Buongiorno amici. Oggi parliamo di genitori di figli adolescenti, tra fiducia e controllo.
L’adolescenza è un periodo di transizione dall’infanzia all’età adulta che coinvolge oltre al ragazzo/a il suo intero nucleo familiare.
In questa fase fisiologica e delicata sia i giovani ragazzi che i genitori sono chiamati a mettere in campo le proprie capacità adattive.
Come si fa a trovare il giusto equilibrio? Come coniugare un atteggiamento di fiducia con la necessità di controllare che tutto proceda bene?
Come permettere al figlio/a di separarsi psicologicamente dai genitori, ma allo stesso tempo rendersi disponibili ad “esserci” quando sia lui/lei a richiederlo?
Sei genitore di un figlio/a adolescente e ti senti in crisi nella gestione della tua quotidianità?
1. Come sopravvivere all’umore altalenante di un figlio/a adolescente?
I genitori si trovano a dover fronteggiare quotidianamente i cambiamenti di umore e di opinioni del proprio figlio/a adolescente.
Queste oscillazioni di pensieri, sentimenti e comportamenti dei nostri ragazzi, inevitabilmente si ripercuotono sull’intero nucleo familiare ed è facile a questo punto, rimanere imbrigliati in un circolo vizioso di rabbia, ostilità, minacciosità che finisce per caratterizzare l’intera famiglia.
Prova a ricordarti che anche tu hai attraversato questo delicato periodo nella tua vita e ritrova la tua forza, la tua sicurezza, perché oggi possiedi un’esperienza personale che ti consentirà di essere d’aiuto per tuo figlio/a.
Non rapportarti a lui come una persona giudicante. Non pensare che, quando non ha voglia di parlare con te, sia perché ti odia. Cerca di capire che sta vivendo un momento della propria vita in cui subisce cambiamenti a 360° ormonali, fisici, caratteriali. Aiutalo a vivere serenamente.
E, soprattutto, lascia sempre aperta la porta del dialogo e dell’ascolto attivo. Tuo figlio deve capire che, in casa, c’è sempre qualcuno su cui può contare quando davvero ha bisogno e quella persona puoi essere solo e soltanto tu.
2. Come destreggiarsi tra la ricerca di autonomia e la scarsa tolleranza delle regole di un figlio/a adolescente? – genitori di figli adoelscenti
Tuo figlio/a comincia a manifestare il suo bisogno di autonomia a livello personale e sociale, cerca di portare avanti le sue idee e i suoi valori e manifesta frustrazione e rabbia per le regole che gli chiedi di osservare.
Spesso quello che i figli ci dicono, ci porta a metterci in discussione come genitori, costringendoci ad un veloce cambiamento.
Ascolta questi semplici consigli:
Accetta la necessità di separazione psicologica di tuo figlio/a e non ostacolarla;
La separazione psicologica di tuo figlio/a è il passaggio necessario affinché possa realizzarsi la formazione di una sana identità personale;
Lavora su te stesso/a come genitore perché anche tu dovrai separarti e allo stesso tempo dovrai imparare ad “esserci” in un modo diverso;
assumi un atteggiamento di apertura e ascolto incondizionato;
Non minimizzare, comprendi, non avere paura del confronto e non svalutare le sue opinioni
Volete un trucchetto che nella maggior parte dei casi funziona per quanto riguarda il rispetto delle regole?
Sedetevi tavolino e stilate insieme una serie di regole da seguire. Scrivetele su un foglio di carta su un lato: il sinistro. A destra, cosa succederà se non si rispetta quella regola(ovviamente da fare per ognuna di esse).
3. Fiducia e/o controllo? genitori di figli adoelscenti
La difficoltà più grande che hai, probabilmente è allontanarti dalla tua zona di comfort, dalle tue certezze come genitore, il dovere negoziare una regola.
Ti senti spaesato e non sai quale atteggiamento assumere.
Il consiglio che desidero darti è quello di non posizionarti mai agli estremi nelle tue scelte. Non ti servirà oscillare tra il tutto/nulla, il buono/cattivo, il giusto/sbagliato.
L’atteggiamento genitoriale che ti consentirà di avere accesso ad un nuovo rapporto con tuo figlio/a è caratterizzato da “flessibilità ed equilibrio”.
Ricordati che è opportuno continuare a “controllare”, senza invadere i suoi spazi, puoi ancora proteggerlo, ma non sostituendoti a lui/lei bensì accompagnandolo/a, sostenendolo/a e condividendo il vostro nuovo rapporto che, sono certa, sarà ricco di nuove straordinarie possibilità.
Buongiorno amici. Oggi parliamo del 15enne suicida perché bullizzato a scuola da un paio di compagni.
La villetta in cui abitava con il papà dista dal casolare abbandonato dove, poggiato a un muro esterno, lo hanno trovato privo di vita — pistola in mano, un colpo alla testa — un paio di chilometri.
La storia di Leonardo
Leonardo, quindici anni, studente al secondo anno del professionale «Alfredo Panzini», indirizzo turistico-sportivo, li ha percorsi in tuta nera e infradito, ciò che indossava quando ha salutato il padre come faceva ogni sera: «Buonanotte, sogni d’oro». Erano le 21 di domenica. Il ragazzo però non ha raggiunto la sua cameretta da letto. No, è uscito di casa e poi si è sparato con l’arma sottratta di nascosto al genitore, agente della polizia locale a Senigallia, la cittadina nell’Anconetano teatro della tragedia.
Ciò che emerge dalle indagini dei carabinieri è una vicenda legata al bullismo. Leonardo subiva ripetuti insulti volgari in classe. Ne aveva parlato con la madre e il padre, separati da tempo ma in ottimi rapporti. Si era confidato.
Non voleva più andare a scuola. Tanto che i genitori avevano deciso di andare dal preside del Panzini perché venissero presi provvedimenti. «L’appuntamento era per oggi (ieri per chi legge, ndr )», dice, quasi in lacrime, Pia Perricci, l’avvocata di famiglia che Leonardo lo ha visto crescere, tanto da definirlo così: «Gentile, tremendamente gentile».
Ora, le sole parole che filtrano dalla madre del quindicenne sono queste, affidate alla legale: «Ma perché hanno voluto distruggere mio figlio?».
La procuratrice di Ancona Monica Garulli ha aperto un fascicolo affidato alla pm Irene Bilotta. Il reato ipotizzato è quello di istigazione al suicidio e si indaga contro ignoti sebbene nella denuncia firmata dalla mamma di Leo nella notte tra sabato e domenica — con le ricerche in pieno svolgimento — ci siano due nomi, quelli dei compagni di classe di Leonardo, presunti autori di insulti irriferibili e vessazioni, anche fisiche, sempre più pesanti.
