Buongiorno amici Oggi riflettiamo sull’essere vicini in silenzio.
Vicinanza
Che bella parola…e come ogni parola ha un suo significato.
Che cosa vuol dire stare vicini ad una persona, in questo caso parliamo di adolescenti ma è esteso a tutti ovviamente?
La maggior parte di noi pensa alla vicinanza solo fisica. Io sono vicino ad una persona quando posso toccarla, abbracciarla, quando c’è insomma un contatto fisico.
Oppure, pensiamo alla vicinanza emotiva, affettiva che ci porta a comportarci, o a sentirci quai i dovere , di comportarci in un certo modo.
Se, ad esempio, vedo un amico, un figlio che non sta bene, che piange, che è triste chiediamo “cosa c’è che non va? dillo a me che posso aiutarti!”. O ancora, cominciamo a dare parei, a esprimere opinioni anche quando non viene richiesto.
Ma il vero senso della vicinanza?
Il silenzio
Sembra assurdo ma è il silenzio. E voi mi direte, sì ma Terry, come faccio ad esprimere la mia vicinanza senza poter dire una parola, senza chiedere qualcosa o farmi sentire fisicamente?
E invece è , per la maggior parte delle volte, il modo più giusto.
Come spesso dico io, ma come dice sempre il linguaggio del corpo e del volto, le parole possono essere superflue se diamo spazio a quello che parla sinceramente: il nostro corpo, il nostro volto, il nostro esserci sena dire una parola.
Sofferenza
Nella vignetta viene rappresentata una scena molto comune. Padre che chiede alla figlia cosa c’è che non va e come può fare a farla star meglio.4Di tutta risposta la figlia dice” stammi vicino, anche in silenzio”.
Partiamo dal fatto che , prima di arrivar a questo punto, abbiamo costruito un rapporto fatto di comunicazione, dialogo, e, soprattutto di ascolto attivo.
Quando la figlia può fare questa richiesta? Quando si sente capita. Quando sa che, in casa, c’è qualcuno su cui poter contare perché , questo qualcuno, è riuscito a far capire, con i piccoli gesti quotidiani, quanto sia importante per lei.
Quando c’è sempre stato rispetto reciproco, quando il genitore ha sempre rispettato i tempi della ragazza. E allora sì.
Una riposta di questo tipo può assolutamente esser detta: stammi vicino anche in silenzio”..sottotitolo: lo so che ci sei e posso contare su di te. Semplicemente ho bisogno di averti vicino senza parlare, ma anche solo tenendomi la mano o guardando un film.
Buongiorno amici:) Oggi riflessione: genitori, non sostituitevi ai figli.
Guida
Lo dico e lo dirò sempre quando un genitore mi chiede “sì ma allora che devo fare?”.
Semplicemente essere un buon esempio e una guida per i tuoi ragazzi.
E’ questa la cosa principale per un genitore. Non tanto evitare i conflitti adolescenziali perché quelli ci saranno ed è giusto che ci siano.
E perché è giusto? Perché i ragazzi stanno crescendo. Sono in una specie di limbo per cui non sono più bambini, vogliono essere trattati da adulti ma non lo sono ancora completamente. E avranno sempre bisogno del vostro aiuto, della vostra guida.
Esempio
Una guida è colei che non si sostituisce al ragazzo ma lo accompagna nel suo percorso di vita, stando accanto a lui, non davanti per evitare che inciampi.
E l’esempio, il buon esempio, è più importante di tante mille parole.
E non solo da ragazzi ma anche da bambini. I bimbi imparano non tanto dalle vostre parole ma dalle vostre azioni.
Siete i loro principali influencer e, in questo caso, mai termine più azzeccato.
Perché quello che imparano dalle vostre azioni da bambini influenzeranno la loro vita crescendo.
Se date una regola a un ragazzo e poi siete i primi a non rispettarla, qualsiasi essa sia, beh, non pretendiate lo facciano loro.
Cadere e rialzarsi- genitori, non sostituitevi ai figli
Gli adulti non capiscono che devono insegnare i ragazzi a cadere. Ebbene sì.
Sbagliando si impara, sempre. Evitare di affrontare le difficoltà quotidiane perché secondo voi così li proteggete non va bene.
Come farebbero a crescere, a responsabilizzarsi, a diventare pian piano adulti e affrontare la vita con le loro forze se cercate di evitar loro tutto questo?
Qualsiasi sia la difficoltà qualsiasi sia il motivo per cui si cade, metaforicamente parlando, lasciate che i vostri figli cadano. Sarete poi voi, insieme, a cercare il modo per non cadere più, per no fare più lo stesso errore ma lasciateli cadere.
I genitori devono aiutare i ragazzi a crescere, a imparare a capire dove hanno sbagliato e a sviluppare il pensiero analitico per riuscire a trovare una soluzione.
Non sono solo i ragazzi a crescere, ma siete anche voi che crescete con loro, ricordatevelo sempre.
Buongiorno amici. Oggi parliamo di rientro a scuola.
