La chiave nelle emozioni e nell’affetto per i figli.
Buongiorno amici. Oggi parliamo di genitori di successo. Esistono davvero? e qual’è la chiave ?
“La chiave per essere genitori di successo non si trova in teorie complesse, in regole familiari elaborate o in contorte formule comportamentali. Essa si trova nei sentimenti più profondi di amore e di affetto per i figli, e si dimostra attraverso l’empatia e la comprensione. Quando i genitori offrono empatia ai loro figli e li aiutano ad affrontare sentimenti negativi come la collera, la tristezza e la paura, gettano tra sé e loro un ponte di lealtà e attaccamento” (J. Gottman)
Bambini e ragazzi
Bambini e ragazzi sembrano fare spesso fatica a riconoscere, esprimere e gestire le emozioni che sperimentano.
Troppe volte si tende ancora a “negare” le emozioni che vengono considerate come negative, impedendo loro di vivere adeguatamente anche rabbia, frustrazione o tristezza.
La famiglia, d’altra parte, è la prima agenzia educativa, la prima “scuola di vita” per bambini e ragazzi e tutto ciò che viene appreso a casa influirà sulle loro capacità emotive, cognitive e relazionali.
L’esempio e la modalità con cui gli adulti riusciranno ad esprimere, gestire ed elaborare le emozioni saranno una guida per i figli, sin da piccolissimi, e li aiuteranno a sperimentarsi senza paure.
Esprimere e gestire in modo efficace le emozioni significa essere più efficaci nella vita!
Le emozioni hanno un ruolo centrale nello sviluppo e ciascuna di esse ha una propria funzione adattiva: imparare a riconoscerle, elaborarle e gestirle è fondamentale.
L’autoconsapevolezza rappresenta l’elemento chiave dell’intelligenza emotiva: essere consapevoli delle emozioni che si sperimentano significa anzitutto riuscire a trasformare in parole ciò che si vive, e questo rappresenta il primo passo per gestirle in modo efficace.
Le scoperte scientifiche sull’intelligenza emotiva hanno dimostrato che aumentare l’autoconsapevolezza, gestire in modo più efficace i sentimenti negativi, essere perseveranti nonostante le frustrazioni, sviluppare l’empatia e la capacità di prendersi cura degli altri, di cooperare e di stabilire legami, rappresentano delle risorse e delle competenze fondamentali per bambini e adolescenti che, nel corso dello sviluppo, permetteranno loro di affrontare più efficacemente la quotidianità e diventare adulti più consapevoli e sicuri.
Emozioni ed empatia: cosa accade nel cervello degli adolescenti?
Ogni situazione merita certamente di ricevere specifica attenzione e possono esserci condizioni in cui i ragazzi hanno difficoltà più importanti a gestire le relazioni, riconoscere le emozioni e risolvere incomprensioni e conflitti.
Esiste, tuttavia, anche una spiegazione fisiologica alla normale fatica che gli adolescenti fanno nel mettersi nei panni dell’altro.
Nel cervello umano è il lobo frontale, la parte più anteriore, che si occupa di una serie di funzioni cognitive importanti, definite funzioni esecutive, che permettono, tra le altre cose, anche di comprendere le intenzioni e il punto di vista degli altri.
Si tratta di capacità che, a causa dei processi di sviluppo ancora in atto anche nel cervello, in particolare nella corteccia prefrontale, ancora immatura, appaiono più carenti negli adolescenti.
Come essere degli “allenatori” per i figli: i 5 passi per accrescere l’intelligenza emotiva
Essere sensibili e attenti agli stati emotivi di bambini e ragazzi significa conoscere il loro mondo, ciò che li fa star bene o, al contrario, può trasmettergli ansie o preoccupazioni.
È importante dare sempre valore a ciò che i figli sperimentano e mostrarsi accoglienti anche di fronte alla rabbia, alla tristezza o alla paura che possono provare in determinate situazioni, senza cercare di annullare ciò che vivono, senza banalizzare i loro sentimenti e senza negarli.
Se i genitori riescono a non mostrarsi confusi o ansiosi di fronte alle emozioni che sperimentano, bambini e ragazzi impareranno ad accettarle, riusciranno a dar loro un nome e sapranno gestirle adeguatamente.
Anche se è difficile e si vorrebbe vedere i propri figli sempre felici, è fondamentale non cercare di anticipare tutto e di risolvere sempre ogni difficoltà al loro posto.
In questo modo, impareranno a fidarsi dei propri sentimenti, a regolare le proprie emozioni e a risolvere i problemi in autonomia.
Buongiorno amici. Oggi riflettiamo sul fatto che chiedere aiuto non è una vergogna.
Chiedere aiuto non è sinonimo di debolezza o vulnerabilità.
Al contrario, chiedere aiuto è un atto di coraggio attraverso il quale non solo riconosciamo i nostri limiti, ma comprendiamo e accettiamo anche il ruolo che gli altri hanno nella nostra crescita personale.
