Buongiorno amici. Oggi parliamo di im…possible…ovvero, lotta sempre per ciò in cui credi
Se hai davvero un sogno a cui credi, un obiettivo che vuoi davvero raggiungere niente è nessuno potrà mai fermarti.
Può darsi che quell’ obiettivo va contro le aspettative di tutti. Ma non importa. È il TUO obiettivo e devi metterci tutto te stesso per poterlo realizzare.
Difficoltà-im…possible
Non i dico che tutto sarà facile ma che, al contrario, ci saranno mille ostacoli da superare e, purtroppo, mille persone che cercheranno di fermarti.
Ci sarà di sicuro chi cercherà di screditarti, di farts entire inferiore (ma a chi poi?); chi remerà contro i tuoi ideali.
Ma la colpa sarà tua…
Il problema-im…possible
E adesso tu mi dirai “ma come Terry colpa mia??”…
Sì, perché se qualcuno ti fa credere di non essere in grado di arrivare alla meta, se qualcuno ti farà sentire incapace e inferiore la colpa sarà tua erché sarai tu a permettergli di farlo.
E allora cosa fare?
Andare dritto per la tua strada. Nessuno nella vita è arrivato…e nessuno è superiore a qualcun altro.
Se hai chiaro il tuo obiettivo, lotta con tutto te stesso per raggiungerlo, credi in te, nelle tue capacità perché tutti abbiamo talenti diversi.
Dovrai lottare contro chi non avrà le tue stesse idee ma non fermarti e , alla fine del percorso, dimostrerai anche a loro che si erano sbagliati e allora sì, sarai la persona più felice del mondo, orgogliosa di te.
E se da solo non riesci e vuoi il mio aiuto contattami nella sezione contatti e consulenze del sito
Come capire se si sono avvicinati alle droghe, come ascoltarli, come aiutarli.
Buongiorno amici. Oggi parliamo insieme di adolescenti e droga.
Qui di seguito vi ho linkato a diretta fatta su instagram, giusto questa settimana, sul tema.
Molti i partecipanti, molti interessati all’ argomento ed è questo lo scopo delle dirette, cui invito tutti a partecipare il giovedì.
Perché…-adolescenti e droga
Perché gli argomenti trattati toccano la maggior parte di voi..perché, molte volte, siete proprio voi a chiedermi di trattare determinati argomenti per capire cosa fare in certe situazioni.
Il tema della droga, purtroppo, è caro a molti genitori che cercano di capire se il figlio è si è davvero avvicinato a questo mondo come parlare con loro e come aiutarli al meglio.
Cosa vivono i ragazzi che decidono di togliersi la vita
Buongiorno amici. Oggi parliamo di cyberbullismo e suicidio adolescenziale.
Una delle paure più grandi di un genitore è quella di arrivare “dopo”, di non giungere in tempo, di non riuscire a comprendere il dolore, la sofferenza, il disagio interiore di un figlio.
Non è così immediato per un genitore vedere il malessere di un adolescente perché purtroppo, non sono sempre così evidenti e manifesti.
Tante volte i ragazzi esprimono ciò che hanno dentro in maniera indiretta attraverso specifici comportamenti, parole, sguardo e soprattutto i “non detti”.
Il problema legato al fenomeno delle prevaricazioni dirette, come quelle fisiche e verbali, e indirette, è che ormai sono sempre più presenti già a partire dalla tenera età e si manifestano soprattutto attraverso l’uso di quel dispositivo che la maggior parte di persone tiene costantemente in mano: lo smartphone.
Commenti
Leggo spesso commenti impulsivi soprattutto sotto le notizie di cyberbullismo in cui si dà la colpa alla tecnologia. Il fenomeno del bullismo e del cyberbullismo è molto complesso.
Sono coinvolte più persone e sono presenti delle dinamiche personali, relazionali, sociali, individuali, familiari da tenere in considerazione. Per questa ragione non è facile sradicarlo.
Purtroppo, ci si ferma a riflettere sulla gravità di questi comportamenti prettamente davanti alle tragedie, quando si legge della morte di un ragazzo che decide volontariamente di togliersi la vita.
È importante affrontare il problema della violenza giovanile tutti i giorni perché quotidianamente migliaia di ragazzi vivono incastrati nella morsa delle prevaricazioni e delle prepotenze online.
Cosa scatta nella testa di chi subisce queste forme di violenza?
Coloro che subiscono queste forme di prepotenza si sentono intrappolati. La trappola è quell’oggetto che blocca nei movimenti, nell’espressione di se stessi, non ci si sente più liberi, ma incatenati, legati a quella condizione che giorno dopo giorno diventa sempre più stretta e soffocante.
Diventa il problema principale della propria vita, quella condizione inaccettabile, ingiusta e ingiustificata.
Quello che fa più male è che non capisci il perché di questi comportamenti, non riesci a fartene una ragione, non te ne capaciti, non comprendi come sia possibile che non vedano che sei una persona come loro, anche se non la pensi e non ti comporti come loro.
Rischi di arrivare a pensare di essere tu quello sbagliato.
La psiche- cyberbullismo e suicido adolescenziale
A livello psicologico pesa tantissimo non sapere quando arriveranno le prepotenze e che entità avrà il problema.
Sai che arriveranno, ma non sai quando e come. Questo stato genera profondo stress psicofisico. Attiva quella condizione di impotenza appresa che fa ammalare il corpo e la mente.
Per comprendere pienamente cosa vive e cosa pensa chi è preso di mira, immaginiamo un cielo cupo scuro, sempre coperto, dove giorno dopo giorno c’è sempre meno spazio per il sole, per il sereno, per i momenti di luce. Questo è lo stato di fondo di tanti ragazzi.
Cosa succede? cyberbullismo e suicidio adolescenziale
E poi cosa succede? Arriva il tuono, arriva quel frastuono che ogni volta fa sussultare anche quando si è consapevoli che arriverà.
Il nostro cervello, anche se si aspetta qualcosa di negativo, è solo più pronto, anche se in realtà non è mai davvero pronto. È solo più in allarme e quindi ha un livello di attenzione più alto.
Ogni volta che arriva il tuono delle parole e il fulmine delle prese in giro, c’è una reazione di allarme, anche fisica perché c’è il rilascio dell’adrenalina e di ormoni dello stress nel cervello.
È il significato che si attribuisce alle cose, persone, situazioni che attiva specifiche reazioni psico-fisiche e chimiche.
La reazione di allarme ha un suo tempo di estinzione: la paura non passa immediatamente e si riattiva tutte le volte che si rivivono quelle immagini e si sentono quelle parole, anche solo a livello immaginario.
Pensate di vivere costantemente in questa condizione.
Cammini e non sai quando arriverà quel tuono, quando e dove cadrà quel fulmine, se ci sarà una tempesta più forte o un uragano. Il cervello di un ragazzo deve già affrontare tanti cambiamenti legati alla crescita e ai problemi legati al quotidiano e in più, si ritrova a dover vivere e gestire tutta questa turbolenza emotiva.
Rischi cyberbullismo e suicidio adolescenziale
Questa condizione rischia di spegnerli e questo non lo possiamo permettere, perché hanno bisogno degli adulti, hanno bisogno della rete di supporto e di sostegno. Da soli diventa troppo duro.
Tutti questi ragazzi sarebbero caricati di un peso ancora più grande, di un altro peso che non è giusto che debbano sopportare da soli.
Questa è anche una delle ragioni per le quali è difficile accorgersi di ciò che accade a un figlio se non parla esplicitamente dentro casa o a scuola.
È una morsa che si stringe piano piano, giorno dopo giorno, ed è per questo che quando si hanno dei dubbi, delle perplessità, è importante confrontarsi con degli specialisti, anche solo per fare delle domande, per capire le motivazioni che spingono i ragazzi a chiudersi in se stessi, a farsi del male mettendo in atto comportamenti autolesivi, fino ad arrivare al suicidio.
Come capirli
Sono ragazzi che spesso hanno perso la fiducia, che non vedono una via d’uscita e tutti noi adulti, qualunque ruolo si ricopra, dobbiamo essere lì in maniera pertinente, efficace e supportiva.
Dobbiamo guardare i loro occhi e leggere la situazione con il filtro di un cervello adolescente che vede i problemi in maniera diversa da noi adulti.
Noi siamo andati oltre quella fase e abbiamo imparato a gestire tante condizioni. Loro, invece, hanno bisogno di credere che ci sia chi è in grado di risolvere la loro situazione.
Devono fidarsi delle istituzioni e degli adulti. Spesso hanno paura di denunciare, per il timore di affrontare gli esiti negativi.
Tante volte si interviene in maniera inefficace e chi subisce queste forme di violenza ha addirittura paura che possa peggiorare la loro condizione.
