Buongiorno amici. Oggi riflettiamo sul chiedere aiuto e sul perché è così difficile farlo.
Mamma, mamma! Mi aiuti?” Chissà quante volte abbiamo sentito dire (e abbiamo detto) questa frase. Quando siamo piccoli non ci facciamo nessun problema nel chiedere aiuto, ma non appena diventiamo grandi molte cose cambiano.
Di sicuro conoscerete persone che preferiscono sprecare moltissime energie per risolvere da soli un problema che, con un l’aiuto di qualcun altro, sarebbe presto fatto oppure che preferiscono lasciar perdere o fallire piuttosto che lasciare che qualcuno dia loro una mano. Anche voi fate parte di questo gruppo?
Torniamo a un’altra scena tipica dell’infanzia. chiedere aiuto
“Mamma, mamma! Ce l’ho fatta da solo!” o “Lasciami! Ci riesco da solo...” E ancora: “Bravissimo! Ci sei riuscito da solo!” Ecco la tipica risposta che punta a stimolare l’autonomia dei figli, ma che spesso è l’inizio di un percorso che ci porta a quest’abitudine che non sempre risulta positiva.
Perché ci riesce così difficile chiedere aiuto?
Sono molti i motivi che possono scatenare questo comportamento, e molti anche i vantaggi che si perdono quando non chiediamo aiuto.
1. Il primo motivo è probabilmente l’orgoglio: vogliamo avere soltanto noi il merito di essere riusciti a risolvere un problema, e non siamo disposti a condividerlo con nessuno.
2. Il secondo motivo che può bloccarci dal chiedere aiuto ha a che fare con il fatto di non voler ammettere che abbiamo un problema. Per esempio, è tipico delle persone che hanno delle dipendenze dall’alcol o dalla droga oppure che hanno contratto molti debiti per colpa del gioco d’azzardo. Sono tutti problemi di cui è difficile parlare.
3. Il terzo dei motivi comuni è la vergogna: non vogliamo che altri sappiano che non riusciamo a risolvere un problema. Alcune persone, infatti, pensano che chiedere aiuto sia un segno di debolezza.
4. Il quarto motivo ha a che fare con la possibilità che l’aiuto che chiediamo ci venga negato. Dietro questo timore si nasconde la paura del rifiuto, di sperimentare la sensazione di non essere abbastanza importanti da far sì che qualcuno ci dedichi il suo tempo.
In fondo, dietro tutti questi motivi se ne nasconde uno che li include tutti: la paura del giudizio degli altri. Non ci piace essere sotto lo sguardo degli altri in un momento in cui ci stiamo dimostrando deboli. Per questo, per chiedere aiuto molto spesso bisogna essere abbastanza sicuri di noi stessi. Inoltre, non chiediamo aiuto a chiunque, indistintamente: dobbiamo anche fidarci delle capacità delle persone a cui ci affidiamo. Questo ci fa capire che, in realtà, la maggior parte delle volte chiedere aiuto non è sinonimo di debolezza, ma di coraggio.
Che cosa ci stiamo perdendo quando non vogliamo chiedere aiuto?
Prima di tutto, quando non chiediamo aiuto ci costringiamo a sprecare molte più energie che, se non ci danno il risultato sperato, generano in noi un forte sentimento di frustrazione. In secondo luogo, perdiamo la possibilità di sperimentare la bontà degli altri e di migliorare la nostra visione del mondo. E perdiamo anche un’occasione di contatto con gli altri, che potrebbe arricchirci ulteriormente. Secondo la psicologia sociale, inoltre, quando chiediamo aiuto stiamo anche migliorando l’immagine che la persona che ci aiuterà ha di noi.
Non dobbiamo dimenticare che siamo animali sociali, e che anche le situazioni in cui abbiamo bisogno di collaborazione rappresentano una buona opportunità per sviluppare le nostre relazioni. Infine, considerato che quando chiediamo aiuto riceviamo in cambio le attenzioni di qualcun altro, stiamo anche perdendo l’occasione di guadagnare sicurezza e fiducia in noi stessi.
Sappiamo che aiutare qualcuno è meraviglioso, ma anche lasciare che ci aiutino non è da meno. Perché non provarci?
