Oggi, come sempre, voglio riflettere con voi sulla gentilezza. E, soprattutto, sugli errori che i genitori fanno quando parliamo di insegnamenti.
Troppo spesso vedo genitori impegnati a impartire lezioni di…
“non piangere perché sembri una femminuccia”
“chi piange dimostra debolezza”
“la persona gentile è considerata debole e intimidita dal mondo. Senza attributi”
” devi farti rispettare”
E le conseguenze a tutto questo sono due : o si diventa bulli, pensando che si venga rispettati solo se gli altri ci temono; o si diventa bullizzati, timidi, impauriti dal fatto di sentirsi sbagliati solo perché si è semplicemente e meravigliosamente gentili.
Insegnamenti
I veri e giusti insegnamenti sono atri…sono il contrario, l’esatto opposto di quello ceh abbiamo visto sopra.
I genitori devono insegnare ai ragazzi ad essere se stessi, ad esprimere le loro emozioni, il loro carattere così com’è e , soprattutto, non devono vergognarsi di essere gentili, di piangere .
Noi siamo fatti di emozioni. Plauso bellissimo a chi ha diretto e soprattutto ideato il film “inside out”.
Nel film si parla proprio di questo: di come le nostre emozioni vengono a galla e influenzano la nostra vita, i nostri atteggiamenti e reprimerle non è assolutamente un bene.
Non esiste il debole
La persona gentile è la persona rispettosa degli altri che l circondano; è la persona empatica, sensibile, educata…appunto, educata ed educata bene.
Non esiste la persona debole, nessuno deve bullizzare per il proprio modo di essere perché, fortunatamente, siamo tutti diversi, tante bellissime unicità che itneragiscono…ma interagiscono nel modo corretto.
e ricordatevi, genitori e fili, che in un mondo ni cui, ormai, il rispetto è una perla rara, voi farete la differenza.
Quali le azioni da compiere e no davanti a tutto ciò
Buongiorno amici:) Oggi riflettiamo su adolescenza a silenzi.
Da un momento all’altro il figlio con cui condividevate tutto decide di tirare su un muro e trasformarsi in quel ragazzo a volte un po’ sgarbato che non ha la minima intenzione di raccontarvi di sé, né tanto meno dirvi cosa abbia fatto a scuola o con i suoi amici.
Niente panico, tutto ciò potrebbe essere necessario per crescere!
Durante l’adolescenza, infatti, si vivono le prime esperienze, i primi amori, il gruppo dei pari assume un ruolo centrale e permette all’adolescente di sperimentarsi maggiormente nelle relazioni e confrontarsi con il mondo esterno.
Non sempre silenzio significa malessere:
il figlio, tenendo per sé tutto quello che fa e pensa, cerca di prendere le distanze dai genitori, cerca di arricchire il proprio ORTICELLO così da poter affermare la propria autonomia e il proprio sé, sebbene sia immerso in un groviglio di emozioni a cui spesso non sa ancora dare un nome.
Come affrontare allora questo momento delicato? Ecco qualche piccolo consiglio:
COSA FARE:
Rispettare i suoi tempi.
Per far sì che vostro figlio si confidi con voi nei momenti importanti è opportuno saper rispettare i suoi tempi, i suoi spazi ed i suoi pensieri.
Soprattutto ricordate di intervenite repentinamente soltanto quando credete che possa esserci qualcosa di grave da metterlo in reale pericolo.
Mostrarsi disponibili all’ascolto.
Instaurare una buona comunicazione è fondamentale per far sì che si crei una relazione di fiducia.
Prima di porvi come giudici, cercate di ascoltare tutto ciò che ha da dirvi, prendendo in considerazione il suo punto di vista, per guidarlo all’autonomia senza aspettarvi che faccia proprio come diciate voi.
“Sbagliando si impara”.
Anche se a volte potrà essere difficile ed impulsivamente vorreste essere voi a dover aggiustare il tiro di una situazione complessa, è importante riconoscere quali siano i momenti in cui essere semplici spettatori e fare un piccolo passo indietro ma al tempo stesso essere pronti a sostenerlo quando necessario.
“E tu come stai?”.
A volte potrebbe sembrare scontato ma troppo spesso ci si concentra maggiormente sulla scuola, sullo sport o su episodi specifici senza prestare attenzione a come si sente vostro figlio.
