Buongiorno amici. Oggi riflettiamo sul tagliare i ponti.
Tagliare i ponti, a volte, è di fondamentale importanza.
Perché..
Pensiamo a noi adulti e a noi ragazzi.
In una situazione adulta, solitamente all’interno di una coppia, facciamo l’errore di voler “aggiustare” una situazione che sappiamo non porterà a nulla.
“ma magari cambia… Magari è colpa mia”
” adesso metto un cerotto a tutto e voltiamo pagina”.
No, non funziona così.
Ragazzi
Quando siamo adolescenti la cosa più importante è sentirci parte di un gruppo di coetanei. E, spesso, si fa l’errore di annullare la nostra personalità per accondiscendere al volere del gruppo.
Perché? Per essere accettati.
Errore – tagliare i ponti
In entrambi i casi facciamo un gravissimo errore. E perché?
Per paura di rimanere soli. Ma non è così.
Non siamo per tutti né tantomeno dobbiamo per forza piacere a tutti o farci piacere tutti.
Per quale motivo?
Feelings
Come vi sentireste in una situazione del genere? Senza farvi conoscere davvero, senza far sapere agli altri cosa ci fa star male, cosa ci rende felici?
Frustrati, infelici.
Cosa fare? Tagliare i ponti
Tagliate I ponti, con tutte quelle situazioni e persone che vi fanno stare male, che non ridoettanonil vostro modo di essere, che non vi rendono sereni.
Che non sono un valore aggiunto per la vostra vita. Io spero che riflettere sul tagliare i ponti vi sia stato d’aiuto.
Buongiorno amici. Oggi parliamo de la solitudine dei ragazzi.
La solitudine
Potremmo dire che la solitudine è un problema di molti giovani di questa generazione che appaiono iper connessi e con un grande vuoto intorno, ma sarebbe una grossolana semplificazione di un tema che è molto presente in adolescenza perlomeno in quella delle ultime generazioni. La solitudine accompagna il percorso evolutivo dalla preadolescenza all’età adulta anche se è un tema molto “caldo” quasi una vergogna per un ragazzo.
Il gruppo
Pensiamo a quanto sia importante far parte del gruppo dei “popolari” piuttosto che degli “sfigati” negli anni della scuola media: c’è chi si isola o viene isolato e chi si circonda sempre di compagni e non sta mai da solo. Ad aspetti di facciata opposti spesso corrispondono uguali sentimenti di solitudine. La solitudine è un sentimento tenuto nascosto, una debolezza da non mostrare e fa effetto il gesto di Potes che ammette la difficoltà di socializzare al netto della popolarità.
Popolarità
Una popolarità che parte probabilmente dal lockdown quando la necessità di depotenziare un virus ha costretto molti ragazzi all’isolamento, isolamento che per definizione è una minaccia in adolescenza.
Il perseguimento dell’autonomia, il consolidamento dell’identità personale, la relativizzazione delle figure genitoriali vengono perseguiti attraverso un graduale e costante allontanamento fisico e psicologico dalle famiglia.
È un percorso che inevitabilmente stimola sentimenti di solitudine visto che ogni aumento dell’autonomia porta con sé un aumento del senso di solitudine.
Sostegno
Per questo è importante il sostegno dei coetanei che durante il lockdown ha preso strade più virtuali, astratte che non sempre sono ritornate alla normalità alla fine del periodo di restrizioni. All’impossibilità di sfuggire al ritorno all’indietro tra le mura famigliari ed evadere dalla coercizione ognuno ha reagito a suo modo.
La ricerca di centralità e visibilità in internet è stato uno di questi e probabilmente è quello che è successo a Potes che ha fatto del problema un’opportunità. Ma non ha cambiato i bisogni, le criticità e i sentimenti adolescenziali che hanno sempre bisogno di condivisione e presenza per essere superati.
E vi ricordo che, se avete bisogno di me, potete contattarmi tramite la sezione contatti e consulenze del sito
Buonigorno amici. Oggi riflettiamo sul fatto che i figli non riparano nulla.
Uno degli errori che fanno i genitori è quello di avere aspettative sui figli…aspettative, spesso, malate.
Mi capita spesso, purtroppo e lo ribadisco, di incontrare mamme, o papà ( ma sono in minoranza in questo caso), che pretondono che il figlio sia quello che vogliono, che faccia quello che vogliono, che studino quello che decidono loro e che abbiamo gli obiettivi che loro, da giovani, non son riuscite a realizzare.
Ma vi siete chieste, o chiesti, se è proprio questo che è melgio fare per loro?
Errori
A volte viene così spontaneo comportarsi in questo modo che nemmeno ci accorigmao dell’errore che si sta facendo. Magari perché noi stessi siamo stati vittime di un atteggiamento di questo tipo.