E se avete bisogno del mio di aiuto contattatemi trmaite las ezione “contatti e consulenze ” del sito
Io spero che parlare del chiedere aiuto vi sia stato utile.
Buongiorno amici. Oggi parliamo delle chat tra studenti e dei pericoli che si potrebbero e si devono evitare.
Si fingono coetanei di bambini e ragazzini, conquistano la loro fiducia, li manipolano. Nei casi peggiori abusano di loro. Ecco come contrastare questo odioso fenomeno in crescita.
«Alle madri e ai padri dico: spiegate ai vostri figli che non devono interagire online con chi non conoscono nella realtà. E che quando vengono fatte richieste strane, o si verificano situazioni “idilliache” dove l’altro dice sempre la cosa giusta al momento giusto, vuole creare relazioni uniche, molto spesso dietro si cela qualcosa che non va. E in quel caso i ragazzi dovrebbero avvisare i genitori per capire cosa si nasconde dietro».
Minori online
Quasi 3 bambini su 10 tra i 9 e i 10 anni hanno un profilo su Tik Tok, 1 su 10 della stessa età su Instagram e 1 su 10 ha un suo canale YouTube.
Il 96% dei bambini guarda video su YouTube e il 43% su Tik Tok. Più di 2 bambini su 10 danno l’amicizia a persone che non conoscono e quasi il 20% di loro interagisce con utenti sconosciuti.
I bambini sono sempre più iperconnessi e interconnessi, fanno uso delle chat, possiedono un loro smartphone o usano quello dei genitori senza un controllo appropriato.
Questo fa sì che i minori siano sempre più esposti e rischino di incorrere in persone che sfruttano la rete alla ricerca di soggetti da adescare.
Il fenomeno del child grooming è sottovalutato ma i genitori dovrebbero aprire gli occhi. Dall’altra parte ci sono adescatori abili e preparati, nascosti dietro profili insospettabili.
Il profilo dell’adescatore
Sono spesso mascherati da coetanei in grado di parlare il loro linguaggio, di giocare bene ai videogiochi e di interagire con loro.
Usano tutti i canali possibili, studiano le loro abitudini e le loro aree di interesse.
Sfruttano i videogiochi, i vari blog e profili social per poi cercare di spostare le conversazioni nelle chat private. Interagiscono nei commenti dei video.
Conquistano la loro fiducia di bambini e ragazzi interagendo con loro anche per mesi, fino a quando non sono in grado di manipolarli mentalmente e indurli a soddisfare le loro richieste. Il bambino generalmente si vergogna o ha paura di raccontare quello che gli è accaduto e non si apre con gli adulti.
Purtroppo tanti genitori e insegnanti si fanno ingannare dalla dimestichezza con la quale i bambini utilizzano gli strumenti tecnologici.
Il fatto che sappiano usare uno smartphone e tutte le sue applicazioni, non significa che abbiano la consapevolezza di ciò che fanno e che siano pronti per un corretto utilizzo.
Non sono in grado di riconoscere i pericoli della rete e di identificare quando qualcuno sta cercando di entrare nella loro cerchia di fiducia per adescarli.
Grooming
Il vero problema di oggi, e soprattutto di domani, non è la dipendenza dalla tecnologia ma l’adescamento online (grooming) che è già in notevole crescita.
Un figlio in rete non è immune ai pericoli. Per essere immune deve essere in grado di pensare in maniera critica e deve essere abituato dal genitore a farlo quotidianamente attraverso una costante e continua educazione digitale efficace.
Per contrastare il grooming si deve insegnare ai bambini a non interagire mai con utenti sconosciuti, a non dare informazioni personali a nessuno, anche all’utente che sembra più amichevole e più in sintonia con loro.
Dalla teoria alla pratica, che fare per arginare il grooming
Cosa serve per arginare il fenomeno? Serve educazione digitale.
C’è uno scollamento tra la realtà degli adulti e quella dei bambini, poco conosciuta da parte dei primi.
Molti genitori e insegnanti sono partiti scettici ma si sono resi invece conto di quanto sia reale il problema dell’adescamento e di quanto sono a rischio i bambini.