Nelle azioni di contrasto al bullismo tecnologico è importantissimo lavorare su scuola e famiglia e anche su tutta la rete che circonda i ragazzi vittime di bullismo, soprattutto gli amici e i conoscenti, per indurli a parlare, a confrontarsi con gli adulti, capendo che non significa fare la spia, ma aiutare i loro amici e quindi creare quella fondamentale rete di solidarietà e supporto.
Solo così le vittime di bullismo potranno sentire di non essere sole, capire che non sono loro sbagliate, ricostruendo nella loro mente una fiducia nel mondo e nelle persone che gli stanno vicine.
Io spero che parlare di cyberbullismo e suicidio adolescenziale vi abbia fatto riflettere.
E se avete bisogno del mio aiuto contattatemi nella sezione contatti e consulenze del sito
Raggiungi l’obiettivo partendo dai micro obiettivi quotidiani
Buongiorno amici. Oggi vediamo il perché, spesso, diciamo “non ce la faccio” davanti un obiettivo che ci siamo prefissati.
A che punto della scala siete voi?
Tutti, davanti un nuovo inizio, una nuova prova, un obiettivo che ci sta a cuore siamo incerti, a volte anche spaventati.
Perché ci fermiamo ai primi gradini?
Per scarsa autostima, per le troppe aspettative che gli altri hanno di noi, per paura di un improvviso ostacolo.
Gli sbagli
L’autostima. In primis gioca questo fattore e qui, se si parla di ragazzi, deve giocare un ruolo fondamentale il genitore.
I genitori, ovviamente, di errori né fanno perché, insieme ai ragazzi, crescono loro.
Ma il macro errore che fanno è caricarli di aspettative, le Loro.. Non quelle dei ragazzi.
Cosa fare? Portarli ad avere coraggio, a insegnare loro a mettercela tutta per raggiungere l’obiettivo che loro si sono prefissati. E puntare sulle loro potenzialità che possono essere diverse da quello che vi aspettavate ma sono le Loro.
E, poi, lasciate che facciano errori senza rimproverarli. Gli errori insegnano, fanno crescere.
La scala
Ma pensate a come vi sentireste se non provaste a farlo… Se, per una semplice perplessità, paura (che a volte ci inculcano gli altri) vi fernaste. Come vi sentireste?
Frustrati, Insoddisfatti, vivreste pensando “chissà come sarebbe stato se….”. E voi volete questo? Penso proprio di no.
E allora non lasciatevi fermare da nulla. Ci saranno difficoltà, vero, ma quello che vi farà andare avanti a testa alta è la vostra volontà, il vostro obiettivo in fondo alla scala.
E allora sbagliate, tutte le volte che volete, ma rialzatevi e continuate perché il panorama da lassù è stupendo 🙂
Mai dire non ce la faccio.
E se avete bisogno del mio aiuto contattatemi tramite la sezione “contatti e consulenze” del sito
Buongiorno amici. Oggi parliamo degli adolescenti ribelli e del perché, in fondo, essere ribelli è positivo.
Molti genitori potrebbero storcere il naso, eppure essere un adolescente ribelle è positivo. In termini di indipendenza emotiva, la ribellione è una parte fondamentale del percorso di costruzione della personalità.
L’adolescenza è una fase vitale ricca di cambiamenti fisici, ormonali e sociali. Dura approssimativamente dai 10 ai 19 anni. È l’abbandono dell’infanzia per iniziare una fase più vicina all’età adulta.
Adolescente ribelle, perché?
La stragrande maggioranza degli adolescenti è ribelle, sebbene ognuno a modo proprio. In linea di massima possiamo affermare che i primi dissapori tra genitori e figli emergono proprio durante l’adolescenza.
Durante l’infanzia, di fatto, i figli raramente mettono in discussione i propri genitori: possono protestare se i loro desideri non vengono realizzati, ma non dubitano del loro ruolo; sono i loro modelli, i loro punti di riferimento.
Grazie a loro, imparano come si fanno molte cose, come dovrebbero comportarsi nella sfera sociale e cosa è giusto e cosa è sbagliato. Ma ecco che una volta raggiunta l’adolescenza, inizia la famosa indipendenza emotiva, fondamentale per la vita adulta.
Per quanto possa sembrare impegnativo, si tratta di un passo fondamentale nella costruzione della personalità e della vita interiore del giovane. Ricevere un “no” come risposta può essere vissuto come provocatorio e segno di ribellione, perché in un certo senso lo è.
Che significato ha la ribellione?
La ribellione adolescenziale è conseguenza della costruzione della propria identità. Tutto appreso e accettato durante l’infanzia è ora messo in discussione. Da bambini si ha una libertà di scelta alquanto ristretta.
La ribellione adolescenziale è una realtà, almeno nella nostra cultura, e in molti casi un bisogno. Il giovane deve iniziare a uscire dai sentieri battuti per trovare la propria strada. In questo momento, i genitori devono affrontare una missione complicata: crescere insieme ai figli.
Ultimo aggiornamento: 06 ottobre, 2022
Molti genitori potrebbero storcere il naso, eppure essere un adolescente ribelle è positivo. In termini di indipendenza emotiva, la ribellione è una parte fondamentale del percorso di costruzione della personalità.
L’adolescenza è una fase vitale ricca di cambiamenti fisici, ormonali e sociali. Dura approssimativamente dai 10 ai 19 anni. È l’abbandono dell’infanzia per iniziare una fase più vicina all’età adulta.
Questo passaggio tra infanzia ed età adulta può creare grande confusione nell’adolescente che lotta per capire chi è.
Quali cambiamenti possiamo vedere nell’adolescente?
Durante l’adolescenza, i cambiamenti più evidenti sono fisici, come l’altezza, la crescita dei peli del corpo, tono di voce diverso, l’odore del corpo cambia e si assiste a un generale sviluppo fisico.
A ciò si aggiunge che la cerchia di amici diventa un elemento fondamentale, che porta a trascurare la famiglia; questo aspetto può causare tensioni nelle dinamiche familiari.
Meno visibili, ma certamente evidenti, i cambiamenti interiori. Nello specifico questi riguardano la costruzione dell’identità e della personalità.
L’adolescenza è una fase di cambiamenti, compresi quelli legati alla costruzione dell’identità e della personalità.
Adolescente ribelle, perché?
La stragrande maggioranza degli adolescenti è ribelle, sebbene ognuno a modo proprio. In linea di massima possiamo affermare che i primi dissapori tra genitori e figli emergono proprio durante l’adolescenza.
Durante l’infanzia, di fatto, i figli raramente mettono in discussione i propri genitori: possono protestare se i loro desideri non vengono realizzati, ma non dubitano del loro ruolo; sono i loro modelli, i loro punti di riferimento.
Grazie a loro, imparano come si fanno molte cose, come dovrebbero comportarsi nella sfera sociale e cosa è giusto e cosa è sbagliato. Ma ecco che una volta raggiunta l’adolescenza, inizia la famosa indipendenza emotiva, fondamentale per la vita adulta.
L’adolescenza è il trampolino di lancio. Ecco, dunque, che i genitori possono opporsi di fronte a questa nuova sfaccettatura dei loro figli, con cui non sempre saranno d’accordo. Gli adolescenti iniziano a esprimere desideri, preoccupazioni e, soprattutto, a dire di “no” ai genitori.
Per quanto possa sembrare impegnativo, si tratta di un passo fondamentale nella costruzione della personalità e della vita interiore del giovane. Ricevere un “no” come risposta può essere vissuto come provocatorio e segno di ribellione, perché in un certo senso lo è.
Va notato che i genitori devono mantenere alcune regole, ma al tempo stesso essere flessibili in questa fase.
Che significato ha la ribellione?
La ribellione adolescenziale è conseguenza della costruzione della propria identità. Tutto appreso e accettato durante l’infanzia è ora messo in discussione. Da bambini si ha una libertà di scelta alquanto ristretta.
Se ciò viene mantenuto anche durante l’adolescenza, i genitori si scontreranno probabilmente con figli infastiditi, provocatori e che fanno l’opposto. È il loro di uscire dai sentieri battuti, di provare, di sperimentare.
Per la prima volta, pensano al di là di quello che viene suggerito loro per dare la priorità alle loro sensazioni. Ciò riguarda diversi ambiti come i vestiti, la musica, il cibo: capiscono che possono trovare opzioni che sostituiscono quello che non amano e che forniscono più soddisfazione.
L’adolescente ribelle, tuttavia, non ha in nessun caso smesso di amare i suoi genitori, ma piuttosto si fa strada nel mondo insieme a loro, ma essendo se stesso.
Non tutti gli adolescenti si ribellano allo stesso modo né tutti lo fanno. Ma per quale motivo l’adolescente non si ribella?
La ribellione adolescenziale è una realtà, almeno nella nostra cultura, e in molti casi un bisogno. Il giovane deve iniziare a uscire dai sentieri battuti per trovare la propria strada. In questo momento, i genitori devono affrontare una missione complicata: crescere insieme ai figli.
