I danni, nei ragazzi, della finta perfezione sbandierata sui social.
Buongiorno amici. Oggi parliamo de i social come specchio digitale e i danni che, visti in questo modo, provocano nei ragazzi.
Vetrina social
Le vetrine dei social network, il numero dei like ricevuti, l’approvazione social condizionano l’umore, l’autostima, la percezione del proprio corpo,
E influenzano l’insoddisfazione verso il proprio aspetto fisico, soprattutto nelle ragazze.
Tutto questo è vero non solo per pre-adolescenti e adolescenti.
Ma anche per donne giovani e adulte, che si confrontano costantemente con le immagini e i modelli diffusi dai social media.
L’aspetto estetico rappresenta un elemento fondamentale per una buona accettazione di sé e per sentirsi accettate dal mondo circostante.
La paura del giudizio diventa una base per la messa in atto di comportamenti rischiosi per la salute.
Citiamo restrizioni alimentari, diete ferree, sport eccessivo fino a veri e propri disturbi dell’alimentazione.
L’esposizione a foto, immagini e pubblicità di corpi perfetti e magri, influenza negativamente la soddisfazione verso il proprio aspetto estetico.
Ci si sente costantemente imperfette o meno attraenti, si sente di non poter mai riuscire a raggiungere quegli standard e quei modelli ideali (Frederick et al., 2017).
E’ anche significativo come, a tali percezioni, si associ il desiderio di mettersi a dieta o fare esercizio fisico per perdere peso e assomigliare di più ai modelli proposti.
Immagine corporea e adolescenza: un rapporto difficile
Secondo i dati raccolti dall’Osservatorio Nazionale Adolescenza, il 64% degli adolescenti dichiara di sentirsi più sicuro quando è più magro e quando riesce a raggiungere il peso ideale.
Un problema che riguarda maggiormente il genere femminile, in quanto il 76% sono ragazze.
Oltre 6 adolescenti su 10 sostengono anche che la donna più magra è più accettata e riconosciuta da un punto di vista sociale.
Ciò porta alla ricerca di corpi perfetti e magri, anche seguendo i modelli di riferimento social, per avere il maggior numero possibile di like e follower.
Il 55% degli adolescenti dai 14 ai 19 anni, di cui il 70% sono femmine, si sente influenzato dai modelli lanciati da blogger e influencer, e sostiene che vedere corpi magri e perfetti in tv e su internet fa sperimentare il desiderio di essere come loro.
Si tratta di aspetti importanti, che non vanno assolutamente sottovalutati, in quanto “social network, fashion blogger e youtuber sono ormai la realtà di riferimento degli adolescenti che crescono fin dall’infanzia con la compagnia dei video dei loro idoli senza un minimo di filtro e di controllo genitoriale”.
Quali conseguenze sugli adolescenti?
Bisogna tener conto di come i ragazzi oggi siano sottoposti, fin da bambini, alla pressione di media e di quei modelli sociali che diffondono una precisa idea di bellezza, ispirata alla magrezza e al controllo dell’immagine corporea.
Il peso e l’immagine corporea condizionano l’autostima e l’umore dei ragazzi, che vivono in funzione dell’accettazione del gruppo.
Le difficoltà sono esasperate da una cultura incentrata sull’estetica, sull’apparenza, e in cui l’adolescente che non è alla moda è considerato uno sfigato, viene isolato dalla massa e, spesso, preso di mira su chat e social network.
Crescere con l’ossessione dell’apparenza, non sentendosi mai adeguati e soddisfatti di sé, è estremamente dannoso, e può determinare vissuti di insicurezza e scarsa autostima.
L’impulso a confrontare costantemente il proprio aspetto fisico con quello di coetanee o di personaggi famosi, può compromettere profondamente il giudizio su di sé.
Strumenti
Non sono gli strumenti in sé a determinare effetti negativi, molto dipende dalla modalità con cui i ragazzi li utilizzano e dai bisogni cui cercano di dare risposta attraverso le condivisioni online.
I social possono offrire un modo per connettersi con gli altri, ma possono anche aggravare ansie o fragilità già presenti offline.
È fondamentale, dunque, essere sempre attenti a cogliere ogni segnale e non sottovalutare le preoccupazioni e le ansie dei ragazzi.
Vi ricordo che se avete bisogno di un aiutocontattatemi nella sezione “contatti e consulenze ” qui
Non vogliono studiare, non aiutano, rispondono male. Che fare?
Buongiorno amici. Oggi poniamo l’attenzione sugli adolescenti non collaborativi.
Non è sempre facile fare il genitore, soprattutto quando i figli sono un po’ ribelli, non obbediscono facilmente, non ascoltano, rispondono, non collaborano in casa e fanno i compiti a fatica.
Capita spesso di trovarsi incastrati in un meccanismo snervante, un dinamica che si instaura tra genitore e figlio basata su un tira e molla continuo, su un braccio di ferro a volte faticoso.
Tante volte, però, i comportamenti oppositivi del figlio sono una ricerca di attenzioni e soprattutto una ricerca di accettazione.
Gli adolescenti, quando non corrispondono al figlio che i genitori avrebbero voluto, quando la madre o il padre sono appesantiti dai loro comportamenti, non studiare, non riordinare, apparente menefreghismo, o rispondere male, scatta un meccanismo per cui si sentono rifiutati e tirano ancora di più la corda.
Ricerca di attenzioni
Le loro diventano reazioni oppositive, “mi vedono solo se vado bene a scuola, quindi ho deciso di andare male” , “mi devono voler beve anche se non faccio quello che mi dicono”, “non hanno capito che così mi fanno solo soffrire e allora faccio soffrire anche io loro”, “mi faccio bocciare così si accorgono che sto male“.
Questo non significa che bisogna dargliele tutte vinte ma semplicemente che si deve comprendere per evitare di creare un circolo vizioso, come un cane che si morde la coda.
Sono adolescenti, sono ragazzi in pieno conflitto con se stessi e a volte con il mondo che li circonda, non tutti sono omologati alla massa, tanti non riescono ad integrarsi e sono ancora più complessi da gestire e sfogano tutto dentro le mura domestiche.
Tanti ragazzi sono in crisi con il proprio corpo, con la propria identità per questo è la fase in cui avrebbero più bisogno di stabilità intorno a loro e di accettazione, anche o soprattutto, quando non sono il figlio modello.
Diventa quasi una sfida con il genitore e sono pronti a tirare la corda e la prima cosa che intaccano in assoluto è la scuola perché il genitore in genere tiene particolarmente al rendimento scolastico.
PIÙ FATE VEDERE CHE TENETE AD UNA COSA, PIÙ LORO LA INTACCHERANNO E ANDRANNO CONTRO.
Non capiscono che il male lo fanno a se stessi stessi, vogliono solo essere accettati e riconosciuti, a prescindere dalla scuola o da altre cose simili dove ci si basa sul rendimento come per esempio le prestazioni sportive.
A volte si devono confrontare con fratelli pesanti, ingombranti, che sono bravi, che vengono osannati dai genitori e si sentono ancora meno accettati e fuori luogo, rischiando di diventare rabbiosi e nervosi con il fratello o sorella in questione.
I COMPORTAMENTI PROVOCATORI SONO COMUNQUE RICERCHE DI ATTENZIONE E UNA RICERCA DI AFFETTO.
Che fare e come comportarsi con loro?
