Buongiorno amici. Oggi parliamo di paura costante di sbagliare e di come aiutare gli adolescenti a non averne più.
«Ho sempre avuto paura dell’errore, dell’essere giudicata, dello sguardo degli altri. Mi vergogno. Se gioco a pallavolo certe volte rinuncio a gettarmi per prendere una palla per quella paura, la paura di non essere capace, di essere rimproverata. In prima media, giocavamo a palla rilanciata, un mio compagno mi ha urlato contro, dopo un errore. Ancora ci penso, ancora lo ricordo. Sento l’errore come un’ombra che mi segue e che è pronta a precipitarsi su di me. Vorrei non mi importasse del giudizio degli altri, ma invece mi importa, molto».
La paura di sbagliare che blocca i ragazzi
Sempre più frequentemente gli adolescenti hanno paura di sbagliare, non accettano gli errori e li vivono come un fallimento. Purtroppo viviamo in una società che pone troppo spesso l’accento sul risultato: ci si preoccupa di ottenere sempre buone prestazioni e ci si dimentica di quanto, invece, anche imparare a sbagliare sia importante per crescere e sviluppare una buona autostima.
È soprattutto a scuola che i più piccoli temono di sbagliare: livelli eccessivi di ansia, che spesso riguardano la paura di prendere un brutto voto o del giudizio degli altri, possono attivare un blocco e la percezione di non essere all’altezza.
Gli adolescenti hanno bisogno di ascolto, non di soluzioni, e di essere aiutati a trasformare le difficoltà in una sfida da affrontare!
Spesso gli adolescenti si bloccano davanti a un problema o a una situazione che percepiscono come difficile, assumono un atteggiamento difensivo e rinunciatario nei confronti di quello che devono affrontare e non riescono a viverlo come una sfida.
“Mi sento schiacciata da tutto quello che devo fare, mi sento di non riuscire a stare dietro a tutto. Ho mille pensieri che mi tormentano e quando mi sento così mi sale l’ansia, mi blocco e non riesco ad essere lucida.”
Ansa e difficoltà
Nel momento in cui si presentano situazioni intense e impegnative il cervello rilascia sostanze chimiche e attiva una serie di circuiti neuronali. Se si considera ciò che si sta vivendo come una minaccia, il cervello entra in uno stato di allarme e si prepara alla difesa. Al contrario, se si affronta quella condizione come se fosse una sfida, il corpo produce una maggior quantità di energia per poterla superare e viene poi rilasciato un neurotrasmettitore, la dopamina, che fa sperimentare gratificazione.
Ascoltare i figli è fondamentale, è il primo passo per instaurare e mantenere aperta una relazione improntata sul dialogo e il confronto, anche nei momenti di difficoltà. Non è sempre facile riuscire ad ascoltarli e a comprendere i loro comportamenti e le loro motivazioni. Eppure è fondamentale: sentirsi ascoltati significa potersi fidare e sentire di essere importanti per l’altro!
Genitori
I genitori hanno bisogno di acquisire consapevolezza, strumenti e strategie per fronteggiare in modo più efficace la quotidianità e le sfide che possono incontrare nella relazione con i figli e nelle diverse fasi della crescita.
In questo modo possono diventare promotori attivi potenziando il loro ruolo, rafforzando le loro competenze, promuovendo anche nei figli la consapevolezza e l’acquisizione di efficaci abilità di vita (life skills).
e vi ricordo che se avete bisogno di me potete contattarmi.
Buongiorno amici. Oggi parliamo del 15enne suicida perché bullizzato a scuola da un paio di compagni.
La villetta in cui abitava con il papà dista dal casolare abbandonato dove, poggiato a un muro esterno, lo hanno trovato privo di vita — pistola in mano, un colpo alla testa — un paio di chilometri.
La storia di Leonardo
Leonardo, quindici anni, studente al secondo anno del professionale «Alfredo Panzini», indirizzo turistico-sportivo, li ha percorsi in tuta nera e infradito, ciò che indossava quando ha salutato il padre come faceva ogni sera: «Buonanotte, sogni d’oro». Erano le 21 di domenica. Il ragazzo però non ha raggiunto la sua cameretta da letto. No, è uscito di casa e poi si è sparato con l’arma sottratta di nascosto al genitore, agente della polizia locale a Senigallia, la cittadina nell’Anconetano teatro della tragedia.
Ciò che emerge dalle indagini dei carabinieri è una vicenda legata al bullismo. Leonardo subiva ripetuti insulti volgari in classe. Ne aveva parlato con la madre e il padre, separati da tempo ma in ottimi rapporti. Si era confidato.
Non voleva più andare a scuola. Tanto che i genitori avevano deciso di andare dal preside del Panzini perché venissero presi provvedimenti. «L’appuntamento era per oggi (ieri per chi legge, ndr )», dice, quasi in lacrime, Pia Perricci, l’avvocata di famiglia che Leonardo lo ha visto crescere, tanto da definirlo così: «Gentile, tremendamente gentile».
Ora, le sole parole che filtrano dalla madre del quindicenne sono queste, affidate alla legale: «Ma perché hanno voluto distruggere mio figlio?».
La procuratrice di Ancona Monica Garulli ha aperto un fascicolo affidato alla pm Irene Bilotta. Il reato ipotizzato è quello di istigazione al suicidio e si indaga contro ignoti sebbene nella denuncia firmata dalla mamma di Leo nella notte tra sabato e domenica — con le ricerche in pieno svolgimento — ci siano due nomi, quelli dei compagni di classe di Leonardo, presunti autori di insulti irriferibili e vessazioni, anche fisiche, sempre più pesanti.
Segnali
Tutto è cominciato un paio di mesi fa, quando il quindicenne — che aveva cambiato scuola ma solo perché trovava più adatte a lui le materie insegnate al «Panzini» — aveva preso a rincasare sempre più svogliato, silenzioso, il profitto in caduta. Alle insistenze dei genitori, ha rivelato tutto ciò che stava subendo da settimane. Quei suoi modi gentili erano oggetto di scherno, continue offese volgari. Ma non solo. Poteva capitare che al bagno venisse circondato allo scopo di essere «pizzicato» — però dolorosamente e anche con delle percosse violente — in tutto il corpo.