E’ il solito discorso della famiglia, del retaggio culturale: siamo crescouti così, ergo, pensiamo sia nrmale comportarsi così.
O, forse, siamo stati costretti, mossi d ricattini morali o dal non voler deludere nessuno, a prendere starde che non desideravamo.
Riflettete
Ma mettetevi ovi, ora, al posto di un figlio, di un ragazzo, non più bambino ma nemmeno ancora adulto, che non può esprimere la propria personalità, le proprie idee, le proprie opinioni.
Un ragazzo che ha i propri sogni,desideri ma ha paura a comuncialri perché non corrispondono a quello che la famiglia ha pensato, anticipatamente, per lui.
Vi accontenterà, certo, perché non vuole deludervi ma cfrescerà insoddisfatto, frustrato, andrà incontro a fallimenti quasi certi perché fa cose che non sono nella sua indole e natura.
E , col tempo, darà la colpa, giustamente(mi permetto di dire), a voi per le sue frustrazioni. Vi sembra giusto? Vis embra il modo corretto di crescere un ragazzo che diventerà presto un adulto e non saprà come camminare da solo nel mondo? no, non lo è.
Vuoti
I figli, oltretutto, non devono essere ricatto nei casi dis eparaione, non è un pacco dono nè una proprietà privata.
Non devono colmare i vostri vuoti. Mis ento sola quindi mio figlio non può andare a vivere da solo.
“dopo tutto quello che ho fatto per lui/lei adesso che o bisogno io se ne va”
Vi sembra corretto? I figli hanno il diritto di cotruire una proprià identità, una propria ita.
Questo non vuol dire che vi abbandonerà…vuol dire che sta crescendo, che avete fatto il giusto lavoro dig eniori che aiutano i propri figli a trovare la LORO strada.
Riflettete su tutto questo e, se avete bisogno di me, che voi siate genitori o figli, contattatemi nella sezione “contatti e consulenze” del sito
Buongiorno amici. Oggi parliamo di bugie delgi adolescenti.
Le bugie degli adolescenti nel rapporto con i genitori.
Il rapporto tra genitori e figli, spesso, è caratterizzato da momenti di scontro, soprattutto durante il periodo dell’adolescenza, un periodo questo caratterizzato da cambiamenti a diversi livelli e in cui i ragazzi si ritrovano più facilmente a mentire.
Alcuni genitori possono arrivare a chiedersi “ma perché mio figlio mi dice le bugie? Cosa mi sta nascondendo? Sto sbagliando qualcosa?”
Le bugie degli adolescenti
L’adolescenza è un periodo delicato che tutti noi ci ritroviamo ad attraversare. Un periodo in cui avvengono cambiamenti a livello fisico, ma anche a livello psicologico e sociale.
In questa fase l’adolescente sente fortemente il bisogno di essere indipendente e di fare da solo le proprie scelte.
Sarà per questo che un figlio, durante il periodo dell’adolescenza, inizia a dire bugie e a nascondere alcuni comportamenti o azioni, omettendo per esempio dettagli importanti su una o più questioni.
E’ come se le bugie in adolescenza diventassero quasi quel rifugio in cui rintanarsi.
Per quanto tutto questo possa dare “fastidio” ai genitori è importante prendere atto del fatto che questo processo è funzionale e del tutto fisiologico: un adolescente che dice bugie, cerca di capire meglio se stesso, prendendo le distanze dai genitori per ritrovare uno spazio in cui esercitare la propria autonomia.
In un primo momento questo può far scattare la rabbia: un genitore che scopre le bugie del proprio figlio può arrivare a sentirsi tradito, deluso. Eppure da genitori dovremmo ricordare che anche una bugia può essere un punto di partenza per capire meglio i bisogni di nostro figlio.
Insomma la bugia è accettabile e fa parte del nostro percorso di crescita e di quello dei nostri figli. Ovviamente il “dire bugie” non deve diventare un’abitudine, o meglio, il proprio modo di rapportarsi all’altro.
Si può dire allora che “la bugia è una tappa fisiologica del processo di crescita. Altrimenti sono sempre mamma e papà che decidono e fanno al posto loro. Mentre i figli non crescono mai”, afferma la psicologa Paola Scalari.
Bugie degli adolescenti e loro funzione
Da quanto abbiamo detto, possiamo evincere una bella verità: una bugia sembra avere un obiettivo o comunque una funzione specifica.
Pensate ad un bambino di 3-4 anni: le sue bugie fanno parte del suo mondo fantastico in cui sembra essere tutto possibile. Per questo, per evitare ad esempio una punizione, un bambino di quest’età può arrivare a dire una bugia raccontando delle storie fantasiose.
