schema corporeo, devi riformulare tutte quelle verbalizzazioni che qualcuno ti ha indirizzato ad un certo punto.
È un compito psicologico complesso che comporta la revisione anche delle convinzioni che davi per scontate. Considera le seguenti azioni:
Tieni un diario e mettici delle belle frasi su di te.
Scrivi le convinzioni che hai sulla tua immagine.
Trasforma quei messaggi negativi, trasformali in messaggi positivi.
Chiediti da dove provengono questi messaggi (dalla tua famiglia, partner passati, amici, ecc.).
Comprendi che il dispiacere per la tua immagine è un’idea costruita che deve essere sanata.
Se rifiuti l’immagine del tuo corpo, potresti essere cresciuto in una famiglia che ti ha giudicato in base al tuo aspetto fisico. I messaggi dal nostro ambiente ci condizionano.
Circondati di persone che hanno un’immagine corporea sana di se stesse.
Potresti avere un amico ossessionato dal proprio fisico. Il fatto di trascorrere del tempo con persone ossessionate dal perdere peso, mostrando sempre un’apparente perfezione, può influenzarti in modo negativo. Ancora una volta, i messaggi che provengono dal tuo ambiente possono distorcere, a poco a poco, il rapporto che hai con il tuo corpo.
Sarebbe molto vantaggioso avere la vicinanza di figure che si accettano così come sono e che ti apprezzano anche per quello che sei. L’autostima si costruisce anche dalle parole che arrivano da chi ci circonda. Pertanto, avere amici che ti apprezzano, che ti convalidano e non ti giudicano dal tuo corpo, è qualcosa di molto salutare.
Cosa fare se sento di odiare costantemente il mio corpo?
Nel caso in cui non riesci a smettere di pensare al tuo corpo e la tua vita psicosociale è molto limitata, è il momento di chiedere aiuto. In generale, questo persistente rifiuto si traduce spesso in autolesionismo e persino ideazione suicidaria. Evita di arrivare a questo punto.
Ricerche come quella pubblicata su Behavior Therapy suggeriscono che la terapia cognitivo-comportamentale, combinata con antidepressivi, è appropriata. Sebbene questo studio si concentri sulla popolazione giovane, va notato che i suoi benefici possono essere correlati anche alla popolazione adulta.
Se cambio il mio corpo, l’odio o l’antipatia se ne andranno?
Sono molte le persone che ricorrono alla chirurgia estetica pur di raggiungere quell’aspetto fisico con cui riconciliarsi finalmente con se stesse. Ora, quella percezione di sé negativa cambierà se trasformi il tuo corpo?
Tutti possiamo ricorrere all’esercizio fisico e sottoporci a un intervento chirurgico per vederci meglio. Non si nega che questi cambiamenti spesso si ripercuotano sull’autostima. Ma dobbiamo stare attenti.
Le cliniche di chirurgia estetica dovrebbero valutare la presenza di un BDD; in questi casi, le modifiche non garantiscono che la persona avrà un aspetto migliore. L’odio persiste e continuano ad aver bisogno di sempre più operazioni.
Buongiorno amici. Oggi riflettiamo sugli adolescenti, ansia e paura di sbagliare.
“Mentre l’adolescente-Icaro di ieri volava troppo in alto, i nuovi Icaro hanno paura di volare.
Le loro ali tremano per la paura di sbagliare, cadere e fallire; tremano per l’ansia che ostacola la serenità del loro volo, a scuola come nella vita.
È quella voce che dice, sia a noi che ai nostri ragazzi, che non siamo abbastanza, che non ce la faremo che tentare è inutile, se sai già di fallire.
Nel cuore degli adolescenti di ieri c’era soprattutto il senso di colpa con cui confrontarsi, invece gli adolescenti di oggi provano fatica emotiva che si traduce in un grande senso di inadeguatezza, per il non riuscire a stare al passo, per la paura di fallire, di non essere abbastanza” (Stefano Rossi)
Ricerca adolescenti, ansia e paura di sbagliare
Una ricerca condotta da Fondazione Gemelli IRCCS e UNICEF sulla situazione dei giovani in Italia ha rilevato come il 39% della popolazione dichiari di soffrire di una sintomatologia ansioso-depressiva.
Gli adulti sono preoccupati dal disagio che i più giovani manifestano, eppure non sanno come affrontarlo: il 48% denuncia l’incapacità di far fronte al problema. Il 54% dei ragazzi, d’altra parte, pensa di non essere capito da mamme e papà troppo distratti e solo il 3% parlerebbe con un insegnante di una sua difficoltà.
È quanto emerge da una ricerca condotta dall’Istituto Demopolis per l’impresa sociale Con i bambini, che ha voluto indagare anche le difficoltà di genitori e docenti nel dialogare con i ragazzi, che stanno scontando ancora gli effetti della pandemia sulla salute mentale.
La paura di sbagliare che blocca i ragazzi
Sempre più frequentemente gli adolescenti hanno paura di sbagliare, non accettano gli errori e li vivono come un fallimento.