Mercoledì Leo è tornato da scuola con un’espressione diversa sul volto, forse più risoluta. La mamma gli ha chiesto cosa fosse successo e lui ha risposto che aveva «fatto quel che deve fare ogni uomo».
Pace
Ovvero offrire «la mano, in segno di pace». Ai due bulli, il ragazzo aveva proposto una specie di distensione, con queste parole: «Adesso basta, smettetela. E diventiamo amici». «Ma all’indomani i soprusi sono ripresi. E semmai ancora più insopportabili» racconta l’avvocata Perricci.
L’ultima sera, quella di sabato, trascorsa in famiglia da Leonardo, che aveva anche una fidanzata, non è stata differente dalle altre, serena, tranquilla.
Finita la cena — c’erano anche i nonni — il ragazzo è andato a dormire. È stato il padre a scoprire che il figlio non era in casa. Sceso in taverna per prendere un dolce, si è accorto che il mazzo di chiavi lasciate sul tavolo era sparito. Le aveva prese il ragazzo per aprire la cassaforte a muro, dietro un armadio trovato con le ante aperte, in cui era custodita la Beretta Px4 d’ordinanza.
«Leo! Leo! Dove sei?» ha gridato l’uomo. Ma il ragazzo s’era già allontanato. Si sarebbe ucciso poco dopo, stando alla testimonianza di una donna che ha sentito uno sparo. Un drone dei carabinieri ha individuato il corpo fuori dal casolare. Il «Panzini» nel frattempo era stato messo sotto sorveglianza dalle forze dell’ordine. C’era l’ipotesi — esile, ma possibile — che Leo cercasse vendetta. Non avrebbe lasciato biglietti ed è stato sequestrato il suo cellulare.
Purtroppo il bullismo è una piaga sociale che nessuno è ancora riuscito a debellare completamente.
Purtroppo…
Tanti ragazzi e bambini sono ancora vittime di violenza anche cyber e, per i più deboli, l’unico modo per porre fine al tutto è metter fine alla propria vita.
Se siete ragazzi che avete subito o state subendo vessazioni di qualsiasi tipo, fuori l’online od entro, denunciate, non abbiate mai paura di farlo.
Ricordate che siete voi le vittime e che non avete colpe e motivazioni per provare paura o vergogna. Io l’ho fatto ai tempi.
E voi genitori, state attenti a qualsiasi segnale, anche il più piccolo cambiamento nei comportamenti del vostro ragazzo.
Buongiorno amici. Oggi riflettiamo su i genitori e l’arrivo dell’adolescenza.
I cambiamenti dell’adolescenza- I genitori e l’arrivo dell’adolescenza
L’adolescenza è una fase di cambiamenti profondi, e non si tratta solo di trasformazioni fisiche legate agli ormoni. È un periodo di sconvolgimenti caratteriali e comportamentali, che spesso sorprende e disorienta i genitori.
Quel bambino affettuoso e dipendente che cercava la mano del genitore in ogni momento sembra svanire, lasciando il posto a un giovane sempre più desideroso di autonomia e spazi propri. Questo può far sentire i genitori come se stessero vivendo una sorta di “lutto”, un senso di perdita per la figura del figlio che conoscevano e per il rapporto che avevano con lui.
Per i ragazzi, invece, è il momento della scoperta di sé stessi e del mondo che li circonda, e questo porta inevitabilmente a nuovi comportamenti e atteggiamenti. I genitori, spesso impreparati a questo cambiamento, possono avere difficoltà a capire come gestire la situazione e come continuare a essere presenti nella vita dei propri figli, senza sentirsi esclusi o inutili.
I Cambiamenti dell’Adolescenza
Durante l’adolescenza, il corpo dei ragazzi cambia rapidamente sotto l’effetto degli ormoni, ma altrettanto rilevanti sono i cambiamenti psicologici e comportamentali che avvengono in parallelo. Il passaggio dall’infanzia all’età adulta è segnato da una forte voglia di indipendenza.
I ragazzi, in questa fase, iniziano a sviluppare opinioni personali, a mettere in discussione l’autorità e a esplorare nuove possibilità. È naturale che inizino a staccarsi dalla famiglia, desiderando spazi più privati e interazioni con amici e coetanei.
Questo nuovo atteggiamento può apparire distante, a volte persino ostile, ai genitori. Ma in realtà, il comportamento dei figli non è altro che un segnale della loro crescita e del bisogno di costruire una propria identità.
Durante l’infanzia, i genitori sono stati la fonte primaria di conforto e protezione. Con l’arrivo dell’adolescenza, però, gli adolescenti sentono la necessità di mettersi alla prova da soli, spesso sfidando le regole e i limiti che gli sono stati imposti fino a quel momento.
Per i genitori, è importante riconoscere che questo distacco non significa che i figli li respingano, ma piuttosto che stanno cercando di scoprire chi sono e come si relazionano con il mondo esterno.
La Scoperta di Sé e del Mondo- I genitori e l’arrivo dell’adolescenza
L’adolescenza è un periodo cruciale per la scoperta di sé. È il momento in cui i ragazzi iniziano a interrogarsi su chi sono, quali sono i loro interessi e cosa vogliono dal futuro. Questo processo di auto-esplorazione è spesso accompagnato da una crescente curiosità per il mondo esterno e per le persone che ne fanno parte.
Le amicizie, in particolare, diventano centrali: gli adolescenti trovano nei coetanei un riflesso delle proprie esperienze, preoccupazioni e desideri. Il gruppo di amici diventa un luogo dove sperimentare nuove dinamiche relazionali, lontano dagli occhi vigili dei genitori.
Questa spinta verso l’esterno, il bisogno di stare con gli amici e vivere nuove esperienze fuori casa, può essere vissuto dai genitori come una sorta di “abbandono”.