In questo senso potremmo affermare che chiedere aiuto è, in realtà, un atto di forza e umiltà, perché a volte è proprio attraverso la richiesta di supporto che riconosciamo il valore degli altri e lottiamo contro la pressione che spesso ci viene trasmessa dalla necessità di essere “autosufficienti”.
La fiducia: una colonna portante
Quando chiediamo aiuto, esprimiamo la nostra fiducia negli altri, perché mettiamo a nudo una parte importante di noi stessi affinché qualcun altro la curi. Attraverso questo semplice gesto, rafforziamo i nostri legami.
Siamo onesti e teniamo in considerazione coloro che ci circondano, perché sappiamo che possono fare qualcosa per noi.
Tendiamo a pensare nella richiesta di aiuto socio-emotivo come un’arma a doppio taglio, che potrebbe portare gli altri ad approfittare di noi oppure a danneggiare la nostra indipendenza, minacciando gravemente la nostra capacità di fare le cose da soli.
Molto spesso sono le cattive esperienze passate, quell’insieme di aspettative e delusioni, che ci fanno pensare in questo modo e ci rendono reticenti al momento di chiedere aiuto e mostrare agli altri i nostri bisogni.
Senz’altro è un ragionamento sensato, ma non possiamo vivere con la paura che un vaso ci cada in testa ogni volta che usciamo per strada.
E questo significa che i limiti che ci auto-imponiamo sono utili solo quando ci troviamo in una situazione in cui è davvero necessario proteggerci, non oltre.
Chiedere aiuto è anche un ottimo modo per iniziare a relazionarci con qualcuno, oltre ad essere un’abilità sociale basilare e indispensabile per il nostro benessere. Così come a noi piace aiutare, anche gli altri possono sentirsi bene quando ci aiutano.
Ben lontano dall’essere egoistico, aiutare gli altri è un modo di contemplare la bellezza delle relazioni umane e dei legami che si stabiliscono tra le persone e che nascono dalle nostre azioni.
Orgoglio e paure
Per questo motivo, è bene lasciare da parte l’orgoglio e il bisogno di sentirsi infallibili, così come le eccessive riserve nel condividere ciò che accade dentro di noi. E non dimentichiamo che nemmeno la vergogna è un sentimento utile in questi casi.
D’altra parte, un altro dei fattori più influenti al momento di chiedere aiuto è il timore che questo ci venga negato.
A quel punto la paura di essere giudicati ci intimorisce, così come la possibilità che gli altri notino la nostra “debolezza” e che tutto ciò ci renda vulnerabili.
Per questo motivo, per chiedere aiuto, è necessaria una buona dose di fiducia, e dobbiamo sentirci a nostro agio di fronte a quelle persone. Se non lavoriamo su questi due pilastri, lo scambio non avverrà mai in modo fluido e naturale.
Per tutti questi motivi, non vale la pena perdere la possibilità di toccare con mano la bontà degli altri e di migliorare la nostra visione del mondo.
Quando chiediamo aiuto, vinciamo tutti, perché tanto dare quanto ricevere è estremamente arricchente. Aiutare è meraviglioso, ma lasciarci aiutare non è da meno. Vale la pena provarci!
Buongiorno amici. Oggi parliamo di figli e autostima e dei modi che i genitori hanno per danneggiarla.
I nostri figli non sono ingenui. L’obiettivo che dobbiamo porci è costruire in loro un adeguato senso di autocompetenza e di amor proprio. In una società competitiva che tende a mettere in discussione il nostro valore, nulla è tanto rilevante quanto affrontare quest’area della salute mentale.
Errori genitoriali comuni che danneggiano l’autostima dei figli
l’autostima non si costruisce solo con le nostre percezioni, ma è decisiva anche l’influenza dei nostri genitori, fratelli, insegnanti e amici. E chiariamo un aspetto: è più facile svilupparlo in un bambino che doverlo riparare in un adulto.
D’altra parte, non possiamo ignorare i modi in cui i genitori danneggiano l’autostima dei propri figli senza saperlo. Li analizziamo.
1. Non dare loro responsabilità adeguate alla loro età
L’iperprotezione è un ostacolo al corretto sviluppo dell’autostima dei bambini. È importante ricordare che se c’è qualcosa di cui un bambino ha bisogno è sentirsi competente e per raggiungere questo obiettivo non c’è niente di meglio che offrirgli responsabilità adeguate alla sua età.
E ce ne sono altri quattro molto importanti di atteggiamenti che apportano danni ai figli nello sviluppare la loro autostima.
E come ci sono i danni, ci sono anche i modi per risolverli.
Buongiorno amici. Oggi riflettiamo sull’argomento body shaming e bullismo.
Body shaming
Il body shaming è, alla lettera, la derisione del corpo e la discriminazione di una persona a causa del suo aspetto fisico.
