Come capire se si sono avvicinati alle droghe, come ascoltarli, come aiutarli.
Buongiorno amici. Oggi parliamo insieme di adolescenti e droga.
Qui di seguito vi ho linkato a diretta fatta su instagram, giusto questa settimana, sul tema.
Molti i partecipanti, molti interessati all’ argomento ed è questo lo scopo delle dirette, cui invito tutti a partecipare il giovedì.
Perché…-adolescenti e droga
Perché gli argomenti trattati toccano la maggior parte di voi..perché, molte volte, siete proprio voi a chiedermi di trattare determinati argomenti per capire cosa fare in certe situazioni.
Il tema della droga, purtroppo, è caro a molti genitori che cercano di capire se il figlio è si è davvero avvicinato a questo mondo come parlare con loro e come aiutarli al meglio.
da riempire di cose belle, momenti felici, persone amorevoli d esperienze meravigliose.
Buongiorno amici. Oggi vediamo come creare uno spazio nella nostra mente da riempire delle cose e perone più belle, che possano migliorare la nostra vita.
A volte spendiamo così tante energie per sopportare certe situazioni credendo di essere forti, quando invece la scelta più coraggiosa che possiamo fare e proprio quella di lasciarle andare.
Durante l’infanzia, l’attaccamento è necessario al bambino, al fine di stabilire e definire il rapporto con i propri genitori e con il mondo.
Su questo modello, poi, verranno costruiti tutti i legami di intimità e di amore con gli altri.
Se la natura di questo attaccamento è sana, riusciremo a intessere relazioni soddisfacenti e di fiducia. Quando però l’attaccamento diventa nocivo, anche solo per la nostra condizione psicologica, è necessario imparare l’arte del lasciare andare.
Quanta negatività stai accumulando?- creare uno spazio
Come possiamo pensare di stare bene se continuiamo a mantenere la mente all’erta, se non lasciamo mai andare nulla? La mente chiacchiera incessantemente, e troppe volte è focalizzata su pensieri di ansia, paura, rabbia. I pensieri non sono neutri: hanno una carica emotiva.
E c’è dell’altro: i pensieri creano sostanze che inondano il nostro corpo. È facile comprendere che pensieri “stressanti”, ovvero quelli che ci danneggiano oltre a rovinarci la giornata, con il tempo minano addirittura la nostra salute.
Pertanto, è importante imparare a chiudere i cerchi, o capitoli della nostra vita, che è la stessa cosa.
Significa lasciare andare persone o esperienze che in un determinato momento avevano un senso, ma che ora non lo hanno più. Significa voltare pagina e aprirsi a nuove esperienze.
“Lasciar andare” significa non forzare le cose
Significa lasciare che “fluiscano” naturalmente! Consapevoli del fatto che lottare insistentemente per qualcosa da cui, siamo certi, non trarremo frutti, può precluderci la scoperta di nuovi traguardi, nuove cose o persone che potrebbero renderci felici.
Comporta quindi l’accettazione del fatto che alcune cose “sono come sono” e che giudicarle o tentare di cambiarle (quando non se ne ha il potere o semplicemente il diritto), comporterebbe un inutile spreco di energie.
Per quali strani percorsi mentali o emotivi continuiamo a farci del male?
E per quale motivo persistiamo anche di fronte alle evidenze negative di determinate situazioni sociali, o di legami affettivi ambigui che ci procurano solo dolore?
Pur accettandoci e instaurando un buon rapporto con noi stessi, o vivendo la reciprocità di un amore, siamo capaci lo stesso di creare l’inferno nella nostra vita interiore, spingendoci a negare ogni sembianza di felicità.
Spesso il restare intrappolati in relazioni distruttive nasconde problemi più profondi.
Ad esempio, a volte accade che tanto più malsane sono le relazioni familiari tanto più lo sono anche quelle di cui ci circondiamo nella vita adulta.
Se abbiamo imparato a dover soddisfare l’altro, più che noi stessi, per sentirci amati e accettati, nelle relazioni adulte tenderemo a corrispondere alle aspettative altrui in modo automatico, senza dare importanza a noi stessi.
Ecco perché chi nasce in famiglie con dinamiche relazioni disfunzionali è probabile che, una volta adulto, possa farsi coinvolgere in relazioni tossiche e non funzionali al suo benessere e pertanto poco soddisfacenti.
Perché chiudere con il passato?-creare uno spazio
Il passato fa parte di noi, ha contribuito a renderci quello che siamo.
Non possiamo semplicemente nasconderlo perché prima o poi tornerà. Pertanto, è essenziale imparare a sistemare le cose con il nostro passato.
Solo quando assumiamo e accettiamo queste esperienze ci liberiamo dal loro peso e possiamo continuare il nostro cammino.
Sono migliaia le ragioni per cui ci aggrappiamo al passato, ma tra queste vi è sempre la paura dell’ignoto e la nostra tendenza a rimanere nella nostra zona di comfort.
Anche se suona contraddittorio, ci fa più paura fare il passo successivo piuttosto che continuare a soffrire restando nel punto in cui ci troviamo.
Ma non possiamo vivere il presente tenendo un piede nel passato. Ciò che è è successo è successo, dobbiamo liberarci della sua influenza perché altrimenti non potremo crescere come individui!
Infatti, crescere non significa solo appropriarsi di nuove competenze, acquisire conoscenze e incontrare nuove persone, ma significa fondamentalmente troncare con il passato.
Per conquistare alcune cose dobbiamo lasciarne andare altre. Questo significa che dobbiamo avere il coraggio di chiudere i cicli della nostra vita e lasciarci alle spalle le persone o le esperienze che, anche se in un determinato momento ci hanno dato molta felicità, ora rappresentano solo un ostacolo alla nostra crescita.