Ultimo aggiornamento: 06 ottobre, 2022
Molti genitori potrebbero storcere il naso, eppure essere un adolescente ribelle è positivo. In termini di indipendenza emotiva, la ribellione è una parte fondamentale del percorso di costruzione della personalità.
L’adolescenza è una fase vitale ricca di cambiamenti fisici, ormonali e sociali. Dura approssimativamente dai 10 ai 19 anni. È l’abbandono dell’infanzia per iniziare una fase più vicina all’età adulta.
Questo passaggio tra infanzia ed età adulta può creare grande confusione nell’adolescente che lotta per capire chi è.
Quali cambiamenti possiamo vedere nell’adolescente?
Durante l’adolescenza, i cambiamenti più evidenti sono fisici, come l’altezza, la crescita dei peli del corpo, tono di voce diverso, l’odore del corpo cambia e si assiste a un generale sviluppo fisico.
A ciò si aggiunge che la cerchia di amici diventa un elemento fondamentale, che porta a trascurare la famiglia; questo aspetto può causare tensioni nelle dinamiche familiari.
Meno visibili, ma certamente evidenti, i cambiamenti interiori. Nello specifico questi riguardano la costruzione dell’identità e della personalità.
L’adolescenza è una fase di cambiamenti, compresi quelli legati alla costruzione dell’identità e della personalità.
Adolescente ribelle, perché?
La stragrande maggioranza degli adolescenti è ribelle, sebbene ognuno a modo proprio. In linea di massima possiamo affermare che i primi dissapori tra genitori e figli emergono proprio durante l’adolescenza.
Durante l’infanzia, di fatto, i figli raramente mettono in discussione i propri genitori: possono protestare se i loro desideri non vengono realizzati, ma non dubitano del loro ruolo; sono i loro modelli, i loro punti di riferimento.
Grazie a loro, imparano come si fanno molte cose, come dovrebbero comportarsi nella sfera sociale e cosa è giusto e cosa è sbagliato. Ma ecco che una volta raggiunta l’adolescenza, inizia la famosa indipendenza emotiva, fondamentale per la vita adulta.
L’adolescenza è il trampolino di lancio. Ecco, dunque, che i genitori possono opporsi di fronte a questa nuova sfaccettatura dei loro figli, con cui non sempre saranno d’accordo. Gli adolescenti iniziano a esprimere desideri, preoccupazioni e, soprattutto, a dire di “no” ai genitori.
Per quanto possa sembrare impegnativo, si tratta di un passo fondamentale nella costruzione della personalità e della vita interiore del giovane. Ricevere un “no” come risposta può essere vissuto come provocatorio e segno di ribellione, perché in un certo senso lo è.
Va notato che i genitori devono mantenere alcune regole, ma al tempo stesso essere flessibili in questa fase.
Che significato ha la ribellione?
La ribellione adolescenziale è conseguenza della costruzione della propria identità. Tutto appreso e accettato durante l’infanzia è ora messo in discussione. Da bambini si ha una libertà di scelta alquanto ristretta.
Se ciò viene mantenuto anche durante l’adolescenza, i genitori si scontreranno probabilmente con figli infastiditi, provocatori e che fanno l’opposto. È il loro di uscire dai sentieri battuti, di provare, di sperimentare.
Per la prima volta, pensano al di là di quello che viene suggerito loro per dare la priorità alle loro sensazioni. Ciò riguarda diversi ambiti come i vestiti, la musica, il cibo: capiscono che possono trovare opzioni che sostituiscono quello che non amano e che forniscono più soddisfazione.
L’adolescente ribelle, tuttavia, non ha in nessun caso smesso di amare i suoi genitori, ma piuttosto si fa strada nel mondo insieme a loro, ma essendo se stesso.
“In questa fase della vita qualcosa deve morire per dare origine a qualcosa di nuovo. Si affronta un lutto per abbandonare la persona che si era per i propri genitori”.
-Garcia, 2019-
Quando preoccuparsi?
È importante tenere a mente che ci sono manifestazioni più delicate che non hanno nulla a che fare con l’indipendenza emotiva.
La ricostruzione soggettiva può essere accompagnata dalla ribellione, ma alcuni adolescenti assumono condotte violente e autodistruttive che dovrebbero essere comprese e affrontate diversamente (Bayo-Borras, 1997).
Non tutti gli adolescenti si ribellano allo stesso modo né tutti lo fanno. Ma per quale motivo l’adolescente non si ribella?
L’adolescente continua ad attenersi a ciò che dicono i suoi genitori, senza interrogarsi o senza esprimere la propria opinione, potremmo avere qualche difficoltà a costruire la propria identità e ad allontanarsi dallo scenario infantile.
In questi casi, i genitori devono favorire spazi affinché il giovane possa scoprire i suoi interessi. Sebbene possa essere più facile non litigare mai con i figli, uno sviluppo incompleto dell’identità avrà conseguenze sullo sviluppo e l’indipendenza emotiva.
Come gestire l’adolescente ribelle senza ostacolarne la crescita
La ribellione adolescenziale è una realtà, almeno nella nostra cultura, e in molti casi un bisogno. Il giovane deve iniziare a uscire dai sentieri battuti per trovare la propria strada. In questo momento, i genitori devono affrontare una missione complicata: crescere insieme ai figli.
Ultimo aggiornamento: 06 ottobre, 2022
Molti genitori potrebbero storcere il naso, eppure essere un adolescente ribelle è positivo. In termini di indipendenza emotiva, la ribellione è una parte fondamentale del percorso di costruzione della personalità.
L’adolescenza è una fase vitale ricca di cambiamenti fisici, ormonali e sociali. Dura approssimativamente dai 10 ai 19 anni. È l’abbandono dell’infanzia per iniziare una fase più vicina all’età adulta.
Questo passaggio tra infanzia ed età adulta può creare grande confusione nell’adolescente che lotta per capire chi è.
Quali cambiamenti possiamo vedere nell’adolescente?
Durante l’adolescenza, i cambiamenti più evidenti sono fisici, come l’altezza, la crescita dei peli del corpo, tono di voce diverso, l’odore del corpo cambia e si assiste a un generale sviluppo fisico.
A ciò si aggiunge che la cerchia di amici diventa un elemento fondamentale, che porta a trascurare la famiglia; questo aspetto può causare tensioni nelle dinamiche familiari.
Meno visibili, ma certamente evidenti, i cambiamenti interiori. Nello specifico questi riguardano la costruzione dell’identità e della personalità.
L’adolescenza è una fase di cambiamenti, compresi quelli legati alla costruzione dell’identità e della personalità.
Adolescente ribelle, perché?
La stragrande maggioranza degli adolescenti è ribelle, sebbene ognuno a modo proprio. In linea di massima possiamo affermare che i primi dissapori tra genitori e figli emergono proprio durante l’adolescenza.
Durante l’infanzia, di fatto, i figli raramente mettono in discussione i propri genitori: possono protestare se i loro desideri non vengono realizzati, ma non dubitano del loro ruolo; sono i loro modelli, i loro punti di riferimento.
Grazie a loro, imparano come si fanno molte cose, come dovrebbero comportarsi nella sfera sociale e cosa è giusto e cosa è sbagliato. Ma ecco che una volta raggiunta l’adolescenza, inizia la famosa indipendenza emotiva, fondamentale per la vita adulta.
L’adolescenza è il trampolino di lancio. Ecco, dunque, che i genitori possono opporsi di fronte a questa nuova sfaccettatura dei loro figli, con cui non sempre saranno d’accordo. Gli adolescenti iniziano a esprimere desideri, preoccupazioni e, soprattutto, a dire di “no” ai genitori.
Per quanto possa sembrare impegnativo, si tratta di un passo fondamentale nella costruzione della personalità e della vita interiore del giovane. Ricevere un “no” come risposta può essere vissuto come provocatorio e segno di ribellione, perché in un certo senso lo è.
Va notato che i genitori devono mantenere alcune regole, ma al tempo stesso essere flessibili in questa fase.
Che significato ha la ribellione?
La ribellione adolescenziale è conseguenza della costruzione della propria identità. Tutto appreso e accettato durante l’infanzia è ora messo in discussione. Da bambini si ha una libertà di scelta alquanto ristretta.
Se ciò viene mantenuto anche durante l’adolescenza, i genitori si scontreranno probabilmente con figli infastiditi, provocatori e che fanno l’opposto. È il loro di uscire dai sentieri battuti, di provare, di sperimentare.
Per la prima volta, pensano al di là di quello che viene suggerito loro per dare la priorità alle loro sensazioni. Ciò riguarda diversi ambiti come i vestiti, la musica, il cibo: capiscono che possono trovare opzioni che sostituiscono quello che non amano e che forniscono più soddisfazione.
L’adolescente ribelle, tuttavia, non ha in nessun caso smesso di amare i suoi genitori, ma piuttosto si fa strada nel mondo insieme a loro, ma essendo se stesso.
“In questa fase della vita qualcosa deve morire per dare origine a qualcosa di nuovo. Si affronta un lutto per abbandonare la persona che si era per i propri genitori”.