Dopo essere stati per molto tempo svincolati dagli impegni scolastici, dai doveri e dagli orari, dalle discussioni con i genitori per la scuola e dall’ansia delle interrogazioni, per gli adolescenti il rientro può rappresentare un momento di stress difficile da gestire.
L’inizio
In questi giorni, i ragazzi iniziano già ad immaginare come sarà il ritorno a scuola.
Al solo pensiero di doversi di nuovo svegliare presto la mattina, restare rinchiusi in classe per tante ore, rimettersi a studiare senza averne la minima voglia, li fa sentire appesantiti e li porta a vedere tutto in maniera negativa e catastrofica.
Molte volte non lo dimostrano apertamente e spesso si sottovaluta che i ragazzi possano essere preoccupati, in ansia o stressati all’idea di tornare sui banchi, anzi molte volte il loro vissuto viene scambiato per pigrizia e apatia.
In realtà possono vivere questo momento carico di aspettative, ma anche di ansie e paure.
Rischiano di accumulare certi vissuti, sentirsi schiacciati dallo stress da rientro e dalla paura di non farcela, fino a manifestare anche sintomi psicosomatici quali, stanchezza eccessiva, nervosismo, irritabilità/irascibilità, disturbi del sonno, incubi, risvegli, nausea e alterazioni dell’appetito.
Ecco le 5 paure più grandi dei ragazzi:
1. RIPRENDERE LA ROUTINE QUOTIDIANA.
Dopo tanti mesi di vacanza, in cui il corpo e la mente si sono abituati ad altri ritmi, una delle preoccupazioni è proprio quella di dover modificare le proprie abitudini e rientrare nei tempi scanditi dagli impegni e dalle attività: non è facile per gli adulti, figuriamoci per i ragazzi!
Dover andare a letto prima, alzarsi presto, mangiare a orari più regolari.
Tornare dietro un banco, fare le corse per incastrare i compiti, tra le uscite, lo sport e gli amici diventa per loro un vero e proprio trauma, spesso alimentato anche da pensieri negativi “non ce la faccio”, “non ho voglia”, “non riuscirò mai ad alzarmi presto la mattina”.
Per non parlare delle “immersioni tecnologiche” che i ragazzi hanno fatto per tutta l’estate, tra abbuffate di serie tv, chat, social network e videogiochi a tutte le ore del giorno e della notte.
Hanno accumulato ore di sonno arretrato e, abituarsi ai nuovi ritmi, cercando di dare una ridimensionata alla tecnologia, diventa per loro molto difficile. Sono spaventati, sentono di non farcela e tutta questa negatività di certo non li aiuta.
Bisogna aiutarli a rientrare nella routine in maniera graduale, senza iniziare subito con le corse, le urla, le discussioni su scuola e compiti.
Bisogna parlare con i ragazzi e fargli capire l’importanza di trovare un equilibrio: un approccio graduale li aiuterà a prefigurarsi i nuovi ritmi, così che siano pronti ad iniziare con la giusta concentrazione e grinta.
2. PERDERE LA LIBERTÀ.
Un’altra grande paura dei ragazzi è di non poter più avere così tanto tempo libero a disposizione per uscire con gli amici, divertirsi, ritagliarsi dei momenti di svago.
Dopo una lunga pausa estiva, nella quale hanno sperimentato momenti di libertà e spensieratezza, il pensiero di poter essere sommersi di nuovo dai compiti, dallo studio e dalle tante attività extrascolastiche che impegnano la loro agenda, gli fa vivere la scuola come una sorta di costrizione.
Sentono che non c’è mai tempo, si va sempre di corsa, tutto è incentrato sullo studio e la scuola viene vissuta soltanto come una prigione, perdendo di vista tutti gli aspetti positivi.
I ragazzi devono capire che una volta dato il giusto peso al rientro ed essere ripartiti con il piede giusto, è possibile, una volta fatto il proprio dovere, riuscire a dedicarsi anche al piacere, ritagliandosi del tempo per uscire e divertirsi.
Gli adulti stessi, molte volte, si dimenticano che oltre la scuola c’è altro, che i ragazzi hanno bisogno, durante il periodo invernale, anche di tempi “vuoti”, per recuperare energie e per dedicarsi al gioco e allo svago: ad un tratto, invece, tutte le attenzioni vertono soltanto sulla scuola, andando ad appesantire ulteriormente la situazione.
3. COMPAGNI CHE NON PIACCIONO
La scuola per gli adolescenti è anche il luogo nel quale mettere in gioco le proprie competenze relazionali, fare nuove amicizie e inserirsi all’interno del gruppo classe.
Non bisogna dimenticare che il rapporto con i coetanei è fondamentale in adolescenza e uno dei bisogni più importanti è l’essere accettati dal gruppo.
I ragazzi trascorrono tante ore della propria giornata in classe e le relazioni che instaurano a scuola li condizionano sotto tanti punti di vista.
Possono avere il timore di ripartire, di non trovarsi bene con i nuovi compagni o non riuscire ad integrarsi in classe, soprattutto se hanno avuto esperienze negative in passato, hanno difficoltà relazionali o hanno subìto addirittura episodi di bullismo a scuola.