Posso dire che grazie a questo progetto abbiamo fatto avvicinare i due mondi.
Ci si è resi conto di quanto i bambini siano a contatto con situazioni dalle quali dovrebbero stare lontani, senza avere gli strumenti, e senza che gli adulti siano realmente in grado di contrastare l’adescamento.
Serve l’interazione per rendere i bambini consapevoli dei pericoli, non basta dire loro “state attenti perché c’è un pericolo”.
I bambini sanno cos’è un pedofilo ma nell’interazione non sanno riconoscerlo. Tant’è che poi nella realtà fanno attività a rischio come interagire con chi non conoscono e dare l’amicizia a persone sconosciute.
Non sono troppo piccoli per questi problemi, ma non lo sono nemmeno per capire come starne alla larga».
Genitori
I genitori dovrebbero dare dei limiti. Mettere i blocchi, le impostazioni della privacy, controllare la cronologia delle loro attività in rete. Più sono piccoli, meno lo devono usare da soli, neanche nelle chat con i compagni di classe perché spesso sono proprio le chat private il maggior diffusore di materiale che non deve circolare tra bambini.
Monitorare non significa invadere la loro privacy, significa star loro accanto. Non basta controllare, bisogna insegnargli a navigare correttamente e se un genitore ha delle lacune deve avvalersi dell’aiuto di esperti in grado di insegnargli come essere una guida efficace.
Vi ricordo che se avete bisogno del mio aiuto potete contattarmi tramite la sezione “contatti e consulenze” del sito
Possono realmente influenzare la crescita di un minore?
Buongiorno amici. Ogg riflettiamo su film-serie tv-social che possono influenzare la crescita di un bambino e di un ragazzo.
Influenza
Ormai, film, serie tv, social occupano la maggior parte del nostro tempo libero, giusto o sbagliato che sia.
Ma dobbiamo, noi adulti, e soprattutto genitori, stare attenti a cosa guardano i più piccini.
Bimbi
Sappiamo tutti che i bimbi, soprattutto, non avendo altro esempio che il nucleo familiare, assorbono comporamente e credenze della familgia.
Ma anche un film, una serie, uncartone animato, soprattutto se si identificano col protagonista di una storia, può unfluenzare il modo di agire di un bambino.
Ma on voglio dirvi tanto di più
Guardate con attenione la diretta, molto itneressante, e fate le vostre riflessioni e, se avete bisogno del mio aiuto, contattatemi trmaite la sezione “contatti e consulenze” del sito
Bongiorno amici. Ogg vediamo perché i ragazzi sono sempre più arrabbiati.
In rete ci si imbatte spessissimo in un linguaggio provocatorio, violento, fatto di messaggi offensivi e di odio.
Sembra non si aspetti altro che entrare nel proprio “sfogatoio online” per imporre il proprio pensiero, la propria voce e il proprio “sapere”: la libertà di esprimersi viene spesso travisata nella possibilità di scaricare sull’altro i propri stati interni e i propri pensieri senza filtri, dimenticandosi che dietro l’immagine di un profilo c’è una persona e che le parole sono reali.
Purtroppo, non siamo abituati al confronto, alla tolleranza e al rispetto.
Gli haters sono in forte crescita anche tra gli adolescenti: secondo i dati dell’Osservatorio Nazionale Adolescenza oltre 2 ragazzi su 10, tra i 14 e i 19 anni, di cui il 53% sono maschi, commentano intenzionalmente in modo negativo e aggressivo foto, video, immagini, con lo scopo di offendere l’altro.
Equivoci a portata di click
Partiamo da un presupposto di base: ogni volta che ci addentriamo nella rete, siamo tempestati da ogni tipo di contenuto e da una tendenza all’estremizzazione che inevitabilmente genera frustrazione, insoddisfazione e rabbia.
Inoltre, il confronto con gli abitanti del web non è il confronto con il vicino di casa o con gli amici più stretti, è un confronto con un numero rilevante di persone che amplifica lo stimolo e la sensazione di inadeguatezza di tanti adulti e adolescenti. Nelle piattaforme online è tutto troppo veloce.