1. LEGGERE OLTRE I COMPORTAMENTI APPARENTI DEL FIGLIO E CAPIRE IL MESSAGGIO CHE VUOLE VERAMENTE MANDARE.
Si sentirà riconosciuto. È importante ricordare che comprendere non significa dargliela vinta su tutto ma leggere tra le righe per essere più efficaci ed evitare inutili litigate e scontri.
2. FARE UNA SORTA DI AUTOANALISI E DI VALUTAZIONE DEI PROPRI ATTEGGIAMENTI e comportamenti ogni tanto non guasta.
Significa anche capire che l’adolescenza di oggi è molto diversa dalla nostra, che i tempi sono completamente cambiati e che ogni tanto dobbiamo anche guardare dal loro punto di vista, senza perdere mai il nostro di adulti.
3. NON FATE MAI PARAGONI CON I FRATELLI O SORELLE O AMICI PIÙ BRAVI,
facendo raffronti sui risultati, sui comportamenti. “se fossi come lui”, “perché lei ci riesce e tu no?”, “guarda tuo fratello o tua sorella come sono bravi?”, “e il tuo amico come è andato?”, “anche lui si è comportato come te?”.
Sono tutte frasi da evitare perché pesano come macigni sulla testa dei figli e li fanno sentire ancora più pressati e sbagliati rischiando solo di esasperare i suoi comportamenti.
4. NON ACCUSATELI DIRETTAMENTE
con frasi dei tipo “tu sei cattivo”, “cosi mi fai star male”, “così mi mandi ai pazzi”, si sentiranno solo più fuori luogo, meno amati e poi compresi e in più proveranno sensi di colpa per farvi star male
. Dovete attaccare i loro comportamenti, il dissenso è verso ciò che fanno, non verso la loro persona.
5. RIPRENDETE IL DIALOGO IL PIÙ POSSIBILE,
abbassate i toni e dategli qualche attenzione in più, anche se secondo voi non se la meritano per come si comportano.
Ovviamente non va bene neanche il contrario ossia il diventare servizievoli o far finta di niente e fargliele passare tutte. La sana via di mezzo è sempre la soluzione migliore.
Il ruolo autorevole di contenimento e di chi instrada e governa, è sempre del genitore, non del figlio.
Se invece fate sempre ciò che dice andate solo a rinforzare quella modalità di comportamento e gli fate capire che “più fa i capricci, più ottiene”.
6. APPROCCIATEVI A LORO IN MANIERA DIVERSA,
non partite dalla scuola, dall’attenzione per i voti o per i compiti, ma iniziate da domande che indagano sul loro stato emotivo, anche se vi rispondono a monosillabi o a mezza bocca.
E’ pur sempre una risposta o anche se non vi guardano e stanno attaccati al cellulare, vi stanno pur sempre ascoltando, non vi dimenticate che loro vivono in multitasking.
In questo modo si sentiranno riconosciuti come persone e non solo in funzione del rendimento scolastico.
Se si sentono pressati sulla scuola e capiscono che fate particolare ai voti intaccheranno per prima la scuola.
7. CERCATE DI CAPIRE GLI STATI EMOTIVI CHE SI NASCONDONO DIETRO QUESTI ATTEGGIAMENTI OPPOSITIVI,
il perché si comportano così, ripartendo dal dialogo evitando il più possibile urla e punizioni.
8. NON ESSERE SEMPRE PREVENUTI NEI LORO CONFRONTI.
Lo sanno di essere sbagliati e questo li fa star male, sanno che non siete contenti di loro, e in più se magari qualche volta fanno qualcosa bene o di giusto e voi sminuite o partite prevenuti che tanto è sempre colpa loro o sono sempre loro a creare i problemi staranno ancora più male e reagiranno peggio.
Contatti
Che voi siate genitori o figli, se vi trovate in uan situazione simile e avete bisogno di aiuto contattatemi cliccando qui
Io spero che parlare di adolescenti non collaborativi vi sia stat di aiuto per capire se chiedere aiuto .
Quando pensare troppo fa male: cause, sintomi, strategie per superarlo
Buongiorno amici. Oggi parliamo di overthinking.
Overthinking significa pensare troppo a qualcosa, troppo a lungo. Ci impedisce di agire, fare cose nuove e fare progressi nella vita. Consuma le nostre energie, spreca il nostro tempo, disabilita la nostra capacità di prendere decisioni e ci inserisce in un ciclo infinito di pensieri, più e più volte.
Questo tipo di pensiero può portare a gravi disagi emotivi e aumentare il rischio di problemi di salute mentale.
Il pensiero eccessivo occupa la nostra mente in modi che ci impediscono di pensare in modo chiaro, ci tiene distratti e consuma la nostra energia mentale, con il risultato di meno tempo ed energia per fare il vero lavoro. Impone un carico cognitivo nella nostra mente che ci distrae dal pensare al futuro e dal fare progressi reali.
Cosa causa l’overthinking?
Sono vari fattori che contribuiscono alla tendenza a pensare troppo, ma in questo articolo ci soffermiamo su due in particolare:
1. Ambiente circostante
Le circostanze in cui siamo cresciuti, le condizioni in cui lavoriamo e le persone intorno a noi costituiscono una parte importante del nostro modo di pensare.
Se facciamo parte di un ambiente in cui gli errori vengono puniti, il successo celebrato e i fallimenti sono visti come un segno di debolezza, tendiamo a diventare eccessivamente cauti e attenti a tutto ciò che facciamo. Ciò si traduce nell’analisi eccessiva delle nostre decisioni e dei loro possibili risultati e anche nel rimuginare sulle nostre azioni passate.
2. La mente umana
Numerosi studi scientifici dimostrano che il fallimento rimane con noi molto più a lungo del successo. Il successo può darci una felicità momentanea, ma i nostri fallimenti possono vivere con noi per sempre.
Una volta che la nostra mente rimane bloccata negli aspetti negativi, è tutto ciò che vede. Ogni azione e decisione può diventare una battaglia nella nostra mente poiché tende a far emergere solo una forma di pensiero senza la capacità di cambiare.
Un altro strano motivo che lascia il posto al pensiero eccessivo è il desiderio di avere il controllo su tutto. Come specie umana, desideriamo tutti un mondo perfettamente ordinato. Pensiamo troppo con il desiderio di plasmare il nostro futuro e allineare i nostri risultati nel modo in cui vogliamo senza renderci conto che gran parte della nostra vita non è sotto il nostro controllo.
Sta a noi decidere quale mentalità scegliamo, una mentalità rigida che analizza eccessivamente o una mentalità di crescita che crede nell’agire.
Pensare troppo a qualcosa senza vederne la fine è estenuante
Tutti possono pensare e ripensare ad alcune cose di tanto in tanto, ma i pensatori cronici, quelli che trascorrono gran parte del loro tempo a rimuginare e a mettersi sotto pressione confondono quella che io chiamo “pressione positiva” con lo stress.
L’overthinking può assumere molte forme:
ponderare all’infinito quando si prende una decisione (e quindi mettere in discussione la decisione)
tentare di leggere le reazioni o le possibili reazioni degli altri
cercare di predire il futuro
leggere ogni evento nei minimi dettagli, ecc.
Le persone che ripensano costantemente fanno commenti nelle loro teste, criticano e separano ciò che hanno detto e fatto ieri, terrorizzati dal fatto di preoccuparsi per un terribile futuro che potrebbe aspettarli.