Un adolescente, invece, spesso arriva a mentire perché sente di dover di difendere i propri spazi e la sua privacy: tutto ciò è funzionale al raggiungimento della sua autonomia.
A volte le bugie degli adolescenti servono per:
Affermare se stessi. A volte gli adolescenti compiono azioni mal viste dai genitori, come fumare o bere e di conseguenza arrivano a mentire per preservare il quieto vivere.
Aggirare un ostacolo. Quando un adolescente è convinto che dire la verità significa ricevere un no, può decidere di dire una bugia.
Evitare le punizioni. Per paura della reazione dei genitori, spesso un adolescente decide di mentire.
Bypassare il controllo dei genitori che in certi casi risulta particolarmente oppressivo.
Evitare di deludere uno o entrambi i genitori.
Ottenere considerazione e attenzione da parte del genitore: spesso si mente anche per attirare l’attenzione su di sé.
Evitare di sentirsi incompresi se dicessero il vero.
Bugie degli adolescenti che nascondono un disagio
Dietro alle bugie degli adolescenti potrebbero esserci le specifiche problematiche e dei disagi più profondi.
Un adolescente a volte può dire una bugia per compensare la sua bassa autostima, a causa di un disagio sociale o emotivo. Alla base insomma potrebbero esserci depressione, stress o altro.
Insomma, dietro ad una bugia può esserci davvero il mondo: per questo un genitore dovrebbe vivere questa “situazione” come un’opportunità per conoscere meglio il proprio figlio e migliorare il dialogo con lui.
Ovviamente va anche tenuto conto della bugia che viene detta: bisogna contestualizzarla e darle il giusto peso.
Esistono bugie e bugie. Se nostro figlio ci dice, ad esempio, che ha finito di fare i compiti, perché non vede l’ora di andare a giocare e questo non è vero, sicuramente non bisogna farne un dramma.
La questione cambia se queste bugie riguardano cose più serie e possono metterlo nei guai.
In questi casi bisogna tenere alta l’attenzione, che non significa stare addosso ai figli.
Vediamo ora quali sono i campanelli d’allarme che ci fanno capire se nostro figlio ci sta mentendo o meno.
Campanelli d’allarme: quali sono?
Riconoscere le bugie è fondamentale, perché come accennato, a volte rappresentano il sintomo di problematiche più serie e non semplicemente delle “cose da far passare come inosservate”.
Sicuramente è importante prestare attenzione a quello che i nostri figli ci dicono, ma anche al loro linguaggio del corpo.
Quando un adolescente mente evita di guardare negli occhi il genitore, gli tremano le mani o la voce.
Un adolescente che dice una bugia di solito tende a ripetere diverse volte lo stesso concetto magari aggiungendo dettagli con l’intento di rendere più veritiera la propria bugia.
Inoltre è importante considerare le loro abitudini, se sono cambiate.
Il loro umore, i rapporti che intrattengono con gli altri.
Dobbiamo certamente osservare nostro figlio e ciò che si muove intorno, senza però essere opprimenti.
Ricordiamo che un figlio ha il diritto di sbagliare.
Il ruolo dei genitori: cosa possono fare?
Se da una parte le bugie degli adolescenti fanno parte del percorso di crescita, dall’altra possono nascondere un disagio, come già accennato.
Alla base deve esserci sicuramente una buona comunicazione: solo così un genitore avrà la possibilità di capire e quindi aiutare il proprio figlio.
Ma concretamente cosa può fare un genitore in questi casi?
Come comportarsi con i figli
Vediamo qualche consiglio utile.
Evitare di considerare la bugia del figlio come un attacco personale, non entrare in sfida con lui e interessarsi alla motivazione sottostante la bugia.
Mantenere un dialogo sano: un genitore deve essere aperto e mostrare disponibilità circa la comunicazione. Non deve sicuramente avere un atteggiamento rigido e appunto permettere al figlio di aprirsi, senza sentir addosso il giudizio. Frasi del tipo “sei un bugiardo” tendono a chiudere il confronto e la comunicazione. Meglio adottare frasi del tipo “va bene, cosa è successo, come ti senti?”. Insomma l’attenzione deve ricadere sul figlio più che sulla bugia che ha detto.
Creare un clima di fiducia. Un adolescente ha la necessità di fidarsi. Il genitore è il punto di riferimento: a chi possiamo rivolgerci se non ai nostri genitori? Più un adolescente non si fida del proprio genitore, più sarà in un certo senso incline a mentire.
Favorire il confronto esercitando un ascolto attivo. Da genitori dobbiamo considerare la posizione di nostro figlio evitando di dare per scontato che debba ascoltare noi. Ascoltiamoli per comprendere le loro azioni, le loro emozioni, per fare attenzione a quello che provano, a quello che sentono.