Questa accelerazione va ad intaccare la capacità di pensare in maniera critica e la capacità attentiva.
Leggere senza attenzione, focalizzarsi sulle prime parole o impressioni, leggere quello che si vuole leggere (bias di conferma), innalzano notevolmente la probabilità di fraintendimento.
La rapidità, l’assenza della attesa e il doversi quasi imporre sull’altro sono altri aspetti sottostanti queste dinamiche.
Sembra ci sia una competitività estrema su tutto, una ricerca della propria ragione, un’assenza di flessibilità mentale che incrementa il livello di tensione di fondo e abbassa notevolmente quello di tolleranza.
Si cercano profili e post che confermano le proprie tesi e si attacca chi non è in linea con i propri pensieri, ideologie e convinzioni. Sta diventando un continuo schierarsi.
In questo modo ci si dimentica di un concetto molto importante, che dovrebbe essere alla base della tolleranza: non esiste una realtà oggettiva, esiste una realtà soggettiva, che non è assoluta.
Scienza e cervello: quali meccanismi scattano?
Secondo un recente studio pubblicato nella rivista Science Advances (Brady et al., 2021), i social network portano le persone a tirar fuori nel tempo una maggiore rabbia e frustrazione.
Infatti, nelle piattaforme online le reazioni violente e cariche di odio ottengono un maggior numero di like e condivisioni, suscitano molte più interazioni e hanno un potere attrattivo molto forte.
Tutto questo attiva nel cervello una sensazione di forte gratificazione e di appagamento immediato che vanno a stimolare specifiche aree cerebrali e il rilascio di dopamina e altri neurotrasmettitori che fanno sperimentare la piacevolezza e la sensazione di essere ricompensati.
Inoltre, se pensiamo in modo specifico agli adolescenti, bisogna tener conto del fatto che in questa fase evolutiva la corteccia prefrontale non ha raggiunto il suo pieno sviluppo.
Questa parte del cervello è quell’area deputata prettamente alle funzioni esecutive e di controllo come prendere decisioni, valutare le conseguenze delle proprie azioni e bloccare i comportamenti inappropriati.
Al contrario, le aree emotive del cervello, a causa delle numerose trasformazioni in atto, sono molto più attive, meno gestibili e possono portare i ragazzi ad agire in modo più impulsivo.
Per questo gli adulti devono lavorare tantissimo sull’aiutarli a pensare in maniera più pertinente e bilanciare questo sbilanciamento dovuto allo sviluppo.
Loro tendono maggiormente ad agire piuttosto che a pensare e anche in rete, quindi, si è portati a commentare senza pensare dimenticandosi troppe volte che dietro uno schermo, un’immagine o un profilo c’è una persona e che le parole possono essere taglienti come lame.
E vi ricordo che se avete bisogno di me potete cotnattarmi tramite la sezione “contatti e consulenze” del sito
o sulla piattafoema camtv col nome del canale adolescenti istruzioni per l’uso
Buongiorno amici. Oggi, nella diretta, parliamo della cicatrice francese-diretta, le sue origini e i danni permanenti che può provocare.
Discutiamo Cicatrice francese-diretta
Tremd, prutroppo, che sta spopolando sul socia più cotnroverso e ricco di polemiche: tiktok.
Trend che è natoin francia, tra una comunità magrebina , e che sta spopolando, purtroppo, anche in talia.
Origini cicatrcie francese-diretta
Le origini risalgono a decenni fa quando un dittatore di Haiti, divenuto poi presidente, amava provocarsi questis egni sul volto coems egno di forza e valore.
Oggi, questa comunità magrebina, si provoca le stesse cicatrici per omaggiarlo.
Tiktok. Cicatrice francese-diretta
Da semrpe molto controverso perché genera questo tipo di trend e perché, soprattutto, è popolato da ragazzi troppo trppo giovani.
La responsabilità, però , non deve essere mai attribuita a itnernet, come ad un film o a un genere musicale.
La responsabilità va alla famiglia, va al fatto che non c’è la giusta educazione a come si utilizza al meglio un mezzo così potente .