Infatti, è opportuno sintonizzarsi emotivamente con lui, comprendere ciò che sta attraversando e fornirgli un supporto e non solo regole e rimproveri.
Cosa invece è importante NON FARE:
Non costringerlo a parlare.
È fondamentale non forzarlo in maniera eccessiva e ostinata a raccontarvi tutto quello che fa a scuola o con i suoi amici.
È giusto monitorare e informarsi, ma evitate di sommergerlo di domande continue che potrebbero esasperare e portare a un dialogo poco proficuo e da cui ne ricavereste ben poco.
Non essere invadenti.
Non controllate a sua insaputa il suo smartphone e i suoi profili social, non entrate nella sua camera senza bussare e soprattutto NON SBIRCIATE tra le sue cose soltanto perché siete curiosi.
Sicuramente, invece, è importante che sia consapevole che nei momenti di difficoltà potrà essere lui stesso a venire direttamente da voi per confidarsi e per cercare insieme una soluzione che possa aiutarlo.
Non sminuire ciò che vi racconta.
Le difficoltà che possono incontrare gli adulti sono completamente diverse da quelle di un’adolescente, ma non per questo hanno meno importanza e valore.
Gli adolescenti, infatti, vivono gran parte delle loro esperienze per la prima volta e sentirsi sminuire crea una grande barriera emotiva che non permette di potersi esprimere liberamente, alimentando così l’effetto chiusura.
Non arrendersi.
Il compito più arduo è proprio quello di non sentirsi incapaci come genitori solo perché vostro figlio si sta “allontanando” da voi.
Tutto ciò è fisiologico e non vuol dire che per lui non siete più importanti ma, al contrario, per vostro figlio la vostra opinione è sempre fondamentale.
Il vostro ruolo deve modificarsi in base all’età, dovrete essere una base sicura sulla quale fare affidamento senza sentirsi mai sbagliati e inadeguati.
Ricordate che i cambiamenti di vostro figlio nei vostri confronti sono i segnali positivi della sua crescita e di conquista della sua autonomia.
Buongiorno amici. Oggi parliamo di adolescenza: così, nell’adolescenza, esce ciò che seminiamo.
L’adolescenza è un periodo di transizione dall’infanzia verso l’età adulta, che va da circa i 12 fino ai 19-20 anni, periodo dell’età evolutiva durante i quali i ragazzi attraversano numerosi cambiamenti nel corpo e nella mente: acquisiscono nuovi ruoli e responsabilità all’interno del contesto sociale e si trovano a dover strutturare una propria identità.
Periodo complesso
È un periodo complesso, come sanno tutti i genitori: se da una parte i ragazzi cercano una nuova autonomia e una maggiore indipendenza, dall’altra hanno ancora bisogno di percepire un «porto sicuro», la famiglia. Ma a volte capita che la conflittualità tra le due generazioni diventi esasperata, rasenta i limiti della tollerabilità. Se è normale una contrapposizione che serve al giovane per esprimere la propria differenza dal nucleo familiare, e quindi un’identità propria, specifica, si scivola talvolta in situazioni in cui crede che tutto sia dovuto, in cui vede solo sé stesso e le sue esigenze, e il genitore come una persona da usare per ciò che serve.
La patente non serve prenderla perché i genitori sono «autisti» sempre disponibili ad accompagnarlo da tutte le parti; ci si può inventare diete vegane o alternative perché c’è sempre qualcuno che cucina, differenziando ogni singolo menù; non c’è bisogno di ricordare di prendere le chiavi di casa perché si può suonare il campanello a qualsiasi ora della notte. Non c’è bisogno di «agire» insomma, perché in tutte le situazioni c’è chi lo fa per lui.
Genitori e comunicazione
La comunicazione è basata sul «fammi», «mi devi dare», «dammi». E questo atteggiamento si riversa non solo nei confronti dei genitori, ma delle regole e di ciò che rappresenta l’istituzione in generale, insegnanti compresi. Spesso, infatti, viene richiamato a scuola o vengono convocati i genitori per problemi comportamentali legati alla disciplina.
Sempre più spesso osserviamo genitori che si rapportano ai figli con un’eccessiva apprensione, quasi ossessiva, che alla lunga finisce per essere deleteria. «Stai attento, te lo faccio io», «Chiamami quando arrivi», «Con chi esci? Dove vai?».