Segnali
Tutto è cominciato un paio di mesi fa, quando il quindicenne — che aveva cambiato scuola ma solo perché trovava più adatte a lui le materie insegnate al «Panzini» — aveva preso a rincasare sempre più svogliato, silenzioso, il profitto in caduta. Alle insistenze dei genitori, ha rivelato tutto ciò che stava subendo da settimane. Quei suoi modi gentili erano oggetto di scherno, continue offese volgari. Ma non solo. Poteva capitare che al bagno venisse circondato allo scopo di essere «pizzicato» — però dolorosamente e anche con delle percosse violente — in tutto il corpo.
Mercoledì Leo è tornato da scuola con un’espressione diversa sul volto, forse più risoluta. La mamma gli ha chiesto cosa fosse successo e lui ha risposto che aveva «fatto quel che deve fare ogni uomo».
Pace
Ovvero offrire «la mano, in segno di pace». Ai due bulli, il ragazzo aveva proposto una specie di distensione, con queste parole: «Adesso basta, smettetela. E diventiamo amici». «Ma all’indomani i soprusi sono ripresi. E semmai ancora più insopportabili» racconta l’avvocata Perricci.
L’ultima sera, quella di sabato, trascorsa in famiglia da Leonardo, che aveva anche una fidanzata, non è stata differente dalle altre, serena, tranquilla.
Finita la cena — c’erano anche i nonni — il ragazzo è andato a dormire. È stato il padre a scoprire che il figlio non era in casa. Sceso in taverna per prendere un dolce, si è accorto che il mazzo di chiavi lasciate sul tavolo era sparito. Le aveva prese il ragazzo per aprire la cassaforte a muro, dietro un armadio trovato con le ante aperte, in cui era custodita la Beretta Px4 d’ordinanza.
«Leo! Leo! Dove sei?» ha gridato l’uomo. Ma il ragazzo s’era già allontanato. Si sarebbe ucciso poco dopo, stando alla testimonianza di una donna che ha sentito uno sparo. Un drone dei carabinieri ha individuato il corpo fuori dal casolare. Il «Panzini» nel frattempo era stato messo sotto sorveglianza dalle forze dell’ordine. C’era l’ipotesi — esile, ma possibile — che Leo cercasse vendetta. Non avrebbe lasciato biglietti ed è stato sequestrato il suo cellulare.
Purtroppo il bullismo è una piaga sociale che nessuno è ancora riuscito a debellare completamente.
Purtroppo…
Tanti ragazzi e bambini sono ancora vittime di violenza anche cyber e, per i più deboli, l’unico modo per porre fine al tutto è metter fine alla propria vita.
Se siete ragazzi che avete subito o state subendo vessazioni di qualsiasi tipo, fuori l’online od entro, denunciate, non abbiate mai paura di farlo.
Ricordate che siete voi le vittime e che non avete colpe e motivazioni per provare paura o vergogna. Io l’ho fatto ai tempi.
E voi genitori, state attenti a qualsiasi segnale, anche il più piccolo cambiamento nei comportamenti del vostro ragazzo.
Buongiorno amici. Oggi parliamo di incubi causati dall’ansia.
Sognare che qualcuno ti sta inseguendo per farti del male o che dimentichi qualcosa di molto importante. Immergersi in uno scenario dominato da minacciosi fenomeni atmosferici. Ti è mai successo? Gli incubi sono più frequenti quando la tua mente è attanagliata dall’ansia e da un intenso stress emotivo. Sono fenomeni che, se persistono, sono molto logoranti.
Il cervello, in questi casi, assimila ed elabora buona parte delle tue esperienze quotidiane. Quando trascorri un periodo dominato dall’angoscia e dalla preoccupazione costante, quella “fossa emotiva” si manifesterà durante la fase REM. Se stai vivendo questa esperienza proprio adesso, la cosa più decisiva è conoscere l’origine di quello stato ansioso.
Cosa sono e perché si verificano gli incubi legati all’ansia?
È normale che a volte si facciano sogni terrificanti. Tuttavia, gli stati d’ansia sono più frequentemente legati agli incubi notturni.
Gli incubi legati all’ansia sono il sintomo di un problema di fondo che va chiarito. Diamo un’occhiata ai meccanismi che li producono.
Il cervello cerca di elaborare le tue emozioni-incubi causati dall’ansia
Anche se a nessuno piacciono gli incubi, la verità è che svolgono la loro funzione psicobiologica.
Il cervello cerca di elaborare e integrare quelle esperienze, sensazioni ed emozioni che hai durante la giornata. Quando si ha a che fare con l’ansia, quell’impronta angosciante si materializza in minacciosi scenari onirici.
Problemi sociali e psicologici
L’ansia, di per sé, è una dimensione multifattoriale che può rispondere a stati del tutto normali, così come ad alcuni disturbi psicologici. Elenchiamo quelle possibili causalità:
Disturbi d’ansia: condizioni cliniche come fobie, ansia generalizzata o disturbo ossessivo-compulsivo
Disturbo da stress post-traumatico (PTSD): un fatto che vi abbiamo già sottolineato è che gli psicologi sono abituati a vedere i loro pazienti affetti da disturbo da stress post-traumatico avere incubi molto spiacevoli.
Stress e difficoltà personali: problemi lavorativi o disoccupazione, difficoltà economiche o crisi relazionali sono solitamente variabili che scatenano brutti sogni e incubi. Si tratta, però, di dimensioni psicosociali e non patologiche. Tuttavia, queste realtà possono peggiorare se queste preoccupazioni perdurano nel tempo e si entra in situazioni di stress cronico.
Un sistema nervoso disregolato-incubi causati dall’ansia
Il sistema nervoso è disregolato se è costantemente in lotta, fuga o congelamento. L’ansia spesso provoca la sensazione di essere sempre in allerta e di avere tutto il corpo in modalità sopravvivenza. Immagina cosa significa per il corpo e la mente mantenere questa situazione per settimane o mesi.
Questo disturbo del sistema nervoso favorisce anche la comparsa di brutti sogni. C’è un eccesso di cortisolo e di adrenalina, con cui tutta questa rete predeterminata del cervello finisce per manifestare questa angoscia e disregolazione negli incubi, in immagini avverse. Tieni presente che questa minacciosa tela da sogno non è altro che il riflesso di una mente che chiede aiuto.
Difficoltà sanitarie
Molte volte i brutti sogni compaiono quando il disagio emotivo si combina con l’insonnia. A loro volta, condizioni come l’apnea o i disturbi del ritmo circadiano sono accompagnati dalla presenza di sogni spiacevoli.
Allo stesso modo, è importante tenere conto di un altro fattore scatenante. Spesso, quando si sospendono gli antidepressivi o le benzodiazepine, i pazienti tendono a soffrire di incubi. La sindrome da astinenza dopo la sospensione di un farmaco psicoattivo ha come effetto questa peculiarità.
Come fai a sapere se la causa degli incubi è l’ansia?
Potresti aver fatto sogni spiacevoli per un po’ e chiederti se l’origine sia l’ansia.