Non voglio spoilerarvi l’intera diretta che, come sempre, merita di essere segutia con attenzione.
Ma, stavolta, dovete guardarla con i vostri figli, per evitare cha cadano in questi giochi che possono provocare molti danni.
Progetto molto importante dedicato agli adolescenti.
Buonigorno amici. Oggi vi presento no more home abuse.
Progetto
Tutto asce dall’idea di creare uno spazio, un piccolo cntro dove poter dare ascolto a tutti quei ragazzi e ragazze vittime di abusi e violenze domestiche.
E che, per paura, vergogna, non hanno ancora avuto il coraggio di urlare il loro dolor,e la loro rabbi,a di denunicare ed essere sostenuti.
Di chiedere aiuto.
Ragazzi-no more home abuse
Nel mio lavoro, nel corso degli anni, ho avuto, purtroppo, a che fare con situazioni di questo tipo.
Cosa comporta? L’allontanamento dalla famiglia dei ragazzi, il percorso in comunità, il processo, a volte, la presa incarico degli assistenti sociali e del tribunale dei minori.
Ed è rporpio aiutando questi ragazzi, ed è proprio gardando i loro occhi e tenendo le loro mani che ho voluto portare avanti questo progetto.
Incontro- no more home abuse
Un progetto che è , oltretutto, un luogo di incontro tra ragazzi che hanno lo stesso vissuto, che possono darsi coraggio e sostenersi a vicenda. Per non farli sentire soli e sbagliati.
Un luogo dove l’arte può essere da veicolo per esprimere i loro sentimenti e le loro paure.
Ma per avvare tutto questo ho bisogno di voi e del vostro aiuto.
Ascoltate attentamente la diretta .
E se volete, sostenete no more home abuse e fate girare il più possible,ai vostri parenti, amici, conoscenti, sui social media, questo link
Buongiorno amici. Oggi parliamo di ascolto empatico.
Lo facciamo trmaite la diretta che ho girato givedì sera e che ha avuto non poche persone interessate, fortunatamente, al tema.
Ascoltare- ascolto empatico
Sì, perché l’ascolto attivo, o empatico, dovrebbe essere la base per qualsiasi tipo dir elazione. E’ l’unico modo corretto per ascoltare e, di cosneguenza, avere un dialogo costruttivo e sano con chi ci sta dif ronte. Che sia un ragazzo, o una persona adulta.
Mettersi nei panni di- ascolto empatico
Ma xosa vuol dire? Vuol dire ascoltare con le orecchie di chi ci sta di fronte e guardare con gli occhi di chi ci sta di fronte.
Vuol dire mettersi nei pannid ella persna che ci sta parlando e capire cosa sente davvero in quel momento.
E’, anche, ascoltare senza essere prevenuti ( come molti genitori fanno), senza pregiudizi o giudizi.
E’ ascoltare mettendo da parte il nostro ego , il nostros entirci superiori( anche questo è qualcosa che fa qualche genitore, purtroppo).
Non voglio spoilerare molto quindi vi lascio il link per poter vedere la diretta completa.
Buongiorno amici. Oggi parliamo di come negoziare coi propri figli.
Comunicare con i figli adolescenti può essere complesso e a volte anche piuttosto sfidante. Per il genitore è importante imparare l’arte della negoziazione, ossia “l’abilità di negoziare, realizzare delle trattative che portino a un accordo” (dal Vocabolario Treccani).
Tempo e pazienza: come il corpo, anche la mente ha bisogno di allenamento!
Per raggiungere un cambiamento è necessario allenarsi, essere costanti e avere pazienza. Servirà tanto esercizio per far sì che le nuove modalità di comunicazione portino un frutto e si trasformino in nuove abitudini. Allenarsi significa cambiare, modificare i pensieri, le parole e le modalità di reagire.
Il cambiamento non è immediato, richiede tempo. Non c’è un interruttore che si accende o spegne nella mente, ancor di più in quella adolescente: c’è bisogno di ripetizione.