Purtroppo viviamo in una società che pone troppo spesso l’accento sul risultato: ci si preoccupa di ottenere sempre buone prestazioni e ci si dimentica di quanto, invece, anche imparare a sbagliare sia importante per crescere e sviluppare una buona autostima.
È soprattutto a scuola che i più piccoli temono di sbagliare: livelli eccessivi di ansia, che spesso riguardano la paura di prendere un brutto voto o del giudizio degli altri, possono attivare un blocco e la percezione di non essere all’altezza.
Gli adolescenti hanno bisogno di ascolto, non di soluzioni, e di essere aiutati a trasformare le difficoltà in una sfida da affrontare!
Spesso gli adolescenti si bloccano davanti a un problema o a una situazione che percepiscono come difficile, assumono un atteggiamento difensivo e rinunciatario nei confronti di quello che devono affrontare e non riescono a viverlo come una sfida.
“Mi sento schiacciata da tutto quello che devo fare, mi sento di non riuscire a stare dietro a tutto. Ho mille pensieri che mi tormentano e quando mi sento così mi sale l’ansia, mi blocco e non riesco ad essere lucida.”
Nel momento in cui si presentano situazioni intense e impegnative il cervello rilascia sostanze chimiche e attiva una serie di circuiti neuronali.
Se si considera ciò che si sta vivendo come una minaccia, il cervello entra in uno stato di allarme e si prepara alla difesa.
Al contrario, se si affronta quella condizione come se fosse una sfida, il corpo produce una maggior quantità di energia per poterla superare e viene poi rilasciato un neurotrasmettitore, la dopamina, che fa sperimentare gratificazione.
Ascolto
Ascoltare i figli è fondamentale, è il primo passo per instaurare e mantenere aperta una relazione improntata sul dialogo e il confronto, anche nei momenti di difficoltà. Non è sempre facile riuscire ad ascoltarli e a comprendere i loro comportamenti e le loro motivazioni. Eppure è fondamentale: sentirsi ascoltati significa potersi fidare e sentire di essere importanti per l’altro!
I genitori hanno bisogno di acquisire consapevolezza, strumenti e strategie per fronteggiare in modo più efficace la quotidianità e le sfide che possono incontrare nella relazione con i figli e nelle diverse fasi della crescita.
In questo modo possono diventare promotori attivi potenziando il loro ruolo, rafforzando le loro competenze, promuovendo anche nei figli la consapevolezza e l’acquisizione di efficaci abilità di vita (life skills).
E vi ricordo che se avete bisogno del mio aiuto potete contattarmi tramite il pulsante qui sotto
Buongiorno amici. Oggi voglio parlarvi di ansia sociale che, purtroppo, non colpisce solo gli adulti. Ma, ultimamente, ne sono affetti adolescenti e addirittura bambini.
Cos’è l’ansia sociale
E’ una paura, più o meno intensa, in situazioni socialmente connotate.
A differenza dell’ansia generalizzata, questa si verifica in specifiche condizioni, ad esempio: parlare in pubblico, esibirsi, parlare con altre persone, parlare al telefono, mangiare con altre persone ecc.
Sostanzialmente è una paura molto intensa di essere valutati/giudicati negativamente dagli altri. Nel disturbo d’ansia sociale, l’intensità dell’emozione compromette significativamente la qualità della vita e delle relazioni.
Quindi, non è ansia sociale il fatto di vergognarsi a parlare in pubblico (quello è molto diffuso!) ma piuttosto ritrovarsi ad avere una vita compromessa perché non si riesce a gestire nessuna situazione in cui ci si trova a contatto con altre persone.
Segnali d’allarme
Che tu sia un ragazzo o una ragazza, un genitore oppure un docente, nonostante la definizione di ansia sociale potresti ancora essere in dubbio su come riconoscerla e, eventualmente, intervenire.
Il segnale principe è l’evitamento, le persone ansiose evitano vistosamente le situazioni che creano ansia, quindi, nel caso dell’ansia sociale si potrebbe assistere al rifiuto di partecipare ad occasioni sociali.
Per esempio se tu (o tuo/a figlio/a o alunno/a) rifiuti inviti a feste, uscite, compleanni, non vuoi praticare uno sport o addirittura ti rifiuti di andare a scuola, ci sono buone probabilità che tu possa esserne affetto.
Nei casi più gravi, spiega la psicologa, si arriva a un ritiro completo, a persone che non escono più dalla propria stanza, come i cosiddetti hikikomori.
Ma come prevenirla ed evitarla?
Vi lascio i link che potete scaricare dove ne parliamo insieme.
Buongiorno amici. Oggi ci soffermiamo a parlare di ansia adolescenziale.
L’ansia è una risposta naturale del corpo. Nel corso di migliaia di anni, ha permesso agli esseri umani di sopravvivere.
E sebbene si manifestino episodi di questo disturbo a tutte le età, durante l’infanzia e l’adolescenza si presentano con caratteristiche particolari.