La cosa più consigliabile, in ogni caso, è tenere un registro dei sintomi e degli incubi. Conoscere la sua frequenza, il suo tema e anche sapere com’è la tua qualità di vita è un buon passo per capire a cosa è dovuto. Descriviamo tuttavia alcune linee guida per chiarire se l’origine è l’ansia.
Riconosci i sintomi associati ai disturbi d’ansia
L’ansia si manifesta in molteplici modi e non solo attraverso gli incubi. Considera se riscontri altri sintomi come i seguenti:
Preoccupazione.
Irritabilità.
Tensione fisica.
Pressione al petto.
Sensazione di soffocamento.
Pensieri negativi.
Preoccupazione persistente.
Disturbi gastrointestinali.
Sensazione di pericolo imminente.
Problemi ad addormentarsi.
Eviti ciò che ti preoccupa o ti genera ansia.
Analizza come sono gli incubi
I disturbi dell’umore hanno generalmente un legame significativo con gli incubi. Quest’ultime però devono avere caratteristiche particolari affinché possiamo associarle all’ansia. Lo analizziamo:
Frequenza: compaiono più volte alla settimana. Inoltre, il riposo è solitamente di scarsa qualità, è difficile addormentarsi e, quando finalmente si raggiunge la fase REM, compaiono gli incubi.
Esistono schemi ricorrenti: gli incubi causati dall’ansia tendono ad essere temi ripetitivi o presenti associati alla tua angoscia quotidiana. È comune sognare persecuzioni, minacce, cadute o perdita di controllo, perdita di qualcosa o qualcuno di valore, umiliazioni pubbliche, catastrofi o disastri naturali, ecc.
Gli incubi aumentano il disagio: una caratteristica dei brutti sogni è che solitamente vengono ricordati perché ci si sveglia poco dopo averli fatti.
Quali strategie possono aiutarmi?
Viviamo in una società così esigente, complessa e piena di stimoli che è comune trascurare il proprio benessere e la salute mentale quasi senza rendersene conto. Pertanto, il primo passo che ti aiuterà è lasciare spazio a ciò che senti. Quindi, rifletti su queste chiavi.
Comprendi le cause
Se soffri di disagio fisico o psicologico e fai brutti sogni per alcune settimane o mesi, è consigliabile avere un registro. Si tratta di una tecnica che può essere richiesta anche in terapia psicologica. Serve a chiarire e controllare i sintomi. Prendi nota delle strategie:
Identificare i fattori scatenanti: ci sono modelli o temi ricorrenti ? Cerca eventi, emozioni o situazioni nella tua vita quotidiana che potrebbero essere collegati agli incubi.
Diario dei sogni : scrivi su un quaderno i giorni in cui hai gli incubi. Annota il contenuto del sogno, le emozioni che hai provato e tutti gli eventi stressanti che hai avuto durante la giornata.
Riflessione emotiva: dedica del tempo a riflettere su come ti senti. Stai affrontando qualche fonte di stress o ansia? Analizzalo, connettiti con te stesso e prova a descrivere le conclusioni a cui raggiungi in quel diario.
Tecniche di rilassamento
Le tecniche di rilassamento sono ideali per calmare corpo e mente, ridurre lo stress e preparare la mente a un sonno più tranquillo. L’idea è provare diversi strumenti e attenersi a quelli che funzionano per te, come questi:
Meditazione: pratica la meditazione o la consapevolezza prima di dormire. Questo può aiutarti a regolare le tue emozioni, l’ansia e quella mente che non smette di pensare a idee negative.
Respirazione profonda: esegui esercizi di respirazione profonda per rilassare il corpo. Prova la tecnica 4-7-8, che consiste nell’inspirare per 4 secondi, trattenere il respiro per 7 secondi ed espirare per 8 secondi.
Yoga o stretching: non esitate a includere nella vostra camera una breve sessione di yoga o di stretching dolce. Questo può allentare la tensione fisica e mentale. Su Internet ci sono molte proposte che possono servire da riferimento.
Ambiente favorevole al sonno
Un ambiente di sonno adeguato può migliorare il riposo e ridurre gli incubi causati dall’ansia. In ogni caso, ricorda che questa raccomandazione è una strategia secondaria o complementare, poiché la cosa più decisiva è chiarire l’origine del tuo disagio. Prendi nota ora di una pratica e semplice guida per migliorare il tuo riposo notturno:
Controlla la tua dieta: limita il consumo di caffeina, alcol e cibi pesanti prima di andare a letto.
Stabilisci una routine adeguata: vai a letto e svegliati alla stessa ora ogni giorno per regolare il ciclo del sonno.
Crea un ambiente confortevole: assicurati che la tua stanza sia silenziosa, buia e fresca. Non esitate a utilizzare tende oscuranti o ad accendere musica rilassante o rumore bianco.
Eliminate le distrazioni: evitate soprattutto di utilizzare dispositivi elettronici almeno un’ora prima di andare a letto, perché la luce blu può interferire con la produzione di melatonina.
Terapia psicologica
Se angoscia, disagio e incubi sono costanti nella tua vita, è tempo di consultare un professionista. Il trattamento psicoterapeutico dipenderà sempre dalle tue condizioni cliniche e dalle tue esigenze. Da parte nostra, descriviamo due approcci comunemente utilizzati per affrontare gli incubi causati da ansia o trauma.
Terapia cognitivo-comportamentale (CBT): ha una modalità volta a migliorare il riposo notturno. Consiste nell’aiutarti a identificare e modificare gli schemi di pensiero negativi che contribuiscono all’ansia e agli incubi. Inoltre vengono introdotte tecniche di rilassamento, controllo degli stimoli, ecc.
Imagination Rehearsal Therapy (IRT) – L’obiettivo di questo modello è cambiare la narrazione degli incubi riscrivendoli consapevolmente durante il giorno. Ciò ti consente di ridurre la frequenza e l’intensità dei brutti sogni e persino di avere un certo controllo su di essi. Per fare ciò, vengono utilizzate tecniche di visualizzazione e rilassamento, aggiunte all’incorporazione di rinforzi positivi per darti sicurezza e una sensazione di calma.
Incubi, la tela delle tue emozioni
La nostra cultura ha sempre cercato di svelare e comprendere il significato dei sogni. Ora, per la psicologia, il mondo dei sogni risponde al riflesso delle tue esperienze, emozioni e bisogni. È un piano che non puoi trascurare e che vale la pena monitorare attraverso un diario.
Quando hai un incubo, descrivilo, disegnalo se necessario. In quelle immagini piene di inquietudine sono inscritti problemi che, forse, dovresti affrontare con maggiore sensibilità. Non ignorare ciò che ti angoscia, perché ciò che viene trascurato si manifesta in modi diversi. I brutti sogni sono uno di questi.
E vi ricordo che se avete bisogno di me potete contattarmi
Buongiorno amici. Oggi riflettiamo sulla strage di Paderno.
“i genitori vedono cosa fanno i figli, non chi sono”
D’accordissimo con questa frase della dottoressa Manca.