Cosa dovremmo lasciare andare?- creare uno spazio
Tutto quello che ci fa male e genera delle sofferenze inutili
Tutto quello che ci toglie felicità e ci fa morire un po’ ogni giorno, spegnendoci lentamente
Tutto quello che ci tiene legati al passato sulla base di false speranze
Tutto quello che è privo di significato nella nostra vita attuale e non si adatta alla nostra nuova visione del mondo
Tutte le persone che ci hanno lasciato e non vogliono che facciamo parte della loro vita
Tutti quei luoghi in cui non ci sentiamo più a nostro agio e dove andiamo solo per dovere o per abitudine
Tutte quelle abitudini, credenze e atteggiamenti che sono un ostacolo per la nuova fase della vita che stiamo per affrontare
Chiudere i cerchi della vita non significa mettere la parola fine, ma è piuttosto l’inizio di qualcosa di nuovo.
Quando è il momento di lasciare andare?
Quello che si è vissuto ha fatto male, certo, ma quello che si fa con il proprio dolore è probabilmente più importante del dolore stesso. Si preferisce riuscire a godersi per intero la vita che si potrebbe avere o si preferisce rimuginare all’infinito sul passato e su qualcosa che non può essere cambiato? Ma come si può lasciar andare le ferite del passato e andare avanti?
Quando abbiamo troppe aspettative su di noi
Le aspettative sono quelle che ci tagliano fuori dal flusso della vita, ci portano lontano dal momento presente e ci fanno dire: “sarò felice solo quando avrò una nuova relazione, un nuovo lavoro, una nuova casa, etc”.
Senza aspettative non viviamo più schiacciati tra passato e futuro, siamo presenti. Solo così possiamo assaporare il qui e ora.
Se la nostra mente è continuamente sballottata tra le ferite del passato e le apprensioni per il futuro, come possiamo goderci la magia del presente? Come facciamo allora a vedere, sentire, percepire la bellezza dell’attimo corrente?
Quando ci ostiniamo a volerci far amare
Non possiamo forzare nessuno ad amarci, ma possiamo essere una persona da amare.
Non dobbiamo forzare nessuno a rimanere nella nostra vita quando vuole andarsene. L’amore è libertà, non dipendenza o forzatura. La fine di un amore non é la fine del mondo.
Ogni persona che esce dalla nostra vita lo fa per una ragione, ma non lo fa mai senza prima averci insegnato la lezione. Lasciamo che le cose accadono e si risolvano da sole.
Quando si è legati a un passato che ci tormenta- creare uno spazio
Il passato è passato e non può essere cambiato.
Il segreto della libertà e della felicità non sta nella vendetta, nel rancore verso chi ci ha fatto del male e ci ha fatto anche piangere, ma nel lasciare che le cose si sistemino da sole, naturalmente e nell’imparare dagli errori.
Ciò che conta di più non é il primo capitolo, ma l’ultimo. Liberiamoci dalle catene del passato, apriamo il nostro cuore e la nostra mente a nuove esperienze!
Quando stiamo sacrificando la nostra felicità
Una relazione dovrebbe essere una condivisione di amore, un dare e avere, non un prendere e basta.
Se la persona accanto a noi non ci dà la serenità che cerchiamo è meglio chiudere. Non ha senso elemosinare amore con chi non ci merita o non ci apprezza..
Non permettiamo che questo succeda, non sacrifichiamo la nostra dignità e la nostra felicità solo per tenere qualcuno accanto a noi.
Ripetiamoci sempre, ogni giorno “IO SONO LA PERSONA PIU’ IMPORTANTE DELLA MIA VITA!
Lasciare andare è un atto che richiede coraggio
Un famoso detto napoletano recita: “Acqua ca nun cammina, fa pantano e feta” (acqua che non scorre si intorbidisce e fa cattivo odore).
Questo vecchio proverbio rende pienamente il concetto: tutto quello che non lasciamo fluire si sedimenta dentro di noi, lasciandoci con energie “sporche” che ci affaticano.
Certo, non è semplice capire quale sia il tempo migliore per andare oltre.
In generale, ogni volta che la memoria ci richiama alla mente attimi dolorosi del passato, e questi influenzano la nostra realtà nel presente, siamo imprigionati in un tempo che non ci rappresenta più.
Senza il peso dei pensieri negativi, il dolore, la sofferenza, riusciremo a camminare a passo svelto in questo folle viaggio che è la vita.
Lasciare andare non significa arrendersi, al contrario: vuol dire accettare la sfida e imparare a non avere bisogno di niente, se non di quello che ci consente di essere felici.
Trova la parte di te che non rimugina ma sente, che non pensa ma sa, che non dubita e vive, fiduciosa nel fatto che non ti manca nulla in questo momento né per essere felice, né per affrontare le difficoltà.
Se vuoi che da questo momento qualcosa di straordinario entri nella tua vita, crea uno spazio da riempire.. di cose belle, di momenti felici, di persone amorevoli ed esperienze meravigliose.
Insomma, riempi di senso la tua vita perché ti porta a dare un immenso valore al presente. Ti porta ad Esserci.
Io spero che capre come creare uno spazio importante per stare bene nella nostra mente vi sia stato utile
Vi ricordo che se avete bisogno di me potete contattarmi nella sezione “contatti e consulenze” qui
Buongiorno amici. Oggi parliamo di estate e amori adolescenziali.
L’estate è solitamente il periodo in cui i figli adolescenti trascorrono più tempo con gli amici, conoscono persone nuove e iniziano a sperimentarsi nelle prime storielle d’amore.
Ed ecco che chiedono di uscire sempre di più, trascorrono ore al telefono chiusi in camera, sono distratti, sorridenti e con la testa tra le nuvole.
I primi amori rappresentano esperienze molto importanti per i ragazzi, che si muovono verso un maggiore distacco dalla famiglia per mettersi in gioco anche nelle relazioni affettive, che creeranno il terreno per i rapporti sentimentali futuri.
Anche se si tratta di relazioni spesso di breve durata o sembrano basarsi su aspetti più “superficiali”, sono vissuti dai ragazzi in maniera molto intensa.
In quel momento, l’adolescente è preso da un turbinio di sensazioni ed emozioni nuove ed è completamente preso dall’altra persona.
I genitori spesso fanno fatica ad accettare che i figli siano cresciuti e, vederli alle prese con i primi innamoramenti, diventa per loro fonte di ansia e preoccupazione.