Il ruolo del genitore è fondamentale: è un allenatore, non si può pensare di salire dentro il ring e combattere con la persona che si allena. Non si tratta di imporre perché anche se questa strategia non è efficace anche se potrebbe sembrare utile nell’immediato, non lo è nel lungo periodo perché non porta ad una reale comprensione del problema. Imparare a negoziare con i figli significa trovare degli accordi e far arrivare il messaggio che si vuole far arrivare, portarli verso la propria direzione quando serve, senza condizione il loro modo di essere.
Come essere più efficaci?
– ASCOLTO:
Bisogna, anzitutto, ascoltare e porre attenzione alla scelta delle parole. Quali, e in che sequenza, vengono utilizzate? In che modo vengono comunicate? Come vengono dette? È basilare l’ascolto iniziale da parte del genitore che deve partire dalla comprensione delle esigenze e dello stato dell’altro per poi poter procedere senza che si sentano incompresi.
Le parole attivano delle reazioni nel cervello, creano immagini che innescano, a loro volta, pensieri e comportamenti. Se un adolescente, ad esempio, si definisce “un disastro”, la sua mente ed il suo corpo reagiranno a quell’immagine. Ascoltare significa dare riconoscimento: senza questa fase non si può comunicare in maniera efficace.
– PAROLE E CERVELLO:
Non vanno utilizzati verbi come “provare” e “cercare” perché non è fare. Inoltre, i verbi usati al condizionale, vengono compresi a livello cognitivo ma non innescano una reazione immediata: con i vorrei non si cambia. Il cervello ha bisogno di fiducia e una chiamata all’azione per smuoversi, soprattutto in adolescenza. Il DEVI non è molto gradito e attenzione anche ai “ma” e i “però” che andrebbero sostituite con “e” oppure “o”, salvo che non si voglia annullare il senso di quello che si trova davanti al ma: “sei stato bravo, ma potevi fare di più”. Cosa rimane nella mente di un ragazzo? Il “potevi fare di più”, non il sei stato bravo.
Porre il focus sul linguaggio che utilizziamo è un esercizio, da fare con se stessi oltre che con i figli: utilizzare i termini o i verbi giusti, per attivare un cambiamento e ottenere, gradualmente, un risultato.
– CONCRETEZZA:
Nel cervello adolescente tutto ciò che attiene al pensiero complesso, al ragionamento critico e alla riflessione più profonda è in fase di maturazione. Il compito del genitore è semplificare, rendere più comprensibile e, dunque, più flessibile. È importante usare un linguaggio che conoscono, fare esempi concreti, non fare paragoni o confronti che rimandano a qualcosa di distante e lontano dalla loro quotidianità (“Ai miei tempi”, “Quando avevo la tua età”).
– OSSERVARE:
Quante volte capita di non essere ascoltati dai figli adolescenti, anche quando ci si avvicina a loro o ci si impegna a comprendere e rispettare i loro tempi? È fondamentale andare oltre la risposta prettamente verbale e osservarli, anche nei loro comportamenti. A volte, infatti, non rispondono nel modo in cui l’adulto si aspetta: cambia il loro sguardo, il loro atteggiamento, comunicano proprio attraverso il loro silenzio.
Tenere in mente questi aspetti nella comunicazione con un adolescente permette di comprendere il loro punto di vista ed essere consapevoli che, anche quando non lo dicono a parole, ascoltano e recepiscono i messaggi del genitore.
Vi ricordo ceh se avete bisogno di me potete contattarmi allas ezioen “contatti e consulenze ” del sito
Buongiorno amici. Oggi riflettiamo su questa frase: i miei genitori non mi hanno mai capito.
Viviamo in una società in cui girano tante idee che sembrano condivise, oggi vogliamo dedicare particolare attenzione ad una di esse. “I genitori saranno sempre lì per noi, saranno il nostro più grande rifugio e ci daranno ali per volare e radici per ricordare dov’è casa nostra.” Questa immagine è molto stimolante e, in effetti, per più di una persona fortunata, questa tela concettuale può essere una realtà quotidiana.
Tuttavia, una parte della popolazione fa i conti con traumi messi a tacere da un rapporto complesso con i propri genitori. Perché, a volte, non è necessario che i nostri caregiver ci abbiano maltrattato per farci sentire danneggiati in modi inimmaginabili. Dopotutto, nelle famiglie possono comparire alcune microaggressioni che attaccano e distruggono i legami affettivi.
