Riflettiamo su questa bellissima frase di Montaigne.
Buongiorno amici. Oggi riflettiamo su il coraggio.
Non dovrebbe essere un’imposizione ma,in realtà, purtroppo, molte volte è così.
Il coraggio…coraggio di fare, di dire, di esprimersi…ecco, proprio questi ultimi aspetti sono i più difficili.
Riflettiamo
Perché, troppe volte, per non dire sempre, riusciamo più a fare quello che abbiamo in mente e non ad esprimerlo?
Quante volte i ragazzi, e non solo, sono costretti a dire bugie bianche per fare quello che desiderano?
“io vorrei andare a ballare…vorrei suonare la chitarra…vorrei fare quella o questa scuola ma non riesco a dirlo ai miei”…”esco con il mio fidanzato ma mamma e papà non lo sanno, non ho il coraggio di dirlo”…
Ecco, non ho il coraggio di dirlo. E perché? Ce lo siamo mai chiesti perché è così difficile dire ,esprimere un concetto, un desiderio, una volontà.
No,non lo sanno però lo faccio lo stesso perchè, alla fine, li metterò al corrente a cosa già compiute e non potranno rifiutare nulla.
Perché?
Perché succede? Perchè, spesso, siam cresciuti in un ambiente dove tacere à meglio per non causare problemi.
Perché a casa non c’è mai stato un vero e proprio dialogo.
Perché abbiamo paura di ripercussioni, per pregiudizi stupidi sulla base di nulla.
Perché non vengo mai ascoltata …per esprimere un concetto devo alzare la voce o compiere dei gesti estremi. solo così mi considerano, forse”
Per paura di punizioni, divieti, per paura che qualcuno distrugga i nostri desideri, perché “per loro tutto è tabu”.
Dialogo
Pensateci…alla base di tutto questo c’è sempre la mancanza di dialogo e di ascolto attivo. C’è la mancanza di apertura mentale, ci sono solo pregiudizi. E allora che si fa? Si preferisce tacere e nascondere.
Ma come vi sentite alla fine? Frustrati, depressi, rabbiosi…in un limbo.
Esternare
E allora non abbiate mai e dico MAI paura di esprimere voi stessi…i vostri concetti, desideri, emozioni.
Fate sempre sentire la vostra voce anche se avrete, in alcune occasioni, tutti contro. Solo così vi farete conoscere davvero. Solo così vi contornerete di persone che vi amano davvero.
Solo così potrete cambiare il rapporto che c’è in famiglia.
E se avete bisogno del mio aiuto contattatemi pure nella sezione contatti e consulenze del sito
o, in alternativa, su camtv come dottoressa napolitano o col nome del canale “adolescenti istruzioni per l’uso”
Buongiorno amici 🙂 Oggi parliamo di silenzio passivo aggressivo.
C’è silenzio e silenzio. Può essere infatti anche “buono”, quando si vuole prendere del tempo per sé in una discussione «in questo caso può essere un modo per difendersi quando la conversazione sta prendendo una piega che si fa fatica a gestire. Ma è anche un modo utile per prendere tempo e sottrarsi ad una discussione prima che degeneri.
In altri invece il silenzio diventa assordante e soprattutto un’arma nelle mani di una persona ai danni dell’altra. «In questi casi, chi decide di interrompere la comunicazione, utilizza il silenzio come un modo per ottenere un vantaggio innescando una dinamica di potere nella relazione» spiega la dottoressa Perris. Il silenzio diventa quindi un modo non solo per dilatare i tempi, ignorando l’altra persona, ma anche per creare delle situazioni di stallo in cui entrambi si è coinvolti senza quindi giungere a una soluzione. Ma perché succede?
Dietro al silenzio passivo-aggressivo, inadeguatezza e insicurezza
All’origine di questo atteggiamento ci sono molte insicurezze da parte di chi lo porta avanti come mancanza di autostima, incapacità di creare relazioni sane ma anche poca dimestichezza nello stare assieme agli altri e in società. Questi fattori generano quindi grande insicurezza e davanti a un “no” non si sa come reagire. E quindi ci si chiude nel silenzio: «Il silenzio può essere utilizzato per costringere l’altro a vedere la nostra sofferenza, per indurlo a modificare il suo comportamento o punto di vista, per generare in lui sensi di colpa, spingerlo a sentirsi in difetto e quindi a mettere in primo piano i nostri bisogni. In questo senso, può rappresentare un modo per punire l’altro o configurarsi come una dinamica manipolatoria
Atteggiamenti non solo come il silenzio, ma anche lo scomparire, il non rispondere più al telefono, il non prestare attenzione all’altro, sono tutti passivo-aggressivi e tipici di chi non sa come relazionarsi con gli altri e vuole evidenziare il suo essere vittima in una determinata circostanza. In queste situazioni mancano quindi atteggiamenti di autocritica, di flessibilità ma anche di empatia che aiutano a relazionarsi con gli altri.
Come si sente chi subisce il silenzio del passivo-aggressivo
Il passivo-aggressivo pensa quindi solo al proprio dolore e al proprio senso di inadeguatezza, non pensa mai che può essere lui stesso la causa di altro disagio: «Chi subisce l’interruzione della comunicazione può sentirsi arrabbiato, confuso rispetto ai motivi che hanno dato luogo a questa reazione. Può sentirsi in dovere di rivedere le proprie posizioni pur di ripristinare la connessione emotiva con l’altro e uscire da una situazione che genera ansia, solitudine e senso di inadeguatezza.
Uscire da una situazione di silenzio passivo-aggressivo
Come si dovrebbe comportare quindi chi subisce questo tipo di atteggiamento? Generalmente, davanti al silenzio, si ha la tendenza a ripristinare il dialogo, chiedendo cos’è successo o il perché della reazione: Così facendo però si cade esattamente nella dinamica di potere voluta dall’altro, gli si domanda cosa non va, cosa abbiamo fatto di sbagliato, come possiamo rimediare. In alcuni casi può succede che il silenzio va oltre anche le scuse, cessando solo quando chi lo utilizza avverte angoscia e disorientamento nell’altro.