È importante non sottovalutare i vissuti dei ragazzi, mantenere un occhio vigile, senza fare troppe pressioni, ma cercare di cogliere eventuali nuove dinamiche e segnali di disagio che non vengono esplicitati direttamente, ma che possono generare uno stato di ansia e angoscia, fino al rifiuto scolastico.
4. INTERROGAZIONI E COMPITI IN CLASSE
Un altro aspetto che spaventa i ragazzi è il pensiero di dover affrontare di nuovo interrogazioni e compiti, che generano in loro molta ansia e preoccupazione.
Dopo l’estate, si sentono lontani da quel vissuto, non sanno più se saranno in grado di affrontare tutto il carico di verifiche, hanno paura di non farcela e di fallire.
Bisogna tener presente che da un lato, sentono i professori molto esigenti, pretendere molto, concentrati sul programma e sul fissare, soprattutto in alcuni periodi, moltissime interrogazioni e verifiche.
Dall’altro lato, percepiscono la pressione dei genitori che si aspettano buoni voti e non perdono occasione di sottolineare quanto lo studio sia importante per il futuro.
I voti molte volte rischiano di essere vissuti, non come una semplice valutazione del lavoro fatto, ma come giudizi personali, andando ad intaccare la propria autostima e autoefficacia.
Non bisogna fare questo errore, è importante cercare di andare oltre e capire che l’ansia, quando è troppo forte, rischia di bloccare i ragazzi e di andare a compromettere il risultato, al di là della preparazione e dello studio.
5. GENITORI CHE ASSILLANO
Ricominciare con discussioni, urla, litigi per i compiti, i voti, gli orari in cui andare a dormire e staccarsi da smartphone e console non fa bene ai genitori, non fa bene ai ragazzi e non fa bene alla loro relazione.
Una delle preoccupazioni degli adolescenti è proprio quella di dover di nuovo salire sul ring con il genitore per discutere su ciascuna di queste cose.
È anche molto probabile che i genitori non abbiano mai smesso, neanche durante l’estate, di urlare perché i figli facessero i compiti assegnati per le vacanze.
È vero, non è facile, perché i ragazzi molte volte non sono autonomi nel pensare ai propri impegni e il genitore sente di doverli sollecitare in questo senso.
Basare tutto sul controllo, sulle discussioni continue non fa altro che peggiorare la situazione.
I figli devono essere accompagnati a sviluppare maggiore responsabilità, mentre i genitori devono cercare di non far ruotare la relazione soltanto intorno alla scuola, altrimenti i ragazzi non si sentiranno considerati come persone, ma di essere pensati e riconosciuti solo in base all’andamento scolastico.
Non bisogna sottovalutare queste paure dei ragazzi ma riconoscerle e aiutarli a ripartire con il piede giusto, dando un giusto peso al rientro e agli impegni che si dovranno affrontare.
Hanno bisogno anche di fiducia e sicurezza da parte degli adulti, riscoprendo il lato bello della scuola, legato al piacere, che permetta loro di vivere anche momenti di spensieratezza.
Buongiorno amici. Oggi parliamo di adolescenza: così, nell’adolescenza, esce ciò che seminiamo.
L’adolescenza è un periodo di transizione dall’infanzia verso l’età adulta, che va da circa i 12 fino ai 19-20 anni, periodo dell’età evolutiva durante i quali i ragazzi attraversano numerosi cambiamenti nel corpo e nella mente: acquisiscono nuovi ruoli e responsabilità all’interno del contesto sociale e si trovano a dover strutturare una propria identità.
Periodo complesso
È un periodo complesso, come sanno tutti i genitori: se da una parte i ragazzi cercano una nuova autonomia e una maggiore indipendenza, dall’altra hanno ancora bisogno di percepire un «porto sicuro», la famiglia. Ma a volte capita che la conflittualità tra le due generazioni diventi esasperata, rasenta i limiti della tollerabilità. Se è normale una contrapposizione che serve al giovane per esprimere la propria differenza dal nucleo familiare, e quindi un’identità propria, specifica, si scivola talvolta in situazioni in cui crede che tutto sia dovuto, in cui vede solo sé stesso e le sue esigenze, e il genitore come una persona da usare per ciò che serve.
La patente non serve prenderla perché i genitori sono «autisti» sempre disponibili ad accompagnarlo da tutte le parti; ci si può inventare diete vegane o alternative perché c’è sempre qualcuno che cucina, differenziando ogni singolo menù; non c’è bisogno di ricordare di prendere le chiavi di casa perché si può suonare il campanello a qualsiasi ora della notte. Non c’è bisogno di «agire» insomma, perché in tutte le situazioni c’è chi lo fa per lui.
Genitori e comunicazione
La comunicazione è basata sul «fammi», «mi devi dare», «dammi». E questo atteggiamento si riversa non solo nei confronti dei genitori, ma delle regole e di ciò che rappresenta l’istituzione in generale, insegnanti compresi. Spesso, infatti, viene richiamato a scuola o vengono convocati i genitori per problemi comportamentali legati alla disciplina.