Ibambini, i ragazzi e poi gli adolescenti, hanno bisogno di mettere alla prova le proprie capacità, acquisendo così sempre più sicurezza e fiducia in sé stessi.
Fare le cose al posto loro non li aiuta a crescere: bisogna aiutarli solo quando serve, stimolando la loro autostima, senza mai sostituirsi a loro. Ed è invece proprio l’insicurezza che si genera con atteggiamenti iperprotettivi a determinare scompensi interiori, conflitti, rabbia, frustrazione, premessa per future crisi di panico e attacchi d’ansia.
Protezione
Il compito del genitore quindi non è quello di sostituirsi a lui per poterlo proteggere meglio, ma quello di «esserci», di «essere presente» quando avrà bisogno di sostegno: fornendo affetto, attenzioni, ascolto, accompagnandolo nelle sue insicurezze e dubbi, aiutandolo a comprendere e a gestire le sue emozioni e le sue paure.
Proteggere i figli da ogni singola fatica, impegno o disagio (per non parlare di eventi assolutamente banali e regolari) comporta una rinuncia sul piano esperienziale: il messaggio che recepiscono è «non posso farcela da solo», «non sono capace», così si insinua gradualmente il concetto che «qualcuno lo farà per me…» e quindi alla fine «tutto è dovuto».
Da qualche anno ormai si sente parlare di adolescenza infinita, adolescenti di trent’anni e più… ma quando finisce l’adolescenza? Essere completamente sé stessi, riuscire ad esprimersi e a vivere senza condizionamenti è la base per raggiungere la piena autonomia e indipendenza.
Termina quando è ben chiaro chi si è, dove si vuole andare e quando si è pronti a costruire rapporti stabili e significativi, anche con sé stessi.
Buongiorno amici. Oggi parliamo di ragazzi che fuggono senza pagare il conto a Malta.
ma soprattutto, della bellissima lezione di vita di un papà.
on avevano pagato il conto dopo avere pranzato nel ristorante pasta & Co di Msida a Malta.
Bravata punita
La bravata di cinque ragazzi ragusani, analoga a quanto avvenuto nei giorni scorsi in un altro ristorante in Albania, è stata risolta immediatamente grazie al gesto del padre di uno di loro che ha impartito al figlio anche una lezione di vita.
Dopo avere appreso la notizia dai giornali locali ed avere ottenuto una piena confessione del figlio, ha chiamato i proprietari del ristorante per scusarsi e pagare il conto di circa 100 euro.
Questi ultimi hanno risposto di voler devolvere la somma in beneficenza ad una organizzazione non governativa, con sede a Gozo, che si occupa di persone diversamente abili.
Bravo papà
A questo punto il padre del ragazzo ha deciso di fare un bonifico complessivo di 250 euro direttamente sull’iban della fondazione.
“Una lezione di rispetto e di educazione impartita al figlio – ha commentato all’ANSA Giacomo, uno dei titolari del ristorante, originario di Mazara del Vallo.
Addirittura il genitore ha dato la propria disponibilità a far lavorare il figlio gratis nel ristorante per un mese per fargli capire la gravità del suo comportamento”.
Giacomo aveva riconosciuto la provenienza dei 5 ragazzi per via dell’accento e delle telecamere del punto vendita che avevano immortalato i ragazzi mentre si davano alla fuga.
Esempio
Un grande esempio di padre.
Lo dico sempre e continuerò a farlo a tutti quei genitori che pensano di ottenere qualcosa urlando senza dare spiegazioni, che puntando il dito senza educare al cambiamento.
Con le urla non si ottiene nulla. Con i “ti tolgo il telefono” nemmeno.
Qual’è il ruolo, uno dei, dei genitori? E’ quello di educare i ragazzi a prendersi le responsabilità delle loro azioni.
E’ il far capire dove si è sbagliato e che, ad ogni azione fatta male, ci sarà sempre una conseguenza.
Non è stata una bravata ma un non rispetto per delle persone che lavorano in modo onesto. La giusta “Punizione” di questo papà è esemplare.
Niente vacanze la prossima estate ma lavori lì, dove hai rubato soldi, per capire la fatica che fanno queste persone tutti i giorni.