L’ansia è la stessa cosa della paura?
I concetti di paura, fobia e ansia non sono gli stessi. Sebbene sia comune che questa confusione appaia nel contesto della psicoterapia infantile, vale la pena evidenziare le differenze.
Un’immagine ansiosa è una risposta a una minaccia. È qualcosa di naturale e atteso, ma quando viene superato compaiono i disturbi.
Anche se abbiamo una visione molto negativa di questi episodi, dobbiamo capire che sono necessari. Senza questa risposta non ci sarebbe l’evoluzione umana.
Forse oggi non esisteremmo nemmeno come specie, poiché ci è servito in più occasioni per sfuggire ai pericoli o per affrontarli con successo.
D’altra parte, la paura è un’emozione naturale che, se soddisfa determinati parametri in base allo sviluppo del bambino, è considerata normale. ”
C’è da aspettarsi che un bambino fino a due anni abbia paura della separazione dai genitori o a sei anni abbia paura degli esseri immaginari. Quando la paura è eccessiva entriamo nel regno delle fobie.
Perché compare l’ansia eccessiva nei bambini?
Tutti i bambini soffriranno di ansia in momenti diversi della loro vita. È una risposta fisiologica. Ma perché in alcune persone si manifesta in modo estremo e genera un disturbo?
L’origine dell’ansia è multifattoriale. È legato a fattori biologici, genetici, psicologici e sociali. Diamo un’occhiata a ciascuno di essi in dettaglio:
Psicologico: in particolare, le esperienze e il modo in cui le affrontiamo durante l’infanzia. Tutto ciò genera tracce emotive dai traumi, sia da ciò che viviamo sia da ciò che non viviamo.
Biologico: gli squilibri nelle concentrazioni di neurotrasmettitori, come la serotonina o la dopamina, possono influenzare la regolazione emotiva. Anche alterazioni nella modalità di risposta del sistema nervoso autonomo, soprattutto nell’attivazione del sistema nervoso simpatico.
Genetica: è dimostrato che esistono geni associati allo sviluppo di disturbi di ansia e depressione. Ci sono anche persone che sono ipersensibili allo stress a causa di tratti caratteriali ereditati. Tuttavia, la genetica non determina completamente e l’interazione con gli elementi dell’ambiente è cruciale.
Sociale: l’ambiente familiare può influenzare notevolmente il modo di affrontare la situazione del bambino. Gli stili educativi che gli adulti metteranno in atto saranno fondamentali. L’iperprotezione e l’attaccamento evitante sono associati ad ansia estrema durante l’infanzia. Al contrario, l’attaccamento sicuro, con affetto e limiti, sarebbe protettivo. Qui va menzionato anche il social network di supporto, compresi gli amici.
Tipi di ansia nei bambini
Questo disturbo può manifestarsi in diversi modi durante l’infanzia. I sintomi dell’ansia nei bambini variano e talvolta ci sarà o meno espressione verbale. Di seguito sono riportate le presentazioni più comuni:
Disturbo di panico: è la forma acuta di ansia. I sintomi compaiono improvvisamente con manifestazioni fisiche, come palpitazioni e mancanza di respiro.
Disturbo d’ansia sociale: è la paura delle situazioni sociali con altre persone. Si tratta solitamente di bambini che non vogliono andare a scuola o che preferiscono non uscire con i coetanei per paura del giudizio che verrà loro trasmesso.
Disturbo d’ansia generalizzato (GAD): questa è una forma estrema e grave. I bambini presentano molteplici sintomi, come incubi, pianto frequente, irritabilità, difficoltà di concentrazione e scarso appetito.
Disturbo d’ansia da separazione: è un’ansia necessaria per lo sviluppo del bambino. Di solito si manifesta intorno agli 8 mesi, quando il bambino ha paura degli estranei ed esprime disperazione quando viene lasciato solo o perde di vista i genitori. La persistenza di questo comportamento oltre l’età prescolare deve essere affrontata.
Perché compaiono episodi di ansia in adolescenza?
Gli adolescenti possono avere difficoltà a gestire le emozioni che provengono dall’infanzia. L’adolescenza è una fase di labilità emotiva, per cui il rischio di soffrire di disturbi mentali è maggiore.
Secondo la psicologa Martín, molti giovani si presentano nel suo ufficio parlando come sulle montagne russe. Non capiscono cosa sta succedendo loro e sono i primi a disperarsi per questo.
Fattori che influenzano l’ansia adolescenziale
Gli ormoni giocherebbero un ruolo importante nel comportamento ansioso.
Il cortisolo, la molecola associata allo stress, è elevato nel periodo adolescenziale. Quando c’è un eccesso di cortisolo, l’elaborazione emotiva e le capacità decisionali vengono influenzate.
Un altro fattore è la famiglia. La prima rete di contenimento che dovrebbe essere presente potrebbe fallire.
Una famiglia che fin dall’infanzia offre uno spazio di dialogo e una solida base di legame offre all’adolescente l’opportunità di affrontare meglio i propri problemi.