Evitare di utilizzare frasi che iniziano con “devi”. Un adolescente vede in quel deve una minaccia e con questo presupposto è più facile che dica una bugia, piuttosto che una scomoda verità.
Evitate di caricare figlio di aspettative esagerate. Se non è in grado di soddisfarle, sarà maggiormente portato a mentire per evitare di deludervi.
Siate chiari e sinceri. Dobbiamo fungere, in un certo senso, da modello positivo. Dare l’esempio a volte è più importante di tante altre parole. Se una madre o un padre riescono ad essere sinceri, onesti, è più facile che diano un esempio di modello positivo che il figlio potrà seguire. Evitiamo quindi di mentire a nostro figlio, altrimenti indirettamente, gli trasmettiamo il messaggio che dire una bugia è meglio che confrontarsi. La comunicazione in questi casi è come se passasse in secondo piano.
Come porsi da genitori
Ricordiamo sempre che i figli osservano i comportamenti dei genitori.
Educhiamo i figli a raccontare la verità, anche quando non ci piace. Come afferma la psicologa Paola Scalari “È senz’altro importante che il genitore educhi il ragazzo alla verità, che serve non solo per costruire con lui un rapporto basato sulla fiducia, ma anche per abituare il ragazzo ad affrontare la realtà, quella che piace e quella che non piace, e a non nascondersi dietro una bugia per scappare da una situazione difficile o che impaurisce”.
Se vostro figlio vi ha raccontato una bugia grossa rimproveratelo, evitando di punirlo, quanto piuttosto cercando di spiegare perché quello che ha fatto è sbagliato e mettendo in rilievo il fatto che se vi avesse raccontato la verità, l’avreste comunque supportato.
Aiutate i vostri figli a valutare i pro e i contro delle loro azioni e il fatto che è importante prendersi la responsabilità delle proprie scelte, anche di quelle sbagliate. Perché se sbagliano, non significa che sono sbagliati, ma semplicemente umani. In questo senso potrebbe essere utile far presente ai vostri figli che commettere un errore non è la fine del mondo, ma un passo che a volte dobbiamo fare per riprendere la retta via. Sbagliare significa avere l’opportunità di imparare. Imparare, soprattutto dai nostri passi falsi, che se condivisi con i nostri genitori, possono rappresentare un valore aggiunto per la nostra crescita.
Mettete in rilievo il fatto che mentire complica i rapporti. Per quanto dire una bugia serva a provare un sollievo, è più utile dire la verità. Se ci pensiamo dire una bugia significa doverne dire un’altra e un’altra ancora. Tutto questo provoca sentimenti di ansia e tensione, finendo per complicare il tutto.
Insomma, dire la verità, anche se all’apparenza può sembrare difficile, è la soluzione che ci può salvare. Questo deve essere chiaro anche ai nostri figli.
Se avete poi bisogno del mio aiuto potete contattarmi nella sezione contatti e consulenze del sito
Riflettiamo su questa bellissima frase di Montaigne.
Buongiorno amici. Oggi riflettiamo su il coraggio.
Non dovrebbe essere un’imposizione ma,in realtà, purtroppo, molte volte è così.
Il coraggio…coraggio di fare, di dire, di esprimersi…ecco, proprio questi ultimi aspetti sono i più difficili.
Riflettiamo
Perché, troppe volte, per non dire sempre, riusciamo più a fare quello che abbiamo in mente e non ad esprimerlo?
Quante volte i ragazzi, e non solo, sono costretti a dire bugie bianche per fare quello che desiderano?
“io vorrei andare a ballare…vorrei suonare la chitarra…vorrei fare quella o questa scuola ma non riesco a dirlo ai miei”…”esco con il mio fidanzato ma mamma e papà non lo sanno, non ho il coraggio di dirlo”…
Ecco, non ho il coraggio di dirlo. E perché? Ce lo siamo mai chiesti perché è così difficile dire ,esprimere un concetto, un desiderio, una volontà.
No,non lo sanno però lo faccio lo stesso perchè, alla fine, li metterò al corrente a cosa già compiute e non potranno rifiutare nulla.
Perché?
Perché succede? Perchè, spesso, siam cresciuti in un ambiente dove tacere à meglio per non causare problemi.
Perché a casa non c’è mai stato un vero e proprio dialogo.
Perché abbiamo paura di ripercussioni, per pregiudizi stupidi sulla base di nulla.
Perché non vengo mai ascoltata …per esprimere un concetto devo alzare la voce o compiere dei gesti estremi. solo così mi considerano, forse”
Per paura di punizioni, divieti, per paura che qualcuno distrugga i nostri desideri, perché “per loro tutto è tabu”.
Dialogo
Pensateci…alla base di tutto questo c’è sempre la mancanza di dialogo e di ascolto attivo. C’è la mancanza di apertura mentale, ci sono solo pregiudizi. E allora che si fa? Si preferisce tacere e nascondere.