Vi ricordo che se avete bisogno del mio aiuto potete contattarmi qui
Buongiorno amici. Oggi educhiamo con i gesti🙂 attraverso un bellissimo video
oggi non voglio fare nessun discorso particolare.
Lo sapete che molte volte uno sguardo, delle immagini, un gesto valgono più di mille e più pole .
E questo è il caso.
Giappone-educhiamo con i gesti
Stavo giusto postando un argomento riguardante i nostri cari adolescenti quando, online, vedo questo video e me ne innamoro.
Un video che dovrebbe essere visto quotidianamente da grandi e piccini perché riassume, in pochi secondi, il senso del rispetto e della gentilezza. L’educazione che, i genitori in primis, dovrebbero insegnare ai propri figli.
I genitori, che devono essere una guida e un buon esempio per i ragazzi fin dalla nascita perché, come dico sempre, i più piccini apprendono dai comportamenti più che dalle parole. Ed è questo il senso di questo video.
Educhiamo con i gesti
Se ad un bimbo così piccino viene detto mille volte, e magari anche a mo’ di rimprovero, che bisogna essere gentili, bisogna fare sedere prima le persone anziane, o una dona incinta, qualsiasi persona abbia più bisogno di noi di un posto sull’autobus, molto probabilmente non apprenderebbe se prima non vedo il, genitore che lo fa.
In Giappone hanno trovato un modo molto carino per insegnare tutto questo.
Nel video i bambini sono impegnati coi gesti, non con le parole, ad essere rispettosi e gentili verso chi ha più bisogno di noi.
E come sono rimasta colpita io, da adulta, di tutto questo lo saranno stati sicuramente tutti i bimbi che hanno visto e che ne sono stati convolti.
Esempio
Quindi imparate, voi adulti , ad educare col vostro esempio. Siate i migliori influencer dei vostri figli.
Buongiorno amici. Oggi vediamo perché è impossibile educare la mente senza educare il cuore.
Le relazioni emotive stabilite durante l’infanzia determinano gran parte del futuro di una persona. Tradizionalmente, la razionalità è il cuore dell’educazione, ma ad essa sono strettamente collegate le abilità emotive e sociali.
Il motivo per cui è bene educare il cuore è che, se oggi ci occupiamo delle emozioni, domani avremo meno problemi causati dai conflitti tra esse. Tali problemi possono essere semplici e quotidiani oppure più gravi, come la violenza, il suicidio o il consumo di droghe.
Attraverso l’educazione emotiva, possiamo sviluppare un Io sano, i cui punti forti sono la libertà e la maturità emotiva, e il quale vive le sensazioni di auto-realizzazione e di vittoria.
È bene educare il cuore anche perché la plasticità neurale propria dell’infanzia ci aiuta a modellare lo sviluppo cerebrale, fomentando così il potenziamento di circuiti sani.
La pratica fa il maestro
Il punto più importante sul quale lavorare è il momento in cui veniamo colti da un’emozione, perché è lì quando possiamo imparare a gestirla al meglio. In altre parole, l’apprendimento è maggiore tramite la pratica, perché le emozioni sono qualcosa di intangibile e astratto, difficili da comprendere senza l’esperienza.
Ad esempio, i bambini che riconoscono le loro emozioni negative, come l’ira o la rabbia, imparano a gestirle meglio e ad affrontarle con successo. Tuttavia, purtroppo, attacchiamo di frequente le emozioni dei nostri figli: se si arrabbiano, noi li castighiamo o ce la prendiamo con loro.
Tale reazione degli adulti fa dedurre ai bambini di non dover condividere certe emozioni e, pertanto, finiscono per perdere il contatto con esse. Il risultato non è la scomparsa dell’emozione in questione come si potrebbe pensare, bensì un indurimento del rapporto tra genitori e figli.
Educare il cuore: un compito appagante
Anche se il termine “educazione emotiva” è molto attraente, dobbiamo fare attenzione quando la mettiamo in pratica. Quando insegniamo accuratamente a fare addizioni e sottrazioni, dobbiamo impegnarci ad istruire anche il cuore.
Il bambino deve imparare ad individuare i segnali offertici dai sentimenti e deve impiegarli come base per prendere decisioni adeguate al clima affettivo che respira nel suo ambiente.