La prima e più elementare forma di questa odiosa tattica di bullismo prende di mira una silhouette troppo abbondante, ma qualsiasi elemento può diventare oggetto di derisione.
Il colore dei capelli, la calvizie, la forma o le dimensioni del seno o del lato B di una ragazza, un’imperfezione della pelle come l’acne o anche il fatto di portare gli occhiali o l’apparecchio ai denti, indipendentemente dal fatto che la vittima possa modificare o no l’aspetto per cui è preso di mira.
Imparare a difendersi e soprattutto a non lasciarsi ferire è di importanza fondamentale, per non perdere la stima di sé e per non cadere in depressione.
Stereotipi
La società impone i suoi canoni di bellezza: una donna deve essere magra, avere qualche curva, ma solo nei posti “giusti”, ed essere capace di adeguarsi rapidamente alle mode dettate dallo star system quanto ad abbigliamento, make-up, acconciature.
Anche gli uomini devono essere conformi a certi standard estetici: occorre avere un fisico alto e muscoloso, capelli fluenti, atteggiamento da vincenti.
Chi non possiede queste caratteristiche, anche se si tratta solo di aspetto esteriore, è automaticamente persona non degna di rispetto e potenziale oggetto di derisione.
Se poi la vittima ha poche capacità di difendersi, ancora meglio: lo scherno diventa ancora più divertente.
Quando la derisione e il bullismo colpiscono soggetti fragili, ad esempio ragazzi o ragazze adolescenti, quando l’identità di sé è ancora tutta da costruire, l’impatto può essere devastante, come purtroppo la cronaca riferisce troppo spesso.
La vittima viene indotta a provare vergogna e a sentirsi in colpa per il proprio aspetto, tanto da essere a rischio di depressione, di ammalarsi di disturbi alimentari o di crisi di ansia.
Cosa fare
Subire attacchi, commenti negativi e veri e propri atti di bullismo e perfino di violenza per il proprio aspetto fisico suscita dolore, vergogna e rabbia in chi ne è vittima. Per questo è fondamentale imparare a difendersi.
– Le vie legali – Non sempre una strada possibile perché il body shaming è difficile da inquadrare come reato.
Nei casi più gravi, quando si trasforma in bullismo, in cyberbullismo se gli attacchi si verificano sui social, o in diffamazione, può trasformarsi in reato ed essere perseguito: a maggior ragione se diventa istigazione al suicidio.
Di solito però è considerato solo come una forma estrema di cattiva educazione, contro cui la legge non può nulla. Dobbiamo quindi difenderci da soli.
Autostima
– Costruire la propria autostima su elementi diversi dall’aspetto corporeo: è un duro lavoro, ma occorre imparare a conoscersi a fondo e ad amarsi per come si è e per aspetti diversi dalle caratteristiche fisiche: a quel punto si può arrivare a reagire positivamente contro chi si permette di dileggiare il nostro corpo.
– Non lasciarsi condizionare dai commenti negativi: non è facile né istintivo perché siamo naturalmente portati a cercare l’approvazione dei nostri simili.
Eppure, possiamo leggere questi attacchi come una sfida sulla strada dell’accettazione gentile di noi stessi: nessuno ha il diritto di dirci come dobbiamo essere e a chi dobbiamo assomigliare.
– Un invito a migliorarci: anche se i commenti che ci vengono rivolti sono malevoli e puntano solo a ferirci, proviamo a trasformiamoli in critiche costruttive e in una spinta a essere migliori.
Ci sono cose che possiamo fare senza troppo sforzo per migliorare noi stessi: ad esempio, possiamo provare le lenti a contatto al posto degli occhiali che ci appesantiscono i lineamenti, o curare di più il nostro make up o scegliere qualche outfit che valorizzi i nostri punti di forza.
Body positivity
– Pratichiamo la body positivity e la body neutrality: la body positivity ci dice di amare il nostro corpo, difetti compresi; la body neutrality ci invita a non odiarlo se anche non è pefetto, magari impegnandoci per migliorarci se proprio non riusciamo a sopportare qualche difetto.
– Educhiamo le persone intorno a noi – Il body-shaming è in gran parte legato a fattori di ignoranza e di inciviltà.
Per contenere il fenomeno, come si fa ad esempio contro il bullismo, possono essere molto utili le azioni di sensibilizzazione e di educazione anche a livello personale.
Ciascuno può e deve fare la sua parte, stigmatizzando i singoli episodi di body shaming di cui si è venuti a conoscenza, attirando l’attenzione sulla sofferenza inflitta alle vittime, e invitando a una linea di comportamento più rispettosa.
Big mama
In questi giorni sui social ne ho lette tante su di lei, o meglio contro di lei..o ancora meglio contro il suo aspetto fisico.
Giusto l’altro ieri leggevo su twitter di una mamma( mi chiedo che esempio dai a tua figlia)che scriveva” ah, ho visto che a Sanremo quest’anno c’è anche questa COSA QUI..mamma che schifo, ma cos’è?”