Una dinamica distruttiva abituale è la critica dei genitori nei confronti delle decisioni e del modo di essere dei figli. Ad esempio, dà fastidio che non siano a immagine e somiglianza del genitore. Li infastidisce il fatto che non condividano i valori della madre. Inoltre, che non sono conformi alle prospettive che entrambi avevano pianificato per il loro futuro.
Ci sono scenari familiari che assomigliano a una setta, per cui ogni gesto o decisione che devia dalle linee guida dei genitori viene visto come un tradimento. Come affrontare queste situazioni? I genitori sono tenuti a comprendere i comportamenti e le personalità dei propri figli in ogni momento? Lo analizziamo.
«I genitori, per essere felici, devono dare. Dai sempre, questo è quello che fa un padre.
-Honoré de Balzac-
Il rispetto tra genitori e figli è essenziale per la convivenza.
I miei genitori non mi hanno mai capito: per quale motivo?
Ci sono bambini che non rispettano i loro genitori e genitori che non hanno mai amato i loro figli come meritavano. I rapporti familiari sono intricati labirinti che spesso diventano autentiche fabbriche di sofferenza emotiva. È comune, infatti, raggiungere l’età adulta trascinandosi dietro i vuoti e i sapori di una relazione che non è mai stata del tutto soddisfacente.
“I miei genitori non mi hanno mai capito”. Questa è una percezione che molte persone si portano dietro quasi come una frattura interna difficile da descrivere a parole. Perché alla domanda se i genitori sono obbligati a capire i propri figli, va notato che esiste una dimensione più importante di questa. Intendiamo rispetto.
Ciò che un genitore dovrebbe sempre fare è rispettare, essere quel rifugio sicuro da cui una persona può svilupparsi liberamente nella direzione che desidera. Anche se non sei d’accordo o non ti sintonizzi al 100% con le decisioni che un bambino prende nel corso della sua vita.
La ricerca della Texas Tech University, ad esempio, evidenzia la rilevanza del costrutto del rispetto in tutte le relazioni interpersonali. Tuttavia, nel contesto della famiglia, questa dimensione agisce come quell’indiscutibile tendine psicologico che dà potere ai genitori durante l’educazione e l’educazione.
Avere 10 o 15 anni e sentire che i nostri genitori non vogliono capire i nostri bisogni e desideri fa male. Queste ferite rimangono con noi fino all’età adulta, il che spesso crea relazioni complicate a livello familiare.
Motivi per cui i genitori non capiscono i loro figli
Perché i miei genitori non mi hanno mai capito? Cosa ha costruito quel muro senza alcuna porosità capace di separarci in quasi ogni aspetto della vita? È comune porsi queste domande quando la disaffezione e l’attrito creano distanze tra noi ei nostri genitori. In generale, il trigger per queste situazioni è solitamente molto ampio:
A volte i genitori presumono che allevare un figlio implichi soddisfare i suoi bisogni primari nell’ambito di una certa disciplina; nient’altro. Raramente hanno una conversazione con loro, né si preoccupano di sapere come sono, cosa pensano, cosa provano, quali sono i loro sogni.
Il distacco causato dalla mancanza di connessione emotiva costruisce anche quei legami che mancano di comprensione e persino di rispetto.
Ci sono genitori che si buttano a capofitto nel loro lavoro e nelle loro giornate impegnative, credendo che, in questo modo, non solo daranno ai loro figli ciò di cui hanno bisogno, ma che saranno un buon modello. Tuttavia, raramente offrono loro ciò di cui hanno più bisogno: il loro tempo, la loro attenzione.
Un altro fattore è tracciato dagli stili di personalità e dalle evidenti carenze quando si tratta di crescere un figlio. Incompetenza, autoritarismo o narcisismo sono anche alla base di questa incomprensione da parte dei caregiver.
Ci sono genitori che non accettano che i figli rivendichino i loro spazi e prendano le proprie decisioni.