Sempre più spesso osserviamo genitori che si rapportano ai figli con un’eccessiva apprensione, quasi ossessiva, che alla lunga finisce per essere deleteria. «Stai attento, te lo faccio io», «Chiamami quando arrivi», «Con chi esci? Dove vai?».
Ibambini, i ragazzi e poi gli adolescenti, hanno bisogno di mettere alla prova le proprie capacità, acquisendo così sempre più sicurezza e fiducia in sé stessi.
Fare le cose al posto loro non li aiuta a crescere: bisogna aiutarli solo quando serve, stimolando la loro autostima, senza mai sostituirsi a loro. Ed è invece proprio l’insicurezza che si genera con atteggiamenti iperprotettivi a determinare scompensi interiori, conflitti, rabbia, frustrazione, premessa per future crisi di panico e attacchi d’ansia.
Protezione
Il compito del genitore quindi non è quello di sostituirsi a lui per poterlo proteggere meglio, ma quello di «esserci», di «essere presente» quando avrà bisogno di sostegno: fornendo affetto, attenzioni, ascolto, accompagnandolo nelle sue insicurezze e dubbi, aiutandolo a comprendere e a gestire le sue emozioni e le sue paure.
Proteggere i figli da ogni singola fatica, impegno o disagio (per non parlare di eventi assolutamente banali e regolari) comporta una rinuncia sul piano esperienziale: il messaggio che recepiscono è «non posso farcela da solo», «non sono capace», così si insinua gradualmente il concetto che «qualcuno lo farà per me…» e quindi alla fine «tutto è dovuto».
Da qualche anno ormai si sente parlare di adolescenza infinita, adolescenti di trent’anni e più… ma quando finisce l’adolescenza? Essere completamente sé stessi, riuscire ad esprimersi e a vivere senza condizionamenti è la base per raggiungere la piena autonomia e indipendenza.
Termina quando è ben chiaro chi si è, dove si vuole andare e quando si è pronti a costruire rapporti stabili e significativi, anche con sé stessi.
Buongiorno amici. Oggi parliamo di ragazzi che fuggono senza pagare il conto a Malta.
ma soprattutto, della bellissima lezione di vita di un papà.
on avevano pagato il conto dopo avere pranzato nel ristorante pasta & Co di Msida a Malta.
Bravata punita
La bravata di cinque ragazzi ragusani, analoga a quanto avvenuto nei giorni scorsi in un altro ristorante in Albania, è stata risolta immediatamente grazie al gesto del padre di uno di loro che ha impartito al figlio anche una lezione di vita.
Dopo avere appreso la notizia dai giornali locali ed avere ottenuto una piena confessione del figlio, ha chiamato i proprietari del ristorante per scusarsi e pagare il conto di circa 100 euro.
Questi ultimi hanno risposto di voler devolvere la somma in beneficenza ad una organizzazione non governativa, con sede a Gozo, che si occupa di persone diversamente abili.
Bravo papà
A questo punto il padre del ragazzo ha deciso di fare un bonifico complessivo di 250 euro direttamente sull’iban della fondazione.
“Una lezione di rispetto e di educazione impartita al figlio – ha commentato all’ANSA Giacomo, uno dei titolari del ristorante, originario di Mazara del Vallo.
Addirittura il genitore ha dato la propria disponibilità a far lavorare il figlio gratis nel ristorante per un mese per fargli capire la gravità del suo comportamento”.
Giacomo aveva riconosciuto la provenienza dei 5 ragazzi per via dell’accento e delle telecamere del punto vendita che avevano immortalato i ragazzi mentre si davano alla fuga.
Esempio
Un grande esempio di padre.
Lo dico sempre e continuerò a farlo a tutti quei genitori che pensano di ottenere qualcosa urlando senza dare spiegazioni, che puntando il dito senza educare al cambiamento.
Con le urla non si ottiene nulla. Con i “ti tolgo il telefono” nemmeno.
Qual’è il ruolo, uno dei, dei genitori? E’ quello di educare i ragazzi a prendersi le responsabilità delle loro azioni.
E’ il far capire dove si è sbagliato e che, ad ogni azione fatta male, ci sarà sempre una conseguenza.
Non è stata una bravata ma un non rispetto per delle persone che lavorano in modo onesto. La giusta “Punizione” di questo papà è esemplare.
Niente vacanze la prossima estate ma lavori lì, dove hai rubato soldi, per capire la fatica che fanno queste persone tutti i giorni.
Vi ricordo che se avete bisogno del mio aiuto potete contattarmi qui
Buongiorno amici. Oggi riflettiamo su un tema. Cina: vietato l’uso dei cellulari di notte per i minorenni.
Limitare l’accesso a internet e impedire l’uso dello smartphone ai minori di 18 anni nelle ore notturne: è questo il provvedimento che la Cina vuole introdurre dal mese prossimo, per impedire a coloro che dovrebbero contribuire alla “costruzione della modernizzazione” del paese di diventare dipendenti dai social network e dal telefonino.