Al contrario, l’assenza di questi fondamenti favorisce comportamenti ansiosi.
«Ci sono adolescenti che non parlano con i loro genitori di questioni con peso emotivo perché la loro famiglia non si è precedentemente interessata a cose con meno peso emotivo, come i loro interessi quotidiani . citazione-atomica]
Un’opzione da proporre è la scrittura terapeutica.
Cioè, scrivere per incanalare ciò che accade loro. Naturalmente questo deve essere adattato al mondo digitale dei teenager, dando loro la possibilità, ad esempio, di scrivere appunti sul cellulare.
L’ansia è multifattoriale e l’ambiente è fondamentale per aiutare
Un disturbo d’ansia non può essere attribuito ad un’unica causa; molto meno nei bambini e negli adolescenti.
È possibile prevenire il problema? Con una comunicazione familiare aperta e assertiva basata su un attaccamento sicuro, è almeno possibile ridurre il rischio che i nostri figli attraversino uno stato di estrema ansia.
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Buongiorno amici. Oggi ci chiediamo ma è vero che i ragazzi sono menefreghisti?
Genitori e figli spesso si trovano a navigare in acque agitate, dove le emozioni sembrano nascoste dietro una facciata di indifferenza e menefreghismo.
Bambino affettuoso
“Il bambino affettuoso del passato, sempre pronto ad accettare i suggerimenti e gli ordini paterni, non esisteva più. I genitori, al momento dell’adolescenza del figlio, vivono un vero e proprio lutto: non esiste più il bambino tanto amato che li faceva sentire importanti e addirittura indispensabili” (Tratto dal libro Nel nome del figlio di Nicolò e Massimo Ammaniti).
Tuttavia, dietro questo velo di apparente distacco si cela spesso un mondo interno ricco di sfumature e sentimenti profondi.
Gli adolescenti, infatti, si trovano in una fase della vita in cui stanno cercando di scoprire chi sono e come vogliono essere visti dagli altri.
In questo percorso di scoperta ed esplorazione, spesso si ritrovano ad indossare una maschera, che il genitore potrebbe percepire come un muro di gomma, piuttosto frustrante da gestire.
Genitori lamentosi
“E’ tornato a casa con l’ennesimo 4 e me lo dice con una tranquillità disarmante: possibile che la scuola non gli interessi a tal punto? Ma neanche un po’ di vergogna, io mi sentirei piccola così”
“Mi dispiace dirlo, ma mio figlio ha il cuore di pietra. Non gli importa assolutamente nulla di noi, potrei morirgli davanti e mi scavalcherebbe”
“Mia figlia quando mi rivolge parola è perché mi deve chiedere qualcosa: sono la sua banca e il suo taxi. Possibile che non le abbia insegnato nulla?”
“Dopo una giornata di lavoro, tornare a casa e trovarla in uno stato pietoso con ancora sul tavolo la tazza della colazione, mi fa uscire letteralmente fuori di testa. Ma come è possibile che mia figlia non riesca ad empatizzare minimamente con me e con la mia stanchezza e non collabori neanche un minimo?”
Vulnerabilità
Molti ragazzi adolescenti, per proteggere se stessi e mascherare la propria vulnerabilità, possono optare per un atteggiamento freddo e indifferente.
Questo comportamento può trarre in inganno i genitori, spingendoli a interpretare erroneamente la situazione come mancanza di interesse o affetto da parte dei propri figli.
Il problema non è certo quello di perdere qualche volta la pazienza: i genitori non possono e non devono essere sempre perfetti e fare sempre la cosa giusta al momento giusto. L’errore è normale, l’importante è usare queste situazioni come momento di riflessione e, se serve, di messa in discussione.
Spesso, l’indifferenza e il menefreghismo sono solo una maschera che nasconde paure, fragilità e difficoltà nel tirare fuori i propri sentimenti ed è fondamentale riuscire ad andare oltre.
Cosa si può fare?
Diventano grandi senza preavviso e spesso si ha la sensazione che siano cambiati nel giro di pochi mesi o addirittura giorni, senza dare ai genitori il tempo necessario per adattarsi a questo cambiamento.
Si trovano in un’età in cui l’identità è ancora in fase di costruzione e la maschera può rappresentare un modo per sentirsi più sicuri e meno esposti alle critiche esterne.
Eppure, questo non significa che non abbiano bisogno degli adulti o che non gliene importi nulla.
Hanno bisogno di essere visti, di essere riconosciuti nelle loro idee e nei loro nuovi bisogni, di sapere che il genitore, pur non condividendo sempre le loro posizioni, riesce comunque a comprendere ciò che vivono, le loro emozioni, i loro sentimenti e sia pronto ad ascoltare, prima ancora che fornire soluzioni.
Diventano, dunque, ingredienti indispensabili il saper ascoltare senza giudicare, mostrare empatia e offrire supporto incondizionato, per instaurare un rapporto di fiducia e favorire un’apertura emotiva.
È importante non scoraggiarsi se non vogliono parlare o se tendono a chiudere la conversazione rapidamente.