Vedono i propri figli allontanarsi sempre di più, trascorrere più tempo fuori e ridurre la comunicazione. In realtà, questa è una fase fondamentale per lo sviluppo della loro autonomia. Gli adolescenti cercano spazi in cui poter essere se stessi, senza la pressione di dover soddisfare le aspettative dei genitori.
È importante, in questo contesto, che i genitori accettino questa necessità di scoperta e permettano ai propri figli di fare le loro esperienze, pur rimanendo una presenza costante e disponibile.
Il Senso di Inutilità dei Genitori
Quando i figli iniziano a prendere le distanze durante l’adolescenza, molti genitori provano un profondo senso di inutilità. Abituati a essere il centro dell’universo dei propri figli, vedono improvvisamente diminuire il loro ruolo nella vita quotidiana e si chiedono se siano ancora necessari.
Le telefonate si fanno meno frequenti, le conversazioni diventano più brevi e spesso ci si scontra su questioni di poca importanza. Questo può generare un sentimento di smarrimento nei genitori, che si sentono rifiutati o trascurati.
È importante riconoscere che questo senso di inutilità, seppur comprensibile, è spesso frutto di una percezione errata. I figli adolescenti non stanno cercando di escludere i genitori dalle loro vite, ma di ridefinire il loro rapporto.
È naturale che, in questa fase, desiderino esplorare nuove relazioni e dinamiche sociali, ma ciò non significa che non abbiano più bisogno di guida e supporto.
In realtà, i genitori continuano a essere figure fondamentali, solo in modo diverso. Non si tratta più di intervenire direttamente in ogni situazione, ma di essere presenti come riferimento stabile, pronti ad ascoltare e offrire consigli quando richiesto. In altre parole, i genitori devono imparare a lasciar andare, mantenendo però un legame forte e costante.
Il Ruolo dei Genitori: Guida, non Perfetti
Uno degli errori più comuni che i genitori possono fare durante l’adolescenza dei figli è cercare di mantenere l’immagine di genitori perfetti. Spesso si teme che ammettere i propri errori o mostrarsi vulnerabili possa far perdere autorevolezza o rispetto.
Tuttavia, questo approccio può rivelarsi controproducente. L’adolescenza è una fase in cui i ragazzi diventano particolarmente critici nei confronti delle figure adulte e, se vedono nei propri genitori un’immagine di perfezione irraggiungibile, possono sentirsi inadeguati o, peggio, allontanarsi ancora di più.
È fondamentale, invece, che i genitori si presentino come esseri umani, con i loro pregi e difetti. Questo non significa perdere autorevolezza, ma piuttosto mostrare ai figli che sbagliare fa parte della vita e che anche gli adulti devono imparare dai propri errori. I ragazzi, vedendo i genitori affrontare le difficoltà con maturità e umiltà, impareranno a loro volta a gestire i fallimenti in modo costruttivo.
Il ruolo del genitore, dunque, non è quello di imporre un modello di perfezione, ma di essere una guida. Una guida che indica la strada, ma che lascia il figlio libero di fare le proprie scelte e di imparare dai propri errori.
L’importante è offrire supporto, ascolto e consigli, senza mai cercare di sostituirsi al figlio nelle sue decisioni. In questo modo, il genitore diventa un punto di riferimento stabile, che accompagna il figlio lungo il suo percorso di crescita.
Insegnare ai Figli a Sbagliare: il Valore dell’Errore
Uno degli insegnamenti più importanti che un genitore può dare ai propri figli è come affrontare gli errori. Molti genitori, nel desiderio di proteggere i propri figli dalle delusioni o dalle difficoltà, tendono a intervenire in modo eccessivo, cercando di risolvere i problemi al posto loro. Tuttavia, questo atteggiamento può privare i ragazzi di un’opportunità fondamentale per crescere: quella di imparare dagli errori. L’errore, infatti, è parte integrante del processo di crescita e maturazione.
Non sostituirsi ai figli significa permettere loro di sbagliare, ma essere presenti per aiutarli a riflettere su cosa non ha funzionato e come evitare di commettere lo stesso errore in futuro. Il fallimento, se accompagnato da una riflessione costruttiva, diventa un potente strumento di apprendimento. Solo attraverso l’esperienza diretta, i ragazzi potranno acquisire sicurezza in se stessi e imparare a prendere decisioni più consapevoli.
Il ruolo del genitore, in questo caso, è quello di offrire un supporto che non sia invadente, ma che dia ai figli gli strumenti per analizzare gli eventi e trarne insegnamenti. Questo approccio li aiuterà a diventare adulti capaci di affrontare le sfide della vita con responsabilità e autonomia, imparando a gestire le conseguenze delle proprie scelte.
Una Nuova Fase di Crescita per Genitori e Figli -I genitori e l’arrivo dell’adolescenza
L’adolescenza non rappresenta la fine del rapporto tra genitori e figli, ma piuttosto l’inizio di una nuova fase. È un momento di trasformazione non solo per i ragazzi, ma anche per i genitori, che devono imparare a ridefinire il proprio ruolo. Lasciare andare non significa perdere il controllo, ma riconoscere l’autonomia dei propri figli e continuare a sostenerli in modo diverso.
Essere una presenza silenziosa e costante, pronti a intervenire quando necessario, è la chiave per mantenere un rapporto sano e forte durante l’adolescenza.
È un periodo di cambiamento per entrambi, e accettare questo cambiamento con apertura e pazienza permette di costruire una relazione più matura e basata sulla fiducia reciproca. I figli continueranno a cercare i genitori, anche se in modo diverso, e questo sarà il segnale di una nuova forma di connessione, più profonda e consapevole.
Io spero che parlare de i genitori e l’arrivo dell’adolescenza vi sia stato utile.
E vi ricordo che se avete bisogno di me potete contattarmi
Buongiorno amici. Oggi riflettiamo su una frase che mi è stata detta più volte: “Terry mi sento morto dentro”.
“Terry mi sento morto dentro”. Sentirsi morti dentro è il risultato di un periodo di cambiamento o di una cattiva gestione emotiva, ma può anche nascondere un disturbo psicologico.