Come comportarsi con i figli? 8 consigli utili- estate e amori adolescenziali
1. NON SIATE INVADENTI.
Cercate di non fargli l’interrogatorio e non tradite assolutamente la loro fiducia, controllandogli smartphone, pc o tablet, altrimenti si chiuderanno completamente e non vi racconteranno più nulla, finendo col fare le cose di nascosto.
È normale che all’inizio i ragazzi vogliano tenere segreto un momento così importante e per i genitori può essere difficile accettare che i figli non vogliano farli entrare, ma è importante che rispettiate questa esigenza, per far sì che siano loro ad aprirsi gradualmente.
2. NON SMINUITE I LORO SENTIMENTI.
Se li vedete presi da questa situazione, mettetevi nei loro panni per capire quello che stanno vivendo.
Non fate battutine sarcastiche, prendendoli in giro o rovinandogli tutto con frasi del tipo “figurati, sai quante storie d’amore che avrai”, “goditi la vita, è troppo presto”.
In questo modo, sentono di non essere compresi dal genitore che, piuttosto che rispettare questo momento per loro unico, si pone in una posizione ostile e di distanza.
3. RISPETTATE LA LORO RISERVATEZZA.
Non andate a raccontare in giro, ai parenti o agli amici, che si sono fidanzati, spettegolando alle loro spalle, perché si sentiranno violati, perderanno fiducia in voi e inizieranno a tenervi nascoste le cose.
Si tratta di un’esperienza personale, di un loro spazio intimo, quindi, a meno che non siano loro ad autorizzarvi, rispettateli da questo punto di vista.
4. CREATE UN CLIMA DI FIDUCIA.
Se riuscite a mantenere la giusta distanza e coltivate con loro un clima di fiducia e rispetto, saranno loro ad avvicinarsi, perché si sentiranno liberi di comunicare i loro sentimenti.
In questo modo, potete fungere anche da contenitore delle loro emozioni quando sono tristi, litigano o la storia finisce, facendoli sentire sostenuti e capiti.
Se si confidano o vi chiedono un consiglio, non vi ponete come se voi sapeste tutto: “devi fare così”, “dammi retta”, ma fateli parlare e portateli a riflettere.
Solo così li aiuterete a crescere e ad imparare dalle esperienze.
5. NON SIATE GELOSI.
Non entrate in competizione con il/la fidanzatino/a, con frasi del tipo “ormai non stai più con noi, pensi solo a lui/lei”, “noi non contiamo più nulla”.
È normale che, in quel momento, la loro priorità sia un’altra, quindi, cercate di essere comprensivi, senza caricarli di un peso o facendoli sentire in colpa.
È importante che si sentano liberi di vivere le proprie emozioni, senza la paura di poter far soffrire il genitore, altrimenti si rischia che non vi dicano più la verità rispetto a quello che fanno.
6. MANTENETE REGOLE E CONFINI.
Non dovete diventare neanche confidenti intimi, come se foste gli amici, perché i figli hanno comunque bisogno di adulti di riferimento.
È importante che le regole ci siano, anche se sono ridimensionate in base alle nuove esigenze, come l’utilizzo del telefono, gli orari di rientro, la presenza del/la fidanzatino/a in casa, ecc.
Se notate che col tempo, continuano a restare assorbiti dalla storia, perdendo di vista le priorità, cercate di ridimensionare, facendogli capire che è importante viversi le relazioni ma senza escludere altre aree della vita.
7. PARLATE CON LORO DELLA SESSUALITA’.
Cercate di non aspettare il momento della prima relazione, per parlare con i figli di sesso perché è un percorso che andrebbe iniziato sin da quando sono piccoli, utilizzando un linguaggio appropriato per ogni età.
Per moltissimi genitori, questo argomento è un tabù ma è bene superare l’imbarazzo e affrontarlo insieme, altrimenti i figli riceveranno soltanto le informazioni distorte dai coetanei e dalla rete.
8. EDUCATELI DA UN PUNTO DI VISTA AFFETTIVO.
Non limitatevi soltanto alle raccomandazioni rispetto all’uso di contraccettivi, per evitare gravidanze indesiderate e malattie sessuali ma parlate anche degli aspetti positivi legati all’intimità.
Accompagnateli in un’educazione sentimentale che trasmetta valori, come il rispetto di sé e dell’altro, della dignità e dell’intimità, per vivere rapporti sani e tutelarsi da esperienze potenzialmente distruttive.
Cercate di non lasciarli soli in questo perché purtroppo sono tanti gli adolescenti che, senza accorgersene, restano incastrati in relazioni basate sul controllo, sul possesso e sulla violenza!
Spero che parlare di estate e amori adolescenziali vi sia stato di aiuto.
E se avete bisogno del mio aiuto non esitate a contattarmi nella sezione “contatti e consulenze” del sito
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Buongiorno amici. Oggi parliamo di gelosia per il fratellino minore.
Gelosia
Molti bambini sono gelosi quando arriva un nuovo fratellino: ora dovranno condividere gli spazi e le attenzioni con un essere inizialmente estraneo, che fa davvero poco e che pretende gli si dedichi molto tempo. Un tempo che prima era tutto per loro.
Se non ben gestita, questa situazione può dare spazio a una notevole quantità di episodi di gelosia nei confronti del fratellino, motivo sufficiente a scatenare comportamenti non auspicabili o che pensavamo addirittura che il piccolo avesse già superato.
Uno dei fantasmi che si nasconde dietro la gelosia è la paura. Questo sentimento peggiora all’arrivo del nuovo fratellino in casa: avrà bisogno di attenzioni quasi 24 ore al giorno.
Il bambino sente di non essere emotivamente corrisposto (o, almeno, non come prima), si sente ignorato.
Per questo motivo, le gelosie insorgono e il neonato appena arrivato si trasforma in un rivale. Tuttavia, questa situazione può essere affrontata senza particolari conseguenze. Vediamo in che modo.
Come gestire la gelosia nei confronti del fratellino
Preparare l’incontro
Per prevenire la gelosia nei confronti del fratellino, il primogenito deve capire perché il nuovo membro della famiglia ha bisogno di tante attenzioni. Per questo motivo, è importante che i genitori gli mostrino foto di quando era neonato e gli parlino delle attenzioni di cui aveva bisogno. In tal modo, quando arriverà il fratellino, capirà meglio cosa sta succedendo.