Se si continua a mostrare interesse nei loro confronti, al momento giusto si apriranno, sapendo che mamma e papà sono un punto di riferimento.
Intransigenza
“Un fattore che rende difficile la comunicazione sono gli atteggiamenti intransigenti. Soltanto se usiamo lo stesso tono che desideriamo che gli altri usino con noi consentiamo il dialogo.
[…]L’empatia consente di calarsi nei panni dell’altro. In alcuni momenti bisogna saper spingersi al di là delle parole per comprendere lo stato d’animo e le reali esigenze del nostro interlocutore.
L’autocontrollo richiede perseveranza. Invece di scattare alla minima contrarietà, […] e provocare chiusure e irrigidimenti, meglio riflettere e usare toni pacati”
(Tratto dal libro Sopravvivere con un adolescente in casa di Anna Oliverio Ferraris)
Non esiste una formula magica per decifrare il linguaggio criptico di un figlio adolescente.
Ma con pazienza, amore e comprensione si può gradualmente costruire un ponte verso la reciproca comprensione e la condivisione di emozioni autentiche.
Con la consapevolezza che gli aspetti più profondi e intimi sono solo nascosti dietro quella facciata di insensibilità e che non vedono l’ora di trovare uno spazio per essere espressi.
E vi ricordo che se avete bisogno di me potete contattarmi
Perché l’insicurezza non è solo degli adulti ma anche dei minori.
Buongiorno amici. Oggi parliamo di come identificare l’insicurezza dei nostri figli.
Perché vostro figlio è insicuro?
I bambini sono esseri indifesi, soprattutto quando hanno meno di 6 anni. La loro innocenza e l’incapacità di gestire le emozioni e i problemi che possono dover affrontare li trasforma in facili prede della manipolazione, sia mentale sia fisica.
È un fatto del tutto normale dato che nessuno nasce con il sapere in sé ed è solo l’esperienza a permetterci di affrontare le innumerevoli circostanze con cui ci scontriamo ogni giorno.
I bambini, inoltre, assorbono tutto ciò che c’è attorno a loro; sicuramente avrete sentito più di una volta l’espressione “i bambini sono come delle spugne”. Questo vale per tutti gli aspetti della loro vita.
Litigi
I litigi in famiglia, la pressione a cui vengono sottoposti, la mancanza di attenzione da parte dei genitori possono provocare in loro una forte insicurezza. State dando ai vostri figli l’attenzione necessaria? Vi preoccupate per i loro problemi?
“La migliore eredità che un genitore può lasciare ai suoi figli è un po’ del suo tempo quotidiano”
Spesso riteniamo sciocchezze tutti i bisogni dei nostri bambini… E la maggior parte delle volte è proprio così!
È solo che per loro non sono stupidaggini: sono arrivati da poco a questo mondo e stanno ancora imparando.
I bambini hanno bisogno di essere compresi e di comunicare; in caso contrario, diventeranno bambini insicuri.
Aiutate i vostri figli a superare la loro insicurezza
È importante che tendiate sempre la mano ai vostri figli, affinché possano superare i loro problemi di insicurezza. Se non lo farete, rischierete di trasformarli in adulti insicuri che non sapranno affrontare tale questione.
Se individuate il problema, è bene che prendiate provvedimenti il prima possibile per ristabilire la percezione di sicurezza nel vostro bimbo.
Cosa pensate che succederà quando entrerà nella fase adolescenziale? In quella fase dovrà affrontare molti problemi, non lasciate che l’insicurezza sia uno di essi.
Come sapere se vostro figlio è insicuro?
Come sapere se vostro figlio soffre di insicurezza? Quali sono i segnali?
Per quanto riguarda l’igiene personale, soffre di una sorta di dipendenza nei confronti della madre, dato che lascia a lei l’onere di occuparsene.
Nel suo comportamento affettivo prevalgono l’instabilità emotiva, la disubbidienza e l’aggressività.
Quando gioca, tende a ripetere sempre lo stesso gioco e a voler interpretare il ruolo di un bambino piccolo e/o pauroso.
Ha timori irrazionali e piange per richiamare l’attenzione.
Parla di notte, soffre di insonnia, chiede di dormire con la luce accesa o di farsi raccontare una storia.
A scuola, ha difficoltà nel concentrarsi.
Fa le smorfie o fa uso di altre espressioni corporali od orali innaturali.
Possiede un oggetto (una coperta, un pupazzo, ecc.) da cui non vuole separarsi.
Quando vostro figlio ha un problema, non ditegli che si tratta di una sciocchezza, perché, così facendo, gli starete dando un futuro infelice.
Coltivare l’autostima
Invece di arrabbiarvi coi vostri bambini perché possiedono irrazionalmente un oggetto o perché disobbediscono, è meglio parlare con loro.
Rimproverarli non risolverà il problema: i vostri figli hanno bisogno che stiate dalla loro parte, non che diventiate il loro peggior nemico.