Malesseri
I ragazzi vengono additati, demonizzati, non considerati pe ri loro malesseri interiori.
A volte, spesso, considerati scuse per non andare a scuola, a volte sottovalutati perché “ma va beh dai, poi passa, è l’età non è importante”.
E invece vi sbagliate: ogni piccolo disagio, soprattutto a quest’età, se non viene considerato, ascoltato, se viene sottovalutato può trasformarsi in un problema più grosso e può sfociare anche in atti estremi come quello compiuto dal 17enne di Paderno.
Gesti estremi
Cosa c’è alla base di un gesto estremo verso se stessi o verso gli altri, che cosa li alimenta?
Molto spesso il sentirsi inferiori per un sentimento che maturiamo verso di noi vedendo altre persone avere successo; o ancora l’idea alimentata dalla nostra famiglia, dai prof che fanno i paragoni con i compagni di essere dei falliti.
Delusioni, relazioni tossiche, amicizie tossiche. I motivi ce ne sono quanti ne volete e nessuno, mai nessuno, giustifica i gesti estremi.
E quindi? E quindi alla BasE DI TUTTO C’èS EMPRE LA FMAIGLIA. nO,NON VOGLIO PRENDERMELA SEMPRE CON POVERI GENITORI MA Sì, IL PROBLEMA è SEMPRE, E DICOS EMPR,E IL MODO IN CUI SI EDUCA E SI CRESCE UN FIGLIO ANCHE SE, APPARENTEMENTE, è IL CLASSICO “BRAVO RAGAZZO, TRANQUILLO TACITURNO”.
eD è PROPRIO SU QUESTO CRATTERE TACITURNO CHE DOBBIAMO FARCI DUE DOMANDE, CHE DOBBIAMO STARE ATTENTI.
Accorgersi
Il fatto è che i genitori non si accorgono (non tutti, ovvio) dei figli. Mi sono trovata troppo spesso a lavorare con genitori che chiedevano ai figli cosa facessero a scuola, se la verifica era andata bene, che voto avevano preso. Ma mai nessuno che chiedeva come stessero, cosa volevano fare dopo i compiti, se volevano passare un po’ di tempo insieme magari davanti a un film.
Poche persone sono attente alle variazioni di comportamento, e non sto parlando delle classiche adolescenziali. Cambiamenti eri e repentini del carattere e delle routine.
Pochi si accorgono o hanno la pazienza e l’interesse di ascoltare attivamente i loro dubbi, le loro delusioni, le loro richieste di consigli , i loro silenzi.
I silenzi
Di questi dovete temere se diventano muri che difficilmente riusciamo ad abbattere. E forse proprio perché i ragazzi, in casa, il luogo in cui dovrebbero avere libertà di parlare di tutto, di essere se stessi; quel luogo che dovrebbe essere il loro porto sicuro, la loro tana, abitata dai genitori che dovrebbero essere il cuscino su cui cadere per non farsi troppo male.
Sì,in casa che non si sentono liberi di essere se stessi. E’ propri qui che non si sentono accettati, ascoltati…”ora nn ho tempo, dopo”. “ti prego fammi riposare un attimo, mamma ha lavorato troppo. Prendi il tablet e gioca un po’”. “ma guarda tuo fratello/tua sorella, prendi esempio da lui/lei invece di guardare il soffitto”:
E’ da questo che nasce il malessere…un malessere che può sfociare anche, purtroppo, in violenza e omicidio.
Non ignorate o sottovalutate nessun segnale e se avete bisogno di me contattatemi.
Buongiorno amici. Oggi parliamo i essere una persona migliore.
a chiave è non arrendersi, il segreto è continuare a nutrirei pensieri positivi nonostante la sofferenza, le contraddizioni esistenziali.
Freud e compagni
Affermava Sigmund Freud che la scienza non ha ancora inventato una farmaco potente quanto le parole gentili. Se vi chiedete come essere una persona migliore, la risposta non è per niente facile, ma una cosa è chiara: tendere a questo obiettivo, porsi questo fine, ha di per sé un effetto trasformante, sia per chi ci circonda che per noi stessi.
Tradizionalmente è stata la filosofia ad avere il compito di definire questa competenza esistenziale che, più che uno scopo, dovremmo quasi considerare un’aspirazione. Tutti noi vorremmo esserlo ogni giorno un po’ di più. Ci ripetiamo spesso, che ogni esperienza, positiva o negativa che sia, può essere un’occasione per essere una persona migliore.
A volte ci riusciamo, altre volte torniamo al punto di partenza senza fare un passo avanti. Tuttavia, come affermava Søren Kierkegaard, la chiave è non arrendersi, il segreto è continuare a nutrirei pensieri positivi nonostante la sofferenza, le contraddizioni esistenziali. Camminare verso il futuro e armarsi di volontà per dare il meglio di sé.
Consigli su come essere una persona migliore
Per approfondire l’oggetto d’interesse di questo articolo, ovvero l’essere una persona migliore, possiamo far riferimento a diverse aree disciplinari.
In realtà, l’idea di migliorare se stessi ed essere migliori è una preoccupazione condivisa da molteplici ambiti.
D’altro canto, c’è un aspetto importante da considerare. Stiamo parlando di un’aspirazione che dovrebbe essere quotidiana, perché si tratta, in realtà, di un compito che non potrà mai dirsi concluso. Saremo sempre creature imperfette e fallibili che cercheranno di essere migliori. Non ci sarà un giorno nel quale non ci accorgeremo che c’è qualcosa in noi da sviluppare, correggere o cambiare. Esserne consapevoli è già un gran bel risultato.
Essere una persona migliore secondo la filosofia
Aristotele affermava che tutti gli esseri umani possono essere buoni e virtuosi. Tuttavia, la gentilezza è un’abitudine che va esercitata e che può diventare un’abitudine. I seguenti, sono alcuni consigli utili allo scopo:
Prudenza. La prudenza è legata alla capacità di essere riflessivi, di meditare prima di prendere una decisione, di apprendere a trattare gli altri con rispetto e apprezzamento.
Temperanza (come sinonimo di controllo emotivo). Saper dominare le realtà interiori come la rabbia, la rabbia, l’ego e il bisogno di potere è essenziale per essere persone migliori.
Giustizia. Essere giusti in tutto ciò che si fa, avere il senso del rispetto, di ciò che è giusto e di ciò che è sbagliato è altrettanto fondamentale per essere una persona migliore.
Forza. In ogni uomo e in ogni donna deve albergare una buona dose di valore, di coraggio, per difendere ciò che è giusto.
Cosa ci dice l’antropologia?
Oliver Scott Curry è un antropologo dell’Università di Oxford e membro dell’Institute for Cognitive and Evolutionary Anthropology. In un lavoro pubblicato sulla rivista Current Anthropology, affronta i temi che definiscono l’essere persone migliori. Si tratta di dimensioni che il dottor Curry definisce regole morali e che sono state studiate in 60 paesi. Sono i seguenti:
Occuparsi delle persone a cui si tiene. Adottare comportamenti positivi, che ne garantiscano la felicità; questa è la chiave
Essere utili alla comunità.