Se un bambino non capisce in che modo ci si prende cura di un neonato, perché i genitori sono così tanto a sua disposizione e per quali motivi è costretto a condividere le attenzioni con suo fratello, potrebbe mostrare rifiuto.
Per prevenire tutto ciò, i genitori devono parlargli della situazione con parole che il bambino possa comprendere e organizzare una buona gestione del tempo, in modo che “il principe detronizzato” non perda tutti i suoi spazi.
Allo stesso tempo, i genitori possono regalare qualcosa al bambino da parte del bebè che sta per arrivare.
Può essere una bambola, un paio di babbucce o qualunque altro oggetto. E questo allo scopo di risvegliare la curiosità per il fratellino o la sorellina in arrivo e indurlo a ricambiare allo stesso modo, preparando qualcosa in dono per il loro incontro.
Quando provano gelosia, alcuni bambini si mostrano particolarmente irritabili; altri, invece, manifestano il disagio con segnali di tristezza.
Cosa succede all’arrivo del neonato?
Preparare l’incontro per prevenire la gelosia nei confronti del fratellino è molto importante.
Questo primo incontro sarà il punto di partenza, la prima impressione, il momento in cui il maggiore sceglierà quale atteggiamento adottare verso il fratello e che poi tenderà a mantenere. Una buona organizzazione ci consentirà di evitare molti problemi futuri.
Nonostante gli sforzi, potrebbe succedere che il bambino si dimostri comunque reticente nel voler conoscere il nuovo arrivato o riconoscerlo come membro della famiglia. Può essere un segnale di timidezza, ma anche di rifiuto.
Capire se si tratta dell’uno o dell’altro atteggiamento ci aiuterà a lavorare a partire da questo punto, dandogli uno spazio per poter esprimere le sue emozioni e offrendosi di aiutarlo ad affrontarle.
In molti casi, i genitori proibiscono ai loro figli di prendere in braccio il nuovo arrivato, anche se ne fanno richiesta.
Si tratta di un grave errore, perché una delle premesse affinché un bambino non provi gelosia è coinvolgerlo nelle attività che interessano il neonato.
Ovviamente, lasciare che un bambino tenga in braccio un neonato può essere pericoloso, ma possiamo permetterglielo se è seduto e se ci siamo noi al suo fianco a monitorare la situazione passo dopo passo.
Il contatto tra i due bambini è essenziale per evitare la gelosia nei confronti del fratellino
È un bene permettere al primogenito di partecipare alla cura del nuovo arrivato. Durante il bagnetto, può collaborare se lo desidera o se riusciamo a convincerlo (senza obbligarlo in alcun caso né facendo ricatti emotivi).
Ad esempio, chiedendogli di prendere un asciugamano, passandogli lo shampoo, permettendogli di strofinare dolcemente con esso la testa del fratellino… Il contatto è essenziale.
Più tempo condivideremo con entrambi, maggiore sarà l’integrazione e meno saremo costretti a dividerli.
A tal proposito, dobbiamo anche evitare di arrivare all’estremo opposto. In alcun caso deve ricadere sul fratello maggiore la responsabilità di prendersi cura del piccolo.
Se si impedisce a un bambino di avvicinarsi al fratello e di toccarlo, usando come scusa che le mani sono sporche o che potrebbe fargli male, è probabile che la gelosia nei confronti del fratellino affiori e così anche il rifiuto.
Arriva un nuovo fratello, ma le abitudini non devono cambiare
Tutte le azioni compiute e lo sforzo attuato per evitare la gelosia nei confronti del fratellino non devono sostituire il tempo di qualità di cui il bambino ha bisogno.
Per quanto grandi siano i bisogni del neonato, il più grande ha comunque i suoi e vi sarà grato per il tempo in esclusiva che gli dedicherete. Dobbiamo pensare che i legami non cessano di essere unici e non sono trasferibili.
In questo senso, i genitori dovranno fare uno sforzo per cercare di mantenere intatte le precedenti abitudini, soprattutto quelle che apportavano un forte benessere.
In questo modo, il bambino sentirà vicino a lui i propri genitori e di essere ancora importante per loro.
Io spero che parlare di gelosia per il fratellino minore vi sia stato utile.
Se avete bisogno di un aiuto concreto vi invito a contattarmi tramite la sezione contatti e consulenze del sito
Quali sono le situazioni che creano ribellione e come risolverle.
Buongiorno amici. Oggi parliamo di figli ribelli e cosa genera questa ribellione.
Talvolta i genitori mi chiedono come possono costruire o recuperare un buon rapporto con i loro figli, bambini e/o ragazzi definiti “ribelli”. Spesso nei loro occhi leggo rassegnazione, come se le avessero già provate tutte.
È possibile instaurare una relazione costruttiva con i figli? È possibile educarli senza fare ricorso a punizioni o minacce?
Sicuramente sì!
Di fatto la cosiddetta ribellionenon è una caratteristica innata dei bambini, è un qualcosa che arriva nel tempo ed è spesso la conseguenza di 3 cose, che vediamo in questo articolo:
una percepita mancanza d’amore nei loro confronti;
una totale mancanza di regole o una presenza di regole non seguite;
una mancanza di libertà di movimento: di possibilità di esplorare sè stessi, le proprie capacità, il proprio sentire, il proprio ambiente – alle varie età.
1. Percepita mancanza d’amore da parte dei “figli ribelli”
Spesso come genitori, senza rendercene conto, abbiamo un sacco di pretese nei confronti dei nostri figli.
Desideriamo che facciano subito ciò che chiediamo loro, vogliamo che accettino sempre e comunque per buono quello che diciamo, vogliamo che ubbidiscano senza se e senza ma…
Quando questo non accade, talvolta tendiamo a reagire in modi poco amorevoli: alziamo la voce, facciamo piovere minacce di punizioni, magari ci chiudiamo nella relazione con loro tenendo musi lunghi ed evitando di rispondere se ci parlano.