Se non sapete come agire, potete parlare coi loro maestri o con qualche professionista che vi mostri come aumentare la loro autostima affinché smettano di essere insicuri.
L’autostima è il rimedio migliore per questa terribile circostanza, affatto semplice da risolvere, persino negli adulti.
Sintomi
Se non baderete a questi sintomi e li ignorerete, renderete vostro figlio una persona triste, con una bassa autostima e particolarmente esposto al rischio di soffrire di depressione. In questo modo, la sua vita sarà un’esperienza dolorosa, piena di limiti e di emozioni ingestibili.
In quanto genitori, avete il dovere di insegnare ai vostri figli ad essere felici.
Tutti siamo stati bambini una volta, quindi non dimentichiamoci dell’importanza delle sensazioni e delle esperienze in questa prima fase della vita.
Non dobbiamo neanche dimenticarci di quanto influisce il vissuto dell’infanzia sulla vita adulta, provocando problemi che poi sono difficili da risolvere. Il momento per porre fine a tutto questo è ora!
Buongiorno amici. Oggi riflettiamo sul pensiero “ma la felicità è un obbligo?“.
Il Mito dell’Obbligo di Essere Sempre Felici: Accettare Tutte le Emozioni Come Parte della Vita Reale
Viviamo in un’epoca in cui l’idealizzazione della felicità è diventata una sorta di imperativo sociale.
I social media sono pieni di immagini di vite perfette e sorrisi smaglianti, ma dietro questa facciata di allegria si nascondono spesso storie più complesse e sfide personali.
Ci sentiamo così obbligati a mostrare solo il lato positivo delle nostre vite, temendo il giudizio degli altri se dovessimo ammettere di non essere sempre felici.
Questo costante tentativo di conformarsi a un’idea distorta di felicità può trasformarsi in una prigione emotiva, imprigionandoci in una ricerca perenne di un’irraggiungibile perfezione emotiva.
La Trivialità della Felicità Perenne
C’è una differenza sostanziale tra cercare di essere felici e sentirsi obbligati a essere sempre felici.
La vera felicità non è qualcosa che possiamo forzare o costringere; è un’esperienza autentica che nasce dalla nostra connessione con noi stessi e con il mondo che ci circonda.
Pretendere di essere sempre felici trascura il fatto che le emozioni sono un linguaggio universale attraverso il quale esprimiamo le nostre esperienze.
La tristezza, ad esempio, può essere un’opportunità per la riflessione e la crescita personale, mentre la rabbia può indicare la necessità di porre dei limiti o difendere i nostri valori. Accettare la complessità delle nostre emozioni ci permette di abbracciare la totalità della nostra esperienza umana.
La Variegata Gamma delle Emozioni Umane
Immagina di essere su un’isola deserta e di vedere un arcobaleno dopo una tempesta: senza la tristezza e la rabbia, non apprezzeremmo pienamente la bellezza e la magia di quel momento.
Allo stesso modo, senza sperimentare la gamma completa delle nostre emozioni umane, non potremmo veramente gustare le gioie della vita.
Le emozioni negative non sono da evitare, ma da abbracciare come parte integrante della nostra esperienza.
Rifiutare le emozioni meno piacevoli significa negare la nostra umanità e limitare il nostro potenziale di crescita e comprensione di noi stessi e degli altri.
Embracing Real Life
La vera felicità non è una destinazione finale da raggiungere, ma un percorso da percorrere con tutte le sue curve e deviazioni.
Dobbiamo imparare a coltivare la compassione per noi stessi e gli altri nelle nostre esperienze emotive.
Essere gentili con noi stessi significa permetterci di essere umani, con tutte le nostre imperfezioni e contraddizioni.
Accettare la nostra intera gamma di emozioni ci consente di vivere in modo più autentico e connesso con il mondo che ci circonda.
Liberarsi dalla Prigione dell’Obligo di Felicità
In conclusione, la ricerca ossessiva della felicità continua può diventare una sorta di prigione emotiva.
Dobbiamo liberarci da questa aspettativa irrealistica e abbracciare la totalità delle nostre esperienze emotive.
Accettare le emozioni negative non significa essere pessimisti, ma piuttosto essere realisti riguardo alla complessità della vita.
Solo abbracciando la nostra umanità nella sua interezza possiamo sperare di vivere una vita autentica e appagante.
Buongiorno amici. Oggi parliamo de l’invidia, brutto sentimento.
Cosa si nasconde dietro il sentimento dell’invidia?
Purtroppo non tutti i rapporti interpersonali sono facili e non sempre si ci si ritrova ad avere a che fare con persone piacevoli. Tra i sentimenti negativi che purtroppo, delle volte, ci si trova ad affrontare e con cui bisogna convivere è l’invidia.
L’invidia può celare differenti sentimenti: senso di inferiorità, inadeguatezza, frustrazione, impotenza, odio e rabbia per il successo dell’altro che sembra oscurarci.
Chi tendenzialmente prova invidia non riesce a percepire le sue risorse, potenzialità e possibilità; il suo pensiero si concentra sullo svalutare l’altro nel tentativo di preservare il suo valore.