Cosa è consentito e cosa no-cina: vietato l’uso dei cellulari di notte per i minorenni
Una proposta presentata dalla Cyberspace Administration of China (Cac), il principale regolatore di internet del paese, richiederebbe l’installazione per tutti i dispositivi mobile, app e app store di un “youth mode”.
Una modalità che limiterebbe il tempo di visualizzazione giornaliero a un massimo di due ore a giorno, a seconda della fascia di età. Nel dettaglio, le nuove regole, che potrebbero entrare in vigore a partire dal 2 settembre, colpiscono chiunque abbia meno di 18 anni di età per impedire loro l’utilizzo del cellulare dalle 22 alle 6 di mattina.
E inoltre…
Sarebbe previsto, inoltre, un tempo massimo sull’uso dei telefonini, diviso per fasce d’età: 40 minuti al massimo ogni 24 ore sotto gli otto anni e due ore per chi ha 16 o 17 anni.
Secondo la bozza del Cac, ai bambini e gli adolescenti che utilizzano i dispositivi con lo “youth mode” sarà impedito l’uso delle app e dello smartphone una volta superati i limiti temporali previsti.
Sui telefonini compariranno quindi delle notifiche per ricordare di allontanare gli occhi dallo schermo a chi ha utilizzato il proprio dispositivo per più di 30 minuti consecutivi.
Il rispetto del provvedimento è reso possibile anche da una norma governativa, che impone a tutti gli utenti del web e social network di registrarsi con i loro veri nomi.
L’anno scorso, infatti, le autorità di regolamentazione hanno imposto a tutti i siti online di verificare le identità reali degli utenti prima di consentire loro di inviare commenti o mettere un like ai post sui social network.
Le restrizioni, se approvate, segnerebbero un inasprimento delle misure già esistenti, introdotte e ampliate negli ultimi anni da Pechino, che mira a voler limitare il tempo che i bambini trascorrono con il cellulare in mano.
Ma le nuove norme sono finalizzate anche a favorire la diffusione contenuti web adatti ai minorenni e prevenire la disinformazione, con l’obiettivo di “creare un ambiente online positivo”.
Ulteriore restrizione per le big tech cinesi
Le nuove misure potrebbero essere un nuovo grattacapo per le aziende tecnologiche cinesi, che sono generalmente ritenute responsabili dell’introduzione e del rispetto delle normative governative per l’uso dei social network.
La proposta della Cac arriva mentre è in atto una severa repressione normativa nei confronti dei giganti della tecnologia cinese.
Le ultime restrizioni avrebbero un impatto su aziende come Tencent, la più grande società cinese di giochi online, e ByteDance, che gestisce la popolare piattaforma di video brevi Douyin, la versione cinese di TikTok.
Due anni fa, le autorità di regolamentazione cinesi hanno vietato ai giocatori online di età inferiore ai 18 anni di usare i videogames nei giorni feriali, limitando il loro utilizzo a sole tre ore nei fine settimana. Per questo i colossi del tech cinese sono corsi ai ripari.
Douyin, la versione mandarina di TikTok, ha introdotto una “modalità per adolescenti” nel 2021 che limita a 40 minuti al giorno la quantità di tempo che i bambini di età inferiore ai 14 anni possono trascorrere sull’app. Kuaishou, un’altra popolare app di video, ha un’opzione simile.
Riflettiamo
Sono dell’idea che regolamentare va benissimo perché se ne sentono davvero troppe sui social riguardanti minorenni.
Ma il problema di fondo è un altro. I primi a proteggere i figli, a dare delle regole, ad educare ad un uso corretto dei telefoni sono i genitori.
Cellulari come i pad spesso usati, dai genitori appunto, come dei baby sitter…no, non funziona così.
A mio parere, dovrebbero esserci delle lezioni a scuola, anche per i più piccini, su come deve essere usata nel modo corretto la tecnologia e anche i rischi che si corrono se non si seguono queste regole.
Lezioni che, ovviamente, dovrebbero seguire anche i genitori…magari coi figli.
E voi, come la pensate?
Vi ricordo che se avete bisogno del mio aiuto potete contattarmi qui
E quando i genitori educano i bambini al suo coretto utilizzo.
Buongiorno amici:) Oggi riflettiamo sul quando uno smartphone salva la vita.
Il fatto
A Bolzano, un 58enne ha avuto un infarto mentre si trovava alla guida. In auto con lui c’era il figlio di 7 anni, che, quando ha visto il padre sentirsi male e accasciarsi sul volante, si è prontamente gettato sulle gambe dell’uomo, spostandone il piede dall’acceleratore.
Ha poi premuto il pedale del freno con la mano e, successivamente, tirato il freno a mano.
Dopo aver messo in sicurezza il veicolo, ha preso il telefono del papà e chiamato il 112. Il 58enne si è così salvato e ora sta meglio. Lo riporta il Corriere del Trentino.