-Garcia, 2019-
Quando preoccuparsi?
È importante tenere a mente che ci sono manifestazioni più delicate che non hanno nulla a che fare con l’indipendenza emotiva.
La ricostruzione soggettiva può essere accompagnata dalla ribellione, ma alcuni adolescenti assumono condotte violente e autodistruttive che dovrebbero essere comprese e affrontate diversamente (Bayo-Borras, 1997).
Non tutti gli adolescenti si ribellano allo stesso modo né tutti lo fanno. Ma per quale motivo l’adolescente non si ribella?
L’adolescente continua ad attenersi a ciò che dicono i suoi genitori, senza interrogarsi o senza esprimere la propria opinione, potremmo avere qualche difficoltà a costruire la propria identità e ad allontanarsi dallo scenario infantile.
In questi casi, i genitori devono favorire spazi affinché il giovane possa scoprire i suoi interessi. Sebbene possa essere più facile non litigare mai con i figli, uno sviluppo incompleto dell’identità avrà conseguenze sullo sviluppo e l’indipendenza emotiva.
L’indipendenza emotiva può generare nell’adolescente paure, dubbi e insicurezze.
Come gestire l’adolescente ribelle senza ostacolarne la crescita
Sebbene ogni adolescente sia diversi, le seguenti linee guida possono aiutare i genitori a non ostacolare l’indipendenza dei propri figli:
Lavoro di terapia personale. Vedere i figli abbandonare l’infanzia fa male, può essere molto doloroso rendersi conto di non essere più le loro uniche figure di riferimento. Lavorare su queste emozioni si rivela estremamente utile.
Confrontarsi con altri genitori per condividere esperienze e consigli.
Essere flessibili e tolleranti. Tollerare una risposta negativa e accettare i desideri dei figli, completamente diversi dai desideri personali.
Essere empatici ricordando la propria esperienza adolescenziale. Pur trattandosi di persone e tempi molto diversi, sicuramente potrebbero esserci degli elementi in comune.
Parlare molto con gli adolescenti per cercare di capire davvero i loro desideri.
Vi ricordo che se avete bisogno di me potete contattarmi nella sezione contatti e consulenze del sito
Io spero di aver fatto un po’ di chiarezza sugli adolescenti ribelli.
Buongiorno amici. Oggi riflettiamo sull’argomento figli che non parlano con i genitori.
Quante volte i genitori spesso sono gli ultimi a sapere le cose e a non essere informati di ciò che accade ai figli direttamente da loro.
Spesso e volentieri i ragazzi parlano con gli adulti solo quando c’è una necessità estrema o quando il problema è venuto a galla per cui non possono più nasconderlo.
In questo caso scatta quasi automaticamente il: “perché non me lo hai detto prima???”, seguito da tutte le accuse del caso, fino al “mi devi dire tutto quello che succede!“.
Perché non parlano con gli adulti, cosa scatta nella loro testa?
Se i figli non lo fanno ci sarà forse un perché e bisogna capire cosa li spinge a tenersi tutto dentro a parte il fatto che sono adolescenti,.
Vogliono la loro autonomia e spazi, fanno cose che non devono fare, mettono in discussione regole e adulti e segnano una linea di confine tra i due mondi molto ben marcata con tanto di bandiera con la scritta “tanto voi non mi capite”.
1. DEFINIRE LE PRIORITÀ, NON SERVE SAPERE TUTTO MA LE COSE IMPORTANTI
Innanzitutto, non c’è sempre bisogno di dire proprio tutto quello che succede nella loro vita, uno spazio personale e privato, un figlio lo deve sempre avere.
Bisogna fargli arrivare il messaggio che devono essere comunicate le cose importanti e fargli capire cosa secondo voi è prioritario e cosa no.
A loro non deve arrivare il messaggio che dovete sapere perché vi fa stare più tranquilli e perché potete controllare tutto.
A loro dà molto fastidio essere OBBLIGATI a raccontarvi le cose o il capire che vi intromettete di forza per placare la vostra ansia e non perché siete interessati totalmente a loro e alla loro emotività.
E’ una delle lamentele che fanno maggiormente in terapia rivolte ai genitori “me lo chiede perché così sta tranquilla, non perché le importa veramente di me“.
2. NO A DITA PUNTATE E A “TE L’AVEVO DETTO!”
Quello che temono i figli e che odiano, soprattutto quando sono adolescenti, è il famoso “te l’avevo detto“.
Lo sanno di aver sbagliato, sanno che glielo avevate detto e che glielo fate pesare per cui, per evitare che non vi dicano le cose e saltino la fase “ti racconto cosa accade nella mia vita”, mettete da parte il “te l’avevo detto”.
Cercate di andare al sodo, al nucleo del problema e aiutateli a risolverlo, perché quando si delega la risoluzione ad un genitore significa che non sono stati in grado di risolverlo da soli e che hanno bisogno di un aiuto concreto.
Questo confronto, soprattutto quando sono in torto, gli costa tanta fatica emotiva, per cui apprezzate e dategli una mano effettiva, spiegando loro l’importanza di parlare prima che accadano le cose, per trovare una soluzione precoce ed evitare inutili stress e tensioni che li fanno vivere male.
Evitate quindi il “me lo dovevi dire prima“, “adesso come facciamo” e lamentele varie legate al fatto che dovevano parlare prima.
Non lo hanno fatto, per cui si deve andare avanti, facendogli capire senza ulteriori pesi emotivi l’importanza di farlo prima e che il genitore è lì per aiutarli e non per mettergli il bastone tra le ruote.
3. ATTENZIONE ALLE REAZIONI. RABBIA E PUNIZIONI PORTANO AL SILENZIO DEI FIGLI
Non parlano se sanno che dall’altra parte verranno puniti o che il genitore si arrabbierà e gli toglierà o sequestrerà qualcosa a loro utile e caro
.A volte gli pesa veramente tanto il fatto di deludere il genitore, soprattutto se non sono i figli modello e ne combinano una dietro l’altra, e se hanno un confronto in casa con altri fratelli o sorelle molto bravi e diligenti.
Può sembrare che non gli importi niente ma, anche se non lo fanno vedere, si rendono conto, soffrono della situazione che creano in casa e non daranno mai la soddisfazione al genitore di dargliela vinta.
L’orgoglio adolescenziale per loro è veramente un grande limite.
4. NO ALLA SVALUTAZIONE DEI LORO PROBLEMI E DELLE LORO REAZIONI
Hanno timore di non essere compresi e che il genitore svaluti
il problema attribuendolo ad una fase transitoria, ad un problema tipico tra ragazzi o della fase adolescenziale.
Mettetevi nei loro panni, leggete il mondo con i loro occhi perché ciò che è importante per voi, magari non lo è per loro, e viceversa.
Se si sentono svalutati in ciò che sono e che fanno non parleranno e terranno tutto dentro.
Non vanno attaccati e criticati per ciò che fanno, per come parlano, per come si pettinano, per come si vestono, perché guardano determinate cose e perché ascoltano determinata musica, “come fai a guardare quelle cose“, “come fanno a piacerti ecc”… e così via
Non sono atteggiamenti che aprono una discussione e favoriscono il dialogo e la comunicazione in casa.
Generazioni
La loro generazione è totalmente diversa dalla nostra, come modo di approcciarsi alla vita, contesto, punti di riferimento, valori, modo di pensare e di ragionare, organizzazione del pensiero, modalità di acquisizione delle informazioni, di apprendimento, di espressione delle emozioni e sentimenti (che non ci sono quasi più), di comunicare e di modalità di relazionarsi.
Se non si capisce questo, se non si prova a capire la loro quotidianità, a parlare la loro lingua, a conoscere il loro mondo e modo di vivere e di approcciarsi, nonché il contesto in cui si muovono, il genitore rimarrà sempre indietro, dovrà rincorrere il figlio,.
NON POTRA’ STARGLI DAVANTI E FARGLI DA GUIDA, ma da zavorra o da persona lontana da lui che gli serve solo quando c’è bisogno di qualcosa di materiale, di soldi o per risolvere qualche problema grave.
Questa condizione frustra tanto anche i genitori, che si sentono bancomat, sfruttati dai figli, non amati e riconosciuti per ciò che fanno per loro.
Si deve cambiare questa dinamica che si instaura troppo spesso tra genitore e figlio perché, se i ragazzi si trovano nei guai, è bene che intervenga precocemente l’adulto di riferimento, senza che facciano di testa loro o che si facciano aiutare dagli amici che magari stanno nella loro stessa barca.
Solo tendendo loro la mano ed entrando nel loro mondo, senza invaderlo, si riesce a ricucire un rapporto che è la base che rende un genitore più tranquillo perché sa che si può fidare del figlio e che qualsiasi cosa accada, verrà informato e potrà aiutarlo a risolverla.
Io spero che parlare di figli che non parlano con i genitori vi sia stato utile.