Quando qualcuno dice “mi sento morto dentro”, in realtà sta chiedendo aiuto e sta cercando di comunicare che ha perso la motivazione, l’entusiasmo e la capacità di provare piacere o interesse giorno per giorno.
In questi casi la vita diventa un susseguirsi routinario di momenti senza uno scopo apparente; quella scintilla di voler migliorare, che ci mobilita tutti, si spegne dentro. Cosa succede? Come si può migliorare questa situazione?
Non sarebbe esatto presumere immediatamente che la persona soffra di qualche disturbo psicologico, ci sono diverse variabili da considerare. È importante capire che gli stati d’animo fluttuano e non è naturale essere sempre felici o sulla cuspide emotiva. Tuttavia, rimanere a lungo in quel quadro di apatia può essere patologico ed è conveniente cercare supporto. Vedi perchè.
“Terry mi sento morto dentro”: segni che riflettono questo stato
Questa esperienza di vuoto interiore può essere diversa per ogni persona. C’è chi la vive in modo più simile a una profonda tristezza, altri provano emozioni simili all’angoscia e c’è anche chi sembra non provare nulla.
In ogni caso, i seguenti sono alcuni segni che possono aiutarti a identificare se ti trovi in questo stato.
Pensi di non avere uno scopo o un obiettivo. Ti ritrovi bloccato e senza meta.
La vita ti sembra vuota e priva di significato. Spesso ti chiedi perché sei qui e non trovi una risposta convincente.
Sembri separato da te stesso. Ad un certo punto, ti rendi conto che non ti conosci o non capisci te stesso; Non sai cosa vuoi o di cui hai bisogno.
Hai perso la motivazione e la capacità di provare piacere. Niente genera interesse in te, nemmeno quelle attività che ti piacevano o ti divertivano.
Ti senti profondamente soloe disconnesso dagli altri. Anche se sei circondato da persone, non riesci a stabilire legami profondi e significativi. Insomma, non ti senti compreso o supportato nelle tue relazioni; né ti connetti con le esperienze e le esperienze degli altri.
Non puoi provare emozioni o connetterti con esse. Ti senti intorpidito a livello affettivo e questo torpore emotivo ti impedisce di provare gioia, tristezza, rabbia o giubilo per gli eventi della tua vita. Per lo stesso motivo, ti è difficile esprimere le tue emozioni, verbalizzarle e condividerle.
“Terry mi sento morto dentro”- perché?
Sono molte le situazioni, patologiche e non, che portano una persona a sentirsi “morta dentro” per un tempo più o meno prolungato. I più comuni sono dettagliati di seguito.
Profonda tristezza e angoscia sono associate alla sensazione di essere “morti dentro”.
Hai subito un duro colpo emotivo
È comune che, dopo aver attraversato un’esperienza dolorosa e scioccante, i sentimenti sembrino congelarsi. Pertanto, se stai affrontando un duello, è probabile che ti senta “morto dentro”. Ricorda che il lutto nasce dalla perdita di una persona cara, ma anche da un licenziamento dal lavoro, dalla fine di un’amicizia o da un cambio di fase della tua vita, per esempio.
Questo vuoto e ottusità è comune, specialmente quando si verifica un lutto ritardato; quello in cui la persona non reagisce immediatamente all’evento, reprime le proprie emozioni e “congela” la sofferenza per dopo.
Non sai come gestire le tue emozioni
Forse quella sensazione di disconnessione emotiva è un meccanismo usato inconsciamente per evitare il dolore. Infatti, all’interno delle principali strategie di coping utilizzate dalle persone, questa si concentra sulla soppressione, la negazione o l’evitamento dell’emozione dolorosa e scomoda con cui non sanno come affrontare.
Ti manca il supporto sociale
L’isolamento sociale non è solo una conseguenza dell’apatia, ma può esserne anche la causa. Tieni presente che, in quanto esseri sociali, le persone hanno bisogno che gli altri condividano esperienze, ricevano sostegno e creino un senso di appartenenza.
La mancanza di legami significativi e la solitudine che ciò comporta, secondo uno studio pubblicato su Harvard Review of Psychiatry, è una delle componenti principali della sensazione di vuoto.
Stai affrontando una crisi esistenziale.
Una crisi esistenziale è un periodo di domande interne sul significato della propria vita. Di fronte a così tante domande senza risposta, può placarsi un sentimento di passività, abbandono e disperazione. Queste crisi sono più comuni in alcune fasi della vita (come l’adolescenza) e arrivano a generare una prospettiva negativa di noi stessi, degli altri e del futuro.
” Terry mi sento morto dentro”- Sperimenti la dissociazione
La dissociazione implica una disconnessione tra la mente di una persona e la sua realtà presente; questo può portarla a sentirsi strana e distaccata dal mondo che la circonda.
Soffri di ottusità affettiva
D’altra parte, se mi sento “morto dentro”, probabilmente sto sperimentando un fenomeno noto come affetto attenuato. Consiste in un’indifferenza o mancanza di reazione agli eventi che dovrebbero innescare una risposta emotiva. E può insorgere come sintomo isolato o come parte di una condizione più complessa come il disturbo da stress post-traumatico (PTSD).
Hai un disturbo psicologico- “Terry, mi sento morto dentro”
Oltre ai disturbi legati al trauma, la profonda sensazione di vuoto è anche associata ad altre condizioni. Secondo il già citato articolo di Harvard Review of Psychiatry,può comparire nel contesto della depressione o di altri disturbi affettivi, nella schizofrenia o nel disturbo narcisistico di personalità.
Allo stesso modo, i sentimenti cronici di vuoto sono una delle esperienze più comuni e caratteristiche all’interno del disturbo borderline di personalità. È anche uno dei criteri diagnostici che compongono il DSM-V (Manuale diagnostico e statistico dei disturbi mentali).
Quando la sensazione di vuoto è di lunga durata e influenza la vita quotidiana, è pertinente cercare aiuto.
“Terry mi sento morto dentro”: come affrontarlo?