A questo scopo, dobbiamo trasmettere un messaggio chiaro ai bambini: tutti i sentimenti sono ben accetti, sono gli atteggiamenti che talvolta vanno corretti. Per svilupparsi emotivamente, è fondamentale capire che tutti, in certe situazioni, avvertono gelosia, avarizia, delusione, ecc. La cosa più importante è che imparino a familiarizzarsi con questi sentimenti e ad esprimerli in modo adeguato.
Per riuscirci, dobbiamo preoccuparci di dare ai più piccoli degli strumenti che li supportino. Questo concetto è molto importante, perché ci sono tanti bambini timorosi dei loro sentimenti: il loro problema è che non sono in grado di separarli dal comportamento.
In altre parole, è molto importante che il bambino capisca che, se è stato rimproverato dopo aver espresso dell’ira, non è stato a causa dell’emozione in sé, ma della sua condotta. Una buona soluzione per riuscirci è raccontargli una storia su un bambino immaginario che ha provato quell’emozione e che ha risolto la situazione agendo in un modo diverso. Possiamo invitarlo anche a comunicarci le sue sensazioni, a esprimerle in un disegno o in un piccolo testo.
In questo modo, il bambino ha la possibilità di imparare a calmarsi prima di pensare e di agire. È normale che si arrabbi o avverta gelosia, ma deve capire che alla radice del suo atteggiamento c’è un’emozione.
Non bisogna dire ai bambini di calmarsi, ma invitarli a comprendere che certi stati emotivi sono spiacevoli per tutti. Per controllare il comportamento derivante dalle sue emozioni, deve imparare a trattare gli altri nello stesso modo in cui lui vuole essere trattato da loro.
Tutte le strategie che contengano giochi, racconti e dinamiche divertenti sono adeguate per favorire l’assorbimento dei principi di cui abbiamo parlato in questo articolo. In questo modo, aiuterete i vostri figli a sviluppare la loro capacità di pensiero e di pianificazione, così da evitare situazioni complicate e infelici.
Buongiorno amici. Oggi riflettiamo sul fatto che si educa coi fatti, poco con le parole.
Lo dico e lo dirò sempre: i genitori devono essere il buone esempio, la guida fin da quando siamo piccini.
Spugne
Perché dico tutto questo? Semplicemente perché è nei primi anni di vita che nascono i traumi, che si assorbono le abitudini, le, gestualità, la quotidianità che sia essa positiva o meno.
E’ in questo momento che cominciamo a portarci dietro, finché siamo adolescenti, insicurezze, paure e a coltivare atteggiamenti benevoli come aggressivi, e i fatti degli ultimi giorni ne sono una dimostrazione.
E da adulti? Se non prendiamo provvedimenti subito porteremo questi fardelli anche da adulti rovinando la crescita ai nostri figli e alle persone che ci stanno accanto e cercano di amarci.
Esempi
il senso è questo. Se io nasco in una famiglia dove per farsi ascoltare si urla, dove nessuno ha mai tempo per ascoltarmi…dove qualsiasi atto di violenza viene preso come normalità, come vita quotidiana allora ,per il bambino, diventano atti dovuti.
Lo fanno mamma e papà allora vuol dire che lo possono fare visto che sono la mia guida. Quindi prendo esempio da loro.
E allora comincio ad urlare a scuola se qualcuno non mi presta attenzione, o alzo la voce perché a casa si fa così…e arrivano i primi allontanamenti dai compagni o i rimproveri dai prof.. “ma perché?”.
Se in casa si considerano, ad esempio, i ragazzi gay come dei froci e la famiglia li deve allontanare cresceremo con l’idea che tutti i ragazzi gay sono feccia. Diventeremo così omofobi e se un giorno ci renderemo conto di esserlo anche noi, beh…o ci faremo del male o non avremo il coraggio di dirlo in famiglia.
Se vengo picchiato costantemente, tutti i giorni…”può darsi che vada bene così…che è colpa mia…forse me lo merito”.
No
E invece non è così. E’ solo che cresciamo con degli esempi sbagliati che possono danneggiare, in futuro, il nostro nucleo familiare che ci ha portato a questo, noi stessi e le persone che ci stanno accanto.