Il bambino
Il fatto è accaduto il 15 agosto, poco dopo le 17. Durante la chiamata con il 112, il bambino è riuscito anche a comunicare la posizione esatta in cui trovare lui e il padre.
Ambulanza, auto medicalizzata e polizia municipale sono arrivate in pochi minuti; l’uomo è stato rianimato sul posto e poi trasportato all’ospedale San Maurizio di Bolzano. Ora è fuori pericolo.
I genitori
“Come faceva il bambino a sapere di dover comporre il 112 in queste situazioni? Gliel’ho spiegato diverse volte.
Spesso guardando dei film assieme. Vedevo le scene e sottolineavo gli atteggiamenti giusti in caso di emergenza.
Non voglio fare di mio figlio un eroe. Quello che conta di questa storia è l’atteggiamento che dobbiamo avere verso gli smartphone. Non dobbiamo descriverli come il male assoluto ai nostri figli ma spiegare loro che possono essere strumenti efficaci per molte azioni positive.
Anche salvare una vita, come testimonia quanto accaduto a Ferragosto.
Le reazioni incredule che hanno avuto i medici e gli agenti della polizia municipale mi hanno fatto capire che siamo di fronte a qualcosa di insolito ma non dovrebbe essere così”, ha commentato la madre del bambino.
Questo è l’esempio che non sempre dobbiamo demonizzare l’so di uno smartphone. Questo è l’esempio, inoltre, di come i genitori hanno educato un bambino al suo corretto utilizzo.
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Buongiorno amici. Oggi parliamo del perché e come chiedere scusa ai figli.
Fare il genitore è veramente un mestiere difficile, un lavoro a tempo pieno, carico di responsabilità, dove può capitare di sbagliare, di perdere la pazienza con i figli.
Genitori perfetti?no
Non esiste il genitore perfetto. Per una mamma e un papà, l’importante NON è “non sbagliare mai”, ma essere consapevoli di certe dinamiche e delle loro conseguenze, riconoscere i propri errori e riuscire a riparare con i figli, ponendosi come una guida per loro.
Se c’è una cosa che fa bene a un figlio, è trovarsi un adulto consapevole delle proprie vulnerabilità, capace di riconoscere un errore e di chiedere scusa.
Molti adulti, specialmente gli uomini, pensano che scusarsi con un figlio li faccia apparire automaticamente deboli e meno autorevoli ai suoi occhi.
Ma non è così: mostrare di avere capito dove abbiamo sbagliato, di non essere soddisfatti di come sono andate le cose è il modo migliore per far comprendere a un ragazzo che ha davanti una persona vera e consapevole, realista e moralmente integra.
Spesso, ciò che fa più soffrire nelle relazioni non è l’errore commesso, ma non ricostruire il legame dopo la rottura.
E chiedere scusa è il modo migliore per ricucire uno strappo.
Perché ?
Molti genitori magari non chiedono scusa per orgoglio, per paura di sottomettersi o di perdere il proprio ruolo.
In realtà, è un gesto che ha in sé un grande insegnamento educativo: per farlo bene, però, ci vuole consapevolezza perché non si tratta semplicemente di chiedere scusa a parole, ma riconoscere che si è sbagliato e cercare di correggere l’errore.
Perché è importante?
1. Si insegna ai figli che si può sbagliare, ma si può anche recuperare. I figli devono sapere che sbagliare è umano, che l’importante è rendersene conto e che si può porre rimedio per cercare almeno di attenuare le conseguenze negative: bisogna però ammetterlo, per agire meglio la volta successiva.
2. Si è un modello positivo per i figli. È importante dare il buon esempio ai figli e non c’è insegnamento migliore che la coerenza, quindi mettere in pratica ciò che si “predica”: se vogliamo che i figli imparino il rispetto, ad assumersi la responsabilità delle proprie azioni, il genitore deve dimostrarlo per primo attraverso il suo comportamento, più che con le parole.
3. Si favorisce un’educazione basata sul rispetto reciproco. Chiedere scusa ad un figlio significa riconoscerlo come persona che ha un valore e che merita rispetto, come lui dovrebbe dimostrare lo stesso nei confronti degli altri: non significa che, siccome sono piccoli, devono essere trattati diversamente.
Come chiedere scusa ad un figlio?
Se ci si rende conto di aver reagito in modo impulsivo, di non essere stati coerenti o di aver gestito male una situazione, è bene scusarsi con i figli, senza dilungarvi troppo con le parole, ma facendolo in modo autentico.
Le scuse devono nascere da un sentimento maturato dentro.
Per farlo in maniera adeguata, però, bisogna aver preso reale consapevolezza dei propri errori, assumendosi la responsabilità, altrimenti si rischia di farlo solo per scaricarsi la colpa.
Evitate quindi di dire “scusa ma ti comporti male e mi fai perdere la pazienza”; piuttosto andate dai figli quando vi siete calmati e riconoscete realmente di aver sbagliato.
Bisogna anche fare attenzione, però, a non abusare del termine “scusa” perché altrimenti perde di significato e di valore, diventa un’abitudine e si trasmette ai figli che può essere uno strumento per non assumersi le proprie responsabilità, continuando a commettere sempre lo stesso errore.