Apprezzare i favori e, cosa migliore: restituirli.
Essere persone coraggiose capaci di difendere i propri valori.
Rispettare gli altri, chiunque essi siano.
Condividere le proprie risorse.
Non invidiare gli altri.
Come essere una persona migliore secondo la psicologia
Figure come Abraham Maslow o Martin Seligman hanno affrontato l’argomento in modo interessante, pratico e utile. Essere una persona migliore ci obbliga a entrare in contatto con più aree come l’intelligenza emotiva, la gratitudine e il desiderio di raggiungere un’autentica realizzazione di sé, con la quale aspirare a dare il meglio di sé in ogni circostanza. Ecco le aree sulle quali dovremmo concentrarci.
Dimensioni su cui lavorare per essere persone migliori
Autoconosapevolezza. Conoscere se stessi è una soglia esistenziale, lo scopo principale a cui dedicarsi in ogni momento. Entrare in contatto con il nostro io più autentico, ci guiderà nel nostro viaggio per diventare persone migliori.
Praticare l’accettazione. Imparare ad accettare le persone per ciò che sono è qualcosa che ci può salvare dalla sofferenza. Accogliere il fatto che esistono aspetti della vita che non possono essere cambiati, ma piuttosto accettati.
Avere il controllo delle emozioni e smettere di essere sulla difensiva rispetto al mondo. Non c’è nessuno da incolpare per ciò che ci accade, siamo responsabile di noi stessi e bisogna agire tenendo sotto controllo le proprie emozioni. È anche necessario affrontare le preoccupazioni e ciò che ci ruba la calma, in modo intelligente.
Perdonare, essere grati, riconoscenti. Saper perdonare (e perdonare se stessi), essere grati per ciò che si ha e riconoscere il bene intorno a noi, sono piccole azioni che ci aiutano a diventare migliori.
Essere empatici. Poche dimensioni migliorano la convivenza sociale come quel collante sociale che è l’empatia.
Essere compassionevoli e auto-compassionevoli. La compassione è una dimensione a doppio legame, va esercitata su se stessi e su gli altri. È grazie a lei, che possiamo rispettarci a vicenda e sviluppare comportamenti proattivi volti a migliorare la vita di chi ci circonda. Allo stesso tempo, non c’è niente di più importante per il proprio benessere che un dialogo compassionevole con se stessi.
Conclusioni
Per concludere, non importa quale approccio si scelga; filosofico, antropologico o psicologico. Ogni disciplina condivide dimensioni comuni; soglie che bisogna varcare per impregnarsi delle giuste virtù e risorse per essere persone migliori. E non dimentichiamolo, questo compito non finisce mai…
E se avete bisogno del mio aiuto e supporto contattatemi
Si dice che i più grandi geni fossero dei veri e propri monumenti al disordine. La scrivania di Einstein o di Mark Twain, tra i tanti, erano davvero dei nidi di ragno. Oggetti ovunque, fogli piegati, spazzatura qua e là… Insomma, un bel mix di tutto.
Tuttavia, essere disordinati non significa essere dei geni. Così come essere troppo ordinati non ci rende delle persone migliori. Gli estremi non vanno mai bene quando si ha a che fare con le realtà della vita umana.
Nel mondo odierno, il tempo scarseggia. Non è più possibile far brillare i pavimenti come specchi o lasciare immacolato anche il più piccolo angolo della casa. Avere chi si occupa delle pulizie è un lusso che pochi possono concedersi e dedicare del tempo alle pulizie non è così semplice.
Questo, però, non vuol dire che tutto debba rimanere in disordine. Si può mettere in ordine senza spendere troppo tempo. È solo questione di organizzarsi e di adottare alcune abitudini. Ma perché alcune persone non ci riescono? Cosa si nasconde dietro al disordine compulsivo?
Il significato
In generale, se il luogo in cui abitiamo o passiamo la maggior parte del tempo è in disordine, questo è sintomo di un disordine nel nostro mondo interiore. Avere tantissimi oggetti, significa avere troppe idee e progetti incompiuti.
E’ confusione interna, di mancanza di organizzazione e di definizioni.
Inoltre, gli studi del Feng Shui e pratiche simili rivelano che il disordine ha diversi significati a seconda del luogo in cui si accumula. Questo è quanto ci dicono al riguardo:
Il disordine o l’accumulo di oggetti in luoghi vicini all’entrata di casa indica un profondo timore nel relazionarsi con le persone.
l’accumulo di oggetti in cucina o negli spazi in cui vengono preparati gli alimenti indica fragilità emotiva o risentimento.
l’accumulo di oggetti negli armadi rivela difficoltà ad analizzare i sentimenti e le emozioni.
sotto ai mobili indica dipendenza dall’opinione altrui o il fatto di dare importanza alle apparenze.
Il disordine o l’accumulo di oggetti dietro alle porte è espressione di paura di essere rifiutati dagli altri e la convinzione di essere osservati.
Il disordine o l’accumulo di oggetti sulla scrivania o sul posto di lavoro indica paura, frustrazione e necessità di controllo sulle situazioni.
Il disordine o l’accumulo di oggetti in garage implica paura delle cose nuove e sconosciute e incapacità di aggiornarsi.
Il disordine o l’accumulo di oggetti in prossimità del corridoio significa paura di esprimersi, di dire direttamente ciò che si vuole.
Il disordine o l’accumulo di oggetti in sala è paura di essere rifiutati dalla società.
Il disordine o l’accumulo di oggetti in sala da pranzo, ha a che vedere con il fatto di sentirsi controllati dalla famiglia, di essere insicuri di sé.
Il disordine o l’accumulo di oggetti in tutta la casa significa ira repressa, apatia e disinteresse verso la vita.
I vantaggi di superare il disordine
Non è necessario che il nostro spazio sia splendente come un “vassoio d’argento”. Di fatto, preoccuparci troppo del disordine ci ruba energia che potremmo dedicare alle cose più importanti e ci rende esigenti, asociali e nevrotici.
La cosa importante è poter vivere in uno spazio che troviamo gradevole e facile da gestire
. Non ha senso perdere tempo a cercare cose che spariscono nel disordine, né deprimerci solo guardando le condizioni della nostra casa o del posto di lavoro.
Una delle prime cause del disordine è il fatto di non aver classificato bene gli oggetti e, proprio per questo, tante cose non hanno un posto definito dove stare
. È importante analizzare quali sono i tipi di oggetti che ci sono in casa o in ufficio, organizzarli in categorie o gruppi e stabilire il posto di ogni gruppo.
Il Disordine
Gli elementi della scrivania devono avere il loro posto, così come i farmaci, i fogli, i libri, i quaderni, gli ombrelli, etc. È possibile trovarsi a definire due o tre posti per conservare la stessa categoria di oggetti se sono tanti.