Frasi come: “Cosa succede se” e “dovrebbe” dominano il pensiero, come se una giuria invisibile sedesse in giudizio sulla vita. Conoscete qualcuno che si agita ogni volta che pubblica online perché profondamente preoccupato di come le altre persone interpreteranno post e gli aggiornamenti?
L’overthinking può facilmente indebolire il tuo senso di controllo sulla tua vita. Ci deruba della partecipazione attiva a tutto ciò che ci circonda.
Il pensiero eccessivo può intrappolare il cervello in un ciclo di preoccupazione. Quando pensare troppo diventa naturale come respirare, devi affrontarlo rapidamente e trovare una soluzione.
Innanzitutto sappi che la preoccupazione cronica non è permanente. È un’abitudine che può essere spezzata. Puoi allenare il tuo cervello a guardare la vita da una prospettiva diversa.
Chiediti:qual è la probabilità che ciò di cui ho paura accada effettivamente? Se la probabilità è bassa, quali sono alcuni risultati più probabili?
Come non pensare a qualcosa in modo eccessivo?
Trova un modo costruttivo per elaborare eventuali preoccupazioni o pensieri negativi. Scrivi i tuoi pensieri in un diario ogni sera prima di andare a letto o la prima cosa al mattino. Puoi anche controllare la tua abitudine di rimuginare collegandoti con ciò che puoi sentire, vedere, annusare, gustare e sentire.
Quando siamo bloccati nella paralisi dell’analisi o semplicemente non siamo in grado di prendere una decisione, possiamo fare piccoli passi e fare un lavoro che ci farà avanzare nella direzione dei nostri obiettivi. Facendo piccoli progressi nei compiti, possiamo preparare il nostro cervello ad agire.
Ecco 10 semplici strategie per liberarti dall’overthinking
1. La consapevolezza è l’inizio del cambiamento
Prima di poter iniziare ad affrontare la tua abitudine a pensare troppo e a capire come fare a non pensare a qualcosa troppo a lungo, è molto utile imparare ad esserne consapevole. Ogni volta che ti trovi in dubbio o ti senti stressato o ansioso, fai un passo indietro e osserva la situazione e il modo in cui stai rispondendo. In quel momento di consapevolezza è il seme del cambiamento che vuoi fare.
2. Non pensare a cosa può andare storto, ma cosa può andare bene
In molti casi, il pensiero eccessivo è causato da una singola emozione: la paura. Quando ti concentri su tutte le cose negative che potrebbero accadere, è facile rimanere paralizzati. La prossima volta, quando senti che stai iniziando ad andare in quella direzione, fermati. Visualizza tutte le cose che possono andare bene e mantieni i pensieri presenti in primo piano.
3. Concediti distrazioni di felicità
A volte è utile avere un modo per distrarti con alternative felici, positive e sane. Cose come la mediazione, la danza, l’esercizio fisico, l’apprendimento di uno strumento, il disegno e la pittura possono distanziarti abbastanza da aiutarti a chiudere l’analogia.
4. Visualizza gli eventi in prospettiva
È sempre facile rendere le cose più grandi e più negative di quanto possano essere. La prossima volta che ti sorprendi a costruire una montagna con un granello di sabbia, chiediti quanto questo sarà importante tra cinque anni. Oppure, tra un mese. Solo questa semplice domanda, modificando il lasso di tempo, può aiutarti a smettere di pensare troppo.
5. Smetti di aspettare la perfezione
Per tutti noi che aspettiamo la perfezione, possiamo smettere di farlo proprio ora!
Essere ambiziosi è grandioso, ma mirare alla perfezione è irrealistico, impraticabile e debilitante. Il momento in cui inizi a pensare “Questo deve essere perfetto” è il momento in cui devi ricordare a te stesso, “Aspettare il perfetto non è mai così intelligente come fare piccoli progressi”.
6. Cambia la tua visione della paura
Che tu abbia paura perché hai fallito in passato, oppure paura di provare o di sovra-generalizzare qualche altro fallimento, ricorda che solo perché le cose non hanno funzionato prima non significa che debba essere lo stesso risultato ogni volta. Ricorda, ogni opportunità è un nuovo inizio, un posto per ricominciare.
7. Metti un timer al lavoro
Datti un limite di tempo. Imposta un timer per cinque minuti e concediti quel tempo per pensare, preoccuparti e analizzare. Una volta che il timer si spegne, trascorri 10 minuti con carta e penna, scrivendo tutte le cose che ti preoccupano, ti stressano o ti danno ansia. Quando sono trascorsi i 10 minuti, vai avanti, preferibilmente verso qualcosa di divertente.
8. Renditi conto che non puoi prevedere il futuro
Nessuno può prevedere il futuro; tutto ciò che abbiamo è il qui e ora. Se trascorri il momento presente preoccupandoti del futuro, ti stai privando del tuo “adesso”. Trascorrere del tempo sul futuro non è semplicemente produttivo. Dedica quel tempo invece a cose che ti danno gioia.
9. Accetta il meglio
La paura che il fondamento del pensiero eccessivo si basi spesso sulla sensazione di non essere abbastanza bravi – non abbastanza intelligenti o abbastanza laboriosi o abbastanza dedicati. Una volta che hai fatto del tuo meglio, accettalo come tale e sappi che, mentre il successo può dipendere in parte da alcune cose che non puoi controllare, hai fatto quello che potevi fare.
10. Sii grato
Non puoi avere un pensiero triste e un pensiero riconoscente allo stesso tempo, quindi perché non passare il tempo positivamente? Ogni mattina e ogni sera, fai un elenco di ciò per cui sei grato. Insieme ad un amico scambia gli elenchi in modo da avere una testimonianza delle cose buone che ti circondano.
L’overthinking è qualcosa che può succedere a chiunque.
Ma se hai un ottimo sistema per affrontarlo, puoi allontanare i pensieri negativi, ansiosi, stressanti e trasformarlo in qualcosa di utile, produttivo ed efficace.
Io spero, co quest post, di aver fatto chiarezza sul tema overthinking.
Vi ricordo che se avete bisogno di una consulenza, di cominciare un percorso con me, potete contattarmi nella sezione contatti consulenza del sito
Vi ricordo anche che sul mio canale camtv “adolescenti istruzioni per l’uso”, se sottoscrivete la membership potete avere, con soli 30 euro al mese, tutti i webinar gratuitamente e tutte le consulenze che volete ogni mese.
Buongiorno amici. Oggi parliamo un po’ di genitori digitali. Ma sono davvero un esempio per i figli?
Famiglie
Le famiglie sono ormai sempre più digitali e, se pensiamo che bambini e adolescenti siano i più vulnerabili e attratti dalla vita online, gli adulti non sembrano da meno.
Gli stessi genitori, infatti, fanno fatica spesso a staccarsi dagli schermi e, impegnati tra social network e chat, sfociano in un uso improprio della tecnologia.
Quante volte capita di non resistere alla tentazione di guardare il telefono, di rispondere ad una chiamata, di scrivere un messaggio o una email mentre si parla, si mangia o si gioca con i figli?
Anche perché, per l’appunto, i dispositivi elettronici, per le loro caratteristiche, catturano facilmente la nostra attenzione ed è difficile in alcuni momenti non farsi distrarre da suoni, squilli e notifiche.
Il problema, però , è che spesso diventa un’abitudine consolidata e un comportamento sistematico, senza pensare che in questo modo si stia dando un esempio sbagliato ai più piccoli .
Come mantenere un equilibrio nell’uso della tecnologia ed essere un modello positivo per i figli?