Come comportarsi quindi?
Sarebbe utile, dunque, prendere tempo di fronte al silenzio mantenendo un distacco che sia un chiaro segnale che questa modalità non condurrà all’effetto sperato.
È importante anche capire che questo tipo di atteggiamento non è un attacco personale quanto la manifestazione di un problema dell’altra persona. Per questo, come consiglia la dottoressa Perris, non è consigliabile insistere o “affrontare di petto” la situazione, quanto parlarne una volta che è passato del tempo.
Vi ricordo che, se avete bisogno di me, potete contattarmi tramite la sezione “contatti e consulenze” del sito
Ecco cos’hanno risposto a questa domanda un gruppo di ragazzi.
Buongiorno amici. Oggi riflettiamo su questa domanda: che tipo di genitore vuoi essere?
E le risposte che sono state date dai ragazzi devono assolutamente far riflettere.
Presenza
Queste risposte non hanno bisogno dicommenti.
Infatti, il primo aspetto toccato dai ragazzi la presenza. Il che vuol dire, qualità, tempo davvero dedicato a loro, ascolto attivo..il far capire a un figlio che, in qualsiasi momento, possono contare sui genitori.
Fiducia- che tipo di genitore vuoi essere?
Altra risposta bellissima. Lasciar essere uj figlio quello che vuole, rispettando i suoi obiettivi, aiutandolo ad inseguirli senza influenzarlo nelle scelte, senza giudizi o pregiudizi.
Coerenza-che tipo di genitore vuoi essere?
Uno degli aspetti che ribadisco ogni volta ai genitori. Siate coerenti. Una regola, se volete sia rispettata, va rispettata prima da voi.
I genitori, infatti devono essere un esempio per i ragazzi, una guida affinché diventino degli adulti sereni e capaci.
E se avete bisogno di un aiuto, contattatemi tramite la sezione contatti e consulenze de sito
Cosa vivono i ragazzi che decidono di togliersi la vita
Buongiorno amici. Oggi parliamo di cyberbullismo e suicidio adolescenziale.
Una delle paure più grandi di un genitore è quella di arrivare “dopo”, di non giungere in tempo, di non riuscire a comprendere il dolore, la sofferenza, il disagio interiore di un figlio.
Non è così immediato per un genitore vedere il malessere di un adolescente perché purtroppo, non sono sempre così evidenti e manifesti.
Tante volte i ragazzi esprimono ciò che hanno dentro in maniera indiretta attraverso specifici comportamenti, parole, sguardo e soprattutto i “non detti”.
Il problema legato al fenomeno delle prevaricazioni dirette, come quelle fisiche e verbali, e indirette, è che ormai sono sempre più presenti già a partire dalla tenera età e si manifestano soprattutto attraverso l’uso di quel dispositivo che la maggior parte di persone tiene costantemente in mano: lo smartphone.
Commenti
Leggo spesso commenti impulsivi soprattutto sotto le notizie di cyberbullismo in cui si dà la colpa alla tecnologia. Il fenomeno del bullismo e del cyberbullismo è molto complesso.
Sono coinvolte più persone e sono presenti delle dinamiche personali, relazionali, sociali, individuali, familiari da tenere in considerazione. Per questa ragione non è facile sradicarlo.
Purtroppo, ci si ferma a riflettere sulla gravità di questi comportamenti prettamente davanti alle tragedie, quando si legge della morte di un ragazzo che decide volontariamente di togliersi la vita.
È importante affrontare il problema della violenza giovanile tutti i giorni perché quotidianamente migliaia di ragazzi vivono incastrati nella morsa delle prevaricazioni e delle prepotenze online.
Cosa scatta nella testa di chi subisce queste forme di violenza?
Coloro che subiscono queste forme di prepotenza si sentono intrappolati. La trappola è quell’oggetto che blocca nei movimenti, nell’espressione di se stessi, non ci si sente più liberi, ma incatenati, legati a quella condizione che giorno dopo giorno diventa sempre più stretta e soffocante.
Diventa il problema principale della propria vita, quella condizione inaccettabile, ingiusta e ingiustificata.
Quello che fa più male è che non capisci il perché di questi comportamenti, non riesci a fartene una ragione, non te ne capaciti, non comprendi come sia possibile che non vedano che sei una persona come loro, anche se non la pensi e non ti comporti come loro.
Rischi di arrivare a pensare di essere tu quello sbagliato.
La psiche- cyberbullismo e suicido adolescenziale
A livello psicologico pesa tantissimo non sapere quando arriveranno le prepotenze e che entità avrà il problema.
Sai che arriveranno, ma non sai quando e come. Questo stato genera profondo stress psicofisico. Attiva quella condizione di impotenza appresa che fa ammalare il corpo e la mente.
Per comprendere pienamente cosa vive e cosa pensa chi è preso di mira, immaginiamo un cielo cupo scuro, sempre coperto, dove giorno dopo giorno c’è sempre meno spazio per il sole, per il sereno, per i momenti di luce. Questo è lo stato di fondo di tanti ragazzi.
Cosa succede? cyberbullismo e suicidio adolescenziale
E poi cosa succede? Arriva il tuono, arriva quel frastuono che ogni volta fa sussultare anche quando si è consapevoli che arriverà.
Il nostro cervello, anche se si aspetta qualcosa di negativo, è solo più pronto, anche se in realtà non è mai davvero pronto. È solo più in allarme e quindi ha un livello di attenzione più alto.
Ogni volta che arriva il tuono delle parole e il fulmine delle prese in giro, c’è una reazione di allarme, anche fisica perché c’è il rilascio dell’adrenalina e di ormoni dello stress nel cervello.
È il significato che si attribuisce alle cose, persone, situazioni che attiva specifiche reazioni psico-fisiche e chimiche.