E tutto questo si amplifica se siamo stanchi, se abbiamo avuto una giornata faticosa, se c’è qualcosa che ci preoccupa, se i bimbi “fanno i capricci” in luoghi pubblici facendoci sentire in imbarazzo, se con il loro atteggiamento vanno a toccare nostre ferite ancora attive.
I nostri figli pagano quasi sempre le conseguenze dei nostri stati d’animo.
Più siamo stressati a livello fisico, mentale e/o emozionale e meno pazienza abbiamo, meno abbiamo voglia di mettere in atto gesti di gentilezza, di comprensione, di cura… ovvero di amore.
Quante volte per stanchezza o tensione emotiva non dipendente da loro abbiamo reagito con rabbia? Quante volte abbiamo detto o fatto cose per le quali poi ci siamo pentiti sentendoci in colpa?
Sono cose che accadono e credo siano successe ad ogni genitore.
Generalmente come adulti ci viene automatico pensare che le nostre responsabilità, quello che abbiamo da fare noi, i nostri tempi siano più urgenti, interessanti e importanti di tutto quello che riguarda i nostri figli.
Il punto è che come noi abbiamo le nostre priorità, dettatte e determinate dalle scelte di vita che abbiamo fatto, loro hanno le proprie e non credo che crescere fisicamente, mentalmente ed emotivamente sia meno importante e faticoso.
Teniamo presente che ogni volta che reagiamo in malo modo originiamo una crepa nella relazione con i nostri figli e più questo accade, più fragile diventa il rapporto con loro.
Per evitare che questo accada, come genitori possiamo scegliere di applicare quello che, a mio avviso, è il principio fondamentale della genitorialità: individuare, soprattutto con il cuore, quali sono gli obiettivi educativi che come madre e padre ci poniamo nel lungo periodo.
Cosa desideriamo per i nostri figli nel lungo termine?
Avere ben chiaro questo ci può aiutare a rivedere i nostri atteggiamenti e comportamenti quotidiani, portandoci a sceglierne di funzionali e costruttivi anziché di disfunzionali.
Decidere di rispondere a un momento di stress, di difficoltà – anche derivante dalla relazione con loro ma non solo – in un modo efficace anziché in modo reattivo, ci permetterà di far vedere concretamente.
Che ne siamo consapevoli o meno i bambini imparano ciò che vedono e vivono. Imparano per imitazione e noi genitori educhiamo con ciò che siamo.
Se urliamo, facciamo i musi lunghi, li giudichiamo e critichiamo, questo sarà quello che i bambini apprenderanno e che facilmente replicheranno, anche con noi genitori.
Si sentiranno autorizzati a farlo proprio perchè l’hanno appreso da noi che siamo le loro figure di riferimento.
Il punto è che quando sono i figli a mettere in atto questi atteggiamenti come genitori li vediamo inopportuni, sbagliati e ci fanno dire che sono capricciosi e/o ribelli.
Emozioni..
Ricordiamoci sempre che le emozioni che proviamo sono la conseguenza dei pensieri che facciamo, ciò significa che se i pensieri che abbiamo riguardo ai figli sono di un certo tipo, ad esempio:
“se fa così vuol dire che non sono stata una buona madre/un buon padre”,
“se tiene questo comportamento vuol dire che non mi rispetta/considera/ascolta”,
“hanno il dovere di ubbidire”,
“sono io che decido e lui/lei ha da fare ciò che dico”,
“quando parlo hanno da agire subito”
è ovvio che se questo non avviene nei tempi e nei modi da noi desiderati ci arrabbiamo e reagiamo in modo esplosivo.
L’ amore
Così facendo però come genitori ci perdiamo la grande opportunità di far vedere ai nostri figli quale potrebbe essere un buon modo di stare in relazione.
Tutte le relazioni richiedono la presenza di un ingrediente essenziale: l’amore .
Le relazioni sono un luogo di crescita per tutte le parti in gioco e posso assicurarvi che, dai nostri figli abbiamo un sacco di cose da imparare oltre che su di loro anche e sopratutto su noi stessi.
Che ci piaccia o no ci mettono davanti alle nostre paure, ai nostri limiti, ai nostri irrisolti e ci danno l’opportunità e l’occasione per andare oltre.
Alla luce di questo, con che atteggiamento scegliamo di approcciarci a loro?
Cosa desideriamo veramente raggiungere con la modalità educativa che scegliamo di adottare?
Come genitori abbiamo individuato e stabilito gli obiettivi che nel lungo termine desideriamo ottenere o ci lasciamo guidare da quelli a breve termine?
Siamo consapevoli di dove può portarci il focalizzarci sugli uni piuttosto che sugli altri?
Vediamolo insieme.
Se ad esempio desideriamo che nostro figlio sistemi i giochi dopo aver giocato e che si lavi le mani prima di mangiare questi sono i nostri obiettivi desiderati nel qui e ora, ovvero nel breve termine.
Se questo non avviene nei tempi e modi ritenuti da noi consoni, può succedere che nella nostra mente inizino ad affollarsi dei pensieri negativi tipo: “Lo sta facendo apposta”,“Non mi ascolta mai”, ecc.
E ovviamente questi pensieri non potranno che generarci emozioni “negative” quali rabbia o frustrazione, alle quali facilmente seguiranno comportamenti coerenti.
Magari alziamo la voce, usiamo parole giudicanti, minacciamo di lasciarlo senza cena o di togliergli il cartone preferito…
Tutto questo farà sì che il bambino – anche se mette un muro e non lo dà a vedere – si senta impaurito dalle nostre parole, dal nostro atteggiamento: temerà di perdere il nostro amore.
I giudizi e le critiche lo feriranno, lo umilieranno, lo mortificheranno. Le punizioni e i “musi lunghi” non lo faranno sentire benvoluto e desiderato.
Paure
E la paura, che è la madre di tutte le emozioni “negative”, li porterà a chiudersi e a rispondere alla situazione con pianti, urli, lancio di oggetti, sbattimenti di teste sul pavimento e chi più ne ha più ne metta
E più questo accade, più questa si rinforza.
Praticamente, anche se ci è impegnativo vederlo, nostro figlio si sente esattamente come noi. Arrabbiato, frustrato, non compreso, non ascoltato, non visto…
Ognuno, momento dopo momento, ha le proprie priorità.