1. RITAGLIARSI DEI MOMENTI LIBERI DALLE ATTIVITÀ DIGITALI.
Cercate di dedicarvi al gioco e alla condivisione con i figli, mettendo da parte lo smartphone, tenendolo lontano da voi, in modo da godervi un tempo di qualità con loro, senza distrazioni
. Quando si è a tavola, ad esempio, il telefono deve essere messo da parte e, per non farvi tentare dal prenderlo in mano e visionarlo, tenetelo fuori dallo spazio in cui mangiate.
Oggi si è sempre molto occupati, si corre da una parte all’altra e c’è sempre meno tempo per interagire: non perdete l’occasione dei pasti che sono dei momenti importanti da sfruttare al meglio per dialogare e interagire in famiglia.
2. DISINTOSSICARSI DA SQUILLI E NOTIFICHE.
Bisogna imparare a gestire il tempo del digitale e a non farsi prendere dalla curiosità o dall’ansia dell’attesa di ricevere messaggi, email e quant’altro.
Quando si è in famiglia e con i figli, per non farvi distrarre ogni volta dal suono del telefono, silenziate le notifiche così da posticipare il momento in cui visionerete lo smartphone: imparate a rimandare e a dilazionare i tempi di risposta.
Un’altra regola, per dare il buon esempio ai figli, è quella di mettere il telefono in modalità silenziosa quando si è impossibilitati a rispondere, ad esempio di notte oppure quando si è alla guida dove spesso ci si distrae, mettendo in pericolo anche la propria vita.
3. PREDILIGERE LA COMUNICAZIONE FACCIA A FACCIA.–Genitori digitali
Ogni comunicazione ormai è affidata allo smartphone e, spesso anche in famiglia, si finisce col parlarsi tramite chat, anche da una camera all’altra della casa, inviando file audio o messaggi, o col mandarsi faccine per comunicare i sentimenti, piuttosto che farlo dal vivo.
Se i figli più piccoli apprendono indirettamente questa modalità di comunicazione osservando il genitore, i figli più grandi la utilizzano in prima persona, tanto da farla diventare la normalità.
In un’epoca di famiglie digitali, è fondamentale recuperare il dialogo e l’interazione faccia a faccia e il guardarsi negli occhi: tutte abilità che rischiano altrimenti di perdersi.
La responsabilità non è della tecnologia in sé ma dell’uso che se ne fa e del ruolo degli adulti nell’educare i bambini e gli adolescenti ad un corretto utilizzo.
È necessario che gli adulti forniscano ai figli quegli strumenti che gli consentono di sfruttare le risorse della tecnologia, senza però esagerare, per evitare un uso totalitario, mantenendo un equilibrio tra le attività digitali e quelle di interazione sociale.
E voi, siete genitori digitali? Che rapporto avete coi vostri ragazzi? E voi, ragazzi, avete genitori più social che famiglia?
Vi ricordo che se avete bisogno di me potete contattarmi qui per cominciare un percorso insieme e prenotare una consulenza
Oltretutto sul mio canale , “adolescenti istruzioni per l’uso”, potete sottoscrivere la membership e ottenere, con soli 30 euro mensili, webinar gratuiti e tutte le consulenze al mese che volete.
Quali sono le situazioni che creano ribellione e come risolverle.
Buongiorno amici. Oggi parliamo di figli ribelli e cosa genera questa ribellione.
Talvolta i genitori mi chiedono come possono costruire o recuperare un buon rapporto con i loro figli, bambini e/o ragazzi definiti “ribelli”. Spesso nei loro occhi leggo rassegnazione, come se le avessero già provate tutte.
È possibile instaurare una relazione costruttiva con i figli? È possibile educarli senza fare ricorso a punizioni o minacce?
Sicuramente sì!
Di fatto la cosiddetta ribellionenon è una caratteristica innata dei bambini, è un qualcosa che arriva nel tempo ed è spesso la conseguenza di 3 cose, che vediamo in questo articolo:
una percepita mancanza d’amore nei loro confronti;
una totale mancanza di regole o una presenza di regole non seguite;
una mancanza di libertà di movimento: di possibilità di esplorare sè stessi, le proprie capacità, il proprio sentire, il proprio ambiente – alle varie età.
1. Percepita mancanza d’amore da parte dei “figli ribelli”
Spesso come genitori, senza rendercene conto, abbiamo un sacco di pretese nei confronti dei nostri figli.
Desideriamo che facciano subito ciò che chiediamo loro, vogliamo che accettino sempre e comunque per buono quello che diciamo, vogliamo che ubbidiscano senza se e senza ma…
Quando questo non accade, talvolta tendiamo a reagire in modi poco amorevoli: alziamo la voce, facciamo piovere minacce di punizioni, magari ci chiudiamo nella relazione con loro tenendo musi lunghi ed evitando di rispondere se ci parlano.
E tutto questo si amplifica se siamo stanchi, se abbiamo avuto una giornata faticosa, se c’è qualcosa che ci preoccupa, se i bimbi “fanno i capricci” in luoghi pubblici facendoci sentire in imbarazzo, se con il loro atteggiamento vanno a toccare nostre ferite ancora attive.
I nostri figli pagano quasi sempre le conseguenze dei nostri stati d’animo.
Più siamo stressati a livello fisico, mentale e/o emozionale e meno pazienza abbiamo, meno abbiamo voglia di mettere in atto gesti di gentilezza, di comprensione, di cura… ovvero di amore.
Quante volte per stanchezza o tensione emotiva non dipendente da loro abbiamo reagito con rabbia? Quante volte abbiamo detto o fatto cose per le quali poi ci siamo pentiti sentendoci in colpa?
Sono cose che accadono e credo siano successe ad ogni genitore.
Generalmente come adulti ci viene automatico pensare che le nostre responsabilità, quello che abbiamo da fare noi, i nostri tempi siano più urgenti, interessanti e importanti di tutto quello che riguarda i nostri figli.
Il punto è che come noi abbiamo le nostre priorità, dettatte e determinate dalle scelte di vita che abbiamo fatto, loro hanno le proprie e non credo che crescere fisicamente, mentalmente ed emotivamente sia meno importante e faticoso.
Teniamo presente che ogni volta che reagiamo in malo modo originiamo una crepa nella relazione con i nostri figli e più questo accade, più fragile diventa il rapporto con loro.
Per evitare che questo accada, come genitori possiamo scegliere di applicare quello che, a mio avviso, è il principio fondamentale della genitorialità: individuare, soprattutto con il cuore, quali sono gli obiettivi educativi che come madre e padre ci poniamo nel lungo periodo.
Cosa desideriamo per i nostri figli nel lungo termine?
Avere ben chiaro questo ci può aiutare a rivedere i nostri atteggiamenti e comportamenti quotidiani, portandoci a sceglierne di funzionali e costruttivi anziché di disfunzionali.
Decidere di rispondere a un momento di stress, di difficoltà – anche derivante dalla relazione con loro ma non solo – in un modo efficace anziché in modo reattivo, ci permetterà di far vedere concretamente.
Che ne siamo consapevoli o meno i bambini imparano ciò che vedono e vivono. Imparano per imitazione e noi genitori educhiamo con ciò che siamo.
Se urliamo, facciamo i musi lunghi, li giudichiamo e critichiamo, questo sarà quello che i bambini apprenderanno e che facilmente replicheranno, anche con noi genitori.