Vi rricordo che se avete bisogno di me potete contattarmi nella sezione contatti e consulenze del sito
Buongiorno amici. Oggi parliamo di adolescenzialismo. Ma cos’è?
La storia-adolescenzialismo
Qualche mese fa è diventata virale su internet la storia di un’adolescente che dopo essere arrivata tardi a scuola, chiedeva alla madre di scriverle una giustificazione.
La madre, probabilmente sorpresa dalla sfacciataggine della figlia, ha dato sfoggio di originalità giustificando il ritardo della ragazza con un male denominato adolescenzialismo.
La madre, Nicole Poppic, ha pubblicato sui suoi social network la giustificazione scritta per la figlia:
“Questo è quello che succede quando sei in ritardo per colpa delle tue scelte insensate e mi chiedi una giustificazione“.
La giustificazione che ha scritto alla figlia, Cara, recitava così:
“Cara ha fatto tardi questa mattina perché affetta da adolescenzialismo. La malattia si sta diffondendo in tutto il paese, ma ancora non esiste cura. Si presenta con sintomi diversi, ma stamattina mia figlia ha accusato una grave incapacità di scendere dal letto, e anche un desiderio repellente di rispondere male alla donna che l’ha messa al mondo.
Si è sentita molto meglio dopo che le ho lanciato il telefono fuori dalla finestra. Mi chiami se i sintomi si dovessero ripresentare”.
“L’adolescenza è una nuova nascita, in quanto in essa sorgono tratti umani più completi e intensi.”
-Stanley Hall-
L’adolescenzialismo è l’inizio della metamorfosi-adolescenzialismo
Lo psicologo Stanley Hall, considerato pioniere nello studio dell’adolescenza come tappa evolutiva, descrisse l’adolescenza come una seconda nascita nella quale avviene una sorta di riepilogo delle esperienze infantili, con l’aggiunta di una serie di crisi e apprendimenti.
L’adolescenza è una fase che va dai 12 ai 20 anni e che vede il susseguirsi di una serie di cambiamenti non soltanto fisici, bensì anche cognitivi, emotivi ed esistenziali.
Per questo motivo, in questa fase della propria vita si tende a mettere in discussione il mondo e il proprio ruolo al suo interno.
La rivoluzione avviene sotto ogni aspetto, giacché la persona si ritrova persa in una vera e propria montagna russa emotiva e cognitiva che la porta a comportarsi in maniera “rivoluzionaria”.
Ribellione-adolescezialismo
La ribellione degli ormoni e la nuova posizione socio-emotiva giustificano agli occhi di tutti la “malattia” dell’adolescenza.
Una delle domande più abituali fra genitori è come mai, se l’adolescente ha già sviluppato la capacità di pensare come un adulto, non agisca come tale.
Questo quesito ha una risposta ben chiara: la maturità cognitiva e la maturità emotiva non vanno di pari passo.
Per questo motivo l’adolescente si rivela spesso emotivamente immaturo sotto molti aspetti, arrivando ad essere quasi altalenante, esplosivo e temperamentale (tutte caratteristiche da ricondurre all’adolescenzialismo).
Tuttavia, è proprio grazie alla maturità cognitiva o di pensiero che l’adolescente dà inizio alla ricerca della propria identità o essenza personale.
Di norma, l’adolescente ha sviluppato delle capacità emotive che lo portano sullo stesso piano di un adulto.
Tuttavia, a differenza di quest’ultimo, non può contare su tutta la sua esperienza, pertanto si concentra principalmente sull’analisi di quel mondo emotivo del quale cerca di assorbire il massimo.
Le emozioni-adolescenzialismo
È frequente che durante questa particolare voragine di emozioni, l’adolescente manifesti con assiduità stati d’animo negativi ed emozioni di grande intensità, confondendole in quanto spesso simultanee.
Questa attivazione emotiva implica un sovraccarico tale che l’adolescente non riesce a dare un pieno senso a tutte le sue emozioni, almeno non di primo acchitto.
Ad ogni modo, è bene tener conto di come questo turbinio di esperienze lo aiuteranno a prendere coscienza del complesso insieme di emozioni, pensieri, azioni e situazioni psicosociali che lo circondano.
Tre fattori che spiegano le complesse relazioni familiari durante l’adolescenza
Milioni di genitori in tutto il pianeta si rivedranno nella situazione della quale vi stiamo parlando, ovvero l’adolescenzialismo. Un figlio o una figlia adolescente, nel suo desiderio di mantenere un atteggiamento esuberante e di sfida, si troverà a ribellarsi contro le norme imposte dalla famiglia o dalla società.
Bisogna tenere a mente che per l’adolescente si tratta di una fase molto confusa in cui è difficile trovare se stesso, in cui si cambia e ci si reinventa. È una fase in cui l’instabilità la fa da padrona, rendendo difficile vedere la luce in fondo al tunnel.
La complessità delle relazioni familiari durante l’adolescenza, tralasciando le differenze individuali, può essere riassunta con i seguenti tre fattori.
1. Conflitti con i genitori e con la propria posizione nella società
Capita spesso in questa fase che gli adolescenti vengano trattati come bambini, ma che si richieda loro di comportarsi come adulti, alterando in qualche modo la loro visione della maturità e le certezze che hanno di se stessi. Così facendo, si alimenta uno stadio conflittuale tra loro e la società.
Si tratta di un fenomeno ben specifico denominato desincronizzazione.
Si verifica quando lo sviluppo personale dell’individuo avviene in maniera sempre più precoce, mentre l’integrazione della persona nel mondo adulto e lavorativo si produce in maniera tardiva.
Questo prolunga l’adolescenzialismo e peggiora, molto spesso, i conflitti familiari.
2. Alterazioni dello stato d’animo
L’adolescente è, per definizione, emotivamente instabile. I suoi sbalzi di umore sono più che mai bruschi e lo portano a vivere stati d’animo estremi e negativi con maggior frequenza. In media, durante la stessa giornata sperimenta una quantità molto maggiore di sentimenti negativi rispetto ad adulti e preadolescenti.
Al contempo, diventa ancora più instabile, intenso e negativo se non può contare sulla popolarità tra i suoi coetanei, se ha un basso rendimento scolastico o se è costretto a vivere conflitti familiari quali il divorzio.
L’adolescenza, sempre tenendo conto delle differenze individuali, è una fase della vita che rischia facilmente di diventare “emotivamente complicata”.
3. Condotte pericolose
Gli adolescenti, spinti dal desiderio di andare contro a quanto stabilito, adottano con facilità comportamenti illegali, antisociali, temerari o, in poche parole, che implicano un certo rischio.
A differenza degli sbalzi di umore e dei conflitti familiari, queste condotte sono più frequenti in fase di tarda adolescenza o prima gioventù.
Questa tendenza si spiega con l’impulsività e il desiderio di cercare nuove emozioni.
Tali fattori, uniti a quanto specificato poc’anzi, ci aiutano a capire che si tratta di un periodo critico che richiede la supervisione e la guida dei genitori (alla giusta distanza e sempre tenendo conto delle circostanze).
Non bisogna dimenticare che durante l’adolescenza l’individuo assorbe tutto quello che vede e sperimenta intorno a lui, per questo è bene curare le apparenze.
Non esiste alcuna bacchetta magica che ci possa aiutare a gestire questa fase, tuttavia è possibile avviare una fase di preparazione all’adolescenza simile a quella che si realizza quando sta per arrivare in famiglia un bebè.
Spero che il discorso sull’ adolescenzialismo vi sia stato utile
Vi ricordo che se state affrontando un periodo difficile della vostra vita potete contattarmi nella sezione “contatti e consulenze” del sito
Buongiorno amici. Oggi parliamo di estate e amori adolescenziali.
L’estate è solitamente il periodo in cui i figli adolescenti trascorrono più tempo con gli amici, conoscono persone nuove e iniziano a sperimentarsi nelle prime storielle d’amore.
Ed ecco che chiedono di uscire sempre di più, trascorrono ore al telefono chiusi in camera, sono distratti, sorridenti e con la testa tra le nuvole.
I primi amori rappresentano esperienze molto importanti per i ragazzi, che si muovono verso un maggiore distacco dalla famiglia per mettersi in gioco anche nelle relazioni affettive, che creeranno il terreno per i rapporti sentimentali futuri.
Anche se si tratta di relazioni spesso di breve durata o sembrano basarsi su aspetti più “superficiali”, sono vissuti dai ragazzi in maniera molto intensa.
In quel momento, l’adolescente è preso da un turbinio di sensazioni ed emozioni nuove ed è completamente preso dall’altra persona.
I genitori spesso fanno fatica ad accettare che i figli siano cresciuti e, vederli alle prese con i primi innamoramenti, diventa per loro fonte di ansia e preoccupazione.