E la cosa che mi ha fatto ancora più ribrezzo è vedere tantissima gente che rideva e rincarava la dose in modi veramente cattivi e violenti.
Le stesse persone che, poi, fuori, vanno a manifestare contro il bullismo a scuola dei figli.
Ragazzi, mi raccomando. Non giudicate il libro dalla copertina perché non conoscete chi avete davanti e cosa sta passando, il perché di tante cose e cosa porta, emotivamente, questa condizione.
E, se siete vittime di bullismo, ricordate sempre e sottolineo sempre, di denunciare a chiedere aiuto a chi un aiuto può darvelo.
come aiutarli a superare paure e labirinti emotivi.
buongiorno amici. Oggi diretta adolescenti2: come aiutarli a superare paure e labirinti emotivi.
Diretta adolescenti2
Ah, l’adolescenza, gioie e dolori e preoccupazioni a parte dei genitori. Ma, in questo momento della vita di ognuno di noi, non sono solo i genitori ad essere messi sotto pressione. Ma lo sono i ragazzi stessi.
Le 4 isole
Quattro sono le paure e i labirinti emotivi che caratterizzano questa fase di vita: apatia, conformismo, perfezionismo, solitudine.
Ognuna di queste ha delle caratteristiche precise. E, per ognuno di questi labirinti, i genitori hanno il dovere di agire in determinati modi per aiutare o ragazzi a vivere serenamente la loro età.
E soprattutto per diventare degli adulti consapevoli e abili a gestire i piccoli grandi problemi della quotidianità da soli.
Diretta adolescenti2: come aiutarli a superare le loro paure
Vi lascio il link della diretta. Potete scaricarlo e seguirlo con i vostri ragazzi o i vostri genitori:)
Buongiorno amici. Oggi parliamo di problemi adolescenziali.
L’adolescenza è un periodo della vita di forti e rapidissimi cambiamenti non solo a livello fisico, ormonale e anatomico, ma anche a livello psicologico.
Il ragazzo adolescente vive una vera e propria crisi di identità poiché in questo momento della sua esistenza si avvia all’abbandono di modelli di tipo infantile per strutturare la propria personalità adulta.
Adolescenza
Egli mette in discussione la propria identità proprio per poterla definire e maturare l’idea che ha di sé stesso.
Si tratta di un processo non lineare, con un andamento che può prevedere dei balzi in avanti e dei passi indietro e anche delle fasi regressive in cui si ripropongono modalità e schemi di comportamento infantili.
Quello che deve ricordare ogni genitore è che in tutto questo non c’è nulla di patologico o preoccupante.
Si tratta di un processo naturale e necessario di crescita che passa anche attraverso la ribellione adolescenziale, la sfida all’autorità e l’allontanamento dai genitori.
In questa fase, importantissima per lo sviluppo del singolo individuo, il ragazzo si avvia a diventare un adulto autonomo e indipendete, con un suo proprio percorso personale.
Le derive dell’adolescenza: quando diventare grandi diventa un problema
I problemi adolescenziali veri e propri sono altri, che possono discendere da una difficoltà nell’affrontare il cambiamento in atto. Alcune delle problematiche più diffuse tra i ragazzi durante questa “età difficile” sono:
Autolesionismo
Fase depressiva vera e propria
Chiusura e isolamento sociale
Disturbi alimentari come anoressia e bulimia, che in una fase di cambiamento fisico possono acutizzarsi
Abuso di droghe o alcool
Disturbi d’ansia e dell’umore
In questo articolo, in particolare approfondiremo i fenomeni dell’autolesionismo e della depressione in età adolescenziale.
Spiegando anche quali sono i segnali che un genitore può cogliere per intervenire e aiutare il proprio figlio a uscire da una situazione di disagio e sofferenza.
Autolesionismo negli adolescenti
L’autolesionismo si esprime solitamente nella forma dei tagli eseguiti sul corpo con oggetti affilati come lamette, forbici, pezzi di vetro in punti che possono essere nascosti.
In questo primo caso di parla di “cutting”, parola inglese che serve a definire l’atto di tagliarsi ripetutamente la pelle.
Ma l’autolesionismo negli adolescenti può anche prendere la forma delle bruciature di sigaretta, inflitte su parti del corpo non visibili. In termini tecnici lo si definisce “burning”.
Esiste anche una forma nota come “branding”, che indica il marchiarsi a fuoco con un ferro rovente o con un altro strumento adatto.
È un fenomeno che esprime un forte disagio psicologico, una sofferenza che l’adolescente non riesce a comunicare.
Suicidio
Si tratta di una pratica che potrebbe far pensare al suicidio ma in realtà è connessa alla volontà di provare dolore fisico che serve nella maggior parte dei casi a spostare l’attenzione dal dolore e dal vuoto.