Sentimento
L’invidia è un sentimento molto antico che nasce con l’individuo.
Si instaura fin dalla nascita (alcuni autori affermano che possa instaurarsi già nella vita intrauterina) ed è un sentimento che durante l’età evolutiva va elaborato ogni volta che si presenta affinché non diventi distruttivo per sé e per gli altri.
Già Sigmund Freud parlava del complesso di evirazione: la bambina, quando viene a conoscenza del sesso maschile, si accorge che il bimbo è provvisto di qualcosa che lei non ha (pene) e per il solo fatto di non possederlo lo desidera (il sentimento di invidia del pene).
Questo accade perché l’assenza del pene viene percepita come una mancanza, il marchio di un’evirazione piuttosto che il segno di una differenza, di un’alterità connessa al possesso di un organo diverso, la vagina.
In sintesi, se le esperienze buone, relative soprattutto all’affettività e all’emotività, prevalgono su quelle cattive, il senso d’invidia man mano diminuisce per cedere il posto al senso di soddisfazione e gratitudine.
Si creano, quindi, nel bambino quegli ‘anticorpi psichici’ necessari per fronteggiare lo spiacevole senso di invidia che può facilmente insinuarsi in ognuno di noi.
Questo è un compito che spetta nei primi anni ai caregiver (genitori e chi per loro) e successivamente anche a coloro che sono preposti alla formazione/educazione civile/sociale (docenti scolastici) di bambini e adolescenti.
15 caratteristiche delle persone invidiose
1. Si aspettano il peggio
L’invidioso salta subito alle conclusioni (negative); vede sempre la parte vuota del bicchiere, fosse anche l’1% del volume totale, ma vede proprio quella. E’ passivo verso la vita e il mondo esterno, non prende iniziative perché pensa che comunque le cose andranno male.
2. Negano la verità
Attua meccanismi di rimozione, letteralmente, esclude dalla coscienza gli eventi che l’hanno messo in cattiva luce. In qualsiasi circostanza nega di aver fatto una brutta figura, non ricorda le sue mancanze, i ritardi, gli errori commessi.
3. Portano rancore
Non conosce sentimenti di perdono perché in lui/lei scatta un meccanismo automatico che lo porta ad essere rancoroso. Non si rende conto che il risentimento e il rancore portano soltanto dolore nella propria vita.
4. Non sono riconoscenti
L’invidioso ha una visione molto distorta del mondo, quindi non trova alcun motivo per provare gratitudine. Se gli fai un piacere tende a ridimensionare il tutto, anzi sembra proprio che quel piacere gli sia dovuto. Tende a fare facilmente terra bruciata perché troppo concentrato su se stesso.
5. Non amano il cambiamento
L’invidioso da la colpa alle circostanze, alle persone, al fato… per come stanno le cose nella sua vita. Resta fermo, intrappolato nei suoi malesseri senza mai agire. Se commette errori o fallisce, ne fa un dramma: piuttosto che considerare un fallimento come qualcosa di costruttivo, infierisce sugli altri.
6. Tendono a ingigantire anche un minimo intoppo
La parola “imprevisto” è sinonimo di “tutte a me capitano” per la persona invidiosa. Crede che ogni ostacolo si presenti come una montagna difficile da scalare.
7. Non accettano la loro condizione
Nei momenti difficili l’invidioso vede la realtà come un muro su cui i sogni sono destinati a infrangersi. E per questo motivo tende a vivere il rapporto con gli altri con intenso astio.
8. Evidenziano i tuoi difetti
Non sempre è facile smascherare l’invidioso, spesso si tratta di una persona che si nasconde tra i nostri affetti.
A volte è quasi un insospettabile, per cui dobbiamo fare un po’ di attenzione e tenere gli occhi aperti per stanarlo. Il suo comportamento più frequente è quello di far critica.
L’invidioso trova mille pretesti per farti sentire inadeguato e fuori posto. In sua presenza ti starà male il vestito, il trucco, i capelli. Il tuo lavoro non sarà mai migliore del suo e per quanto ti sforzerai non sarai mai abbastanza.
9. Elargisce falsi complimenti
Per darsi un tono e confermare la sua superiorità, l’invidioso è estremamente ipocrita. La sua ipocrisia s’incarna in falsi complimenti per dimostrarsi gentile e migliorare l’immagine che dà di sé.
10. Fanno continuamente confronti con gli altri
E’ iper-critico, rigido, e giudicante nei confronti degli altri; non ammette che ciascuno di noi è a suo modo diverso, con i propri pregi e i propri difetti, i propri tempi e le proprie peculiarità. Giudicare se stesse in base al confronto con altri.
Ad esempio, se la crisi nasce dalla vita sentimentale, è solito dire: «Gli altri sono tutti accoppiati, soltanto io sono da solo».
Se deriva da scarsi risultati lavorativi ed economici: «Io sono un fallito, gli altri riescono in tutto quello che fanno».