La reazione di allarme ha un suo tempo di estinzione: la paura non passa immediatamente e si riattiva tutte le volte che si rivivono quelle immagini e si sentono quelle parole, anche solo a livello immaginario.
Pensate di vivere costantemente in questa condizione.
Cammini e non sai quando arriverà quel tuono, quando e dove cadrà quel fulmine, se ci sarà una tempesta più forte o un uragano. Il cervello di un ragazzo deve già affrontare tanti cambiamenti legati alla crescita e ai problemi legati al quotidiano e in più, si ritrova a dover vivere e gestire tutta questa turbolenza emotiva.
Rischi cyberbullismo e suicidio adolescenziale
Questa condizione rischia di spegnerli e questo non lo possiamo permettere, perché hanno bisogno degli adulti, hanno bisogno della rete di supporto e di sostegno. Da soli diventa troppo duro.
Tutti questi ragazzi sarebbero caricati di un peso ancora più grande, di un altro peso che non è giusto che debbano sopportare da soli.
Questa è anche una delle ragioni per le quali è difficile accorgersi di ciò che accade a un figlio se non parla esplicitamente dentro casa o a scuola.
È una morsa che si stringe piano piano, giorno dopo giorno, ed è per questo che quando si hanno dei dubbi, delle perplessità, è importante confrontarsi con degli specialisti, anche solo per fare delle domande, per capire le motivazioni che spingono i ragazzi a chiudersi in se stessi, a farsi del male mettendo in atto comportamenti autolesivi, fino ad arrivare al suicidio.
Come capirli
Sono ragazzi che spesso hanno perso la fiducia, che non vedono una via d’uscita e tutti noi adulti, qualunque ruolo si ricopra, dobbiamo essere lì in maniera pertinente, efficace e supportiva.
Dobbiamo guardare i loro occhi e leggere la situazione con il filtro di un cervello adolescente che vede i problemi in maniera diversa da noi adulti.
Noi siamo andati oltre quella fase e abbiamo imparato a gestire tante condizioni. Loro, invece, hanno bisogno di credere che ci sia chi è in grado di risolvere la loro situazione.
Devono fidarsi delle istituzioni e degli adulti. Spesso hanno paura di denunciare, per il timore di affrontare gli esiti negativi.
Tante volte si interviene in maniera inefficace e chi subisce queste forme di violenza ha addirittura paura che possa peggiorare la loro condizione.
Nelle azioni di contrasto al bullismo tecnologico è importantissimo lavorare su scuola e famiglia e anche su tutta la rete che circonda i ragazzi vittime di bullismo, soprattutto gli amici e i conoscenti, per indurli a parlare, a confrontarsi con gli adulti, capendo che non significa fare la spia, ma aiutare i loro amici e quindi creare quella fondamentale rete di solidarietà e supporto.
Solo così le vittime di bullismo potranno sentire di non essere sole, capire che non sono loro sbagliate, ricostruendo nella loro mente una fiducia nel mondo e nelle persone che gli stanno vicine.
Io spero che parlare di cyberbullismo e suicidio adolescenziale vi abbia fatto riflettere.
E se avete bisogno del mio aiuto contattatemi nella sezione contatti e consulenze del sito
Buongiorno amici. Oggi parliamo di discriminazione e lo facciamo insieme ad un’ospite speciale: Giulia e il suo Raimondo.
Discriminazione secondo Raimondo
Chi è raimondo? Lo scoprirete guardando questo importantissimo video girato insieme.
Importante non solo perché tocca un tema, uno dei tanti, a me caro. Ma perché vediamo come fare per far capire ad un gruppo un pochino più giovane, i bimbi appunto, com’è bello conoscere, dialogare, comunicare senza pregiudizi.
Lo so,già è difficile con gli adulti parlare di discriminazione a vi assicuro che abbiamo trovate la quadra giusta. Quindi, godetevi questo video e magari…guardatelo con i vostri figli, non importa quanti anni abbiano.
Buongiorno amici. Oggi riflettiamo sul “vorrei ma non posso”.
Voglio trattare di questo tema perché sento troppi ragazzi, e non solo, frenarsi davanti un ostacolo che compromette, poi, il raggiungimento del loro obiettivo.
E allora riflettiamo un po’.
Hai mai provato questa sensazione?
✔ Conduci una vita apparentemente normale, ma senti di “non farcela” in un determinato contesto. Ad esempio, potresti avere una vita soddisfacente a lavoro, con gli amici, ma non riuscire a trovare un partner. Oppure potresti avere un partner, ma non riuscire a superare gli esami all’università. E così via.
✔ È come se ti trovassi davanti un muro e non riesci a vedere una reale via d’uscita. Hai provato più volte a scavalcare questa barriera, ma ti senti sempre lì, fermo al punto iniziale.
✔ Ti sei quindi convinto che c’è qualcosa di sbagliato in te (e magari ti è stato detto anche da persone care), ti comincia a salire l’ansia anche in situazioni apparentemente immotivate, comincerai ad evitare quelle esperienze che sai già che potrebbero essere fallimentari.
✔ Vivi da tanto in una situazione di insoddisfazione generale.
✔ Pensi che sei l’unica persona ad avere questo tipo di problema.
✔ Sei talmente convinto della tua “patologia” che non ti viene neanche in mente di chiedere aiuto.
Se hai risposto “si” ad almeno tre di queste affermazioni, molto probabilmente stai vivendo un blocco psicologico.
Quando si finisce dentro a questa trappola abbiamo la reale sensazione di girare a vuoto e non trovare una via di uscita.
L’unica cosa che riusciamo a fare è ripetere sempre gli stessi schemi disfunzionali. Ma, si sa, se un comportamento non ha funzionato in passato, probabilmente non funzionerà nemmeno adesso.
Cosa è un blocco psicologico
Il blocco psicologico è un vincolo creato inconsapevolmente da noi stessi, che ci impedisce di raggiungere gli obiettivi preposti.