Si sentiranno autorizzati a farlo proprio perchè l’hanno appreso da noi che siamo le loro figure di riferimento.
Il punto è che quando sono i figli a mettere in atto questi atteggiamenti come genitori li vediamo inopportuni, sbagliati e ci fanno dire che sono capricciosi e/o ribelli.
Emozioni..
Ricordiamoci sempre che le emozioni che proviamo sono la conseguenza dei pensieri che facciamo, ciò significa che se i pensieri che abbiamo riguardo ai figli sono di un certo tipo, ad esempio:
“se fa così vuol dire che non sono stata una buona madre/un buon padre”,
“se tiene questo comportamento vuol dire che non mi rispetta/considera/ascolta”,
“hanno il dovere di ubbidire”,
“sono io che decido e lui/lei ha da fare ciò che dico”,
“quando parlo hanno da agire subito”
è ovvio che se questo non avviene nei tempi e nei modi da noi desiderati ci arrabbiamo e reagiamo in modo esplosivo.
L’ amore
Così facendo però come genitori ci perdiamo la grande opportunità di far vedere ai nostri figli quale potrebbe essere un buon modo di stare in relazione.
Tutte le relazioni richiedono la presenza di un ingrediente essenziale: l’amore .
Le relazioni sono un luogo di crescita per tutte le parti in gioco e posso assicurarvi che, dai nostri figli abbiamo un sacco di cose da imparare oltre che su di loro anche e sopratutto su noi stessi.
Che ci piaccia o no ci mettono davanti alle nostre paure, ai nostri limiti, ai nostri irrisolti e ci danno l’opportunità e l’occasione per andare oltre.
Alla luce di questo, con che atteggiamento scegliamo di approcciarci a loro?
Cosa desideriamo veramente raggiungere con la modalità educativa che scegliamo di adottare?
Come genitori abbiamo individuato e stabilito gli obiettivi che nel lungo termine desideriamo ottenere o ci lasciamo guidare da quelli a breve termine?
Siamo consapevoli di dove può portarci il focalizzarci sugli uni piuttosto che sugli altri?
Vediamolo insieme.
Se ad esempio desideriamo che nostro figlio sistemi i giochi dopo aver giocato e che si lavi le mani prima di mangiare questi sono i nostri obiettivi desiderati nel qui e ora, ovvero nel breve termine.
Se questo non avviene nei tempi e modi ritenuti da noi consoni, può succedere che nella nostra mente inizino ad affollarsi dei pensieri negativi tipo: “Lo sta facendo apposta”,“Non mi ascolta mai”, ecc.
E ovviamente questi pensieri non potranno che generarci emozioni “negative” quali rabbia o frustrazione, alle quali facilmente seguiranno comportamenti coerenti.
Magari alziamo la voce, usiamo parole giudicanti, minacciamo di lasciarlo senza cena o di togliergli il cartone preferito…
Tutto questo farà sì che il bambino – anche se mette un muro e non lo dà a vedere – si senta impaurito dalle nostre parole, dal nostro atteggiamento: temerà di perdere il nostro amore.
I giudizi e le critiche lo feriranno, lo umilieranno, lo mortificheranno. Le punizioni e i “musi lunghi” non lo faranno sentire benvoluto e desiderato.
Paure
E la paura, che è la madre di tutte le emozioni “negative”, li porterà a chiudersi e a rispondere alla situazione con pianti, urli, lancio di oggetti, sbattimenti di teste sul pavimento e chi più ne ha più ne metta
E più questo accade, più questa si rinforza.
Praticamente, anche se ci è impegnativo vederlo, nostro figlio si sente esattamente come noi. Arrabbiato, frustrato, non compreso, non ascoltato, non visto…
Ognuno, momento dopo momento, ha le proprie priorità.
Le nostre possono essere vedere la casa riodinata e sederci per cenare, le sue potrebbero essere quelle di avere il genitore a disposizione per giocarci assieme o semplicemente continuare a fare quello che stava facendo.
E in questi momenti, in cui tutte le parti in gioco stanno male ed è sicuramente difficile trovare una soluzione costruttiva, ne consegue che, se questi sentiti continuano a fare da padroni, sarà facile che al momento di accompagnarlo a letto lo facciamo in modo freddo, senza bacio della buona notte, senza una coccola che lo rassicuri.
E altrettanto facile sarà che quando lo guarderemo addormentato, inizieremo a sentirci in colpa per come abbiamo agito. Dal canto suo il bimbo potrà dormire male, svegliarsi arrabbiato e se va all’asilo o a scuola potrebbe mettere in atto gesti di dominanza sui compagni, ecc.
Obiettivo
Alla fine magari il nostro obiettivo a breve termine è stato raggiunto: i giocattoli sono stati ordinati e le mani lavate, ma è probabile che sia il rapporto con nostro figlio che la sua autostima e sicurezza ne escano minati.
E si sa, gli anni passano e i figli crescono e se queste modalità non vengono riviste cosa potrebbe succedere? A venti o trent’anni che adulto sarà nostro figlio?
Se nel qui e ora, come genitori, ci facessimo delle domande diverse, cosa cambierebbe?
Se come genitori ci chiedessimo:
A venti o trent’anni che adulto vorremmo fosse diventato nostro figlio?
Che caratteristiche vorremmo avesse sviluppato?
Ci piacerebbe fosse una persona sicura di sé o meno?
che avesse fiducia negli altri o no?
O fosse una persona empatica o meno?
Ci piacerebbe fosse una persona amorevole o reattiva?
Che rapporto desideriamo avere con lui/lei quando sarà adulto?
Stiamo seminando per essere visti come figure di riferimento su cui poter contare?
Ecco, quando pensiamo a questo, quando ci poniamo questi interrogativi, stiamo di fatto individuando i nostri obiettivi a lungo termine che nel presente possono fungere da faro per guidare i nostri atteggiamenti e comportamenti nella direzione più opportuna.
Il lungo termine
Se scegliamo di controllarci, se scegliamo di investire tempo ed energie per spiegare al bambino/ragazzo perché gli stiamo chiedendo quella determinata cosa e soprattutto perché sarebbe bene la facesse, è probabile che dopo qualche volta non avremmo più bisogno di ripeterlo: lo avrà compreso, vedrà un senso in quell’azione che gli viene richiesta e, soprattutto, nel compierla si sentirà utile.
Ricordiamoci sempre che i bambini (e per noi sarebbe la stessa cosa) imparano meglio quando si sentono rispettati, compresi, protetti, sostenuti e amati.
Se vivono questi sentiti, difficilmente andranno in difesa caratteriale, in opposizione, in sfida, in quanto si sentiranno parte attiva nella famiglia, oltre che sentirsi sostenuti e protetti nella crescita.
2. Mancanza di regole o regole stabilite ma non seguite
Oltre che quando si sentono rispettati e compresi, i bambini (e non solo loro) imparano meglio quando ricevono informazioni, quando capiscono perchè è importante che agiscano in un certo modo, quando sono aiutati e supportati a trovare dei metodi costruttivi per raggiungere i loro obiettivi, quando sentono che i loro genitori credono in loro e soprattutto quando comprendono i motivi che stanno alla base delle regole adottate in famiglia.
E proprio riguardo alle regole, talvolta, come genitori commettiamo due “errori”:
Tendiamo a stabilire e imporre regole da rispettare che poi per primi infrangiamo.
I figli ci osservano in ogni momento, imparano da noi ed è normale che se non ci vedono coerenti si ribelleranno a tutte quelle imposizioni che noi per primi non rispettiamo.