I passaggi per superare questo stato dipendono in gran parte dalle sue cause. In generale, i seguenti sono alcuni suggerimenti utili:
Rivedi le tue esperienze di vita più rilevanti. In essi puoi trovare la radice di quella sensazione di vuoto e disconnessione; applicare strumenti come la linea della vita.
Cerca di riconnetterti con le tue emozioni. Questo può essere scomodo per te, ma il sentimento è l’unico modo per rilasciare la carica emotiva contenuta.
Concediti del tempo. Quando stai attraversando un lutto, ti stai riprendendo da un evento difficile o stai affrontando un grande cambiamento, hai bisogno di tempo per riadattarti. Consenti a te stesso di sentire e non forzarti a sperimentare la felicità se non la vivi in quel modo.
Analizza quali sono le tue strategie di coping. Cioè, quali modi o risorse usi per affrontare situazioni difficili o stressanti. Se tendi a reprimere o sopprimere il dolore, considera di iniziare a provare altre tecniche.
Creare reti di supporto. È vero che quando la demotivazione intrappola è difficile avvicinare gli altri per vivere insieme; ma condividere tempo ed esperienze con altre persone può darti l’incoraggiamento e il rinforzo di cui hai bisogno per uscire da quello stato.
Pratica l’attivazione comportamentale. Questa è una tecnica ampiamente utilizzata nel trattamento della depressione; Consiste nell’impegnarsi in attività che forniscono piacere o rinforzo. Sarà necessario fare uno sforzo in più per programmare e assecondare queste dinamiche (che al momento non sono allettanti), fino a quando non inizierai ad attivarti.
Buongiorno amici. Oggi parliamo di incubi causati dall’ansia.
Sognare che qualcuno ti sta inseguendo per farti del male o che dimentichi qualcosa di molto importante. Immergersi in uno scenario dominato da minacciosi fenomeni atmosferici. Ti è mai successo? Gli incubi sono più frequenti quando la tua mente è attanagliata dall’ansia e da un intenso stress emotivo. Sono fenomeni che, se persistono, sono molto logoranti.
Il cervello, in questi casi, assimila ed elabora buona parte delle tue esperienze quotidiane. Quando trascorri un periodo dominato dall’angoscia e dalla preoccupazione costante, quella “fossa emotiva” si manifesterà durante la fase REM. Se stai vivendo questa esperienza proprio adesso, la cosa più decisiva è conoscere l’origine di quello stato ansioso.
Cosa sono e perché si verificano gli incubi legati all’ansia?
È normale che a volte si facciano sogni terrificanti. Tuttavia, gli stati d’ansia sono più frequentemente legati agli incubi notturni.
Gli incubi legati all’ansia sono il sintomo di un problema di fondo che va chiarito. Diamo un’occhiata ai meccanismi che li producono.
Il cervello cerca di elaborare le tue emozioni-incubi causati dall’ansia
Anche se a nessuno piacciono gli incubi, la verità è che svolgono la loro funzione psicobiologica.
Il cervello cerca di elaborare e integrare quelle esperienze, sensazioni ed emozioni che hai durante la giornata. Quando si ha a che fare con l’ansia, quell’impronta angosciante si materializza in minacciosi scenari onirici.
Problemi sociali e psicologici
L’ansia, di per sé, è una dimensione multifattoriale che può rispondere a stati del tutto normali, così come ad alcuni disturbi psicologici. Elenchiamo quelle possibili causalità:
Disturbi d’ansia: condizioni cliniche come fobie, ansia generalizzata o disturbo ossessivo-compulsivo
Disturbo da stress post-traumatico (PTSD): un fatto che vi abbiamo già sottolineato è che gli psicologi sono abituati a vedere i loro pazienti affetti da disturbo da stress post-traumatico avere incubi molto spiacevoli.
Stress e difficoltà personali: problemi lavorativi o disoccupazione, difficoltà economiche o crisi relazionali sono solitamente variabili che scatenano brutti sogni e incubi. Si tratta, però, di dimensioni psicosociali e non patologiche. Tuttavia, queste realtà possono peggiorare se queste preoccupazioni perdurano nel tempo e si entra in situazioni di stress cronico.
Un sistema nervoso disregolato-incubi causati dall’ansia
Il sistema nervoso è disregolato se è costantemente in lotta, fuga o congelamento. L’ansia spesso provoca la sensazione di essere sempre in allerta e di avere tutto il corpo in modalità sopravvivenza. Immagina cosa significa per il corpo e la mente mantenere questa situazione per settimane o mesi.
Questo disturbo del sistema nervoso favorisce anche la comparsa di brutti sogni. C’è un eccesso di cortisolo e di adrenalina, con cui tutta questa rete predeterminata del cervello finisce per manifestare questa angoscia e disregolazione negli incubi, in immagini avverse. Tieni presente che questa minacciosa tela da sogno non è altro che il riflesso di una mente che chiede aiuto.
Difficoltà sanitarie
Molte volte i brutti sogni compaiono quando il disagio emotivo si combina con l’insonnia. A loro volta, condizioni come l’apnea o i disturbi del ritmo circadiano sono accompagnati dalla presenza di sogni spiacevoli.
Allo stesso modo, è importante tenere conto di un altro fattore scatenante. Spesso, quando si sospendono gli antidepressivi o le benzodiazepine, i pazienti tendono a soffrire di incubi. La sindrome da astinenza dopo la sospensione di un farmaco psicoattivo ha come effetto questa peculiarità.
Come fai a sapere se la causa degli incubi è l’ansia?
Potresti aver fatto sogni spiacevoli per un po’ e chiederti se l’origine sia l’ansia.
La cosa più consigliabile, in ogni caso, è tenere un registro dei sintomi e degli incubi. Conoscere la sua frequenza, il suo tema e anche sapere com’è la tua qualità di vita è un buon passo per capire a cosa è dovuto. Descriviamo tuttavia alcune linee guida per chiarire se l’origine è l’ansia.