Di solito si struttura in tenera età e viene fuori quando siamo adulti.
A volte quello che blocca è qualche convinzione negativa su noi stessi, che ci limita e ci fa sentire a disagio. Fare “quella cosa”, probabilmente, ci metterebbe ancora più di fronte a queste nostre credenze. Ed ecco che il blocco si alimenta.
La notizia positiva è che non nasciamo con questi blocchi. Quindi, come abbiamo appreso uno schema, potremmo apprenderne altri più funzionali.
Quali sono
Ci sono tantissimi blocchi, di diverse forme e dimensioni. Ne cito i più diffusi.
➡ Blocco dello studente.
Ci sono esami che non riesci a superare. Vai all’università, ma hai la sensazione di nausea e malessere. Ti senti molto agitato al solo pensiero di aprire il libro. Ti costringi a studiare, passi ore davanti al libro senza capire quello che leggi, e rileggendo la stessa frase tante volte. A volte ti auto-punisci: eviti di uscire, di fare attività piacevoli perché non sei riuscito a studiare nulla.
➡ Blocco del perfezionista.
Aspetti sempre che tutto sia perfetto prima di cominciare a fare qualcosa. Più ti impegni a fare le cose perfettamente, più la meta ti sembra lontana. Il risultato è che lasci tutto incompleto.
➡ Blocco dello sportivo.
Ti alleni per mesi, segui una dieta efficace, hai tutti i requisiti per vincere. Ma quando arriva il momento della gara, della competizione, qualcosa ti blocca e non riesci ad andare avanti.
➡ Freno del timido.
Situazioni come parlare in pubblico, metterti in mostra ti imbarazzano a tal punto che, quando ti trovi di fronte a questi contesti, il tuo corpo si paralizza e non ti permette di fare più niente.
➡ Blocco del musicista.
Suonare è la tua più grande passione. Hai dato anima e corpo per quello strumento, hai passato giornate intere chiuso in camera a suonare. Ma adesso qualcosa ti impedisce di andare avanti.
➡ Blocco emotivo.
Sei bloccato nelle emozioni, non riesci ad esprimerti davanti al partner ed a farli capire cosa vorresti. Oppure non riesci ad avvicinarti alle persone che ti piacciono.
Possibili cause del blocco psicologico
Le cause legate ad un blocco psicologico sono infinite, e diverse da persona a persona. Le più comuni sono:
Inesperienza.
Prima di pensare di avere un blocco psicologico, guarda se effettivamente hai le competenze per raggiungere l’obiettivo che ti sei posto oppure no. A volte è proprio la scarsa conoscenza dell’argomento che porta a bloccarci. Per esempio, una persona vorrebbe tenere dei dibattiti in pubblico, ma è frenata perché non conosce a fondo l’argomento proposto.
Bassa autostima.
A volte ciò che ci blocca sono le nostre credenze negative: siamo talmente convinti di sbagliare, che fare quella cosa sarebbe sinonimo di fallimento. Per saperne più su questo argomento clicca qui.
Trauma.
Capita che abbiamo avuto una brutta esperienza in passato. Probabilmente non è la stessa esperienza che ci blocca adesso, ma può darsi che la sensazione provata è simile. Se così fosse, una parte di noi ci starebbe difendendo proprio da quella sensazione sgradevole. Per esempio: in passato posso avere subito una umiliazione a scuola da un professore. Parlare in pubblico oggi mi potrebbe far contattare quella sensazione di umiliazione e fallimento provato allora. Per sapere cos’è un Trauma Psicologico clicca su questo link.
Troppe aspettative.
Sento spesso dire frasi del tipo “finché dipingevo per passione, andava tutto bene. Il problema è arrivato quando mi hanno commissionato dei quadri” oppure “andava tutto bene quando lo sport era una passione. Adesso che ne ho fatto un lavoro, sono peggiorato”. Quando sentiamo troppe aspettative da parte di terzi (o di noi stessi), il rischio è il blocco. Probabilmente per la paura di deludere, o per la paura di essere giudicati e quindi rifiutati.
Idealizzazione.
Mi sono trovata davanti casi in cui la persona si confrontava con modelli esterni o interni inesistenti. Una ragazza che era bloccata all’università si sbloccò nel momento in cui cominciò a frequentare le lezioni, quindi a capire che gli altri studenti erano persone come lei, senza troppe pretese. Prima di ciò, lei pensava che la media era superiore a quello che effettivamente era in grado di fare.
Mappe mentali consolidate.
Per mappe mentali intendo dei modi personali di risolvere un determinato problema. Una mappa mentale potrebbe essere, per esempio, chiedere aiuto appena siamo di fronte ad un problema. Se invece, la nostra mappa mentale è quella di scappare di fronte ad un problema, appena si presenterà qualcosa di difficile questa si attiverà, bloccandoci.
Paura.
Pensa agli animali… quando si fingono morti?? Quando hanno paura di essere attaccati da un predatore. E così facciamo noi. Se sentiamo un forte pericolo (probabilmente la sensazione di pericolo è reale, quindi inconscia, ma il pericolo effettivamente non c’è) ci blocchiamo e non riusciamo ad andare avanti. In questo senso il blocco arriva per difenderci da qualcosa che riteniamo minaccioso. Bisognerà dare un nome a questa minaccia.
Come superare un blocco psicologico
🔴 Comincia a renderti conto che il blocco è reale e che ti sta limitando. Non nasconderti dietro le parole “ma a me non interessa”. Se il blocco esiste è perché ad una parte di te quella cosa interessa molto! Non ammetterlo prolungherebbe soltanto l’attesa. Questo primo passo è difficile e doloroso al tempo stesso. A volte queste credenze si radicano così a fondo che non riusciamo più a distinguere ciò che siamo e ciò che è il nostro condizionamento.