Quando diciamo loro “non si urla” ma appena “sbagliano” qualcosa alziamo la voce, che messaggio stiamo passando?
O ancora, “non si alzano le mani” ma quando fanno “i capricci” (veramente sono capricci?) o qualche marachella ci scappa una sculacciata, che messaggio stiamo passando?
Predichiamo loro che hanno da portare rispetto, ma per primi li giudichiamo, critichiamo (o critichiamo in loro presenza l’altro genitore o altre persone), che messaggio stiamo passando?
O ancora che hanno da ascoltarci ma per primi non ci fermiamo a capire le loro ragioni, che messaggio stiamo passando?
A volte reagiamo a determinate situazioni alzando la voce o le mani, a siamo i primi che critichiamo o giudichiamo, di fatto stiamo insegnando ai nostri figli l’esatto opposto di quello che vorremmo imparassero, in più ogni volta che reagiamo in questo modo perdiamo una grande opportunità educativa: quella di far vedere loro come si può rispondere ai momenti di avversità, di difficoltà dove le cose non sono come vorremmo noi.
Oltre all’effrazione in primis delle regole, può anche accadere che, nonostante queste ci siano, a volte permettiamo e accettiamo che vengano infrante da loro.
E se in determinati momenti chiudiamo un occhio o talvolta entrambi, come possiamo pensare di imporle in altri?
Se non insegniamo il valore di quella regola e il senso del suo rispetto giorno dopo giorno, non possiamo poi aspettarci e pretendere che venga fatto quando andrebbe bene a noi.
La cosa utile da fare per ovviare a tutto questo è quella di stabilire poche regole fondamentali. Hanno da essere chiare, precise e soprattutto condivise con loro.
Le imposizioni non servono a nulla e le punizioni nemmeno: rischiano soltanto di ottenere l’effetto opposto ovvero di mandare il bambino/ragazzo in sfida con noi adulti.
Ricordiamoci che, come genitori, siamo guide non giudici dei nostri figli perciò invece di punire, passiamo loro il senso di responsabilità che consiste nel fare i conti con le conseguenze delle proprie azioni e non con le nostre minacce.
Regole e conseguenze
Se insieme a loro condividiamo regole e conseguenze credo che inevitabilmente passiamo un messaggio di libertà e correttezza che vive nel comprendere e nel riparare al “danno”.
Difficilmente ci sono atteggiamenti ribelli e di sfida dove vivono libertà e senso di giustizia.
Se ad esempio nostro figlio preferisce prepararsi la cartella al mattino anziché alla sera lasciamolo libero di scegliere.
Magari spieghiamogli che se lo fa alla sera il mattino successivo può dormire dieci minuti in più o fare colazione con più calma o può avere più tempo per verificare di aver fatto tutto al meglio per il giorno successivo, ma se lui sceglie di farlo al mattino lasciamolo libero.
Fissiamo insieme in modo chiaro l’ora di uscita e concordiamo come ci regoleremo qualora, all’ora stabilita, non fosse pronto. Facciamogli comprendere che una sua mancanza si ripercuoterebbe anche su di noi facendoci magari arrivare tardi al lavoro e spieghiamogli cosa questo comporterebbe.
Alla fine sperimentiamo, concordiamo un periodo di prova di una settimana per vedere come va. Se le cose funzionano ottimo, in caso contrario parliamone assieme per trovare un nuovo accordo condiviso.
Sicuramente è una via più impegnativa e faticosa ma nel lungo tempo lo renderà una persona responsabile, capace di trovare soluzioni e di mediare piuttosto che una persona colpevole e in sfida.
3. Mancanza di libertà
Se il bambino sente minacciata la sua libertà di esplorare, sperimentare, muoversi, agire, decidere, scegliere, facilmente diventerà ribelle.
La libertà, per quello che è possibile ad ogni età, è il bene più prezioso che abbiamo e i genitori avrebbero da essere proprio quelle persone che guidano i figli in questa strada nel modo più efficace possibile.
Ma se come genitori impediamo tutto questo e diventiamo coloro che tengono il bambino o ragazzo in trappola è ovvio che in lui nasceranno emozioni di rabbia, risentimento e rancore nei nostri confronti.
Ed è altrettanto ovvio che ne seguiranno dei comportamenti e atteggiamenti disfunzionali. Generalmente quando come genitori limitiamo la libertà dei figli lo facciamo a causa delle nostre paure.
Invece di perseverare in questo atteggiamento repressivo, sarebbe utile cogliere l’opportunità di osservare, attraversare e vincere ciò che per primi ci blocca e che più o meno consapevolmente tendiamo a riversare sui nostri figli.
La nostra libertà interiore diventerà inevitabilmente la loro, come le nostre prigioni interiori diventano inevitabilmente le loro… Prendiamoci cura di ciò che ci impatta perchè solo così istaureremo relazioni autentiche e funzionali con i nostri figli e non solo.
Consigli per risanare la relazione genitore-figlio
Alla luce di quanto visto per recuperare o risanare la relazione con i figli, è importante che teniamo presente che un bambino/ragazzo si ribella perchè, dal suo punto di vista, che è diverso dal nostro, ha un ottimo e valido motivo per farlo.
Se con pazienza, presenza e disponibilità cerchiamo di comprendere cosa pensano e cosa provano i nostri figli nelle diverse situazioni.
Se insieme ci impegniamo a rimuovere quei motivi, se ci teniamo sempre nella mente e nel cuore qual è il nostro obiettivo educativo a lungo termine, se li vediamo come persone diverse da noi con le loro propensioni, ecco che avremo imboccato la via giusta per creare una buona relazione.
Inoltre abbiamo da agire per essere veramente per loro dei punti di riferimento affidabili e coerenti, quindi per primi, e soprattutto nel rapporto con loro, abbiamo da essere delle persone che:
rispettano le regole;
li coinvolgono nella definizione delle regole, spiegandone loro il senso;
esprimono il proprio punto di vista e rimangono aperti ad ascoltare il loro;
non giudicano ma cercano di comprendere e li sostengono nel miglioramento;
li accompagnano ad apprendere dai loro “errori”;
aiutiamoli a comprendere che ogni azione, ogni decisione, ogni scelta implica delle conseguenze da affrontare;
a capire che ogni loro azione, decisione, scelta potrebbe implicare delle conseguenze anche nella vita degli altri;
sosteniamoli nella libertà di esplorare;
si impegnano a gestire lo stress, a lasciar andare le pretese, a incanalare la rabbia per trasformarla in azioni costruttive anziché distruttive;
non usano imposizioni, manipolazioni, minacce per ottenere ciò che vogliono nell’immediato.
Aspettative
E nel fare tutto questo sarebbe utile che non alimentassimo aspettative sul risultato.
Restiamo nel processo con fiducia e amore perchè come non sono divetati “capricciosi, ribelli, sfidanti” da un giorno all’altro, ci vorrà il giusto tempo affinchè si sentano sicuri e sereni di poter agire in modo nuovo e diverso.
E soprattutto non etichettiamoli come “capricciosi, ribelli, o altro” perchè di fatto nonsono “capricciosi, ribelli…” ma scelgono di adottare quel determinato comportamento perchè per loro è la cosa migliore in quel momento.
Se separiamo il fare dall’essere ovvero i comportamenti dalla persona, possiamo agire sui primi, continuando ad amare e guardare loro come alle creature meravigliose che sono.