Riconosci i sintomi associati ai disturbi d’ansia
L’ansia si manifesta in molteplici modi e non solo attraverso gli incubi. Considera se riscontri altri sintomi come i seguenti:
Preoccupazione.
Irritabilità.
Tensione fisica.
Pressione al petto.
Sensazione di soffocamento.
Pensieri negativi.
Preoccupazione persistente.
Disturbi gastrointestinali.
Sensazione di pericolo imminente.
Problemi ad addormentarsi.
Eviti ciò che ti preoccupa o ti genera ansia.
Analizza come sono gli incubi
I disturbi dell’umore hanno generalmente un legame significativo con gli incubi. Quest’ultime però devono avere caratteristiche particolari affinché possiamo associarle all’ansia. Lo analizziamo:
Frequenza: compaiono più volte alla settimana. Inoltre, il riposo è solitamente di scarsa qualità, è difficile addormentarsi e, quando finalmente si raggiunge la fase REM, compaiono gli incubi.
Esistono schemi ricorrenti: gli incubi causati dall’ansia tendono ad essere temi ripetitivi o presenti associati alla tua angoscia quotidiana. È comune sognare persecuzioni, minacce, cadute o perdita di controllo, perdita di qualcosa o qualcuno di valore, umiliazioni pubbliche, catastrofi o disastri naturali, ecc.
Gli incubi aumentano il disagio: una caratteristica dei brutti sogni è che solitamente vengono ricordati perché ci si sveglia poco dopo averli fatti.
Quali strategie possono aiutarmi?
Viviamo in una società così esigente, complessa e piena di stimoli che è comune trascurare il proprio benessere e la salute mentale quasi senza rendersene conto. Pertanto, il primo passo che ti aiuterà è lasciare spazio a ciò che senti. Quindi, rifletti su queste chiavi.
Comprendi le cause
Se soffri di disagio fisico o psicologico e fai brutti sogni per alcune settimane o mesi, è consigliabile avere un registro. Si tratta di una tecnica che può essere richiesta anche in terapia psicologica. Serve a chiarire e controllare i sintomi. Prendi nota delle strategie:
Identificare i fattori scatenanti: ci sono modelli o temi ricorrenti ? Cerca eventi, emozioni o situazioni nella tua vita quotidiana che potrebbero essere collegati agli incubi.
Diario dei sogni : scrivi su un quaderno i giorni in cui hai gli incubi. Annota il contenuto del sogno, le emozioni che hai provato e tutti gli eventi stressanti che hai avuto durante la giornata.
Riflessione emotiva: dedica del tempo a riflettere su come ti senti. Stai affrontando qualche fonte di stress o ansia? Analizzalo, connettiti con te stesso e prova a descrivere le conclusioni a cui raggiungi in quel diario.
Tecniche di rilassamento
Le tecniche di rilassamento sono ideali per calmare corpo e mente, ridurre lo stress e preparare la mente a un sonno più tranquillo. L’idea è provare diversi strumenti e attenersi a quelli che funzionano per te, come questi:
Meditazione: pratica la meditazione o la consapevolezza prima di dormire. Questo può aiutarti a regolare le tue emozioni, l’ansia e quella mente che non smette di pensare a idee negative.
Respirazione profonda: esegui esercizi di respirazione profonda per rilassare il corpo. Prova la tecnica 4-7-8, che consiste nell’inspirare per 4 secondi, trattenere il respiro per 7 secondi ed espirare per 8 secondi.
Yoga o stretching: non esitate a includere nella vostra camera una breve sessione di yoga o di stretching dolce. Questo può allentare la tensione fisica e mentale. Su Internet ci sono molte proposte che possono servire da riferimento.
Ambiente favorevole al sonno
Un ambiente di sonno adeguato può migliorare il riposo e ridurre gli incubi causati dall’ansia. In ogni caso, ricorda che questa raccomandazione è una strategia secondaria o complementare, poiché la cosa più decisiva è chiarire l’origine del tuo disagio. Prendi nota ora di una pratica e semplice guida per migliorare il tuo riposo notturno:
Controlla la tua dieta: limita il consumo di caffeina, alcol e cibi pesanti prima di andare a letto.
Stabilisci una routine adeguata: vai a letto e svegliati alla stessa ora ogni giorno per regolare il ciclo del sonno.
Crea un ambiente confortevole: assicurati che la tua stanza sia silenziosa, buia e fresca. Non esitate a utilizzare tende oscuranti o ad accendere musica rilassante o rumore bianco.
Eliminate le distrazioni: evitate soprattutto di utilizzare dispositivi elettronici almeno un’ora prima di andare a letto, perché la luce blu può interferire con la produzione di melatonina.
Terapia psicologica
Se angoscia, disagio e incubi sono costanti nella tua vita, è tempo di consultare un professionista. Il trattamento psicoterapeutico dipenderà sempre dalle tue condizioni cliniche e dalle tue esigenze. Da parte nostra, descriviamo due approcci comunemente utilizzati per affrontare gli incubi causati da ansia o trauma.
Terapia cognitivo-comportamentale (CBT): ha una modalità volta a migliorare il riposo notturno. Consiste nell’aiutarti a identificare e modificare gli schemi di pensiero negativi che contribuiscono all’ansia e agli incubi. Inoltre vengono introdotte tecniche di rilassamento, controllo degli stimoli, ecc.
Imagination Rehearsal Therapy (IRT) – L’obiettivo di questo modello è cambiare la narrazione degli incubi riscrivendoli consapevolmente durante il giorno. Ciò ti consente di ridurre la frequenza e l’intensità dei brutti sogni e persino di avere un certo controllo su di essi. Per fare ciò, vengono utilizzate tecniche di visualizzazione e rilassamento, aggiunte all’incorporazione di rinforzi positivi per darti sicurezza e una sensazione di calma.
Incubi, la tela delle tue emozioni
La nostra cultura ha sempre cercato di svelare e comprendere il significato dei sogni. Ora, per la psicologia, il mondo dei sogni risponde al riflesso delle tue esperienze, emozioni e bisogni. È un piano che non puoi trascurare e che vale la pena monitorare attraverso un diario.