🔴 Rendi cosciente la credenza negativa. Jung affermava “rendi cosciente l’inconscio, altrimenti sarà l’inconscio a guidare la tua vita e tu lo chiamerai destino”. Quindi pensa al tuo blocco, ascoltati, e poni l’attenzione sincera su ciò che ti dici di negativo. Se capisci questo, sarà tutto in discesa.
E se da solo non riesci a superare un qualsiasi blocco contattami tramite la sezione contatti e consulenze del sito
Buongiorno amici. Oggi parliamo de l’adolescente interiore e come aiutarlo.
Avrete già sentito parlare del bambino interiore e delle sue ferite, di come lavorare su esso ci aiuti a superare certi limiti e stare meglio. Tuttavia, l’infanzia non è l’unica fase critica. In termini di formazione della personalità, anche l’adolescenza ha una grande importanza e quanto accaduto in questi anni può segnare in modo profondo. Per questo motivo, vogliamo parlare dei benefici della guarigione dell’adolescente interiore.
Cosa viene in mente quando si parla di un adolescente? Probabilmente ribellione, passione, entusiasmo e voglia di conquistare il mondo, ma anche insicurezza, complessi, disorientamento e sensazione di incomprensione.
Lavorando sull’adolescente interiore si può recuperare la forza di quella fase della vita e rivedere aspetti che limitano perché non sono stati affrontati. Se siete pronti a intraprendere questo percorso, continuate a leggere.
L’impatto dell’adolescente interiore
Quando si parla di ferite infantili, molte persone non si sentono identificate. Affermano di aver avuto un’infanzia piena, felice e serena e non capiscono, quindi, da cosa possano dipendere le reazioni emotive esagerate che a volte le assalgono. In realtà, anche l’adolescenza ci segna e non sempre in positivo.
In questa fase, bisogna affrontare diverse sfide. Avvertiamo maggiore pressione accademica, la paura di essere respintie un forte bisogno di inserirsi nel gruppo. I complessi nei confronti del proprio corpo diventano più salienti e i tradimenti e le delusioni sono vissuti con insolita intensità.
Anche in famiglia cambia tutto: all’improvviso sentiamo che nessuno ci capisce, che nessuno si preoccupa per noi. Forse cominciamo a pensare che i nostri genitori vogliono solo limitarci, che non capiscono il nostro bisogno di libertà e al tempo stesso di affetto e sostegno. Potremmo sentirci paragonati o non supportati nei nostri sogni e obiettivi.
Sì, l’adolescente ha forza, coraggio, entusiasmo e ideali, ma è anche estremamente vulnerabile. Per questo è necessario rivedere le sue esperienze e aiutare l’adolescente interiore.
Un lavoro di introspezione per entrare in contatto con chi eravamo
Per guarire l’adolescente interiore, bisogna portarlo nel presente, ricordare cosa ha vissuto e come si è sentito. Per individuare i punti principali su cui lavorare, si rivelano utili le seguenti domande:
Quali sono state le figure più importanti durante la tua adolescenza? Chi ti ha segnato di più, nel bene o nel male? Puoi includere familiari, colleghi, insegnanti o qualsiasi altra persona.
Ricordare l’adolescenza. Quali emozioni predominavano? Come ti sentivi ogni giorno? Perché ti sei sentito così?
Elencare tre situazioni o eventi di quegli anni che sono stati particolarmente significativi.
Se dovessi definire la tua adolescenza in tre parole, quali sarebbero?
Cosa ha provato e vissuto il tuo adolescente interiore?
Grazie alle precedenti domande, si può svolgere un processo di introspezione che aiuta a identificare i punti da affrontare. Questi sono alcuni problemi che si possono riscontrare:
Sensazione di inadeguatezza, di inferiorità rispetto alle persone intorno a sé. Questa tendenza a paragonarsi agli altri e la mancanza di fiducia in se stessi possono essere molto radicate.
Sensazione di mancanza di comprensione e supporto. Forse le figure di riferimento non credevano in noi o sono state eccessivamente dure, autoritarie e poco empatiche. Ciò potrebbe averci scoraggiati a inseguire i nostri sogni e intraprendere certi progetti. Forse ci costringiamo ad avere la vita che “dovremmo avere”, mentre zittiamo la nostra voce interiore che chiede qualcosa di diverso.
Complessi su aspetto fisico o personalità. Essersi sviluppati molto presto o tardi, un fisico diverso per qualsiasi motivo o interessi che non si adattavano a quelli degli altri possono avere ripercussioni anche in età adulta. È noto che i complessi e un’immagine di sé negativa causano intenso stress emotivo, dunque frustrazione e tristezza.
Paura del rifiuto e difficoltà a stabilire dei limiti. Durante l’adolescenza è forte il bisogno di adattarsi, di essere accettati dai coetanei. Chi è stato rifiutato o non ha avuto amicizie sane durante questo periodo, potrebbe sentire il bisogno di compiacere ed essere incapace di dire “No”.
Paura dell’intimità emotiva. Se le prime relazioni sentimentali sono state dolorose, segnate da tradimenti o abbandono, da adulto si potrebbe avere paura dell’impegno e di aprirsi emotivamente.
Come guarire l’adolescente interiore
Dopo aver identificato le ferite passate e le situazioni in sospeso, possiamo intraprendere alcuni passaggi per guarire l’adolescente interiore:
Ricordare che ora siamo adulti. Non dipendiamo più dagli altri e godiamo di più strumenti per gestire le situazioni. Possiamo donarci l’amore e la convalida di cui abbiamo bisogno, oltre a scegliere relazioni e legami.
Riflettere sugli insegnamenti delle esperienze passate. Cosa ci hanno insegnato su noi stessi, gli altri e la vita? Sicuramente hanno contribuito al nostro sviluppo personale in qualche aspetto; in caso contrario, è tempo di cercare le lezioni nascoste e farle proprie.