Le nostre possono essere vedere la casa riodinata e sederci per cenare, le sue potrebbero essere quelle di avere il genitore a disposizione per giocarci assieme o semplicemente continuare a fare quello che stava facendo.
E in questi momenti, in cui tutte le parti in gioco stanno male ed è sicuramente difficile trovare una soluzione costruttiva, ne consegue che, se questi sentiti continuano a fare da padroni, sarà facile che al momento di accompagnarlo a letto lo facciamo in modo freddo, senza bacio della buona notte, senza una coccola che lo rassicuri.
E altrettanto facile sarà che quando lo guarderemo addormentato, inizieremo a sentirci in colpa per come abbiamo agito. Dal canto suo il bimbo potrà dormire male, svegliarsi arrabbiato e se va all’asilo o a scuola potrebbe mettere in atto gesti di dominanza sui compagni, ecc.
Obiettivo
Alla fine magari il nostro obiettivo a breve termine è stato raggiunto: i giocattoli sono stati ordinati e le mani lavate, ma è probabile che sia il rapporto con nostro figlio che la sua autostima e sicurezza ne escano minati.
E si sa, gli anni passano e i figli crescono e se queste modalità non vengono riviste cosa potrebbe succedere? A venti o trent’anni che adulto sarà nostro figlio?
Se nel qui e ora, come genitori, ci facessimo delle domande diverse, cosa cambierebbe?
Se come genitori ci chiedessimo:
A venti o trent’anni che adulto vorremmo fosse diventato nostro figlio?
Che caratteristiche vorremmo avesse sviluppato?
Ci piacerebbe fosse una persona sicura di sé o meno?
che avesse fiducia negli altri o no?
O fosse una persona empatica o meno?
Ci piacerebbe fosse una persona amorevole o reattiva?
Che rapporto desideriamo avere con lui/lei quando sarà adulto?
Stiamo seminando per essere visti come figure di riferimento su cui poter contare?
Ecco, quando pensiamo a questo, quando ci poniamo questi interrogativi, stiamo di fatto individuando i nostri obiettivi a lungo termine che nel presente possono fungere da faro per guidare i nostri atteggiamenti e comportamenti nella direzione più opportuna.
Il lungo termine
Se scegliamo di controllarci, se scegliamo di investire tempo ed energie per spiegare al bambino/ragazzo perché gli stiamo chiedendo quella determinata cosa e soprattutto perché sarebbe bene la facesse, è probabile che dopo qualche volta non avremmo più bisogno di ripeterlo: lo avrà compreso, vedrà un senso in quell’azione che gli viene richiesta e, soprattutto, nel compierla si sentirà utile.
Ricordiamoci sempre che i bambini (e per noi sarebbe la stessa cosa) imparano meglio quando si sentono rispettati, compresi, protetti, sostenuti e amati.
Se vivono questi sentiti, difficilmente andranno in difesa caratteriale, in opposizione, in sfida, in quanto si sentiranno parte attiva nella famiglia, oltre che sentirsi sostenuti e protetti nella crescita.
2. Mancanza di regole o regole stabilite ma non seguite
Oltre che quando si sentono rispettati e compresi, i bambini (e non solo loro) imparano meglio quando ricevono informazioni, quando capiscono perchè è importante che agiscano in un certo modo, quando sono aiutati e supportati a trovare dei metodi costruttivi per raggiungere i loro obiettivi, quando sentono che i loro genitori credono in loro e soprattutto quando comprendono i motivi che stanno alla base delle regole adottate in famiglia.
E proprio riguardo alle regole, talvolta, come genitori commettiamo due “errori”:
Tendiamo a stabilire e imporre regole da rispettare che poi per primi infrangiamo.
I figli ci osservano in ogni momento, imparano da noi ed è normale che se non ci vedono coerenti si ribelleranno a tutte quelle imposizioni che noi per primi non rispettiamo.
Quando diciamo loro “non si urla” ma appena “sbagliano” qualcosa alziamo la voce, che messaggio stiamo passando?
O ancora, “non si alzano le mani” ma quando fanno “i capricci” (veramente sono capricci?) o qualche marachella ci scappa una sculacciata, che messaggio stiamo passando?
Predichiamo loro che hanno da portare rispetto, ma per primi li giudichiamo, critichiamo (o critichiamo in loro presenza l’altro genitore o altre persone), che messaggio stiamo passando?
O ancora che hanno da ascoltarci ma per primi non ci fermiamo a capire le loro ragioni, che messaggio stiamo passando?
A volte reagiamo a determinate situazioni alzando la voce o le mani, a siamo i primi che critichiamo o giudichiamo, di fatto stiamo insegnando ai nostri figli l’esatto opposto di quello che vorremmo imparassero, in più ogni volta che reagiamo in questo modo perdiamo una grande opportunità educativa: quella di far vedere loro come si può rispondere ai momenti di avversità, di difficoltà dove le cose non sono come vorremmo noi.
Oltre all’effrazione in primis delle regole, può anche accadere che, nonostante queste ci siano, a volte permettiamo e accettiamo che vengano infrante da loro.
E se in determinati momenti chiudiamo un occhio o talvolta entrambi, come possiamo pensare di imporle in altri?
Se non insegniamo il valore di quella regola e il senso del suo rispetto giorno dopo giorno, non possiamo poi aspettarci e pretendere che venga fatto quando andrebbe bene a noi.
La cosa utile da fare per ovviare a tutto questo è quella di stabilire poche regole fondamentali. Hanno da essere chiare, precise e soprattutto condivise con loro.
Le imposizioni non servono a nulla e le punizioni nemmeno: rischiano soltanto di ottenere l’effetto opposto ovvero di mandare il bambino/ragazzo in sfida con noi adulti.
Ricordiamoci che, come genitori, siamo guide non giudici dei nostri figli perciò invece di punire, passiamo loro il senso di responsabilità che consiste nel fare i conti con le conseguenze delle proprie azioni e non con le nostre minacce.