Quando hai un incubo, descrivilo, disegnalo se necessario. In quelle immagini piene di inquietudine sono inscritti problemi che, forse, dovresti affrontare con maggiore sensibilità. Non ignorare ciò che ti angoscia, perché ciò che viene trascurato si manifesta in modi diversi. I brutti sogni sono uno di questi.
E vi ricordo che se avete bisogno di me potete contattarmi
Buongiorno amici. Oggi parliamo di ferite d’infanzia e cosa succede se non le elabori.
La teoria dell’attaccamento spiega quanto sia importante per ognuno di noi, per una crescita psico-fisica sana, avere una base sicura a cui tornare. La base sicura è il genitore, il caregiver in generale, cioè qualcuno che, oltre che prendersi cura del bambino nutrendolo e garantendo il soddisfacimento dei bisogni primari per la sopravvivenza, soddisfa il bisogno di amore, anch’esso indispensabile non per la sopravvivenza, ma per la vita.
Sai cos’è la deprivazione emotiva?-ferite d’infanzia
Partiamo da un preconcetto: la maggior parte dei genitori non è consapevole di star trascurando emotivamente il proprio figlio. Spesso succede che questo bisogno di amore e conferme non sempre vengano soddisfatti, e non necessariamente per cattiva volontà, ma a volte per mancanza di tempo ed energie, o perché anche i genitori stessi a loro volta sono stati bambini e probabilmente non hanno ricevuto abbastanza amore e non hanno quindi imparato ad amare.
A volte sono piccoli gesti di noncuranza protratti nel tempo a creare il seme della deprivazione emotiva. Problemi che non sempre vengono colti con velocità e immediatezza data l’apparente normalità nella quale il bambino sembra vivere.
Possiamo considerare tre sottospecie di trappola da deprivazione emotiva
1. Deprivazione di accudimento amorevole: i tuoi genitori ti tenevano abbastanza in braccio? ti coccolavano abbastanza? Ti consolavano e calmavano? Giocavano con te?
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2. Deprivazione di empatia e riconoscimento: i tuoi genitori erano interessati ad ascoltarti? Erano capaci di capire i tuoi bisogni ed i tuoi sentimenti? Comunicavano con te?
3. Deprivazione di protezione e guida: da piccolo/a potevi fare riferimento ai tuoi genitori per essere supportato/a e protetto/a in caso di bisogno? C’era qualcuno che badava a te e ti faceva sentire al sicuro?
La disregolazione emotiva-ferite d’infanzia
I bambini durante la loro crescita cambiano e modificano continuamente il loro modo di “sentirsi” nel mondo. Durante questo percorso è capitato a molti di loro di non riuscire a dare un nome e un senso a quelle sensazioni che provano, che qualche volta possono arrivare a ingombrare tutto il loro sentire, non lasciando spazio e tempo per altro. Quando ciò succede ha inizio un disregolazione delle emozioni che può stravolgere e dare sofferenza in ogni ambito della loro vita.
Immaginiamo delle situazioni comuni in cui al bambino viene chiesto di reprimere le proprie emozioni, di non fare richieste, di non piangere perché “diventare grandi vuol dire risolversi i problemi da soli” senza chiedere l’aiuto degli altri. O ancora, quelle situazioni in cui al bambino non viene mai dato un rinforzo positivo ma gli si rimanda che avrebbe potuto sempre fare di più, che qualcun altro è stato più bravo di lui ecc.. tutto questo può interferire significativamente con la costruzione della propria autostima e sul proprio benessere emotivo.
Quando c’è un bambino arrabbiato, preoccupato, emozionato, gioioso è necessario che ci sia un adulto capace di ascoltare e di non invalidare qualsiasi tipo di emozione si presenti. Chiedere a un bambino preoccupato cosa lo disturbi in quel momento è il primo passo per educare alle emozioni. Se, al contrario, dinanzi a uno stato di preoccupazione ovvero di agitazione c’è un adulto che fa sentire inadeguato un bambino, quest’ultimo imparerà a non dar voce alla sua emotività.
Non ascoltare l’emotività di un bambino e non educarlo alle emozioni lo faranno crescere con l’inconsapevolezza di ciò che sentirà poiché l’emotività del bambino di ieri non sarà connessa con quella dell’adulto di domani.
ferite d’infanzia: come diventiamo da adulti?
Quando i bisogni emotivi di un bambino non vengono soddisfatti durante l’infanzia, lo sviluppo della personalità verrà modellato in modi specifici. In effetti, una forte carenza emotiva può invalidare la sfera emotiva del bambino e l’adulto di domani, ne risulterà completamente sconnesso.
Le conseguenze della mancanza di affetto sono innumerevoli e diverse da individuo a individuo anche per aspetti individuali che possono incrementarle o ridurle, tuttavia sicuramente l’assenza di amore nelle sue diverse forme, lascia un segno e compromette l’immagine di sé, l’autostima e le relazioni nel corso della vita. Ecco alcune conseguenze:
1. Dipendenza affettiva
Non ti senti amato/a dal tuo partner? Forse dovresti accettare che non hai avuto dei buoni genitori!
Di fatto la carenza affettiva induce alla dipendenza emotiva. Le persone alle quali è mancato l’amore andranno per il mondo con avidità alla continua ricerca di affetto. Di qualunque forma affettiva possa loro confermare anche in maniera anomala, disturbata e non veritiera che vi sia dell’amore e della considerazione. Ricercheranno conferme e riconoscimento attraverso rapporti di dipendenza, rapporti nocivi ed insoddisfacenti. Infatti sono facili prede di approfittatori che tendono ad usare tale fragilità per manipolarla per i loro fini.
La relazione di coppia diventa quindi un’opportunità mediante la quale guarire una volta per tutte le proprie ferite: il partner diventa, in un certo senso, un sostituto del proprio padre o della propria madre e si pretenderà di essere amati incondizionatamente come ci si sarebbe aspettati dai propri genitori.