Ma come vi sentite alla fine? Frustrati, depressi, rabbiosi…in un limbo.
Esternare
E allora non abbiate mai e dico MAI paura di esprimere voi stessi…i vostri concetti, desideri, emozioni.
Fate sempre sentire la vostra voce anche se avrete, in alcune occasioni, tutti contro. Solo così vi farete conoscere davvero. Solo così vi contornerete di persone che vi amano davvero.
Solo così potrete cambiare il rapporto che c’è in famiglia.
E se avete bisogno del mio aiuto contattatemi pure nella sezione contatti e consulenze del sito
o, in alternativa, su camtv come dottoressa napolitano o col nome del canale “adolescenti istruzioni per l’uso”
Buongiorno amici 🙂 Oggi parliamo di silenzio passivo aggressivo.
C’è silenzio e silenzio. Può essere infatti anche “buono”, quando si vuole prendere del tempo per sé in una discussione «in questo caso può essere un modo per difendersi quando la conversazione sta prendendo una piega che si fa fatica a gestire. Ma è anche un modo utile per prendere tempo e sottrarsi ad una discussione prima che degeneri.
In altri invece il silenzio diventa assordante e soprattutto un’arma nelle mani di una persona ai danni dell’altra. «In questi casi, chi decide di interrompere la comunicazione, utilizza il silenzio come un modo per ottenere un vantaggio innescando una dinamica di potere nella relazione» spiega la dottoressa Perris. Il silenzio diventa quindi un modo non solo per dilatare i tempi, ignorando l’altra persona, ma anche per creare delle situazioni di stallo in cui entrambi si è coinvolti senza quindi giungere a una soluzione. Ma perché succede?
Dietro al silenzio passivo-aggressivo, inadeguatezza e insicurezza
All’origine di questo atteggiamento ci sono molte insicurezze da parte di chi lo porta avanti come mancanza di autostima, incapacità di creare relazioni sane ma anche poca dimestichezza nello stare assieme agli altri e in società. Questi fattori generano quindi grande insicurezza e davanti a un “no” non si sa come reagire. E quindi ci si chiude nel silenzio: «Il silenzio può essere utilizzato per costringere l’altro a vedere la nostra sofferenza, per indurlo a modificare il suo comportamento o punto di vista, per generare in lui sensi di colpa, spingerlo a sentirsi in difetto e quindi a mettere in primo piano i nostri bisogni. In questo senso, può rappresentare un modo per punire l’altro o configurarsi come una dinamica manipolatoria
Atteggiamenti non solo come il silenzio, ma anche lo scomparire, il non rispondere più al telefono, il non prestare attenzione all’altro, sono tutti passivo-aggressivi e tipici di chi non sa come relazionarsi con gli altri e vuole evidenziare il suo essere vittima in una determinata circostanza. In queste situazioni mancano quindi atteggiamenti di autocritica, di flessibilità ma anche di empatia che aiutano a relazionarsi con gli altri.
Come si sente chi subisce il silenzio del passivo-aggressivo
Il passivo-aggressivo pensa quindi solo al proprio dolore e al proprio senso di inadeguatezza, non pensa mai che può essere lui stesso la causa di altro disagio: «Chi subisce l’interruzione della comunicazione può sentirsi arrabbiato, confuso rispetto ai motivi che hanno dato luogo a questa reazione. Può sentirsi in dovere di rivedere le proprie posizioni pur di ripristinare la connessione emotiva con l’altro e uscire da una situazione che genera ansia, solitudine e senso di inadeguatezza.
Uscire da una situazione di silenzio passivo-aggressivo
Come si dovrebbe comportare quindi chi subisce questo tipo di atteggiamento? Generalmente, davanti al silenzio, si ha la tendenza a ripristinare il dialogo, chiedendo cos’è successo o il perché della reazione: Così facendo però si cade esattamente nella dinamica di potere voluta dall’altro, gli si domanda cosa non va, cosa abbiamo fatto di sbagliato, come possiamo rimediare. In alcuni casi può succede che il silenzio va oltre anche le scuse, cessando solo quando chi lo utilizza avverte angoscia e disorientamento nell’altro.
Come comportarsi quindi?
Sarebbe utile, dunque, prendere tempo di fronte al silenzio mantenendo un distacco che sia un chiaro segnale che questa modalità non condurrà all’effetto sperato.
È importante anche capire che questo tipo di atteggiamento non è un attacco personale quanto la manifestazione di un problema dell’altra persona. Per questo, come consiglia la dottoressa Perris, non è consigliabile insistere o “affrontare di petto” la situazione, quanto parlarne una volta che è passato del tempo.