Come guarire le ferite dovute alla mancanza di comprensione dei nostri genitori
Spesso trascuriamo il ruolo che hanno i genitori nella costruzione del mondo interno dei propri figli. Una parte del nostro benessere psicologico si costruisce su quegli anni di interazione con le nostre figure di cura. Grazie a loro, moduliamo meglio le nostre emozioni e abbiamo l’opportunità di sviluppare un buon concetto di sé e una sana autostima.
Ora, è vero che crescere un figlio non è mai facile, ci sono pilastri che non dovrebbero mai mancare in quel processo. Oltre all’amore, alla cura e al rispetto, c’è senza dubbio la comprensione. Tuttavia, se uno raggiunge l’età adulta con il disgusto che i suoi genitori non lo abbiano mai capito, come possiamo guarire quella ferita? Lo analizziamo.
Comprensione è rispetto e senza questa dimensione nessun legame sarà soddisfacente o sano.
Create la vostra rete di supporto
Se i nostri genitori non ci hanno mai capito, è molto probabile che non ci siano quando ne abbiamo bisogno. Non saranno quella rete sicura su cui appoggiarsi ogni giorno. Di fronte a una mancanza così dolorosa, ognuno deve forgiare se stesso e creare la propria “famiglia”; quella che, senza essere di sangue, configura un rifugio dove ci sentiamo amati.
Gli amici, il partner e anche altre figure familiari come zii o cugini, possono essere quel punto di appoggio quotidiano che ci sarà sempre, qualunque cosa accada. Qualcosa di simile ci dà sicurezza e benessere.
Accettate che i vostri genitori abbiano le loro convinzioni e voi le vostre
Se i nostri genitori non ci hanno mai capito o accettato le nostre decisioni o il nostro modo di essere, probabilmente è perché si sono aggrappati a un tipo di convinzione in cui non ci inseriremo mai. In questi casi, sarà inutile che ci sforziamo di essere accettati o di cercare la loro accettazione rinunciando alle nostre essenze. In questo modo andremo solo contro noi stessi.
Sebbene sia complicato, dobbiamo presumere che loro abbiano la loro particolare visione della vita e noi abbiamo la nostra. Ricordiamoci che amare è capire e chi non si sforza di realizzare un tale mestiere emotivo non ci ama come meritiamo.
Agire in base ai nostri valori fondamentali
Se siamo chiari sui nostri valori fondamentali, saremo sempre nella giusta direzione. In generale, un principio che dovrebbe sempre guidarci è quello dell’autoconservazione. È quell’impulso capace di allontanarci da ciò che è dannoso, che ci ricorda che è lecito porre limiti e persino difendersi con rispetto e assertività da ciò che ci sembra ingiusto.
Il padre o la madre che si rifiutano di capire i propri figli fa loro credere che in loro ci sia qualcosa di sbagliato e difettoso. Non è salutare rimanere in legami così dannosi.
Aiuto professionale per guarire le ferite
È difficile uscire indenni da un ambiente familiare in cui non siamo stati capiti e, sì, da quelli in cui siamo stati oggetto di critiche e rimproveri. Questo potrebbe renderci esseri più insicuri, persone che, a volte, hanno ascoltato più i propri genitori che se stessi.
Se questo è il nostro caso, se non siamo riusciti a uscire da questa prigione emotiva e trasciniamo nodi che spengono il nostro benessere, non esitate a richiedere un aiuto .
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Quando i bambini e gli adolescenti sono deprivati delle loro emozioni.
Adultizzare i ragazzi-diretta molto interessante che tutti dovrebbero ascoltare, genitori e figli,
I genitori per capire il male che hanno provocato e i figli per cercare di elabroare e tornare a vivere.
Adultizzare i ragazzi-diretta
Ossia deprivare i miori delle loro eozioni, della loro autonomia e della loro personalità.
Ifigli, così, hanno solo obblighi e doveri, devono per forza soddisfare i bisogni dei loro genitori e non hanno la possibilità di esprimere le proprie emozioni e le proprie debolezze.
Le debolezze
Eh sì, perché i genitori ingombranti, così li chiamerò nella diretta a ragion veduta, educano i figli a non esprimere , esternare nessuna emozione, tantomeno le loro debolezze perché considerate vergognose.