Il passo successivo è lavorare sul pensiero per fare spazio alle cose nuove. Finché conserviamo oggetti che non ci servono più o teniamo le cose per il semplice fatto di tenerle, sarà impossibile andare avanti. È necessario disfarsi di tutto ciò che non serve più. Quello che non abbiamo usato nell’ultimo anno deve finire nella spazzatura o in soffitta.
Che cos’è l’empatia e perché è importante svilupparla per avere successo nella vita? Continua a leggere e lo scoprirai.
“Ogni persona che incontri sta combattendo una battaglia di cui non sai nulla. Sii gentile. Sempre.”
Cos’è l’empatia? Una delle abilità umane più invisibili. Ma anche una delle più celebrate quando si presenta nel suo splendore.
Il problema è che questa abilità è in rapido declino.
“Si va avanti solo se si è i più forti e si schiacciano gli altri.”
Questo, più o meno, è il mantra di una competizione eccessiva che dimentica i benefici della collaborazione.
È una linea guida radicata in molti ambiti: dall’educazione, al commercio, al mondo delle relazioni.
L’individualismo ha tolto allenamento alla nostra empatia, relegandola a un lontano angolino della nostra mente.
Ma oggi vediamo perché è importante.
Il significato di Empatia
Partiamo dalle basi. Il termine Empatia deriva dal greco en-pathos “sentire dentro” e la definizione che gli viene data oggi dall’Enciclopedia Treccani è la seguente: “Capacità di porsi nella situazione di un’altra persona o, più esattamente, di comprendere immediatamente i processi psichici dell’altro. Con questo termine si vuole rendere in italiano quello tedesco di Einfühlung”.
Cos’è l’empatia?
Quindi, come si può definire con poche e semplici parole l’empatia al giorno d’oggi?
È la capacità di riconoscere e comprendere a pieno le emozioni altrui. La capacità di ascoltare in modo attivo e senza giudicare le persone che avete accanto.
È caratterizzata da processi cognitivi e un’attivazione emozionale nel soggetto che la prova.
È un tentativo attivo di comprendere la prospettiva degli altri e le loro emozioni: in pratica come percepiscono e come vivono la loro realtà.
Cosa non è l’empatia
È importante non fare confusione dando questo nome a emozioni diverse.
L’empatia non è:
compassione: quest’ultima è una forma di empatia unita al desiderio attivo di aiutare il prossimo;
imitazione: essere empatici non significa imitare i sentimenti dell’altra persona e il suo comportamento;
pietà: questa è infatti la preoccupazione per lo stato di un’altra persona percepita come inferiore.
A cosa serve?
Se vogliamo crescere, è un’abilità cruciale per noi e le nostre relazioni: ci permette infatti di ampliare la nostra percezione sfruttando esperienze diverse dalla nostra.
L’empatia porta con sé un enorme vantaggio sociale.
L’umano è un animale che ha sempre fatto di socialità e cooperazione i suoi punti di forza. Grazie a loro siamo riusciti a stabilirci in cima alla piramide alimentare e a inventare la nostra tecnologia.
Riusciamo a far funzionare comunità enormi e complesse grazie all’uso della parola, della scrittura e del pensiero razionale.
Ma come riusciamo a comunicare quando non abbiamo lo stesso linguaggio?
Riconoscere le emozioni degli altri e avere la certezza che gli altri riconoscano le nostre, facilita le nostre interazioni.
Accade sia nel piacere, che nel dolore: quando vediamo qualcuno sbattere la testa contro un muro, “sentiamo” il suo dolore.
Se invece osserviamo delle persone gioire, quella gioia è in grado di riflettersi dentro di noi.
Empatia e intelligenza emotiva
Quando si parla di empatia, non si può di certo trascurare l’intelligenza emotiva. Questa espressione, infatti, è definita come “la capacità di monitorare le proprie e le altrui emozioni, di differenziarle e di usare tali informazioni per guidare il proprio pensiero e le proprie azioni” (Salovey e Mayer, 1990).
Possedere tra le proprie qualità l’intelligenza emotiva, dunque, significa avere le capacità di consapevolezza, motivazione, padronanza di sé, empatia e abilità nelle gestione delle risorse umane, che sono alla base di una buona relazione tra individui.
Non tutti, però, sviluppano l’intelligenza emotiva e questo porta alcuni individui a non saper riconoscere e controllare le proprie emozioni e quelle altrui, oltre a essere incapaci di provare empatia.
Dove sono le prove che l’empatia esiste davvero?
Secondo uno studio del Max Planck Institute in Germania, l’area del nostro cervello che si attiva nelle reazioni empatiche (e che resta spenta in abitudini egocentriche) è la circonvoluzione sopramarginale destra, una regione del lobo parietale.
Quest’area è centrale nella distinzione delle nostre emozioni rispetto a quelle degli altri.
Inoltre si attiva per darci l’abilità di osservare e valutare le emozioni che gli altri stanno provando in tempo reale.
La ricerca ha dimostrato che un funzionamento subottimale di quell’area ci porta a proiettare le nostre emozioni sugli altri, facendoci diventare egocentrici, dimenticando appunto cos’è l’empatia.
Dimenticandolo fisicamente.
Inoltre, quando siamo costretti a prendere decisioni rapide, la nostra empatia viene frenata o inibita completamente, portandoci a giudizi scorretti o imprecisi.
Non solo, in quest’area sono presenti i Neuroni Specchio che ci fanno imitare le azioni degli altri: per esempio quando una persona sbadiglia, ci troviamo a sbadigliare a nostra volta.
I vantaggi di essere empatici
Come abbiamo intuito aiuta nelle aree sociali: nella gestione delle relazioni, in quelle delle nostre comunità e soprattutto nella consapevolezza di noi stessi.
“Sapere come riconoscere le emozioni degli altri, ci dà dei parametri per riconoscere le nostre.”
Migliora anche le scelte morali: se abbiamo provato dolore sarà più difficile desiderare di infliggerlo agli altri e se abbiamo provato gioia, sarà più facile gioire della felicità altrui.
Infine la ricerca ha evidenziato altri aspetti molti interessanti:
Lo stato di salute dei pazienti migliora dove l’empatia viene praticata attivamente dai medici.
Diminuisce significativamente gli errori medici.
Modera i comportamenti aggressivi.
L’assenza di empatia è un marker fondamentale di psicopatia e autismo.
La sua presenza migliora la soddisfazione nelle relazioni intime.
Permette di creare e mantenere amicizie.
L’empatia è correlata positivamente con comportamenti di supporto e negativamente con eventi di aggressività.
Diminuisce l’incidenza dei crimini nelle società dove l’empatia è più presente.
Minimizza i problemi familiari.
Semplificando molto: possedere questa abilità migliora la nostra salute e le nostre relazioni.
Perché è così importante
“Siamo scimmie evolute con bombe atomiche a disposizione.”