Non è tanto la parola “scusa” ad essere rilevante, quanto l’aver riflettuto sulla situazione, considerandola dal punto di vista di vostro figlio, riconoscere cosa sia successo e porvi rimedio, ripartendo con maggiore consapevolezza.
L’aspetto importante è riuscire a scusarsi sinceramente e “riparare” la relazione con i figli, dopo una difficoltà o un problema, ricostruendo con loro un clima di fiducia reciproca.
Buongiorno amici. Oggi parliamo di resilienza negli adolescenti.
parla con tua figlia/tuo figlio ogni volta che puoi, anche se sembra che non voglia parlare con te.
Un buon momento per parlare potrebbe essere quando siete in auto, oppure mentre svolgete insieme un’attività che le/gli consente di concentrarsi su qualcos’altro.
Rispondi onestamente alle domande, ma con rassicurazione. Chiedi la sua opinione su ciò che sta accadendo e ascolta le sue risposte.
Non sottovalutare i suoi sentimenti: potrebbe essere provocatoria/o solo per testare un’altra opinione.
Incoraggiala/o a evitare generalizzazioni e ad essere onesta/o riguardo ai suoi sentimenti con messaggi di speranza.
Potresti dire: “Anche io ho un po’ di paura, ma so che siamo preparati per qualunque cosa accada e so che ce la faremo”.
Tua figlia/tuo figlio è abbastanza grande per capire che potresti anche sentirti incerta/o o spaventata/o, ma non dovresti lasciare spazio a dubbi sul fatto che farai tutto il necessario per tenerla/o al sicuro.
Rendi la tua casa un luogo emotivamente sicuro
A scuola le provocazioni e il bullismo possono intensificarsi: la casa dovrebbe essere un rifugio.
Tua figlia/tuo figlio potrebbe preferire stare con gli amici piuttosto che passare del tempo con te, ma sii pronta/o a essere disponibile quando ne avrà bisogno.
Potresti prevedere di trascorrere del tempo in famiglia con gli amici di tua figlia/tuo figlio.
Incoraggiala/lo a fare “una pausa dalle notizie”
L’esposizione costante a immagini di guerra può aumentare l’ansia. I ragazzi potrebbero ricevere a scuola dei compiti che richiedono di guardare le notizie per poi confrontarsi a riguardo con gli insegnanti.
In questo caso, guardare un notiziario una volta va bene in ottica informativa, ma guardarlo ripetutamente aggiunge solo stress e non apporta nuove conoscenze.
Quando guardi il telegiornale, usalo come catalizzatore per la discussione con tua figlia/tuo figlio sui suoi sentimenti e le sue paure.
Renditi conto che lo stress della guerra può aumentare lo stress quotidiano
Gli adolescenti potrebbero già vivere momenti di alti e bassi a causa dei livelli ormonali tipici dell’età; l’incertezza in tempo di guerra può far sembrare questi cambiamenti ancora più estremi.
Sii comprensiva/o, ma ferma/o quando tua figlia/tuo figlio risponde allo stress con un comportamento rabbioso o indispettito.
Rassicurala/o dicendo che ti aspetti che faccia del suo meglio.
Traccia una routine e attieniti ad essa
La scuola offre ai ragazzi diverse opportunità di scelta e momenti di libertà. Può essere rassicurante, soprattutto in tempi incerti, sapere che la casa è una costante.
Ricorda che, anche se gli adolescenti possono apprezzare il cambiamento e l’azione, spesso desiderano che la casa rimanga invariata e potrebbero essere ancora meno in grado di gestire il cambiamento quando la situazione a livello internazionale è instabile.
Assicurati di prenderti cura di te stessa/te stesso
Prenderti cura di te ti aiuta ad avere più pazienza e creatività in un momento in cui tua figlia/ tuo figlio potrebbe metterti alla prova mentre negozia fra l’allontanarsi da te e il volersi sentire al sicuro.
Dì a tua figlia/tuo figlio che starà bene
Coinvolgi tua figlia/tuo figlio nella pianificazione della tua strategia per fronteggiare lo stress provocato da questa emergenza ed esamina cosa farebbe ogni membro della famiglia in diversi scenari.
Ad esempio, cosa farebbe tua figlia/ tuo figlio se ci fosse un’emergenza militare ed è a scuola, a casa o fuori con gli amici?
Pensare a soluzioni concrete potrebbe aiutare a tenere sotto controllo il senso di incertezza di questo periodo.
Osserva i segnali di paura e ansia che potrebbero non esprimersi a parole
I voti di tuo figlio sono improvvisamente peggiorati? È insolitamente imbronciato o chiuso?
Potrebbe sentire la pressione di ciò che sta accadendo nel mondo intorno a lui.
Se ha difficoltà a esprimere i suoi sentimenti a parole, incoraggialo a usare un diario per raccontare la sua paura o l’arte per disegnare le sue emozioni.