Come comportarsi con i figli? 8 consigli utili- estate e amori adolescenziali
1. NON SIATE INVADENTI.
Cercate di non fargli l’interrogatorio e non tradite assolutamente la loro fiducia, controllandogli smartphone, pc o tablet, altrimenti si chiuderanno completamente e non vi racconteranno più nulla, finendo col fare le cose di nascosto.
È normale che all’inizio i ragazzi vogliano tenere segreto un momento così importante e per i genitori può essere difficile accettare che i figli non vogliano farli entrare, ma è importante che rispettiate questa esigenza, per far sì che siano loro ad aprirsi gradualmente.
2. NON SMINUITE I LORO SENTIMENTI.
Se li vedete presi da questa situazione, mettetevi nei loro panni per capire quello che stanno vivendo.
Non fate battutine sarcastiche, prendendoli in giro o rovinandogli tutto con frasi del tipo “figurati, sai quante storie d’amore che avrai”, “goditi la vita, è troppo presto”.
In questo modo, sentono di non essere compresi dal genitore che, piuttosto che rispettare questo momento per loro unico, si pone in una posizione ostile e di distanza.
3. RISPETTATE LA LORO RISERVATEZZA.
Non andate a raccontare in giro, ai parenti o agli amici, che si sono fidanzati, spettegolando alle loro spalle, perché si sentiranno violati, perderanno fiducia in voi e inizieranno a tenervi nascoste le cose.
Si tratta di un’esperienza personale, di un loro spazio intimo, quindi, a meno che non siano loro ad autorizzarvi, rispettateli da questo punto di vista.
4. CREATE UN CLIMA DI FIDUCIA.
Se riuscite a mantenere la giusta distanza e coltivate con loro un clima di fiducia e rispetto, saranno loro ad avvicinarsi, perché si sentiranno liberi di comunicare i loro sentimenti.
In questo modo, potete fungere anche da contenitore delle loro emozioni quando sono tristi, litigano o la storia finisce, facendoli sentire sostenuti e capiti.
Se si confidano o vi chiedono un consiglio, non vi ponete come se voi sapeste tutto: “devi fare così”, “dammi retta”, ma fateli parlare e portateli a riflettere.
Solo così li aiuterete a crescere e ad imparare dalle esperienze.
5. NON SIATE GELOSI.
Non entrate in competizione con il/la fidanzatino/a, con frasi del tipo “ormai non stai più con noi, pensi solo a lui/lei”, “noi non contiamo più nulla”.
È normale che, in quel momento, la loro priorità sia un’altra, quindi, cercate di essere comprensivi, senza caricarli di un peso o facendoli sentire in colpa.
È importante che si sentano liberi di vivere le proprie emozioni, senza la paura di poter far soffrire il genitore, altrimenti si rischia che non vi dicano più la verità rispetto a quello che fanno.
6. MANTENETE REGOLE E CONFINI.
Non dovete diventare neanche confidenti intimi, come se foste gli amici, perché i figli hanno comunque bisogno di adulti di riferimento.
È importante che le regole ci siano, anche se sono ridimensionate in base alle nuove esigenze, come l’utilizzo del telefono, gli orari di rientro, la presenza del/la fidanzatino/a in casa, ecc.
Se notate che col tempo, continuano a restare assorbiti dalla storia, perdendo di vista le priorità, cercate di ridimensionare, facendogli capire che è importante viversi le relazioni ma senza escludere altre aree della vita.
7. PARLATE CON LORO DELLA SESSUALITA’.
Cercate di non aspettare il momento della prima relazione, per parlare con i figli di sesso perché è un percorso che andrebbe iniziato sin da quando sono piccoli, utilizzando un linguaggio appropriato per ogni età.
Per moltissimi genitori, questo argomento è un tabù ma è bene superare l’imbarazzo e affrontarlo insieme, altrimenti i figli riceveranno soltanto le informazioni distorte dai coetanei e dalla rete.
8. EDUCATELI DA UN PUNTO DI VISTA AFFETTIVO.
Non limitatevi soltanto alle raccomandazioni rispetto all’uso di contraccettivi, per evitare gravidanze indesiderate e malattie sessuali ma parlate anche degli aspetti positivi legati all’intimità.
Accompagnateli in un’educazione sentimentale che trasmetta valori, come il rispetto di sé e dell’altro, della dignità e dell’intimità, per vivere rapporti sani e tutelarsi da esperienze potenzialmente distruttive.
Cercate di non lasciarli soli in questo perché purtroppo sono tanti gli adolescenti che, senza accorgersene, restano incastrati in relazioni basate sul controllo, sul possesso e sulla violenza!
Spero che parlare di estate e amori adolescenziali vi sia stato di aiuto.
E se avete bisogno del mio aiuto non esitate a contattarmi nella sezione “contatti e consulenze” del sito
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Buongiorno amici. Oggi parliamo di gelosia per il fratellino minore.
Gelosia
Molti bambini sono gelosi quando arriva un nuovo fratellino: ora dovranno condividere gli spazi e le attenzioni con un essere inizialmente estraneo, che fa davvero poco e che pretende gli si dedichi molto tempo. Un tempo che prima era tutto per loro.
Se non ben gestita, questa situazione può dare spazio a una notevole quantità di episodi di gelosia nei confronti del fratellino, motivo sufficiente a scatenare comportamenti non auspicabili o che pensavamo addirittura che il piccolo avesse già superato.
Uno dei fantasmi che si nasconde dietro la gelosia è la paura. Questo sentimento peggiora all’arrivo del nuovo fratellino in casa: avrà bisogno di attenzioni quasi 24 ore al giorno.
Il bambino sente di non essere emotivamente corrisposto (o, almeno, non come prima), si sente ignorato.
Per questo motivo, le gelosie insorgono e il neonato appena arrivato si trasforma in un rivale. Tuttavia, questa situazione può essere affrontata senza particolari conseguenze. Vediamo in che modo.
Come gestire la gelosia nei confronti del fratellino
Preparare l’incontro
Per prevenire la gelosia nei confronti del fratellino, il primogenito deve capire perché il nuovo membro della famiglia ha bisogno di tante attenzioni. Per questo motivo, è importante che i genitori gli mostrino foto di quando era neonato e gli parlino delle attenzioni di cui aveva bisogno. In tal modo, quando arriverà il fratellino, capirà meglio cosa sta succedendo.
Se un bambino non capisce in che modo ci si prende cura di un neonato, perché i genitori sono così tanto a sua disposizione e per quali motivi è costretto a condividere le attenzioni con suo fratello, potrebbe mostrare rifiuto.
Per prevenire tutto ciò, i genitori devono parlargli della situazione con parole che il bambino possa comprendere e organizzare una buona gestione del tempo, in modo che “il principe detronizzato” non perda tutti i suoi spazi.
Allo stesso tempo, i genitori possono regalare qualcosa al bambino da parte del bebè che sta per arrivare.
Può essere una bambola, un paio di babbucce o qualunque altro oggetto. E questo allo scopo di risvegliare la curiosità per il fratellino o la sorellina in arrivo e indurlo a ricambiare allo stesso modo, preparando qualcosa in dono per il loro incontro.
Quando provano gelosia, alcuni bambini si mostrano particolarmente irritabili; altri, invece, manifestano il disagio con segnali di tristezza.
Cosa succede all’arrivo del neonato?
Preparare l’incontro per prevenire la gelosia nei confronti del fratellino è molto importante.
Questo primo incontro sarà il punto di partenza, la prima impressione, il momento in cui il maggiore sceglierà quale atteggiamento adottare verso il fratello e che poi tenderà a mantenere. Una buona organizzazione ci consentirà di evitare molti problemi futuri.
Nonostante gli sforzi, potrebbe succedere che il bambino si dimostri comunque reticente nel voler conoscere il nuovo arrivato o riconoscerlo come membro della famiglia. Può essere un segnale di timidezza, ma anche di rifiuto.
Capire se si tratta dell’uno o dell’altro atteggiamento ci aiuterà a lavorare a partire da questo punto, dandogli uno spazio per poter esprimere le sue emozioni e offrendosi di aiutarlo ad affrontarle.
In molti casi, i genitori proibiscono ai loro figli di prendere in braccio il nuovo arrivato, anche se ne fanno richiesta.
Si tratta di un grave errore, perché una delle premesse affinché un bambino non provi gelosia è coinvolgerlo nelle attività che interessano il neonato.
Ovviamente, lasciare che un bambino tenga in braccio un neonato può essere pericoloso, ma possiamo permetterglielo se è seduto e se ci siamo noi al suo fianco a monitorare la situazione passo dopo passo.
Il contatto tra i due bambini è essenziale per evitare la gelosia nei confronti del fratellino
È un bene permettere al primogenito di partecipare alla cura del nuovo arrivato. Durante il bagnetto, può collaborare se lo desidera o se riusciamo a convincerlo (senza obbligarlo in alcun caso né facendo ricatti emotivi).
Ad esempio, chiedendogli di prendere un asciugamano, passandogli lo shampoo, permettendogli di strofinare dolcemente con esso la testa del fratellino… Il contatto è essenziale.