Fermiamoci un attimo a pensare: negli ultimi decenni ci siamo trovati con invenzioni e tecnologie pazzesche!
Ma nonostante questo, siamo quasi gli stessi umani di qualche decina di migliaia di anni fa, con l’aggravante dell’alienazione sociale promossa dai Social Media.
Questa rivoluzione tecnologica include strumenti magnifici, come la risonanza magnetica, e armi devastanti come la bomba atomica.
Le decisioni su come e quando lanciare quelle bombe sono sempre in mano a noi umani.
Pensaci: preferiresti che a scegliere fosse una persona che sa cos’è l’empatia, o qualcuno che pensa solo a se stesso?
Come sviluppare l’empatia?
Per allenare l’empatia (siamo o non siamo efficaci dopotutto? 🙂 ) ci sono diverse attività che si possono praticare con costanza.
1) Fai questo semplice gioco
Spesso passiamo il tempo tra la gente incollati allo schermo dello smartphone.
Possiamo provare però a fare un gioco: osservare le persone e provare a indovinare il loro stato emotivo.
Ci possiamo chiedere: che giornata stanno passando? Cosa stanno provando?
La curiosità verso gli altri è il primo passo per comprendere cos’è l’empatia ed estenderne l’efficacia.
2) Impara ad ascoltare attivamente
Spesso durante le conversazioni abbiamo la risposta pronta prima ancora che l’altro abbia finito la frase.
Trattiamo molte conversazioni come battaglie verbali e finiamo per scontrarci davvero.
Rallentando un po’ possiamo cambiare il corso di questi scambi. Potremmo ad esempio fare così:
Ci prendiamo un momento per considerare ciò che l’altro ha detto e facciamo delle domande per approfondire il suo punto di vista.
Dopodiché tentiamo di comprendere perché quella persona la pensa così.
Infine proviamo a identificare le sue emozioni.
Questa pratica è ancora più utile quando non condividiamo l’opinione dell’altro, perché ci permette di espandere e completare la nostra.
3) Apriti agli altri
Ascoltare le esperienze degli altri è come leggere libri.
È vivere nuove prospettive della stessa vita: questo ci permette di avere più informazioni su esperienze comuni e vederle in maniera diversa.
Allo stesso tempo, aprirsi ai propri sentimenti e alle esperienze è fondamentale per poterli gestire e riconoscere in maniera equilibrata e costruttiva.
L’uso continuo di queste tre pratiche ci permette di allargare i nostri confini di “giudizio e pregiudizio” limitando l’uso di etichette verso l’altro e facilitandoci la via verso la visione di com’è realmente l’esperienza umana e cioè un’esperienza comune, in cui siamo una specie sola e lavoriamo per la nostra evoluzione e sopravvivenza.
Questi vantaggi e principi funzionano a tutti i livelli, dalle relazioni più intime ai progetti più grandi.
Com’è possibile avere un obiettivo comune e perseguirlo con efficacia se non prendiamo atto di cos’è l’empatia e non ci comprendiamo?
Buongiorno amici . Oggi parliamo di genitori e di quanto siano, loro, i migliori influencer per i propri figli.
Genitori
Ah che bello fare i genitori. Cresci i tuoi figli, vivi con loro emozioni e tappe importanti della sua vita e, se hai l fortuna dia verne più di uno, è un viaggio che si ripete m sempre in modo differente.
E, parliamoci sinceramente, come vi mancano quando non sono più a caso, se sono giovani, semplicemente vanno in vacanza per qualche giorno in più.
Beh, questo vi fa capire quanto, aldilà delle discussioni dell’età adolescenziale, all’ordine del giorno, tutto è meravigliosamente importante.
Ma cosa siete voi dai primi giorni di vita? D quando sono bambini fino a che non lasciano l’ovile?
Influencer
Siete esattamente i loro più importanti influencer( e, a mio avviso, dovreste essere anche i soli ma ahimé non è così).
Ma chi sono questi influencer? Riflettiamo sulla parola: influencer. Ossia una persona che, letteralmente, influenza il pensiero, i gusti, la vita, il quotidiano di un’altra persona.
Attenzione, non è un manipolatore. Ma sono quelle persone per cui proviamo una profonda ammirazione ed empatia da esser un esempio che ci porta a comportarci come loro.
E cosa dico sempre io? che i genitori devono essere il buon esempio per i figli fin da che sono bimbi piccoli.
Esempio e guida
Ogni volta che diciamo una cosa che, per noi, è importante, ogni regola, indicazione, suggerimento e anche rimprovero sembra crolli da dosso ai figli. In realtà non è così.
Ma cosa succede.
Prediamo un esempio semplicissimo. Se dite a vostro figli “perché non leggi un libro. E’ bello farlo”, il ragazzo, ma anche il bimbo, non ne è interessato. Anzi, la vede quasi come una costrizione , un compito, nulla di tanto interessante e piacevole.
Se invece di dirlo lo fate vedere, se vostro figlio vede che dopo cena siete interessati a leggere “quel” libro, vi chiederà di cosa parla, perché siete così interessati a questa stori…fino al..”voglio leggerlo anch’io”.
E ancora “tesoro non devi fumare perché fa malissimo”…e poi vostro figlio vede che fumate h24 capite che due domande se le fa. “Lo fa mamma posso farlo anch’io”…ma, così, non dimostrate coerenza con la regola e l’insegnamento che volete far passare.
Certezze
Cominciate a fare i loro influencer da piccini, il periodo più delicato ma dove i figli sono delle spugne che assorbono tutto quello che vivono in casa, sentono, vedono.
Se voi sarete il loro esempio, la loro guida, vedrete che l’adolescenza sarà meno difficile perché sarete la loro fonte di ispirazione.
E vi ricordo che, se avete bisogno, potete contattarmi qui
La chiave nelle emozioni e nell’affetto per i figli.
Buongiorno amici. Oggi parliamo di genitori di successo. Esistono davvero? e qual’è la chiave ?
“La chiave per essere genitori di successo non si trova in teorie complesse, in regole familiari elaborate o in contorte formule comportamentali. Essa si trova nei sentimenti più profondi di amore e di affetto per i figli, e si dimostra attraverso l’empatia e la comprensione. Quando i genitori offrono empatia ai loro figli e li aiutano ad affrontare sentimenti negativi come la collera, la tristezza e la paura, gettano tra sé e loro un ponte di lealtà e attaccamento” (J. Gottman)
Bambini e ragazzi
Bambini e ragazzi sembrano fare spesso fatica a riconoscere, esprimere e gestire le emozioni che sperimentano.
Troppe volte si tende ancora a “negare” le emozioni che vengono considerate come negative, impedendo loro di vivere adeguatamente anche rabbia, frustrazione o tristezza.
La famiglia, d’altra parte, è la prima agenzia educativa, la prima “scuola di vita” per bambini e ragazzi e tutto ciò che viene appreso a casa influirà sulle loro capacità emotive, cognitive e relazionali.