Io spero che parlare di figli ribelli vi sia stato di aiuto.
Ma se avete bisogno di me contattatemi nella sezione contatti e consulenze del sito
Oppure, sottoscrivete l’abbonamento di soli 30 euro al mese su cam.tv/dottoressanapolitano e avrete tutte el consulenze che volete al mese.
Lettera di una ragazza ai suoi genitori. Riflettete.
Buongiorno amici. Oggi leggiamo questa bellissima lettera “cari mamma e papà vi racconto chi sono”.
La fase adolescenziale è caratterizzata da numerosi conflitti e incomunicabilità tra genitore e figlio. Spesso gli adulti non sanno come fare, si trovano inermi davanti alle porte chiuse e alla confusione del figlio, altre volte però, non riescono a trovare la chiave d’accesso giusta, non vedono quello che dovrebbero vedere e non si accorgono che dentro quel corpo in trasformazione c’è un modo sommerso.
Le parole di una ragazza indirizzate ai suoi genitori possono aiutare a capire cosa succede nella loro testa.
LETTERA
Cari mamma e papà,
in queste poche righe proverò a cercare di spiegarvi chi sono, o almeno ci provo, visto che sono abituata a tenermi tutto.
Sono diventata adolescente, ormai ho 14 anni, anche se a volte per voi è difficile accettarlo perché mi considerate ancora la vostra bambina.
Tante volte non so neanche io cosa mi succede, mi sento strana, nervosa, alcune mattine mi alzo, mi guardo allo specchio e mi trovo carina, altre non mi posso vedere, mi faccio schifo e spaccherei lo specchio.
COME MI SENTO
A volte mi sento fortissima, altre sogno di essere come quelle fantastiche modelle o cantanti che seguo sui social e mi vergogno quasi a uscire.
Mi accorgo che il mio corpo che sta cambiando, i ragazzi mi guardano in modo diverso, guardano le mie tette, il mio sedere e a volte mi vergogno, mi imbarazzo e spero che esista qualcuno che non guardi solo quello.
Vorrei essere diversa, vorrei essere più sicura di me e magari a volte ne vorrei parlare con voi.
Spesso mi capita di sentirmi fuori posto, ho paura di dire cose stupide e di essere presa in giro dai miei amici, è per questa ragione che spesso faccio quello che fanno gli altri.
A voi potrà sembrare semplice la mia vita, perché ci sono poche responsabilità, invece non è così, ogni mattina devo combattere per trovare un posto in questo mondo.
Devo stare attenta a tutto, a come vestirmi, a quello da dire, ai miei profili, a quello che succede nelle chat, a tutto quello che accade per non essere tagliata fuori.
In più ci siete voi che sembra che l’unica preoccupazione sia la scuola e i voti e al massimo che non mi faccio le canne o non mi ubriaco e non vado a letto con il mio ragazzo.
Così la scuola diventa ancora più pesante, già il voto dei prof sembra un giudizio di quanto valgo come persona, in più quando rientro a casa devo affrontare pure il vostro e devo combattere con la paura e la rabbia della vostra delusione.
Quanto ritorno da scuola, la domanda che mi fate sempre è “Come è andata oggi a scuola”?
Ma secondo voi ho davvero voglia di rispondervi quando sono stanca, affamata e vorrei parlare di tutto tranne che della scuola?
Cercate di rispettare i miei tempi senza bombardarmi di domande e vedrete che sarò io stessa a cercarvi e a raccontarvi quello che mi va di dirvi.
Magari fatemi capire che vi interessa anche sapere come sto, perché non mi dispiacerebbe affatto.
Spesso mi definite scontrosa, lunatica e menefreghista, quella a cui scivolano tutte le cose addosso: sapete qual è la verità?
E’ che indosso una maschera per sembrare più forte di quella che sono e che tutte le volte che mi sgridate e criticate, quelle critiche mi fanno molto male.
Mi piacerebbe spiegarvi perché rimango incollata ore ed ore al mio smartphone e perché non ne posso fare a meno,.
Ma tanto non capireste l’importanza che ha per me, per voi rimarrà quell’oggetto che mi fa perdere solo tempo, non quello con cui mi relaziono e condivido e gestisco la mia vita.
Vi potrò sembrare strana, come se quello che faccio non avesse un senso, ma non mi giudicate per questo.
Mi spaventa fottutamente crescere, diventare grande, lo vedo difficile, devo fare delle scelte e in tutto questo ho ancora bisogno di voi anche se non ve lo dimostro e non ve lo faccio vedere.
vIRICORDO CHE SE VI TROVATE IN UNA SITUAZIONE SIMILE POTETE CONTATTARMI PER PRENOTARE UNA CONSULENZA QUI
Buongiorno ragazzi:) Oggi parliamo di come affrontare i momenti difficili della vita.
DIFFICOLTà
Tutti nella vita, almeno una volta, ci siamo scontrati con momenti difficili, situazioni improvvise che non pensavamo di dover superare.
Ma anche questi momenti sono important perché, grazie a loro, abbiamo la possiblità di crescere, imparare, evolverci.
Le persone affrontano i problemi in due modi: con un atteggiamento positivo o negativo. Quest’ultimo, però, non porta nient’altro che a paralizzarci di fronte ai problemi e non ci permette di reagire.
Il primo passo da fare, quindi, è quello di prendere coscienza della situazione che si deve affrontare, sotto tutti gli aspetti.
Essere sempre in fuga, infatti, non porta a nulla di buono. Porta solo a scappare dalle proprie responsabilità.
Pensiamo alla filosofia orientale. Questa, infatti ice, saggiamente: tutto quello che ci accade è per il 10% fato, per il 90% è come noi affrontiamo la vita.
SUGGERIMENTI
pRIMO PASSO: ACCOGLIERE LE NOSTRE EMOZIONI, TUTTE. nON NEGHIAMO LA TRISTEZZA, L’ANSIA, LA RABBIA. tUTTE LE EMOZIONI PORTANO A QUALCOSA. lA RABBIA, AD ESEMPIO, PORTA A REAGIRE, LA TRISTEZZA CI FA SFOGARE E DIO SOLO SA QUNTO è IMPORTANTE FARLO.
SECONDO: accettiamo gli alti e i bassi perché l’uno non può esistere senza l’altro. Affrontiamo, quindi, la tristezza e accogliamo la felicità delle piccole cose quotidiane. Anche in un momento triste e difficile, se qualcosa o qualcuno vi porta un attimo di gioia non negatelo ma vivetelo.
TERZO: ricordatevi che la felicità può arrivare all’improvviso. Può, infatti, manifestarsi come un amico che vuole aiutarvi, può essere un dono inaspettato. Confrontatevi, poi, sempre con gli altri per valutare la vostra situazione sotto diversi punti di vista.
QUARTO: trasformiamo la sofferenza in occasione per reagire. Capita a tutti una battuta d’arresto che sembra bloccare i nostri sogni. Ricordate che queste situazioni nella vita non sono eterne. Non rendiamole tali ma affrontiamole per avere il modo di tornare alla nostras serenità il più inf retta possibile. Anche questo è un momento per crescere.
La felicità è l’obiettivo da raggiungere.
Io ragazzi vi ricordo che, se avete bisogno di me, potete consultare questa pagina all’interno del sito https://www.dottoressanapolitano.it/contatti-consulenza/
Io spero che parlare di come affrontare i momenti difficili della vita visia stato utile.