Perdonare chi ci ha ferito o deluso. Non come un modo per giustificare le loro azioni, ma come un modo per liberarci dalla loro influenza. Capire che, forse, non potevano o non sapevano agire diversamente e che, in ogni caso, non meritiamo di provare ancora quel dolore. Impariamo da quanto successo e lasciamo andare il risentimento.
Perdonarsi per non aver saputo fare meglio, per le volte che abbiamo ignorato la nostra natura per compiacere gli altri.
Imparare ad ascoltare l’adolescente interiore nel quotidiano. La sua voce incoraggia a correre dei rischi, a scommettere su se stessi e perseguire i propri sogni. È la voce che invita divertirsi, riposare e godersi la vita. È quel grido di ribellione che spinge a difendersi quando una situazione insulta la propria anima. Diamole un posto nella nostra vita.
Conclusioni- l’adolescente interiore
Guarire l’adolescente interiore aiuterà a ritrovare passione e forza, a bilanciare i doveri con i piaceri e, soprattutto, a credere in se stessi. Da adulti, concediamo a quell’adolescente convalida, supporto e limiti, così tutto inizierà a cambiare.
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Buongiorno amici. Oggi parliamo di autostima e adolescenza.
L’ adolescenza è quella fase della vita nella quale i protagonisti cercano di trovare il loro posto nel mondo e di capire chi diavolo sono. È per questo che l’autostima ha un ruolo fondamentale: cavalcandola, i ragazzi potranno affrontare le diverse sfide che implica questa fase, che non sono poche è hanno tutte una certa importanza.
D’altra parte, anche se vogliono uscire dalla protezione che viene offerta loro dai genitori e da altre figure di riferimento, continuano a dipendere da loro che, inoltre, continueranno a condizionare parte della visione che hanno del mondo e di loro stessi. In questo modo, adottando il punto di vista dei genitori, capiremo quanto è complicato il loro ruolo nella fase dell’adolescenza.
Parliamo di quel “doverci essere senza esserci davvero” o “esserci, ma restando nell’ombra”, come quando sono piccoli e fanno i loro primi passi. I genitori li lasciano andare, ma li seguono molto da vicino, perché sanno che devono raggiungere i loro obiettivi, ma questa volta senza il loro aiuto diretto. Anche se ha volte non sono ben accetti, i genitori continuano a essere responsabili per i propri figli durante l’adolescenza, sia delle loro azioni sia della loro educazione o della loro autostima.
Tutti i genitori vogliono vedere i propri figli raggiungere il successo. Nonostante ciò, molti dimenticano che, oltre ai risultati, gli adolescenti devono superare sfide importanti, come quelle relazionate alla propria immagine e alla propria autostima. Così, la realtà ci dice che molti giovani hanno problemi a essere accettati, sia dagli altri sia da se stessi.
I genitori possono avere un ruolo fondamentale nel costruire un senso di identità nei propri figli adolescenti.
L’importanza dell’autostima durante l’adolescenza
L’autostima durante l’adolescenza influisce sulla vita e sulle decisioni del ragazzo, sulle sue relazioni e sul suo rendimento scolastico. Per questo motivo, è importante sottolineare che una bassa autostima può portare gli adolescenti ad assumere comportamenti rischiosi, tra i quali troviamo il consumo di droga, la violenza, i disordini alimentari, le abitudini sessuali rischiose, ecc. Per non parlare di quanto sono vulnerabili di fronte alla pubblicità di sette o gruppi violenti.
Non possiamo dimenticare nemmeno che l’autostima degli adolescenti è la base del loro futuro come adulti. La vita è già abbastanza difficile con un’immagine positiva di se stessi per darla per scontata o sottovalutarne l’importanza.
Consigli per aumentare l’autostima degli adolescenti
Anche se non si tratta di un compito facile, a volte i genitori devono usare tutti i mezzi a loro disposizione per migliorare l’autostima dei propri figli adolescenti. Ecco alcuni consigli per riuscirci.
Stabilire limiti ed aspettative
Anche gli adolescenti hanno bisogno di alcuni limiti, anche se adattati alla loro età. Se durante l’infanzia i limiti sono fondamentali, durante l’adolescenza sono vitali se si desidera che i propri figli crescano in sicurezza e siano responsabili. È quindi importante stabilire delle regole e delle aspettative che si adattino a quelle che vogliono gli adolescenti, in modo da contribuire alla loro crescita, invece di limitarla.
Durante il periodo dell’adolescenza, si presentano situazioni che, non essendo ancora abitudinarie, bisogna lasciare incontrollate. Aspetti come le uscite con gli amici, l’uso di dispositivi mobili o la scoperta della sessualità, ad esempio, vanno affrontati con il dialogo, argomenti e accordi che vanno rispettati da entrambe le parti. È qui che entra in gioco l’abilità dei genitori di negoziare, di stabilire delle regole che nascano anche dal consenso dei figli adolescenti, senza che siano limiti che manchino di condiscendenza.
La comunicazione con gli adolescenti deve essere fluida e aperta, deve favorire una relazione flessibile nella quale, senza esser dispotici, i genitori sappiano esercitare l’autorità che spetta loro. Le regole devono essere chiare e devono trasmettere valori concreti.
Essere generosi con i complimenti
Molti genitori si sforzano, perché i propri figli diano il meglio di loro e si superino, ma troppo spesso si concentrano su ciò che gli adolescenti non hanno fatto bene o su come potrebbero migliorare. Invece, anche se gli adolescenti hanno bisogno di stabilire delle mete, è importante anche che sappiano quando hanno fatto bene qualcosa e persino quando superano se stessi, anche se hanno ancora molta strada da fare.
Per gli adolescenti, è anche importante ricevere elogi specifici quando usano abilità che loro stessi hanno deciso di sviluppare o quando sono particolarmente bravi in una disciplina. Anche se i gusti o le aspirazioni dei figli possono non essere le stesse dei genitori, bisogna rispettarli e riconoscerne il valore. Non bisogna dimenticare che, anche se la loro maturità non permette ai genitori di concedere loro un’indipendenza totale, alla fine sono le loro vite che stringono tra le mani.