L’esempio e la modalità con cui gli adulti riusciranno ad esprimere, gestire ed elaborare le emozioni saranno una guida per i figli, sin da piccolissimi, e li aiuteranno a sperimentarsi senza paure.
Esprimere e gestire in modo efficace le emozioni significa essere più efficaci nella vita!
Le emozioni hanno un ruolo centrale nello sviluppo e ciascuna di esse ha una propria funzione adattiva: imparare a riconoscerle, elaborarle e gestirle è fondamentale.
L’autoconsapevolezza rappresenta l’elemento chiave dell’intelligenza emotiva: essere consapevoli delle emozioni che si sperimentano significa anzitutto riuscire a trasformare in parole ciò che si vive, e questo rappresenta il primo passo per gestirle in modo efficace.
Le scoperte scientifiche sull’intelligenza emotiva hanno dimostrato che aumentare l’autoconsapevolezza, gestire in modo più efficace i sentimenti negativi, essere perseveranti nonostante le frustrazioni, sviluppare l’empatia e la capacità di prendersi cura degli altri, di cooperare e di stabilire legami, rappresentano delle risorse e delle competenze fondamentali per bambini e adolescenti che, nel corso dello sviluppo, permetteranno loro di affrontare più efficacemente la quotidianità e diventare adulti più consapevoli e sicuri.
Emozioni ed empatia: cosa accade nel cervello degli adolescenti?
Ogni situazione merita certamente di ricevere specifica attenzione e possono esserci condizioni in cui i ragazzi hanno difficoltà più importanti a gestire le relazioni, riconoscere le emozioni e risolvere incomprensioni e conflitti.
Esiste, tuttavia, anche una spiegazione fisiologica alla normale fatica che gli adolescenti fanno nel mettersi nei panni dell’altro.
Nel cervello umano è il lobo frontale, la parte più anteriore, che si occupa di una serie di funzioni cognitive importanti, definite funzioni esecutive, che permettono, tra le altre cose, anche di comprendere le intenzioni e il punto di vista degli altri.
Si tratta di capacità che, a causa dei processi di sviluppo ancora in atto anche nel cervello, in particolare nella corteccia prefrontale, ancora immatura, appaiono più carenti negli adolescenti.
Come essere degli “allenatori” per i figli: i 5 passi per accrescere l’intelligenza emotiva
Essere sensibili e attenti agli stati emotivi di bambini e ragazzi significa conoscere il loro mondo, ciò che li fa star bene o, al contrario, può trasmettergli ansie o preoccupazioni.
È importante dare sempre valore a ciò che i figli sperimentano e mostrarsi accoglienti anche di fronte alla rabbia, alla tristezza o alla paura che possono provare in determinate situazioni, senza cercare di annullare ciò che vivono, senza banalizzare i loro sentimenti e senza negarli.
Se i genitori riescono a non mostrarsi confusi o ansiosi di fronte alle emozioni che sperimentano, bambini e ragazzi impareranno ad accettarle, riusciranno a dar loro un nome e sapranno gestirle adeguatamente.
Anche se è difficile e si vorrebbe vedere i propri figli sempre felici, è fondamentale non cercare di anticipare tutto e di risolvere sempre ogni difficoltà al loro posto.
In questo modo, impareranno a fidarsi dei propri sentimenti, a regolare le proprie emozioni e a risolvere i problemi in autonomia.
Buongiorno amici. Oggi riflettiamo sul fatto che chiedere aiuto non è una vergogna.
Chiedere aiuto non è sinonimo di debolezza o vulnerabilità.
Al contrario, chiedere aiuto è un atto di coraggio attraverso il quale non solo riconosciamo i nostri limiti, ma comprendiamo e accettiamo anche il ruolo che gli altri hanno nella nostra crescita personale.
In questo senso potremmo affermare che chiedere aiuto è, in realtà, un atto di forza e umiltà, perché a volte è proprio attraverso la richiesta di supporto che riconosciamo il valore degli altri e lottiamo contro la pressione che spesso ci viene trasmessa dalla necessità di essere “autosufficienti”.
La fiducia: una colonna portante
Quando chiediamo aiuto, esprimiamo la nostra fiducia negli altri, perché mettiamo a nudo una parte importante di noi stessi affinché qualcun altro la curi. Attraverso questo semplice gesto, rafforziamo i nostri legami.
Siamo onesti e teniamo in considerazione coloro che ci circondano, perché sappiamo che possono fare qualcosa per noi.
Tendiamo a pensare nella richiesta di aiuto socio-emotivo come un’arma a doppio taglio, che potrebbe portare gli altri ad approfittare di noi oppure a danneggiare la nostra indipendenza, minacciando gravemente la nostra capacità di fare le cose da soli.
Molto spesso sono le cattive esperienze passate, quell’insieme di aspettative e delusioni, che ci fanno pensare in questo modo e ci rendono reticenti al momento di chiedere aiuto e mostrare agli altri i nostri bisogni.
Senz’altro è un ragionamento sensato, ma non possiamo vivere con la paura che un vaso ci cada in testa ogni volta che usciamo per strada.
E questo significa che i limiti che ci auto-imponiamo sono utili solo quando ci troviamo in una situazione in cui è davvero necessario proteggerci, non oltre.
Chiedere aiuto è anche un ottimo modo per iniziare a relazionarci con qualcuno, oltre ad essere un’abilità sociale basilare e indispensabile per il nostro benessere. Così come a noi piace aiutare, anche gli altri possono sentirsi bene quando ci aiutano.
Ben lontano dall’essere egoistico, aiutare gli altri è un modo di contemplare la bellezza delle relazioni umane e dei legami che si stabiliscono tra le persone e che nascono dalle nostre azioni.
Orgoglio e paure
Per questo motivo, è bene lasciare da parte l’orgoglio e il bisogno di sentirsi infallibili, così come le eccessive riserve nel condividere ciò che accade dentro di noi. E non dimentichiamo che nemmeno la vergogna è un sentimento utile in questi casi.
D’altra parte, un altro dei fattori più influenti al momento di chiedere aiuto è il timore che questo ci venga negato.
A quel punto la paura di essere giudicati ci intimorisce, così come la possibilità che gli altri notino la nostra “debolezza” e che tutto ciò ci renda vulnerabili.
Per questo motivo, per chiedere aiuto, è necessaria una buona dose di fiducia, e dobbiamo sentirci a nostro agio di fronte a quelle persone. Se non lavoriamo su questi due pilastri, lo scambio non avverrà mai in modo fluido e naturale.
Per tutti questi motivi, non vale la pena perdere la possibilità di toccare con mano la bontà degli altri e di migliorare la nostra visione del mondo.
Quando chiediamo aiuto, vinciamo tutti, perché tanto dare quanto ricevere è estremamente arricchente. Aiutare è meraviglioso, ma lasciarci aiutare non è da meno. Vale la pena provarci!