Vi ricordo che, se avete bisogno di me, potete contattarmi tramite la sezione “contatti e consulenze” del sito
Ecco cos’hanno risposto a questa domanda un gruppo di ragazzi.
Buongiorno amici. Oggi riflettiamo su questa domanda: che tipo di genitore vuoi essere?
E le risposte che sono state date dai ragazzi devono assolutamente far riflettere.
Presenza
Queste risposte non hanno bisogno dicommenti.
Infatti, il primo aspetto toccato dai ragazzi la presenza. Il che vuol dire, qualità, tempo davvero dedicato a loro, ascolto attivo..il far capire a un figlio che, in qualsiasi momento, possono contare sui genitori.
Fiducia- che tipo di genitore vuoi essere?
Altra risposta bellissima. Lasciar essere uj figlio quello che vuole, rispettando i suoi obiettivi, aiutandolo ad inseguirli senza influenzarlo nelle scelte, senza giudizi o pregiudizi.
Coerenza-che tipo di genitore vuoi essere?
Uno degli aspetti che ribadisco ogni volta ai genitori. Siate coerenti. Una regola, se volete sia rispettata, va rispettata prima da voi.
I genitori, infatti devono essere un esempio per i ragazzi, una guida affinché diventino degli adulti sereni e capaci.
E se avete bisogno di un aiuto, contattatemi tramite la sezione contatti e consulenze de sito
Buongiorno amici. Oggi parliamo di violenza assistita sui bambini.
La violenza assistita è una violenza a tutti gli effetti, ha lo stesso impatto psicologico di quella fisica e diretta, non può essere trascurata.
VIOLENZA ASSISTITA significa far assistere al minore a scene di violenza fra i genitori, dove i maltrattamenti possono essere di tipo fisico, sessuale, psicologico ed economico.
Il bambino può fare esperienza diretta della violenza intrafamiliare, quando avviene nel suo campo percettivo o indiretta, quando è a conoscenza dei conflitti tra i genitori o quando ne percepisce gli effetti.
I livelli di violenza a cui un figlio può essere esposto sono svariati: dalla piccola violenza quotidiana, alle forme più gravi, che creano nel minore traumi tanto gravi quanto le altre forme di violenza.
È violenza anche quando i genitori amplificano i propri stati ansiosi nei figli, esponendoli a situazioni psicologiche difficili da affrontare, senza curarsi del carico emotivo negativo che provocano nei propri bambini.
I danni della violenza assistita a breve e a lungo termine
Purtroppo, si vive ancora nella convinzione errata che i bambini non vedano o non capiscano realmente cosa accade sotto i loro occhi all’interno delle mura domestiche. I bambini vedono e sentono tutto e si comportano di conseguenza.
Subiscono, anche se a volte non lo manifestano apertamente e si portano dentro i segni a volte apparentemente invisibili della violenza assistita.
Viene trascurato l’impatto da un punto di vista emotivo, fisico, relazionale, affettivo e sociale di queste forme di violenza che a volte sono estremamente condizionanti e hanno esiti clinicamente importanti.
violenza domestica
Le differenti modalità con cui si agisce la violenza all’interno delle mura domestiche costituiscono, per la vittima, una condizione che confonde e destabilizza l’integrità e la personalità di un bambino ancora in fase di maturazione e di stabilizzazione dei tratti andando a gravare sul processo di crescita.
Si favoriscono, così, gravi conseguenze sullo sviluppo psicologico a breve, medio e lungo termine.
Enuresi, encopresi, disturbi alimentari, bassa autostima, sbalzi d’umore, mancanza di fiducia negli altri, dipendenze da droghe e alcol, difficoltà di apprendimento, depressione, ritardo nello sviluppo, fino ad arrivare alla prostituzione, delinquenza, criminalità e sviluppare disturbi psicopatologici in età adulta.
Psicosomaticità
Anche se non lo esprimono a parole o con comportamenti manifesti, l’impatto della violenza assistita si manifesta con problematiche psicosomatiche, di umore, di autostima, relazionali e legate all’inibizione dell’esternazione dei propri stati interni.
Certamente, le reazioni più gravi a un’esposizione sistematica e continuativa alla violenza, si manifestano in quei bambini costretti a vivere in un contesto familiare che li tiene continuamente in allarme, in quanto il minore non si sente protetto.
Se il vissuto traumatico del bambino vittima non viene elaborato e rimane inespresso, l’impatto sulla psiche sarà ancora più devastante.
Un bambino che è cresciuto in un ambiente violento, non ha sicuramente sviluppato un legame di fiducia con il genitore, o con i genitori violenti, non può fidarsi di lui e affidarsi a lui (o loro) dopo aver visto le sue reazioni e aver subìto i suoi comportamenti.
Vive in una condizione di costante allerta, di attivazione interna generata dalla paura che la violenza sia dietro l’angolo.