Si infliggono ferite al proprio corpo per cercare di non sentire un dolore che è tutto emotivo.
Le condotte autolesive possono verificarsi in relazione a un profondo vuoto interiore, legato a un trauma o a un abuso.
In quel caso, la pratica di tagliarsi o ferirsi in qualche altro modo serve a mettersi in contatto con con la vita.
Il sangue che scorre, il taglio, la sensazione di sofferenza fisica consentono di riconnettersi con la realtà, quando la mente se ne distacca per difendersi da un’esperienza traumatizzata.
Ma questo comportamento può derivare anche dal sentirsi soli in momenti difficili, quando emozioni negative come tristezza e rabbia prevalgono e non si ha un luogo sicuro in cui rifugiarsi, il supporto di qualcuno che possa confortare.
Autolesionismo
L’autolesionismo negli adolescenti è in crescita, ed è anche favorito da una sorta di moda e dalla presenza su internet di siti web in cui i ragazzi condividono questo tipo di esperienza e arrivano anche a incitare gli altri all’autolesionismo.
Depressione negli adolescenti
Gli adolescenti devono vivere il lutto della perdita della propria infanzia, affrontare un cambiamento naturale ma imprevisto poiché non possono scegliere in che direzione andrà il loro corpo ed è possibile che questa situazione inneschi un problema a livello di umore.
I sintomi della depressione in adolescenza sono l’apatia, la perdita di interesse verso ogni cosa, l’isolamento e il distacco da amici e parenti, la perdita del sonno, la mancanza di motivazione o entusiasmo per le attività, gli hobby, gli interessi.
Problemi adolescenziali, i segnali di allarme per i genitori
Considerando, dunque, tutti i problemi nei quali può cadere un figlio adolescente, maschio o femmina che sia, quali sono i segnali, i campanelli d’allarme ai quali un genitore dovrebbe prestare attenzione per poter intervenire il più presto possibile?
Innanzitutto un forte segnale può provenire dal luogo in cui il ragazzo passa la maggior parte del suo tempo cioè la scuola.
Il rendimento scolastico è un indicatore da tenere sempre in grande considerazione.
Un calo repentino dei voti di un ragazzo adolescente può essere sintomo di un disagio che si ripercuote sull’attenzione, sulla capacità di studiare e sulla motivazione e che porta, quindi, a un abbassamento della media scolastica.
Un altro campanello di allarme di allarme dovrebbe scattare quando un figlio adolescente manifesta apatia e sembra non riuscire a trovare alcuno stimolo.
Il disinteresse nei giovani talvolta è normale e fisiologico, ma c’è il rischio che l’indolenza si trasformi in apatia giovanile, causata da un contesto poco stimolante, dalla bassa autostima e dall’assenza di gratificazione.
Ci si può trovare di fronte a un ragazzo che fatica a trovare un senso o uno scopo, che passa le giornate tra letto e divano, senza concludere nulla.
Emancipazione
A differenza di quello che si crede comunemente, inoltre, la preoccupazione dovrebbe scattare quando l’adolescente dimostra difficoltà a emanciparsi dai genitori e ad assumersi le proprie responsabilità.
Non bisogna preoccuparsi troppo di fronte ai conflitti con i genitori e alla ribellione adolescenziale, sana e necessaria per un processo di autoaffermazione.
Piuttosto è l’incapacità di prendere decisioni, continuando a proporre modelli infantili, che dovrebbe instillare nel genitore il dubbio che il proprio figlio abbia un problema, si trovi in una situazione di crisi.
Altro importantissimo segnale da considerare sono le relazioni sociali del ragazzo in età adolescenziale: se il ragazzo si isola, tende a chiudersi in casa o si allontana e non sembra avere rapporti con i propri coetanei, è possibile che stia vivendo un forte disagio.
Infine anche l’aspetto fisico del figlio può dare motivo di riflessione: la trascuratezza può essere un segnale forte di scarsa autostima e mancata accettazione oltre che di assenza di stimoli.
Come comportarsi con un figlio adolescente? L’errore più comune tra i genitori
Quando un figlio entra nella fase dell’adolescenza un genitore può essere spaventato, pensare di non riconoscere in quell’individuo ribelle o silenzioso il bambino che ha cresciuto con amore e fatica.
Ribadiamo che la sfida contro l’autorità è un comportamento normale e sanissimo poiché è intesa come possibilità di mettersi alla stessa altezza del genitore e di cominciare a vederlo come un normalissimo essere umano, al di là della mitizzazione dell’infanzia, con i suoi pregi e difetti.
Quello che un genitore, però, non dovrebbe fare è assumere un atteggiamento amicale nei confronti del figlio, trasformarsi in compagno, quasi in complice.
Questo perché un simile comportamento crea confusione tra i due ruoli, genitore e amico, e mette spesso il genitore nella condizione di non saper dire di no.
Occorre trovare un equilibrio tra la vecchia figura del genitore normativo e punitivo e questa nuova modalità di entrare in relazione con i figli che risulta altrettanto deleteria.