Regole e conseguenze
Se insieme a loro condividiamo regole e conseguenze credo che inevitabilmente passiamo un messaggio di libertà e correttezza che vive nel comprendere e nel riparare al “danno”.
Difficilmente ci sono atteggiamenti ribelli e di sfida dove vivono libertà e senso di giustizia.
Se ad esempio nostro figlio preferisce prepararsi la cartella al mattino anziché alla sera lasciamolo libero di scegliere.
Magari spieghiamogli che se lo fa alla sera il mattino successivo può dormire dieci minuti in più o fare colazione con più calma o può avere più tempo per verificare di aver fatto tutto al meglio per il giorno successivo, ma se lui sceglie di farlo al mattino lasciamolo libero.
Fissiamo insieme in modo chiaro l’ora di uscita e concordiamo come ci regoleremo qualora, all’ora stabilita, non fosse pronto. Facciamogli comprendere che una sua mancanza si ripercuoterebbe anche su di noi facendoci magari arrivare tardi al lavoro e spieghiamogli cosa questo comporterebbe.
Alla fine sperimentiamo, concordiamo un periodo di prova di una settimana per vedere come va. Se le cose funzionano ottimo, in caso contrario parliamone assieme per trovare un nuovo accordo condiviso.
Sicuramente è una via più impegnativa e faticosa ma nel lungo tempo lo renderà una persona responsabile, capace di trovare soluzioni e di mediare piuttosto che una persona colpevole e in sfida.
3. Mancanza di libertà
Se il bambino sente minacciata la sua libertà di esplorare, sperimentare, muoversi, agire, decidere, scegliere, facilmente diventerà ribelle.
La libertà, per quello che è possibile ad ogni età, è il bene più prezioso che abbiamo e i genitori avrebbero da essere proprio quelle persone che guidano i figli in questa strada nel modo più efficace possibile.
Ma se come genitori impediamo tutto questo e diventiamo coloro che tengono il bambino o ragazzo in trappola è ovvio che in lui nasceranno emozioni di rabbia, risentimento e rancore nei nostri confronti.
Ed è altrettanto ovvio che ne seguiranno dei comportamenti e atteggiamenti disfunzionali. Generalmente quando come genitori limitiamo la libertà dei figli lo facciamo a causa delle nostre paure.
Invece di perseverare in questo atteggiamento repressivo, sarebbe utile cogliere l’opportunità di osservare, attraversare e vincere ciò che per primi ci blocca e che più o meno consapevolmente tendiamo a riversare sui nostri figli.
La nostra libertà interiore diventerà inevitabilmente la loro, come le nostre prigioni interiori diventano inevitabilmente le loro… Prendiamoci cura di ciò che ci impatta perchè solo così istaureremo relazioni autentiche e funzionali con i nostri figli e non solo.
Consigli per risanare la relazione genitore-figlio
Alla luce di quanto visto per recuperare o risanare la relazione con i figli, è importante che teniamo presente che un bambino/ragazzo si ribella perchè, dal suo punto di vista, che è diverso dal nostro, ha un ottimo e valido motivo per farlo.
Se con pazienza, presenza e disponibilità cerchiamo di comprendere cosa pensano e cosa provano i nostri figli nelle diverse situazioni.
Se insieme ci impegniamo a rimuovere quei motivi, se ci teniamo sempre nella mente e nel cuore qual è il nostro obiettivo educativo a lungo termine, se li vediamo come persone diverse da noi con le loro propensioni, ecco che avremo imboccato la via giusta per creare una buona relazione.
Inoltre abbiamo da agire per essere veramente per loro dei punti di riferimento affidabili e coerenti, quindi per primi, e soprattutto nel rapporto con loro, abbiamo da essere delle persone che:
rispettano le regole;
li coinvolgono nella definizione delle regole, spiegandone loro il senso;
esprimono il proprio punto di vista e rimangono aperti ad ascoltare il loro;
non giudicano ma cercano di comprendere e li sostengono nel miglioramento;
li accompagnano ad apprendere dai loro “errori”;
aiutiamoli a comprendere che ogni azione, ogni decisione, ogni scelta implica delle conseguenze da affrontare;
a capire che ogni loro azione, decisione, scelta potrebbe implicare delle conseguenze anche nella vita degli altri;
sosteniamoli nella libertà di esplorare;
si impegnano a gestire lo stress, a lasciar andare le pretese, a incanalare la rabbia per trasformarla in azioni costruttive anziché distruttive;
non usano imposizioni, manipolazioni, minacce per ottenere ciò che vogliono nell’immediato.
Aspettative
E nel fare tutto questo sarebbe utile che non alimentassimo aspettative sul risultato.
Restiamo nel processo con fiducia e amore perchè come non sono divetati “capricciosi, ribelli, sfidanti” da un giorno all’altro, ci vorrà il giusto tempo affinchè si sentano sicuri e sereni di poter agire in modo nuovo e diverso.
E soprattutto non etichettiamoli come “capricciosi, ribelli, o altro” perchè di fatto nonsono “capricciosi, ribelli…” ma scelgono di adottare quel determinato comportamento perchè per loro è la cosa migliore in quel momento.
Se separiamo il fare dall’essere ovvero i comportamenti dalla persona, possiamo agire sui primi, continuando ad amare e guardare loro come alle creature meravigliose che sono.
Io spero che parlare di figli ribelli vi sia stato di aiuto.
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E’ davvero ancora un tabù parlare di educazione sessuale in famiglia?
Buongiorno amici. Oggi parliamo di genitori, adolescenti e sessualità.
La sessualità è una tappa fondamentale della vita di tutti noi. Ed è un argomento che è doveroso trattare in famiglia anche se, ahimé, è ancora un grosso tabù.
Negli ultimi anni stiamo assistendo ad una adultizzazione dei bambini, dei ragazzi più giovani. E questo avviene perché, se non riescono ad affrontare in modo sereno l’argomento in famiglia, sono portati a fare ricerche in rete rischiando, così, di cadere in reti e persone pericolose.