Chiedi il suo aiuto per un un compito o un’opinione su un’attività familiare
Coinvolgi tua figlia/tuo figlio nelle tue attività di volontariato o incoraggiala/o a fare volontariato da sola/o per qualcosa che ha un significato per lei/lui.
Assicurati che sappia in che modo le sue azioni contribuiscono al benessere dell’intera famiglia.
Sapendo di avere un ruolo da svolgere e di poter aiutare qualcuno meno fortunato, percepirà di avere più controllo personale e si sentirà più sicura/o di sé.
Metti le cose in una prospettiva positiva
Né tu né tua figlia/tuo figlio potreste aver subìto una guerra prima, ma dovresti dirle/dirgli che le guerre finiscono.
Fai notare le volte in cui ha affrontato e conquistato qualcosa che all’inizio potrebbe averlo spaventato, come una verifica a scuola o una competizione sportiva.
Fai notare che le cose importanti sono rimaste le stesse, anche mentre il mondo esterno sta cambiando.
Quando parli di brutti momenti, assicurati di parlare anche di quelli belli che ci saranno. Puoi suggerire tecniche di rilassamento o di ascoltare la musica per rilassarsi.
Buongiorno amici. Oggi parliamo de la noia nei bambini.
Perché la noia è importante per i bambini
La noia dovrebbe essere un diritto di ogni bambino e non un problema da risolvere.
Oggigiorno, invece, si fa di tutto per soffocarla e non affrontarla: la giornata dei bambini e dei ragazzi è scandita da ritmi e da attività così numerose e intense che non ci si annoia più, non si hanno nemmeno le energie vitali per annoiarsi.
E ciò è male, sia per la crescita psicofisica del fanciullo che per la vita dell’adulto in generale: viviamo nella fretta, nella non riflessione, nel rumore uditivo ed emotivo, nel superfluo e nella distrazione.
E la soluzione a tutto ciò potrebbe derivare semplicemente dalla possibilità di vivere la noia.
La noia, infatti, permette al fanciullo di fare introspezione, di pensare e riflettere, di vivere il silenzio e l’inattività e di agire di conseguenza per creare qualcosa in grado di superare la noia stessa.
Ma deve essere lui stesso, il bambino o il ragazzo, ad attivarsi in prima persona per trovare una soluzione e non noi adulti a farlo al posto suo mediante innumerevoli attività per cercare di prevenire questo stato di quiete.
Quando un bambino esprime la sua noia è un bene (vuol dire che ha il tempo per potersi annoiare!) e l’adulto deve semplicemente prenderne atto e accompagnarlo con amore e pazienza ad allenare la creatività o semplicemente a godersi la quiete di quel momento. Fermarsi fa bene a noi ma anche e soprattutto a loro!
Perché la noia spaventa tanto gli adulti?
La noia crea un vuoto da riempire o da contemplare e questo ci spaventa.
In realtà è un’opportunità per guardarsi dentro, per riprendere fiato, per fermarsi e ricaricarsi.
Ma all’adulto spaventa questa pausa da tutto perché è abituato a mettere in pratica attività seriali organizzate e il vuoto della noia lo immobilizza.
Non siamo soliti rimanere in silenzio, non fare e pensare a nulla, vivere il momento presente senza fini.
Invece di vivere la noia per quello che è – un momento necessario di quiete fisica ed emotiva che precede un momento di attività – la viviamo come un pericolo da superare o, meglio, da prevenire.
Siamo convinti che se ci annoiamo perdiamo tempo e così anche i bambini: in realtà i fanciulli hanno bisogno di sperimentare questo stato di libertà che noi concediamo loro per poter decidere cosa fare e come impiegare energie, pensieri e movimenti.
Come attraverso il gioco maturano e crescono, mediante la noia si attivano in prima persona e diventano più autonomi, sperimentando la libertà e la responsabilità!
Cosa fare per vivere la noia come un’opportunità di crescita?
La prima cosa da fare, in prima persona come adulti, è di cercare dei momenti durante la settimana per non fare assolutamente nulla, senza sensi di colpa o timori vari. E provare a vivere questi momenti facendosi trasportare da essi con la curiosità e l’entusiasmo di vedere dove ci portano.
In secondo luogo, dopo aver imparato ad apprezzare la noia, provate a farla vivere ai vostri figli: non programmate loro ogni ora della giornata, lasciate loro del tempo libero per sperimentare, per riflettere, per riposare mente e corpo. Durante l’anno scolastico ma soprattutto durante il lungo periodo estivo non abbiate paura che i vostri figli si annoino o che perdano tempo senza attività strutturate: potranno finalmente sperimentare un tempo e uno spazio libero, si dedicheranno a ciò che più li rende sereni, comprenderanno cosa piace e cosa no, si riposeranno davvero, s’inventeranno attività e giochi… la loro noia riuscirà a stupirvi perché li condurrà in sentieri che non avranno mai avuto l’occasione di imboccare e sperimentare!
È grazie a questo senso di vuoto, infatti, che il bambino si mette alla ricerca, che allena la creatività.