Il genitore di un ragazzo adolescente deve essere disponibile a capire l’impatto emotivo dei cambiamenti che il figlio subisce, disponibile all’ascolto, né troppo tollerante né troppo repressivo.
Prevenzione dei problemi in adolescenza
Naturalmente esiste anche una fase di prevenzione dei problemi e disturbi adolescenziali.
A parer nostro il luogo primo in cui effettuare degli interventi volti a prevenire il disagio negli adolescenti è proprio la scuola.
È necessario che vi siano degli incontri preparatori nei quali esperti psicologi e terapeuti possano entrare in relazione con i ragazzi per poter parlare di queste situazioni e per poter dar modo ai giovani stessi di esprimere emotivamente quello che sentono.
Questo perché spesso i ragazzi vivono nell’illusione che quello che stanno provando loro sia unico, che nessun altro sia nella stessa situazione.
Parlare
Poterne parlare annulla quest’illusione e li aiuta a ritrovare l’equilibrio.
Per quel che riguarda, invece, l’ambito strettamente familiare è possibile per i genitori aderire a un programma di parent training e sostegno alla genitorialità durante il quale vengono espressi dubbi e perplessità riguardo questa fase di passaggio e si imparano le tecniche e le strategie più adeguate per sostenere il proprio figlio, comprenderlo e aiutarlo lungo il suo percorso di crescita.
In tal modo possono essere attivate delle nuove modalità di dialogo e capire come ascoltare i cambiamenti anziché sanzionarli.
Come i genitori possono aiutare le figlie a crearla.
Buongiorno amici. Oggi parliamo di body confidence nello sport.
Le adolescenti abbandonano lo sport: il 1° motivo è la scarsa autostima nel proprio corpo. Scopri come aumentare la fiducia di tua figlia con i consigli dei nostri esperti.
Pubertà
Durante la pubertà il corpo delle ragazze è soggetto a cambiamenti significativi, che possono causare imbarazzo e insicurezza.
Questi cambiamenti possono persino ostacolare la loro partecipazione alle attività sociali con gli amici, alla vita scolastica e al perseguimento dei propri hobby preferiti.
Negli ambienti sportivi, all’interno e all’esterno del campo, le adolescenti spesso si percepiscono come esposte e vulnerabili al giudizio e al confronto, non solo in relazione alle capacità fisiche del loro corpo, ma anche al proprio aspetto.
Abbiamo collaborato con gli esperti accademici di fama mondiale del Centre for Appearance Research per fornire consigli su come costruire l’autostima nelle adolescenti, così che continuino a praticare gli sport che amano.
Creare spazi liberi dai commenti sull’aspetto fisico
Spesso le ragazze ricevono commenti sul loro aspetto fisico anziché sulle loro capacità sportive quando fanno sport. È importante, invece, concentrarsi sul loro talento anziché sul loro aspetto.
Creare spazi liberi dai commenti sull’aspetto fisico aiuta a costruire l’autostima, invitando ad allontanarsi dalle discussioni sulle apparenze e concentrarsi invece su ciò che i corpi sono in grado di fare.
Ricordate a vostra figlia che il talento sportivo non ha nulla a che vedere con l’aspetto fisico. Creando una spazio di fiducia, le ragazze si sentiranno abbastanza sicure da condividere i propri pensieri.
Spostare l’attenzione dall’aspetto alle abilità per affrontare le prese in giro e il bullismo
La nostra ricerca ha scoperto che il 42% delle ragazze che abbandona lo sport ha ricevuto commenti negativi sul proprio aspetto fisico.
Purtroppo, molte di loro sono vittime di prese in giro e bullismo, ed è abbastanza comune che le ragazze facciano paragoni, soprattutto negli spogliatoi.
Per promuovere la crescita di figlie sicure del proprio corpo, è essenziale spiegare loro il motivo per cui dovrebbero evitare di giudicare se stesse o l’aspetto delle altre ragazze, e di fare confronti negativi.
Spostare l’attenzione sulle loro abilità contribuisce a costruire la fiducia nelle giovani atlete, in modo che si vedano non come rivali, ma come compagne di squadra.
Prendere ispirazione attraverso modelli di ruolo con diverse conformazioni fisiche
Spesso le adolescenti credono che solo determinate corporature siano adatte allo sport.
Trovare modelli di riferimento positivi è uno strumento fondamentale per costruire l’autostima nelle adolescenti, sia che si tratti di un’olimpionica o di un familiare che comprende l’importanza della fiducia nel proprio corpo nello sport.
Al 43% delle ragazze che abbandona lo sport è stato detto che la loro corporatura non era adatta. Vedere atlete e donne di diverse conformazioni fisiche che si divertono a fare attività fisica insegnerà che non esiste una corporatura giusta o sbagliata per fare sport.