Più tempo condivideremo con entrambi, maggiore sarà l’integrazione e meno saremo costretti a dividerli.
A tal proposito, dobbiamo anche evitare di arrivare all’estremo opposto. In alcun caso deve ricadere sul fratello maggiore la responsabilità di prendersi cura del piccolo.
Se si impedisce a un bambino di avvicinarsi al fratello e di toccarlo, usando come scusa che le mani sono sporche o che potrebbe fargli male, è probabile che la gelosia nei confronti del fratellino affiori e così anche il rifiuto.
Arriva un nuovo fratello, ma le abitudini non devono cambiare
Tutte le azioni compiute e lo sforzo attuato per evitare la gelosia nei confronti del fratellino non devono sostituire il tempo di qualità di cui il bambino ha bisogno.
Per quanto grandi siano i bisogni del neonato, il più grande ha comunque i suoi e vi sarà grato per il tempo in esclusiva che gli dedicherete. Dobbiamo pensare che i legami non cessano di essere unici e non sono trasferibili.
In questo senso, i genitori dovranno fare uno sforzo per cercare di mantenere intatte le precedenti abitudini, soprattutto quelle che apportavano un forte benessere.
In questo modo, il bambino sentirà vicino a lui i propri genitori e di essere ancora importante per loro.
Io spero che parlare di gelosia per il fratellino minore vi sia stato utile.
Se avete bisogno di un aiuto concreto vi invito a contattarmi tramite la sezione contatti e consulenze del sito
Perché ci sentiamo così e come superare questa nostra condizione.
Buongiorno amici. Oggi riflettiamo sul sentirsi inadeguati.
Quante volte, durante gli incontri con i ragazzi (ma anche con gli adulti), sento frasi del tipo
“mi sento sempre fuori posto”
“non chiedo spiegazioni scuola perché ho paura di disturbare e di essere presa in giro dai compagni”
“mi sento insicuro…ogni cosa faccio”
Ma perché ci sentiamo così? Da cosa dipende questo nostro stato d’animo paralizzante e come fare pr uscirne?
Senso di inadeguatezza: com’è manifestato
Come accennato poco fa, spesso siamo vittime di una trappola mentale che ci fa sentire inadeguati.
Alcuni di voi si staranno sicuramente chiedendo “come non sentirsi inadeguati al giorno d’oggi?”
Nella società odierna sembra che tutti amino correre per inseguire e intraprendere la strada della perfezione.
Oggi più che mai, infatti, per non restare un passo indietro è quasi necessario abbracciare degli ideali.
Insomma, per sentirsi all’altezza occorre viaggiare, comprare una casa magari lussuosa, andare in palestra e costruire una bella famiglia.
Chi non rispetta tutto questo, rimane fuori.
Ecco che può prendere vita quel senso di inadeguatezza che sembra quasi tenerci in trappola e quando parliamo di “trappola” non esageriamo: pensate che diversi psicologi definiscono l’inadeguatezza proprio come una trappola, affermando come sia dunque un modo fisso di pensare e sentire che può manifestarsi in vari modi.
Chi viene infatti investito da un senso di inadeguatezza può poter avere timore di sbagliare, a casa, a lavoro, con gli altri.
Cerca di piacere a chiunque e prova costantemente sentimenti di vergogna per i propri difetti.
Non solo: si sente sempre frustrato, poiché insicuro e con una bassa autostima.
Insomma quando parliamo di persone che si sentono inadeguate, parliamo di chi non crede nel proprio valore: per questo si ha bisogno costantemente delle conferme altrui.
Spesso per mascherare la propria insicurezza, questi soggetti cercano di mostrarsi forti e sicuri, ma questa, appunto, è solo una maschera che si indossa all’occorrenza.
A questo punto vi starete chiedendo cosa nasconda questo senso di inadeguatezza: perché mai qualcuno arriva a considerarsi inadeguato, insicuro e frustrato?
Cerchiamo di rispondere qui di seguito a questa domanda.
Senso di inadeguatezza: cosa nasconde?
Poco fa abbiamo visto che chi si sente inadeguato può arrivare a provare paura: paura di sbagliare, paura di mettersi in un certo senso in gioco.
Paura dei propri stessi difetti.
Perché ci si può sentire così inadeguati?
Spesso dietro l’inadeguatezza c’è la paura del giudizio degli altri.
Quando si ha paura di quello che gli altri possano pensare, succede questo: la stima e il valore che attribuiamo a noi stessi vacilla, a seconda del pensiero altrui.
In un certo senso più siamo insicuri, più abbiamo paura degli altri e del loro giudizio e maggiore è la probabilità che il proprio valore, o meglio il valore che attribuiamo a noi stessi dipenda da questi ultimi.
A questo punto una domanda sorge spontanea: come si può non avere paura del giudizio altrui se da questo sembra dipendere il nostro successo o insuccesso?
La paura del giudizio altrui: cosa c’è dietro?
Soffermiamoci su questo aspetto, ovvero sulla paura del giudizio altrui, dal momento che abbiamo visto essere collegata all’inadeguatezza.
Pensate per un momento all’istante preciso in cui dovete mettere in atto un comportamento: spesso vi frenate? Qualcosa che vi blocca?
Sapete cos’è quel qualcosa?
La paura di essere giudicati e di conseguenza la paura di provare un senso di inadeguatezza.
Non è raro che ci facciamo domande del tipo “ ma se faccio questa cosa, cosa penseranno di me”?
Domande che nascondono in un certo senso delle aspettative su quello che gli altri potrebbero pensare o immaginare. Perché?
Perchè abbiamo così paura di essere giudicati?
Semplice.
Perché vogliamo essere accettati. Non è forse questo un bisogno essenziale?
Chi di noi non vuole essere accettato da chi lo circonda?
Magari per il lavoro che si svolge o per l’aspetto fisico che si ha.
Ed è proprio la paura di non esserlo che spesso ci porta ad aver timore del giudizio altrui.
Quando vogliamo fare o dire qualcosa o stiamo quasi per farlo a volte preferiamo frenarci per paura di quello che gli altri possano dire.
Per paura di essere giudicati. Iniziano così ad affiorare nella nostra mente, pensieri quali: “Come dovrei comportarmi in questo momento?” “Che cosa penseranno di me?”, ovvero domande che nascono dalle aspettative che immaginiamo gli altri abbiano su di noi.
Questo perché, come abbiamo visto, non vogliamo essere giudicati, ma al contrario desideriamo solo essere accettati e amati da chi ci circonda.
E’ proprio la paura di essere rifiutati che ci porta a sentirci prigionieri.
Una paura questa legata dunque al desiderio di essere apprezzati.
Una paura che spesso non ci consente di esporci.
Facciamo un esempio forse banale, ma pratico e di facile comprensione: se abbiamo paura del giudizio altrui e ci sentiamo dunque inadeguati, difficilmente riusciremo a prendere un’iniziativa o a proporre un posto dove andare il sabato sera.
Difficilmente saremo liberi di dire la nostra, insomma: ecco perché si parla di trappola!
Giudicare: cosa intendiamo?– sentirsi inadeguati
Ma soffermiamoci per un momento al termine giudicare: cosa nasconde questa parola? Ha un unico significato?
Sicuramente no.
Noi tutti infatti valutiamo gli altri e ciò che ci circonda, in base alla nostra personalissima visione delle cose e del mondo, spesso in maniera giudicante.
Basti pensare a quando, per esempio, osserviamo qualcuno per competizione o per fare confronti ed esprimiamo un parere.
In quel caso stiamo in un certo senso avanzando un giudizio che, se ci pensiamo bene, non fa altro che mettere in risalto non tanto l’altro, ma noi stessi e la nostra voglia di competere.
Dunque in un certo senso spesso giudichiamo perché tendiamo a fare confronti.
E perché tendiamo a fare confronti?
Spesso lo facciamo per insicurezza e perchè no, per migliorarci, ma spesso tutto questo ci porta solo ad auto-criticarci.
L’inadeguatezza, con questi presupposti, non può che essere dietro l’angolo.
Paura del giudizio altrui: ha a che fare con il nostro passato?
Riguardo alla paura del giudizio altrui, non possiamo non approfondire la questione, cercando di darne una lettura più approfondita.
Poco fa abbiamo detto che spesso cerchiamo conferme altrui per credere di valere qualcosa.
Ma perché diamo agli altri tutto questo potere?
Perché mai il parere degli altri dovrebbe avere più valore del nostro?
Per rispondere a questo interrogativo ci viene in aiuto Bowlby, uno psicologo e psicoanalista britannico, che ha elaborato la teoria dell’attaccamento, con la quale ha messo in rilievo quelli che sono gli aspetti caratterizzanti il legame madre-bambino.
Lo psicologo in questione sostiene e sottolinea fortemente l’importanza del rapporto che instauriamo con le nostre figure di attaccamento, sin dai nostri primi momenti di vita.