Vivere a contatto con il, o i genitori violenti, potrebbe rappresentare un rivivere, anche in maniera indiretta, ciò che è stato subito per anni.
Come possono lasciarsi andare, esprimersi e vivere invece che sopravvivere? Chi aiuta questi bambini che si sentono soli e troppe volte non riconosciuti e incompresi?
Vi ricordo che se avete bisogno del mio aiuto potete cotnattarmit ramite la sezione contatti e consulenze de sito
Cosa vivono i ragazzi che decidono di togliersi la vita
Buongiorno amici. Oggi parliamo di cyberbullismo e suicidio adolescenziale.
Una delle paure più grandi di un genitore è quella di arrivare “dopo”, di non giungere in tempo, di non riuscire a comprendere il dolore, la sofferenza, il disagio interiore di un figlio.
Non è così immediato per un genitore vedere il malessere di un adolescente perché purtroppo, non sono sempre così evidenti e manifesti.
Tante volte i ragazzi esprimono ciò che hanno dentro in maniera indiretta attraverso specifici comportamenti, parole, sguardo e soprattutto i “non detti”.
Il problema legato al fenomeno delle prevaricazioni dirette, come quelle fisiche e verbali, e indirette, è che ormai sono sempre più presenti già a partire dalla tenera età e si manifestano soprattutto attraverso l’uso di quel dispositivo che la maggior parte di persone tiene costantemente in mano: lo smartphone.
Commenti
Leggo spesso commenti impulsivi soprattutto sotto le notizie di cyberbullismo in cui si dà la colpa alla tecnologia. Il fenomeno del bullismo e del cyberbullismo è molto complesso.
Sono coinvolte più persone e sono presenti delle dinamiche personali, relazionali, sociali, individuali, familiari da tenere in considerazione. Per questa ragione non è facile sradicarlo.
Purtroppo, ci si ferma a riflettere sulla gravità di questi comportamenti prettamente davanti alle tragedie, quando si legge della morte di un ragazzo che decide volontariamente di togliersi la vita.
È importante affrontare il problema della violenza giovanile tutti i giorni perché quotidianamente migliaia di ragazzi vivono incastrati nella morsa delle prevaricazioni e delle prepotenze online.
Cosa scatta nella testa di chi subisce queste forme di violenza?
Coloro che subiscono queste forme di prepotenza si sentono intrappolati. La trappola è quell’oggetto che blocca nei movimenti, nell’espressione di se stessi, non ci si sente più liberi, ma incatenati, legati a quella condizione che giorno dopo giorno diventa sempre più stretta e soffocante.
Diventa il problema principale della propria vita, quella condizione inaccettabile, ingiusta e ingiustificata.
Quello che fa più male è che non capisci il perché di questi comportamenti, non riesci a fartene una ragione, non te ne capaciti, non comprendi come sia possibile che non vedano che sei una persona come loro, anche se non la pensi e non ti comporti come loro.
Rischi di arrivare a pensare di essere tu quello sbagliato.
La psiche- cyberbullismo e suicido adolescenziale
A livello psicologico pesa tantissimo non sapere quando arriveranno le prepotenze e che entità avrà il problema.
Sai che arriveranno, ma non sai quando e come. Questo stato genera profondo stress psicofisico. Attiva quella condizione di impotenza appresa che fa ammalare il corpo e la mente.
Per comprendere pienamente cosa vive e cosa pensa chi è preso di mira, immaginiamo un cielo cupo scuro, sempre coperto, dove giorno dopo giorno c’è sempre meno spazio per il sole, per il sereno, per i momenti di luce. Questo è lo stato di fondo di tanti ragazzi.
Cosa succede? cyberbullismo e suicidio adolescenziale
E poi cosa succede? Arriva il tuono, arriva quel frastuono che ogni volta fa sussultare anche quando si è consapevoli che arriverà.
Il nostro cervello, anche se si aspetta qualcosa di negativo, è solo più pronto, anche se in realtà non è mai davvero pronto. È solo più in allarme e quindi ha un livello di attenzione più alto.
Ogni volta che arriva il tuono delle parole e il fulmine delle prese in giro, c’è una reazione di allarme, anche fisica perché c’è il rilascio dell’adrenalina e di ormoni dello stress nel cervello.
È il significato che si attribuisce alle cose, persone, situazioni che attiva specifiche reazioni psico-fisiche e chimiche.
La reazione di allarme ha un suo tempo di estinzione: la paura non passa immediatamente e si riattiva tutte le volte che si rivivono quelle immagini e si sentono quelle parole, anche solo a livello immaginario.
Pensate di vivere costantemente in questa condizione.