Incoraggiate la motivazione con il giusto “perché”
A volte, semplicemente, si perde la motivazione per fare sport. Vostra figlia potrebbe aver perso di vista il suo “perché”, oppure il rifiuto potrebbe essere legato al cambiamento del suo corpo e del suo aspetto, e al fatto di divertirsi meno.
Concentrarsi sui numerosi benefici a lungo termine dello sport può essere utile per infondere fiducia in vostra figlia e ispirarla a continuare a praticare sport.
Incoraggiarla a partecipare per il divertimento, le amicizie e i risultati personali, anziché per i “risultati” a breve termine, servirà a costruire autostima e motivazione.
Affrontate il tema delle attenzioni indesiderate
Le attenzioni indesiderate possono risultare angoscianti per le ragazze. Se vostra figlia si trova in questa situazione, è importante rassicurarla che non è mai colpa sua e, allo stesso tempo, è fondamentale comunicare all’allenatore qualsiasi problema al fine di proteggerla.
Può essere complesso capire come sostenere una ragazza con problemi di percezione del corpo quando è soggetta a attenzioni indesiderate che la mettono in imbarazzo.
Per rafforzare l’autostima delle adolescenti, diventa particolarmente rilevante spostare l’attenzione dalle apparenze esterne verso i risultati ottenuti e le capacità del proprio corpo.
Buongiorno amici. Oggi riflettiamo su un’ iniziativa che mette al bando i numeri per dare i voti ai bimbi.
Voti
Lo spauracchio di tutti gli studenti di qualsiasi età.
E , purtroppo, molte volte si riesce pensando che un numero sia la valutazione della persona che siamo quando, ragazzi e genitori, non è così.
Ma è quello che spesse volte, insegnanti e genitori stessi ci fanno credere. Se sei bravo a scuola allora vuol dire che sei una persona vincente, che sei una brava persona.
Insomma, si generalizza un po’ troppo e si da’ un’accezione al voto non realista.
Il significato del voto
Col voto un insegnante non fa altro che dirti a che punto siamo con l’apprendimento di un argomento: se l’abbiamo compreso o meno dando un voto sufficiente o no.
Deve essere un monito, per l’alunno, per capire dove migliorare o se continuare sulla strada intrapresa, nulla di più.
E’ ovvio che, un tipo di ragionamento come questo, può esser fatto dai ragazzi più grandi, dai liceali soprattutto perché hanno sviluppato una capacità analitica e di ragionamento diversa da quella che può avere un bambino piccino. Da qui l’idea del maestro.
I bimbi
I bambini a scuola devono comprendere tutto ciò che abbiamo detto prima sul voto in molto molto più soft. d non è un modo per farlo stare sotto una campana di vetro.
E’ un semplice modo per incoraggiare chi non va benissimo a scuola e non riesce, gioco forza per l’età, ad elaborare il significato di un voto negativo.
E’ un “continua così, bravo” per chi sta andando bene e ha bisogno, comunque, di essere sempre stimolato a fare sempre meglio.
Ora, quale modo più giusto se non scrivere delle valutazioni come ha fatto questo maestro?
Scuola ed educatori- al bando i numeri per dare i voti ai bimbi
La scuola deve essere un luogo dove si apprendono nozioni e dove si impara a stare con gli altri, a colloquiare, a tenere una conversazione in modo civile , a formarsi come adulti, ad avere le proprie idee e le proprie opinioni da difendere o confrontare con gli altri.
A questo serve, o direi “servirebbe” la scuola.
E gli insegnanti, a qualsiasi livello scolastico siano, sono i secondi educatori dopo i genitori. Qualsiasi errore a livello educativo da entrambe le parti può danneggiare lo sviluppo mentale di un ragazzo e innescare una serie di paure e fobie che diventerebbero, se non prese in tempo, croce che si porterebbero per tutta la loro esistenza.
E quindi, dal mio punto di vista, bene scrivere un giudizio di questo tipo per i più piccini. E voi, cosa ne pensate?
Vi ricordo che se avete bisogno del mio aiuto contattatemi qui
Buongiorno amici. Oggi parliamo de la sana competizione.
Ciao ragazzi, oggi avevo in mente di postarvi un argomento diverso da quello per cui sto scrivendo. Ma la notizia letta sul corriere mi ha fatto venir voglia di riflettere con voi.
Il fatto
Succede in Sicilia. Due squadre di basket femminile devono sfidarsi: una siciliana l’altra oltre lo stretto. Under 14.
Le ragazze siciliane non possono fare questa trasferta per mancanza di soldi, per i coisti troppo alti che non riescono a sostenere.
Che succede a questo punto? Che le avversarie, pur di giocare questa partita in modo onesto e senza vincerla a tavolino, decidono di ospitare a casa le avversarie in modo da azzerare i costi. Così, la partita si è giocata serenamente.
Competizione sì ma sana.