Possiamo dividere i genitori in tre macro categorie:
i genitori che rifiutano categoricamente di parlare dell’argomento e che, per assurdo, puniscono i figli se trovano, su cellulari o altro, immagini o info di carattere sessuale.
genitori che, addirittura, non monitorano mai le azioni dei ragazzi rischiando, così, di entrare in contatto con persone e siti di dubbia provenienza.
genitori amici. Ok tenere aperto il dialogo coi ragazzi ma non dobbiamo sostituirci ai loro coetanei. I ragazzi hanno bisogno di uan guida, gli amici sono altro.
I ragazzi
Sono notoriamente reticenti a parlare con i grandi, soprattutto coi genitori, del loro privato.
L’errore, infatti, da parte delle famiglie, sta nel non avere il “coraggio”; di affrontare l’argomento con i figli. Manca un’educazione sessuale, manca l’abitudine di parlare anche di questo argomento.
Così facendo, i ragazzi percepiranno la sessualità solo come atto sessuale, quando, in realtà, non è così.
Nella sessualità fa parte la conoscenza del proprio corpo e del corpo delle persone dell’altro sesso; fa parte il conoscere come prevenire malattie veneree e cosa sono queste ultime; implica, certo, anche l‘atto sessuale ma anche la sfera emotiva che ruota attorno a tutto questo.
E secondo voi, dove dovrebbero prendere tutte queste info, sulla rete? da amici che ne sanno meno di loro? da persone adulte a loro sconosciute piuttosto che dai genitori?
Parlare fin da piccini, fin da bambini, ecco il primo step importante.
I bambini cominciano esplorare il loro corpo all’età di 7/8 anni. E’ da lì che i genitori devono cominciare a discutere di questo, ovviamente, con le modalità più adatte a quell’età. Approfondiamo, poi, gli argomenti quando i ragazzi sono più grandi.
L’età del primo rapporto sessuale si è abbassata a 12 anni. E’ giusto che sappiano proteggersi.
I genitori
E voi genitori, cosa dovete fare per aiutare i ragazzi nella conoscenza del proprio essere?
In primis, fate attenzione agli esempi e a come etichettate persone, amici, parenti, personaggi che passano in tv.
I ragazzi non devono pensare che tutto quello che gira attorno al sesso sia sbagliato, altrimenti non avranno ma il coraggio di parlare con voi.
Dovete superare l’imbarazzo, perchè dovete essere una guida, un esempio, anche in questo frangente, perché è la cosa più naturale del mondo.
Spesso i genitori non accettano che i figli crescono, che siano diventati grandi. Li vorrebbero sempre come una sorta di putti asessuati ma non è così. Ci siamo passati tutti in questa fase della vita.
Il pericolo di questa mal comunicazione sono le immagini che si scambiano i ragazzi sulle chat, su whatsapp non pensando che qualsiasi cosa può essere condivisibile online.
Sono soprattutto le ragazze a essere solite scambiare foto delle loro parti del corpo.
E, se avete davvero difficoltà a parlare con loro di questi argomenti e volete capire come fare e con quali modalità, contattatemi qui
Io spero che parlare di genitori, adolescenti e sessualità vi sia stato utile.
Buongiorno amici:) Oggi voglio parlarvi di genitori tossici.
CHI SONO E COSA FANNO
Sono tutti i genitori che creano delle relazioni disfunzionali con i propri figli.
Purtroppo, per la maggior parte delle volte, i figli si rendono conto tardi, in età già adult, di questi comportamenti anomali.
Ma quali sono le categorie di genitori definiti tossici?
GLI AUTORITARI: quelli che “devi fare così…agire così…pensare così.. perché te lo dico io, perché sono il tuo genitore”.
La conseguenza? Generare figli con una bassa, per non dire nulla, autostima, dipendenti da loro, incapaci e sottomessi.
GLI IPERPROTETTIVI: a volte sipensa che essere ierprotettivi coi figli sia un atto di amore ma non è così.Sono quelli che “non fare nulla prima che non ho verificato che non sia pericoloso”..” vai da solo? occhio”.
La conseguenza? Figli incapai, paurosi di tutto e di tutti.
I FICCANASO: quelli che non hanno un minimo di rispetto per la privacy dei loro figli “perché mid evi dire tutto…chi ti vuole bene come tua madre? non devi nascondermi nulla”
La conseguenza: figli bugiardi, ribelli e sottomessi. Ma anche violenti, se il comportamento si protrae per molto tempo, anni.
MADRI TOSSICHE
Purtroppo, per la maggior parte dei casi, sono le madri quelle più tossiche rispetto ai padri.
Vivono ilrapporto, infatti, coi figli come una sorta di ricatto emotivo. “io ho rinunciato a tutto per frti stare bene, per non lasciarti solo”
Queste madri, appunto, hanno il terrore, non la paura, il terrore che il bimbo lasci la casa prima del previsto /anche se sperano che non la lasci mai). Hanno il terrore che il figlio ami qualcun altro a parte lei.
Se il figlio studia in un’altra città o si trasferisce in un’altra città, o almeno ne ha l’intnzine, il ricatto morale aumenta. “adesso ho una certa età, ho bisogno che tu resti il più vicino possibile a me e a tuo padre perché potremmo avere bisogno di te”.
Il figlio, a quest punto, sis ente in obbligo verso la madre, obbligo di vegliare su di lei come lei ha fatto con lui.
FIGLI O FIGLI..
I figli , così, non taglieranno mai il cordone ombelicale che li lega alle madri e questo non è un bene. Il ragazzi hanno il diritto di farsi la loro vita e questo nn vuol dire che, csì facendo, si dimenticheranno dei genitori. Ma hanno bisogno di vivere.
Il figlio modello, per le madri, è il figlio studioso, educato, sottomesso e qualsiasi pasticcio, errore, questo, possa fare lo porterà a sentirsi n profonda colpa. E questo non è crescere, non è vivere.
Oltretutto, a lungo andare, il figlio può sviluppare sentimenti di odio e violenza non solo nei confronti della madre ma di tutto il genere femminile.
Quindi, se siete madri che si sentono chiamate inc ausa in prima persona o papà o figli che stanno vivendo questo tipo dir apporto malato non esitate a chiedermi aiuto.
Io spero che parlare di genitori tossici vi abbia fatto riflettere su cosa fare e non fare .
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