Tuttavia, non bisogna nemmeno esagerare con i complimenti e dimenticarsi di tutto il resto. Gli elogi presentati nel modo giusto sono una vera e propria carica per la loro motivazione, ma un eccesso può aver conseguenze negative, soprattutto se questi elogi sono sempre accompagnati da ricompense materiali, ben lontane dall’attività nella quale hanno messo l’impegno che i genitori vogliono premiare.
Incentivare la formazione di opinioni proprie
Gli adolescenti amano dire la propria. Ciò li fa sentire grandi e permette loro di spiccare. Inoltre, dà loro la possibilità di fare una delle cose che amano di più: discutere. Questo è normale e necessario.
Nonostante ciò, ci sono molte situazioni in cui gli adolescenti, poiché non hanno un criterio proprio per formare le loro opinioni, usano quelle degli altri e, guidati dalla convinzione sbagliata che chi più urla o più masse smuove è il migliore, adottano quel punto di vista senza metterlo in discussione.
I genitori devono incentivare la formazione di opinioni personali nei figli, senza imporre loro le proprie idee o quelle degli altri. Devono offrire una visione ampia del mondo e rendere possibile una vasta gamma di esperienze che permetta loro di pensare in libertà.
Incentivare la presa di decisioni
Gli adolescenti devono imparare anche a prendere le proprie decisioni, a esserne responsabili e a decidere d’accordo a criteri che si basano sui loro valori personali. I genitori fanno bene a permettere ai propri figli adolescenti di decidere da soli, di scegliere i propri gusti e le proprie aspirazioni, sempre se ciò non li esponga a un serio rischio. Tornando all’esempio del bambino che sta imparando a camminare: dobbiamo permettergli di dirigersi nella direzione che preferisce, sempre se lungo la sua strada non ci sono ostacoli imminenti che possono mettere a rischio la sua vita.
La questione non finisce qui. I genitori devono aiutare i propri figli a tracciare un piano che sia coerente con le proprie decisioni e che agisca d’accordo alle decisioni che hanno preso. Bisogna anche lasciare che affrontino le conseguenze delle proprie azioni e delle proprie decisioni. Va bene offrire loro un sostegno per risolvere i problemi, ma senza guidarli per mano né facendo tutto lo sforzo per loro.
Io spero che parlare di autostima e adolescenza vi sia stato utile.
Vi ricordo che se avete bisogno del mio aiuto potete contattarmi nella sezione “contatti e consulenze” del sito
Buongiorno amici. Oggi riflettiamo sull’argomento figli che non parlano con i genitori.
Quante volte i genitori spesso sono gli ultimi a sapere le cose e a non essere informati di ciò che accade ai figli direttamente da loro.
Spesso e volentieri i ragazzi parlano con gli adulti solo quando c’è una necessità estrema o quando il problema è venuto a galla per cui non possono più nasconderlo.
In questo caso scatta quasi automaticamente il: “perché non me lo hai detto prima???”, seguito da tutte le accuse del caso, fino al “mi devi dire tutto quello che succede!“.
Perché non parlano con gli adulti, cosa scatta nella loro testa?
Se i figli non lo fanno ci sarà forse un perché e bisogna capire cosa li spinge a tenersi tutto dentro a parte il fatto che sono adolescenti,.
Vogliono la loro autonomia e spazi, fanno cose che non devono fare, mettono in discussione regole e adulti e segnano una linea di confine tra i due mondi molto ben marcata con tanto di bandiera con la scritta “tanto voi non mi capite”.
1. DEFINIRE LE PRIORITÀ, NON SERVE SAPERE TUTTO MA LE COSE IMPORTANTI
Innanzitutto, non c’è sempre bisogno di dire proprio tutto quello che succede nella loro vita, uno spazio personale e privato, un figlio lo deve sempre avere.
Bisogna fargli arrivare il messaggio che devono essere comunicate le cose importanti e fargli capire cosa secondo voi è prioritario e cosa no.
A loro non deve arrivare il messaggio che dovete sapere perché vi fa stare più tranquilli e perché potete controllare tutto.
A loro dà molto fastidio essere OBBLIGATI a raccontarvi le cose o il capire che vi intromettete di forza per placare la vostra ansia e non perché siete interessati totalmente a loro e alla loro emotività.
E’ una delle lamentele che fanno maggiormente in terapia rivolte ai genitori “me lo chiede perché così sta tranquilla, non perché le importa veramente di me“.
2. NO A DITA PUNTATE E A “TE L’AVEVO DETTO!”
Quello che temono i figli e che odiano, soprattutto quando sono adolescenti, è il famoso “te l’avevo detto“.
Lo sanno di aver sbagliato, sanno che glielo avevate detto e che glielo fate pesare per cui, per evitare che non vi dicano le cose e saltino la fase “ti racconto cosa accade nella mia vita”, mettete da parte il “te l’avevo detto”.
Cercate di andare al sodo, al nucleo del problema e aiutateli a risolverlo, perché quando si delega la risoluzione ad un genitore significa che non sono stati in grado di risolverlo da soli e che hanno bisogno di un aiuto concreto.
Questo confronto, soprattutto quando sono in torto, gli costa tanta fatica emotiva, per cui apprezzate e dategli una mano effettiva, spiegando loro l’importanza di parlare prima che accadano le cose, per trovare una soluzione precoce ed evitare inutili stress e tensioni che li fanno vivere male.
Evitate quindi il “me lo dovevi dire prima“, “adesso come facciamo” e lamentele varie legate al fatto che dovevano parlare prima.
Non lo hanno fatto, per cui si deve andare avanti, facendogli capire senza ulteriori pesi emotivi l’importanza di farlo prima e che il genitore è lì per aiutarli e non per mettergli il bastone tra le ruote.