Se nasce da una serie di sintomi e malattie: «Agli altri va sempre bene, non hanno mai niente. A me ne capitano di tutti i colori».
11. Colpevolizzano gli altri per le loro sventure
Per l’invidioso il fallimento non è contemplato….il successo è alle porte (forse ha un cattivo rapporto con il tempo dato che gli anni passano e la sua posizione non migliora).
E se qualcosa dovesse andare storto, sa come uscirne “pulito”: la colpa è degli altri. L’invidioso punta il dito accusatore contro gli altri.
Tutte le sue eventuali disgrazie sono sempre colpa degli altri: aver scelto il partner sbagliato, aver avuto un figlio troppo presto, un padrone-despota sul lavoro… Ogni capro espiatorio è buono.
12. Sminuiscono il tuo operato
Ti osserva, ti scruta, sta con gli occhi puntati a osservare ciò che fai. E, ovviamente, non va mai bene.
Ti critica in continuazione, spesso senza alcun motivo. Poco importa se si rende ridicolo, farà di tutto per convincersi che tu non vali niente. Ne ha bisogno, per nascondere a se stesso di non avere le stesse capacità.
13. Non sopportano i successi altrui
L’invidioso non è capace di provare sincera gioia per i successi altrui. Il suo apprezzamento appare spesso forzato, poco spontaneo, non naturale. Con una notevole astuzia cerca di sminuire i vostri traguardi ridimensionandoli con dei paragoni. Ma con una falsa obiettività di fondo.
14. Sono vampiri energetici
Il vampiro non rispetta nessuna regola e vede le relazioni interpersonali come qualcosa da poter sfruttare a proprio vantaggio.
Di solito ha un atteggiamento amichevole che nasconde il suo vero intento che è quello di servirsi degli altri per ottenere dei benefici senza dare nulla in cambio.
La sua strategia è quella di dare alle sue vittime l’illusione della sua disponibilità che non si concretizzerà mai. In altre parole siamo di fronte ad un personaggio che cerca di manipolare gli altri approfittando della loro disponibilità.
Un’altra strategia che viene adottata dal vampiro è quella del ricatto emotivo che sfrutta facendo sorgere in noi dei forti sensi di colpa che lo aiuteranno a manipolarci con maggior facilità.
Altra tattica è quella del vittimismo emotivo che mette in atto impersonando il ruolo della vittima.
15. Non hanno empatia
Le persone invidiose sono incapaci di provare empatia, incapaci cioè di immedesimarsi negli altri e di coglierne pensieri e stati d’animo, sensibili solo sulle questioni che le riguardano direttamente.
Ricorda…l’invidia è un freno, non un acceleratore
A volte può sembrare una cosa positiva che ti spinge ad agire, ma ricordati che la cosa più importante nella vita non è realizzare grandi cose, ma essere felici.
Se ti paragoni a qualcun altro e in qualche modo ti senti meno capace, meno forte, meno sicuro di te stesso, non lavorerai col tuo pieno potenziale. Non lavorerai come una persona libera da questi pensieri, motivata dalla passione invece che dall’invidia.
Proteggersi dall’invidia altrui
L’unico modo che hai per proteggerti dall’invidia altrui è affermarti, lavorare sul tuo valore ed esserne sempre consapevole.
In questo modo, qualsiasi critica distruttiva, ti scivolerà via! Ricordi cosa ti ho scritto all’inizio del testo? Tutti i problemi della vita insorgono quando perdiamo di vista il nostro valore.
Quando dimentichiamo il nostro valore, vogliamo a tutti i costi che anche gli altri lo riconoscano. A te non servono riconoscimenti, medaglie o coppe. Non ti serve che il tuo nome venga inciso su una targa se sei già consapevole di quanto vali.
Buongiorno amici. Oggi trust me up diretta, ascoltate davvero molto bene quello che ho da dirvi insieme a Valentina perché è davvero importante.
Buongiorno amici. Questa è una diretta importantissima per me per diversi motivi.
Innanzitutto vi presento la piattaforma di trust me up e, per farlo al meglio, ospite della diretta Valentina Pili, attiva all’interno della piattaforma e dell’azienda.
Trust me up diretta
Cos’è trustmeup. E’ una piattaforma dedicata alle attività, servizi, , e-commerce che vogliono far conoscere semplicemente quello che fanno.
E’ importantissima per chi lavora ma è importantissima anche per chi usufruisce dei servizi che tutti i membri, me compresa, offrono.
Associazioni
La cosa che caratterizza trust me up, la filosofia che sta alla base della piattaforma è aiutare gli altri. Come? Non solo dando modo di far conoscere di cosa ci occupiamo( nel mio caso di arte e di consulenze a famiglie e adolescenti con moltissimi servizi correlati).
Ma anche dando la possibilità a chi acquista un servizio di fare beneficienza ad una delle associazioni presente nella piattaforma, senza dovere spendere di più, ricevendo uno sconto sul servizio acquistato da voi e avendo anche il cashback sempre.
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