Quindi, genitori, dico a voi: cercate di dare il buon esempio ai figli, da quando sono piccini perché vi vedono come i loro supereroi, il loro unico esempio, la loro guida.
Quindi dico a voi ragazzi: se vi rendete conto che qualcosa non va non abbiate mai paura di chiedere aiuto.
E se avete bisogno, appunto di me, potete contattarmi tramite la sezione contatti e consulenze del sito
Io spero che avete capito il senso del “si educa coi fatti”.
Buongiorno amici. Oggi riflettiamo sul concetto del crescere con i figli.
Accolgo mamme che si rivolgono a me per avere un aiuto nella gestione del rapporto coi loro ragazzi.
Spesso, però, mi succede che, dopo aver detto la mia, la mamma in questione mi risponde così :”ma cosa crede che sono una cattiva mamma e che non ne ho provate tutte? E’ mio figlio che sbaglia non io”
Presunzione
Partiamo dal presupposto che se ti rivolgi a me è perché ti rendi conto che qualcosa non va. Ma purtroppo molte volte si vuole solo sentirsi dire “brava, hai fatto bene…vero, è tuo figlio quello sbagliato…hai ragione”.
Disclaimer: no, non funziona così. Io analizzo le situazioni, poi cominciamo un percorso insieme dove cerchiamo di ripristinare un rapporto molto importante, il più importante: quello tra genitori e figli.
Errori
Non si nasce genitori, ahimé. Genitori, buoni genitori, lo si diventa, e non rimanendo ancorati a come siamo stati cresciuti noi.
Perché a volte può succedere di esser stati vittime di un’educazione errata che trasportiamo sui nostri figli.
L’errore, il primo ma uno dei tanti, è di pensare che il miglior metodo educativo sia quello dispotico: Io sono il genitore, io decido tu obbedisci.
Sapete cos’è questa? L’anticamera della ribellione e dell’innalzare muri difficilmente scalfibili se non si prendono provvedimenti.
Un errore ulteriore è quello di pensare che educare un adolescente sia come educare il bambino che era o, ancora, che educare il secondo figlio sia come educare il primo.
Rivelazioni
Sono tutti errori, uno più grave dell’altro.
Il rispetto deve essere reciproco. Le regole si concordano. La porta del dialogo deve essere sempre aperta a priva di pregiudizi o giudizi.
Ma sapete qual’è il primissimo segreto per costruire un rapporto sano?Imparare a crescere con loro, insieme a loro.
Ognuno di noi, ognuno dei tuoi figli ha una personalità diversa, un carattere diverso e ha bisogno di un’educazione, attenzioni diverse, seppur nata da una base comune: amore incondizionato e rispetto.
Proprio perché non si nasce genitori, la cosa più importante è crescere crescere con i figli, stare al passo coi loro cambiamenti, cambiare come cambiano loro e con loro.
E se avete bisogno del mio aiuto potete contattarmi tramite la sezione contatti e consulenze del sito
Buongiorno amici. Oggi parliamo, nella diretta, del positive parenting.
Cos’è
Ma che cos’è il positive parenting?
Sono tutte quelle pratiche, piccole regoline e accorgimenti che permettono ai genitori di essere davvero dei genitori positivi.
Il che vuol dire, adottare un metodo educativo che si allontana dai due eccessi: l’autoritarismo e il permessivismo eccessivo.
Entrambi metodi sbagliati, entrambi non portano a nulla.
Regole del positive parenting
Durante la diretta, di cui non spoilero come sempre nulla , parleremo anche di qualche regola necessaria per metterlo in pratica.
Una di queste? Proprio essere empatici coi figli senz però essere amici. Mi soffermo molto per spiegarvi il significato di tutto questo perché è molto molto importante.
O, altra e poi mi fermo, non mortificare ma incoraggiare se vostro figlio non riesce a fare qualcosa. Niente paragoni ma imparare a crescere con loro; imparare a dialogare in base alle loro capacità, al loro modo di essere.
Spero, ovviamente, di avervi messo un po’ di curiosità. Vi dico che, durante la diretta, una mamma mi ha chiesto un consiglio che potrebbe essere utile a tutti.
Diretta positive parenting
Vi lascio il link della diretta e vi ricordo che se avete bisogno di me potete contattarmi tramite la sezione contatti e consulenze del sito.