Buon pomeriggio amici. Oggi parliamo di esternare le nostre emozioni.
Di quanto troppo spesso non lo fcciamo e di quanto, invece, è importantissimo farlo.
COMUNICARE LE NOSTRE EMOZIONI
Comunicare sentimenti ed emozioni è da sempre vitale nella comunicazione umana.
Pensa ad esempio alla paura. Saper istintivamente manifestare la paura, e saper riconoscere questo sentimento nel volto dell’altro, può permettere di salvare la propria vita e quella degli altri.
Può essere difficile per te esprimere le tue emozioni per molti motivi diversi.
Ad esempio:
Sei stato educato a non manifestare i tuoi sentimenti perché considerati segno di debolezza
Hai subito qualche forte trauma che non hai ancora elaborato; hai quindi paura di affrontarlo e cerchi di seppellirlo dentro di te
L’ambiente non è accogliente e temi di essere deriso o rifiutato
Sei nuovo in un certo ambiente, non conosci bene gli altri e non sei sicuro di essere capito se manifesti il tuo io profondo
Essere consapevoli dei propri sentimenti profondi richiede maturità e autoconsapevolezza. È frutto di un cammino di crescita.Solo dopo, siamo pronti a manifestarli. A patto di averne il coraggio.
SAPPIAMO FARLO? esternare le nostre emozioni
Talvolta non siamo in grado di riconoscere ed affrontare i nostri sentimenti. Un trauma o un grande dolore ci ha travolto.Reprimere continuamente i tuoi sentimenti è pericoloso, perché i sentimenti repressi si trasformano facilmente in aggressività e/o depressione.
Esprimere i propri sentimenti a qualcuno che ci accoglie e ascolta con il cuore, permette infatti di ridurre il livello di stress, con effetti benefici ad esempio per ipertensione e sistema immunitario.
Ma ragazzi, aldilà delle spiegazioni troppo scientifiche, c’è solo una ragione, che racchiude poi tutte le altre, che dovrebbe portare tutti ad esternare le proprie emozioni: lo star bene.
Star bene con noi stessi e con chi ci circonda.
Che senso ha reprimersi? Provate a pensare quante volte potevamo evitare discussioni sterili, incomprensioni se non ci fossimo trattenuti a dire, in modo civile ovviamente, quello che avevamo dentro in quel momento.
Pensate quante volte i vostri figli si reprimono per paura di essere giudicati, o di farvi soffrire, di far preoccupare. Per paura di una vosra risposta reazione e allora che succede? la cosa più sbagliata: ci si chiude e si cercano risposte da chi o cosa non potrà darcele.
Non riuscite a sbloccarvi? beh, che cis arei a fare altrimenti?:)
Io spero che il tema esternare le nostre emozioni vi abbia fatto riflettere.
Vi ricordo che per avere delle consulenze private e cominciare un percorso insieme collegatevi a questa pagina
Buon pomeriggio amici. Oggi il tema è il seguente: genitori siate il buon esempio.
La prima infanzia è una fase estremamente delicata in cui si pongono le basi solide su cui si costruirà un’identità stabile, una personalità forte, un’adattabilità del bambino, poi adolescente e infine adulto.
Hanno bisogno di chi non fa da paracadute solo per un egoismo personale, perché si fa prima, perché è meno faticoso, perché non si ha voglia di discutere con il figlio senza capire che se lo si cresce con la consapevolezza che avrà sempre e comunque un paracadute non spiegherà mai le sue ali.
STABILITà
Deve crescere con la consapevolezza di un legame stabile, di essere riconosciuto e accettato, di avere un porto sicuro che gli permetterà di partire, di osare.
Ciò che invece tristemente vedo è che non si prende più in braccio un figlio per calmarlo, non ci si siede più con lui per farlo ragionare e capire cosa sta accadendo e di cosa ha bisogno, si dà uno smartphone, un tablet.
Mi trovo sempre più bambini che non sanno correre, saltare, andare in bicicletta, fare una capriola, che sono completamente scoordinati e non hanno il senso dell’equilibrio. Se si vuole insegnare ad un figlio ad essere responsabile bisogna prima essere responsabili e comportarsi da genitore responsabile.
E ALLORA…GENITORI SIATE IL BUON ESEMPIO
E allora ricominciate ad instaurare un vero rapporto umano con vostro figlio. Certo, se lo avete abituato al contrario inizialmente vi guarderà come se foste degli alieni e si chiderà il perché di tutto questo.
Ma,pian piano, si aprirà, abbatterà tutti quei muri di solitudine che si è creato.
Il genitoore deve cescere bene i propri figli, deve essere da esempio nn soltanto per i rimproveri, tra l’altro spesso senza dare un motivo.
Devono insegnarei figli a comunicare nel modo corretto in famiglia e fuori, con i pari e con gli adulti.
Devono insegnar loro a credere in loro stessi, nei loro sogni, a combattere per quello che, per loro, conta davvero, a camminare sempre a testa alta nonostante ci sarà sempre qualcuno che cercherà in tutti i modi di affondarlo.
Questo deve fare un genitore.
E se avete bisogno di una dritta, di un percorso personale per riprendere in mano le redini della vostra famiglia io ci sono.
Io spero che il tema di oggi, genitori siate il buon esempio, vi sia stato utile.
Vi ricordo che per le consulenze di carattere privato la pagina da sfogliare è questa
Questo il link della mia pagina instagram @dottoressanapolitano.it dove troverete anche delle interessanti dirette.
Buongiorno amici:) Oggi voglio puntare l’attenzione sul fatto che “la pappa pronta non va mai bene”.
Questa la citazione di Crepet
basterebbe che un genitore si ponesse uan semplice domanda: se a un ragazzo o a una ragazza non è mai mancato nulla, come potrà conoscere la necessità di costruire da sé qualcosa per il proprio futuro?
GENITORI
Ho sempre amato il pensiero accademico di crepet.
Ha occupato una bella parte della mia tesi di laurea anni fa. E anche stavolta mi trovo in totale accordo con lui.
Spesso, sbagliando, i genitori riempiono di cose materiali i figli per sopperire alla loro mancanza fisica, o per accontentarlo in tutto.
Spesso, infatti, l’adulto si sostituisce al ragazzo che si ritrova “la pappa pronta” e non fa nemmeno lo sforzo di impegnarsi per ottenere ciò che desidera, perché tanto fanno tutto mamma e papà.
Più commettete questo errore, però, più i ragazzi non crescono e crescere vuol dire fare errori, ricevere no e delusioni.
Crescere vuol dire faticare per arrivare alla meta, per raggiungere gli obiettivi prefissati.
Se manca tutto questo manca… Vita.
CONSIGLIO
Quindi, non siate apprensivi e iper protettivi nei confronti dei vostri figli, che siano ragazzi o ragazze. Non teneteli troppo sotto una campana di vetro. Non è una vostra proprietà.
I ragazzi devono ricevere tutti gli stimoli esterni al loro nucleo famigliare.
Errori, come dicevo prima, delusioni, gioie, fatica fanno parte della loro crescita, del loro essere adulti. Fate i genitori, aiutateli a CRESCERE.
Ragazzi io spero che il mio breve post pensiero su la pappa pronta non va mai bene vi sia interessato e sia utile per riflettere su alcune dinamiche famigliari.
Io vi ricordo che per prenotare una consulenza con me dovete visitare la pagina contatti
Seguitemi anche su instagram al profilo @dottoressanapolitano