Cammini e non sai quando arriverà quel tuono, quando e dove cadrà quel fulmine, se ci sarà una tempesta più forte o un uragano. Il cervello di un ragazzo deve già affrontare tanti cambiamenti legati alla crescita e ai problemi legati al quotidiano e in più, si ritrova a dover vivere e gestire tutta questa turbolenza emotiva.
Rischi cyberbullismo e suicidio adolescenziale
Questa condizione rischia di spegnerli e questo non lo possiamo permettere, perché hanno bisogno degli adulti, hanno bisogno della rete di supporto e di sostegno. Da soli diventa troppo duro.
Tutti questi ragazzi sarebbero caricati di un peso ancora più grande, di un altro peso che non è giusto che debbano sopportare da soli.
Questa è anche una delle ragioni per le quali è difficile accorgersi di ciò che accade a un figlio se non parla esplicitamente dentro casa o a scuola.
È una morsa che si stringe piano piano, giorno dopo giorno, ed è per questo che quando si hanno dei dubbi, delle perplessità, è importante confrontarsi con degli specialisti, anche solo per fare delle domande, per capire le motivazioni che spingono i ragazzi a chiudersi in se stessi, a farsi del male mettendo in atto comportamenti autolesivi, fino ad arrivare al suicidio.
Come capirli
Sono ragazzi che spesso hanno perso la fiducia, che non vedono una via d’uscita e tutti noi adulti, qualunque ruolo si ricopra, dobbiamo essere lì in maniera pertinente, efficace e supportiva.
Dobbiamo guardare i loro occhi e leggere la situazione con il filtro di un cervello adolescente che vede i problemi in maniera diversa da noi adulti.
Noi siamo andati oltre quella fase e abbiamo imparato a gestire tante condizioni. Loro, invece, hanno bisogno di credere che ci sia chi è in grado di risolvere la loro situazione.
Devono fidarsi delle istituzioni e degli adulti. Spesso hanno paura di denunciare, per il timore di affrontare gli esiti negativi.
Tante volte si interviene in maniera inefficace e chi subisce queste forme di violenza ha addirittura paura che possa peggiorare la loro condizione.
Nelle azioni di contrasto al bullismo tecnologico è importantissimo lavorare su scuola e famiglia e anche su tutta la rete che circonda i ragazzi vittime di bullismo, soprattutto gli amici e i conoscenti, per indurli a parlare, a confrontarsi con gli adulti, capendo che non significa fare la spia, ma aiutare i loro amici e quindi creare quella fondamentale rete di solidarietà e supporto.
Solo così le vittime di bullismo potranno sentire di non essere sole, capire che non sono loro sbagliate, ricostruendo nella loro mente una fiducia nel mondo e nelle persone che gli stanno vicine.
Io spero che parlare di cyberbullismo e suicidio adolescenziale vi abbia fatto riflettere.
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Raggiungi l’obiettivo partendo dai micro obiettivi quotidiani
Buongiorno amici. Oggi vediamo il perché, spesso, diciamo “non ce la faccio” davanti un obiettivo che ci siamo prefissati.
A che punto della scala siete voi?
Tutti, davanti un nuovo inizio, una nuova prova, un obiettivo che ci sta a cuore siamo incerti, a volte anche spaventati.
Perché ci fermiamo ai primi gradini?
Per scarsa autostima, per le troppe aspettative che gli altri hanno di noi, per paura di un improvviso ostacolo.
Gli sbagli
L’autostima. In primis gioca questo fattore e qui, se si parla di ragazzi, deve giocare un ruolo fondamentale il genitore.
I genitori, ovviamente, di errori né fanno perché, insieme ai ragazzi, crescono loro.
Ma il macro errore che fanno è caricarli di aspettative, le Loro.. Non quelle dei ragazzi.
Cosa fare? Portarli ad avere coraggio, a insegnare loro a mettercela tutta per raggiungere l’obiettivo che loro si sono prefissati. E puntare sulle loro potenzialità che possono essere diverse da quello che vi aspettavate ma sono le Loro.
E, poi, lasciate che facciano errori senza rimproverarli. Gli errori insegnano, fanno crescere.
La scala
Ma pensate a come vi sentireste se non provaste a farlo… Se, per una semplice perplessità, paura (che a volte ci inculcano gli altri) vi fernaste. Come vi sentireste?
Frustrati, Insoddisfatti, vivreste pensando “chissà come sarebbe stato se….”. E voi volete questo? Penso proprio di no.
E allora non lasciatevi fermare da nulla. Ci saranno difficoltà, vero, ma quello che vi farà andare avanti a testa alta è la vostra volontà, il vostro obiettivo in fondo alla scala.
E allora sbagliate, tutte le volte che volete, ma rialzatevi e continuate perché il panorama da lassù è stupendo 🙂
Mai dire non ce la faccio.
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