A tal proposito infatti afferma come sia proprio questo rapporto a far interiorizzare al bambino una figura di sé come degna di essere amata o al contrario come un soggetto non amabile.
In un certo senso è anche dal modo in cui i nostri genitori ci accudiscono che dipende la nostra successiva capacità di credere in noi stessi e di conseguenza la paura del giudizio altrui e la conseguente sensazione di inadeguatezza.
Quanto detto ci fa capire quanto sia fondamentale per un bambino essere accettato, amato e curato e quanto questo possa influire sulla sua crescita psicologica e quindi sui suoi rapporti interpersonali.
Un bambino che non si è sentito amato abbastanza, da grande molto probabilmente tenderà ad essere iper-critico verso se stesso e verso gli altri.
Avrà costantemente timore di essere rifiutato o criticato.
Ma riflettiamo un momento su quest’ultima frase: avere paura di essere rifiutati non è forse una forma di allontanamento da chi siamo realmente?
Non è forse un conflitto che agiamo solo contro noi stessi?
Lasciar andare la paura del giudizio: perché è importante?
Liberarsi dalla paura del giudizio non solo è giusto, ma è anche necessario e il perché non è cosi difficile da capire.
Non possiamo sentirci sempre sotto pressione e prigionieri di quello che gli altri pensano o possono pensare.
Basti pensar a quei momenti in cui, per un qualsiasi motivo x, ci sentiamo inadeguati e di conseguenza ci innervosiamo e ci agitiamo.
Siamo davvero disposti a rinunciare a qualcosa per la paura del giudizio altrui?
Vogliamo davvero rinunciare a quel colloquio di lavoro?
Possiamo non discutere la nostra tesi in pubblico, solo perché ci sentiamo inadeguati?
Forse tutti noi dovremmo imparare a dare il giusto peso alle cose, alle persone, ma soprattutto a noi stessi, cercando di dare maggior importanza a quello che noi stessi pensiamo.
Ma come si fa?
Come possiamo riuscire a superare quel senso di inadeguatezza che spesso ci blocca e non ci fa fare quello che davvero desideriamo?
La trappola dell’inadeguatezza: come superarla
Fin’ora abbiamo cercato di capire cosa si nasconde il nostro sentirci sempre inadeguati: abbiamo visto come spesso è il timore del giudizio altrui a bloccarci e l’importanza che diamo agli altri.
Inoltre è stato messo in risalto il rapporto che sin da piccoli instauriamo con i nostri genitori, per spiegare come questo possa avere delle ripercussioni sulla nostra autostima e quindi sul nostro senso di inadeguatezza.
A questo punto non possiamo non chiederci cosa occorre fare per superare tutto questo.
Per rispondere a questo interrogativo, è necessario cercare innanzitutto di capire cos’è che ci fa sentire così dannatamente inadeguati.
Insomma è importante che ci soffermiamo sulle nostre emozioni: non mettiamole in secondo piano.
Cerchiamo di capirci di più, ponendo a noi stessi delle piccole domande.
Cos’è che mi turba così tanto?
E’ la paura del giudizio altrui? Sono le mie insicurezze?
Non ho molta fiducia in me?
Cercare di rispondere a queste domande è già il primo passo, sapete? II primo passo per conoscervi meglio e per migliorare, ma soprattutto il primo passo per andare nella direzione giusta.
Per fare tutto questo non potete, però, non lavorare sulla vostra autostima.
Lavorare sulla propria autostima
Nel corso dell’articolo abbiamo incontrato molte volte questo termine e forse è arrivato il momento di darne una definizione.
Partendo dal presupposto che di definizioni ve ne son diverse , qui ne presenteremo una in grado di cogliere il vero significato di autostima.
Cos’è l’autostima?
L’autostima, altro non è che l’insieme dei giudizi valutativi che l’individuo dà di se stesso .
Battistelli, 1994
Ora avete capito perché è così importante annaffiare questo fiore speciale?
Più lavoreremo sulla nostra autostima, più possibilità avremo di prendere consapevolezza del nostro valore.
Insomma, la morale della favola è che non dovete cercare di convincere gli altri, ma voi stessi.
Sugli altri noi non abbiamo nessun potere, su di noi, si.
Dunque quando e se vi sentirete giudicati, evitate di cercare di camuffare quello che siete, nel tentativo di cambiare il giudizio altrui.
Non serve e inoltre è solo una perdita di tempo: impiegatelo per migliorare voi stessi e l’idea che avete di voi stessi.
Questo significa sicuramente mettersi in discussione: quanti ne sono davvero in grado?
Seppur possa sembrare difficile, è necessario farlo: spesso è proprio l’opinione che abbiamo di noi a crearci problemi.
Cosa occorre fare per cambiarla?
Praticate la tolleranza, ma verso voi stessi, soprattutto.
Come riuscirci?– sentirsi inadeguati
Provate per esempio a pensare a quello che avete vissuto, alle esperienze che avete fatto.
Qualcosa vi ha reso così insicuri? C’è stato un momento in cui avete perso fiducia in voi stessi?
Questo viaggio nel passato può poter essere davvero terapeutico.
Inoltre è importante che sappiate accettare i vostri difetti o i vostri insuccessi.
Non saranno certamente questi a definire chi siete.
Ridimensionate l’importanza che date a tutto questo, ma soprattutto iniziate ad amarvi davvero: fate un lavoro che non vi soddisfa?
Bene, impegnatevi affinchè possiate arrivare a fare quello che più vi piace.
Magari ci vorrà tempo e tanta forza di volontà, ma se ci tenete davvero ad un sogno, il primo passo è crederci.
Tutto questo non farà che confermarvi che siete delle persone capaci di raggiungere i vostri scopi e finirete per avere più fiducia nelle vostre capacità.
Insomma, la parola d’ordine è questa: OSARE! Spesso il segreto è tutto lì.
Sapete quanti ce l’hanno fatta, sol perché hanno deciso di osare?
In questo modo avrete l’opportunità di far emergere ciò che chiede solo di essere ascoltato e portato in superficie.
Insomma, il primo vero passo è puntare sulla propria autostima: il primo passo che vi consentirà di liberarvi dalla paura del giudizio altrui e dal vostro sensi di inadeguatezza.
Cos’altro occorre fare per superare la trappola dell’inadeguatezza?
Vediamo alcuni consigli qui di seguito.
Ulteriori consigli – sentirsi inadeguati
Vi capita di sentirvi giudicati? Rilassatevi.
Non siamo il centro dell’Universo, quindi non è detto che siamo sempre nei pensieri altrui.
Provate a pensarla in un altro modo: “e se stessimo proiettando sugli altri ciò che accade solo nella nostra mente”?
Magari ci sentiamo vittime di un giudizio e in realtà siamo noi i primi a farlo. Rifletteteci su.
Un altro consiglio che non può proprio mancare? Ricordate che quando qualcuno ci critica, sta definendo se stesso e il suo modo di rapportarsi agli altri.
Il vostro partner vi ha trattato male, perché voleva che vi comportaste in un certo modo, durante una cena di famiglia?
Bene, questo non significa necessariamente che siete stati inadeguati.
Molto probabilmente era lui ad essere particolarmente suscettibile in quella circostanza.
Insomma imparate a pensarla in questo modo: non tutto quello che ci viene detto è verità .
Smettiamola, quindi, di dare agli altri lo scettro del potere su chi siamo.
Ricordate
A tal proposito è bene ricordare un’altra cosa importante: spesso gli altri ci criticano non per quello che siamo, ma per quello che credono che noi siamo e la cosa è ben diversa.
Se pensiamo poi che una critica spesso e volentieri è agita su un singolo comportamento, una domanda non può che sorgere in modo spontaneo: perché dobbiamo mettere in discussione ciò che siamo?
Non è giusto né utile: quindi cerchiamo di ridimensionare il tutto.
E’ importante cercare di capire quando una critica è davvero costruttiva e quando no: se una critica può esser utile a noi per migliorare qualcosa, perché non prenderla al volo?
Non siamo mica tutti perfetti: prima lo capiremo e prima riusciremo ad accettare che possiamo sbagliare, ma anche recuperare.
Quando qualcuno ci giudica, pensiamo primariamente a chi ha mosso il giudizio, vero?
E noi, in tutto questo, dove siamo?
Insomma, invece che pensare “lui/lei mi ha giudicata”, provate a dire “mi sento giudicata”.
Cambiando modalità di pensiero, recupererete il vostro potere di scelta e soprattutto rimetterete al centro voi e non è mica una cosa di poco conto !
Seguite il vostro essere, le vostre sensazioni, le vostre emozioni: amatevi, coccolatevi, smettete di giudicarvi e annaffiate la cosa più importante che abbiamo.
La nostra autostima: solo così riuscirete a stare bene con voi stessi, senza sentirvi costantemente inadeguati o sotto giudizio.
Io spero che parlare del perché sentirsi inadeguati vi sia stato d’aiuto.
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