3. ATTENZIONE ALLE REAZIONI. RABBIA E PUNIZIONI PORTANO AL SILENZIO DEI FIGLI
Non parlano se sanno che dall’altra parte verranno puniti o che il genitore si arrabbierà e gli toglierà o sequestrerà qualcosa a loro utile e caro
.A volte gli pesa veramente tanto il fatto di deludere il genitore, soprattutto se non sono i figli modello e ne combinano una dietro l’altra, e se hanno un confronto in casa con altri fratelli o sorelle molto bravi e diligenti.
Può sembrare che non gli importi niente ma, anche se non lo fanno vedere, si rendono conto, soffrono della situazione che creano in casa e non daranno mai la soddisfazione al genitore di dargliela vinta.
L’orgoglio adolescenziale per loro è veramente un grande limite.
4. NO ALLA SVALUTAZIONE DEI LORO PROBLEMI E DELLE LORO REAZIONI
Hanno timore di non essere compresi e che il genitore svaluti
il problema attribuendolo ad una fase transitoria, ad un problema tipico tra ragazzi o della fase adolescenziale.
Mettetevi nei loro panni, leggete il mondo con i loro occhi perché ciò che è importante per voi, magari non lo è per loro, e viceversa.
Se si sentono svalutati in ciò che sono e che fanno non parleranno e terranno tutto dentro.
Non vanno attaccati e criticati per ciò che fanno, per come parlano, per come si pettinano, per come si vestono, perché guardano determinate cose e perché ascoltano determinata musica, “come fai a guardare quelle cose“, “come fanno a piacerti ecc”… e così via
Non sono atteggiamenti che aprono una discussione e favoriscono il dialogo e la comunicazione in casa.
Generazioni
La loro generazione è totalmente diversa dalla nostra, come modo di approcciarsi alla vita, contesto, punti di riferimento, valori, modo di pensare e di ragionare, organizzazione del pensiero, modalità di acquisizione delle informazioni, di apprendimento, di espressione delle emozioni e sentimenti (che non ci sono quasi più), di comunicare e di modalità di relazionarsi.
Se non si capisce questo, se non si prova a capire la loro quotidianità, a parlare la loro lingua, a conoscere il loro mondo e modo di vivere e di approcciarsi, nonché il contesto in cui si muovono, il genitore rimarrà sempre indietro, dovrà rincorrere il figlio,.
NON POTRA’ STARGLI DAVANTI E FARGLI DA GUIDA, ma da zavorra o da persona lontana da lui che gli serve solo quando c’è bisogno di qualcosa di materiale, di soldi o per risolvere qualche problema grave.
Questa condizione frustra tanto anche i genitori, che si sentono bancomat, sfruttati dai figli, non amati e riconosciuti per ciò che fanno per loro.
Si deve cambiare questa dinamica che si instaura troppo spesso tra genitore e figlio perché, se i ragazzi si trovano nei guai, è bene che intervenga precocemente l’adulto di riferimento, senza che facciano di testa loro o che si facciano aiutare dagli amici che magari stanno nella loro stessa barca.
Solo tendendo loro la mano ed entrando nel loro mondo, senza invaderlo, si riesce a ricucire un rapporto che è la base che rende un genitore più tranquillo perché sa che si può fidare del figlio e che qualsiasi cosa accada, verrà informato e potrà aiutarlo a risolverla.
Io spero che parlare di figli che non parlano con i genitori vi sia stato utile.
Vi rricordo che se avete bisogno di me potete contattarmi nella sezione contatti e consulenze del sito
“Gli alunni devono guardarsi in faccia e relazionarsi tra loro”
Buongiorno amici. Oggi parliamo dei cellulari vietati in classe in un liceo bolognese.
La decisione è stata presa dalla dirigente di un liceo nel bolognese. Decisione per cui dono pienamente d’accordo e vediamola nel dettaglio
La decisione-cellulari vietati in classe
I nostri studenti – spiega la rettrice della scuola, Elena Ugolini – in questi anni di didattica a distanza hanno capito quanto sia importante la presenza, la relazione. Con questa proposta gli chiediamo di guardarsi in faccia, di stare concentrati su quel che fanno e di lavorare insieme”. La decisione di bandire i cellulari è stata approvata all’unanimità dal collegio dei docenti e inserita nel regolamento d’istituto. Già erano presenti sanzioni nel caso di utilizzo improprio del telefono.
Scuola – cellulari vietati in classe
Desideriamo che la scuola, dopo tutto quello che abbiamo vissuto, sia davvero un luogo dove si sperimenta, si impara, si fa ricerca e si utilizza il digitale quando serve, non perché si è creata una dipendenza da cui non ci si riesce a staccare” dichiara Elena Ugolini. Senza cellulari, dunque, ma non senza le Lim (lavagne multimediali) o i computer per la didattica online.
RIFLETTIAMO
Queste le parole della dirigente riguardo la decisione presa.
Come dicevo inizialmente, sono pienamente d’accordo.
Er aalcuni motivi. La scuola è in primis un luogo dove si imparano nozioni e se sei distratto dal telefono non riuscirai né a concentrarti né a rendere. Conseguenza: frustrazioni, fallimenti, rimproveri, probabili bocciature.
Ma la scuola, così dovrebbe essere, è anche il luogo dove si cresce, si matura, ci si relaziona e si fanno le prime vere amicizie. Si passa dall’essere immaturi all’essere adulti consapevoli.
E nnon solo per le nozioni che, ovviamente, ci vengono impartite.
Ma impariamo a sbagliare, a rialzarci, a rapportarci con i nostri coetanei.
Avete, ragazzi miei, tutto il tempo per usare il telefono. Imparate quindi a… Vivere… E a godervi il mondo reale.
Aiuto – cellulari vietati in classe
Io spero che il parlare dei cellulari vietati in classe vi abbia fatto riflettere.
E se, adulti o ragazzi che siate, avete bisogno di aiuto, contattatemi nella sezione “contatti e consulenze del sito