Perché volevo riflettere su quello successo a queste ragazze, perché devono essere un esempio di sana competizione e solidarietà per le avversarie.
Purtroppo, ed è storia di pochi giorni fa’, quando si parla di sport, e purtroppo non solo ad alti livelli, c’è ancora tanto razzismo, tanta non sana competizione che fa perdere l’importanza che lo sport ha.
Quando si parla di sport si parla di, in questo caso, gioco di squadra, di cooperazione tar compagne e rispetto per gli avversari, di qualsiasi sport si tratti. E deve essere così.
Qui entrano in gioco gli allenatori, fondamentali per lo sviluppo e la crescita dei ragazzi.
Adolescenti e sport.
Spesse volte mi è capitato, nel corso degli anni lavorando con gli adolescenti. di parlare con mamme e papà e consigliare, per i propri ragazzi, sport di squadra anche piuttosto fisici, tipo il rugby. Previa, ovviamente, inclinazione dell’interessato.
perché questo genere di sport? Perché c’è una disciplina pazzesca, c’è il rispetto e la collaborazione tra di loro, il rispetto delle regole e del gioco pulito.
Se vi è mai capitato di guardare una partita di rugby, alla fine tutti si stringono la mano e gli stadi sono pieni di famiglie con bimbi anche piccoli. Ed è questo che deve essere, o meglio purtroppo, dovrebbe essere.
Un giorno, anni fa’, uno dei miei ragazzi, in comunità, mi disse” Terry, io voglio fare kick boxing così poi mi so difendere se mi prendono in giro e mi rispettano”.
Il rispetto
In realtà quello non era rispetto: era timore. In questo modo, cercavo di fargli capire, le persone avranno paura di te e ti isoleranno. Il rispetto è ben altra cosa.
Ma capivo il perché lo diceva, conoscevo il suo passato, la sua sofferenza e i motivi per cui era in comunità.
Lo sport lo avrebbe aiutato a sfogare la sua rabbia ma doveva anche comunicare con gli altri rispettando le regole. Ecco che venne in soccorso un allenatore proprio di rugby.
L’allenatore disse a M. “se la tua intenzione è quella di difenderti fuori, io non ti allenerò mai. Qui c’è il rispetto per i compagni e gli avversari. non c’è violenza ma solo sport e sana competizione.”
Gli allenatori
Sono fondamentali. Mi viene in mente la serie di film karate kid.
Gli allenatori sono degli educatori tanto quanto i professori, oltre che i genitori.
Un allenatore che porta i ragazzi ad essere scorretti, che spinge alla violenza non è un buon formatore.
Chi ha allenato ed educato queste ragazze della squadra di basket di cui abbiamo parlato sopra è un ottimo coach.
E’ giusto che ci sia competizione nello sport. Aiuta a rimanere concentrati, a dare il meglio di sè, a voler migliorare ogni giorno di più , passo dopo passo per raggiungere i propri obiettivi.
E le avversarie? Giocano e competono con noi non per prevalere, ma perché vogliono dare il loro meglio così come noi.
E se hanno giocato meglio è giusto esserne consapevoli, correggere quello che non è andato e complimentarsi con chi ce l’ha fatta. Nello sport così come nella vita.
E voi, avete avuto un’esperienza simile? cosa ne pensate?
Vi ricordo che se avete bisogno di me potete contattarmi qui
Buongiorno amici. L’argomento di cui parleremo oggi è diretta: credere in se’ stessi.
Se non lo fate voi, nessuno lo farà. Credere in sé stessi non è una questione di orgoglio, ma di dignità personale.
È quel legame psicologico a cui ci aggrappiamo ogni giorno per avere fiducia nelle nostre decisioni, per smettere di aver paura dei fraintendimenti e per permetterci di alzarci cento volte.
Credere in noi stessi è amarci con coraggio, sapendo che meritiamo qualcosa di meglio.
Credere in sé stessi significa accettare di essere unici, diversi dagli altri
Spesso non ci rendiamo conto della voce dei nostri pensieri, dei nostri atteggiamenti, delle nostre attribuzioni e dei nostri ragionamenti.
Sono questi che delineano l’architettura di chi siamo, che ci limitano o ci potenziano, sono quello che alla fine influenza il modo in cui ci sentiamo e come ci comportiamo.
L’arte di credere in sé stessi è soprattutto un esercizio di volontà.
Tuttavia, vale la pena di ricordare una cosa semplice ed elementare: non siamo esseri prodotti in serie, siamo tutti diversi. Eccezionali e irripetibili.
Abbiamo impronte digitali uniche, una nostra propria personalità, caratteristiche diverse rispetto agli altri. Siamo nati per lasciare il segno in questo mondo, e per questo dobbiamo trovare i nostri scopi credendo in noi stessi, nel nostro potere.
Diretta: credere in se’ stessi
Ma non voglio spoilerare più hulla.
Vi lascio il link alla diretta che potete benissimo scaricare e riguardare quando volete.