Tali presupposti comportano nella coppia comportamenti disfunzionali: la relazione diventa tesa e conflittuale, la comunicazione diventa aggressiva e sfidante dato che si pretenderà con forza ciò che si pensa spetti di diritto. Non mancano atteggiamenti passivo aggressivi vittimistici che lentamente vanno a ledere l’affettività, la sessualità e in più in generale l’intera relazione.
2. Emarginazione
Sei fermamente convinto che l’amore o la vera amicizia non esistano? Forse hai paura di amare o peggio pensi di non essere all’altezza di stringere legami!
Per chi soffre di un vuoto affettivo la chiusura di un legame vuol dire cadere in una profondissima solitudine, avvertire un “nulla” che diventa intollerabile, andare avanti con una profonda sofferenza.
e carenze affettive nell’infanzia portano l’adulto ad una rassegnazione, a un ritiro emotivo e a un substrato depressivo. Ci si abitua a non essere abbracciati, a non essere baciati, a non essere amati e ci si convince di stare bene, che non sono necessarie avere relazioni perché non si ha bisogno di niente.
3. Frustrazione in ambito lavorativo
Odi tutti: i tuoi colleghi e il tuo datore di lavoro? Sappi che l’ostilità verso gli altri nasce sempre da una mancanza….magari sei tu che non sei mai stato valorizzato da chi avrebbe dovuto farlo!
L’ambito affettivo-sentimentale non è l’unico contesto in cui possono venire fuori le proprie carenze affettive. Può avvenire lo stesso anche in ambito lavorativo. Chi non si è sentito riconosciuto e valorizzato durante l’infanzia potrà provare, per esempio, una fortissima frustrazione se non si sentirà valorizzato dal suo capo o dai suoi colleghi. Queste figure diventeranno inconsciamente una proiezione dei genitori.
4. Sviluppo di comportamenti aggressivi
Ti arrabbi al minimo intoppo e pensi che tutto ti sia dovuto? Probabilmente hai sviluppato un meccanismo di difesa inconscio per riscattarti da quella ancestrale ingiustizia subita
Un bambino cresciuto nell’indifferenza può sviluppare un comportamento aggressivo da adulto, specialmente se è stato sottoposto a continua trascuratezza emotiva. L’abbandono, l’ignoranza, la disaffezione o l’abuso sui minori possono trasformarsi in rabbia, risentimento verso i genitori o addirittura verso la società. Di conseguenza, è molto probabile che un orfano d’amore assuma un comportamento aggressivo.
Bastano delle piccolezze come un ritardo di un quarto d’ora o la mancata risposta ad un sms per mandarlo in escandescenza. Per chi si trascina carenze emotive, ogni minimo segnale di rifiuto o di disinteresse da parte di una persona significativa può innescare una sensazione di disperazione che si traduce con rabbia e accuse.
Per esempio, se il partner non risponde ad un sms, penserà cose altamente ansiogene del tipo: ” Fa cosi perché non gliene importa nulla di me”, ” Non può rispondermi perchè è con un altro/a” oppure ” Lo sapevo: ha intenzione di lasciarmi”.
5. Totale mancanza di empatia-ferite d’infanzia
Il tuo migliore amico o peggio il tuo partner mostra indifferenza verso i tuoi bisogni? Se è cresciuto privato dell’amore dei suoi genitori non c’è da meravigliarsi!
Un bambino che riceve amore sa donare amore, mentre se un bambino manca di amore e di affetto, può riprodurre lo stesso modello di comportamento da adulto, divenendo apatico e sviluppando la sua indifferenza verso la sofferenza degli altri. Potrebbe entrare in uno stato di freezing, non sentire il dolore degli altri e comportarsi in un modo totalmente privo di empatia, anche influenzando le sue relazioni sociali.
E tu, che adulto sei diventato?
E’ davvero triste che la vita di un bambino possa essere influenzata per sempre. Molto di più se è dovuto alla mancanza di attenzione, amore e affetto dei loro genitori o tutori. Adesso sei adulta/o, hai il potere e il diritto di amarti e di stare bene con te stessa/o. Diventa il genitore di te stessa/o e che non hai mai avuto. Rimetti a posto quel tassello mancante nel tuo sistema di credenze.
Non aspettare che siano gli altri a farlo, Non aspettarti considerazione dall’esterno!
Hai presente quando vedi un bambino andare per la prima volta in bicicletta sotto gli occhi ammirati dei genitori? Il bambino dice «guardami, mamma, guarda quanto sono bravo». Molti adulti vivono bloccati in questa modalità. «vi prego, mondo! Nota quanto sono bravo». Questo arresto è legato a carenze nel passato. Nessuno può tornare indietro e darti la considerazione e la comprensione che non hai mai avuto quando più ne avevi bisogno. Quel bisogno, però, ora è rimasto intatto e ciò che posso fare è darti i mezzi per soddisfarlo da solo. Perché tu puoi farlo.
Puoi guardare a te stesso come farebbe un genitore fiero e orgoglioso di ciò che sta diventando il suo bambino. Puoi e anzi, meriti di essere considerato, stimato e amato. L’unico inconveniente è che gli altri inizieranno a notarti solo quanto tu noterai te stesso. Gli altri, inizieranno ad amarti davvero solo quando tu inizierai ad amarti.
La frase di Paola Cortellesi, “A mia figlia insegno a piacersi e a non sentirsi sbagliata… la cosa più importante è l’unicità”, offre una riflessione potente sulla lotta contro la tendenza a sentirsi inadeguati.
Fin dall’infanzia, veniamo esposti a ideali di perfezione che ci vengono presentati attraverso i media, la scuola e la società. La convinzione di non corrispondere a certi modelli può indurre la sensazione di essere “sbagliati”.
Eppure, come suggerisce la Cortellesi, l’unicità non è un difetto, ma un dono prezioso. Partire da questa consapevolezza può avere un impatto profondo sul nostro benessere psicologico.
2. Il concetto di omologazione
Viviamo in una società che spesso ci impone modelli ideali a cui tendere: un aspetto fisico perfetto, una carriera di successo, una vita personale impeccabile. Il concetto di “omologazione” si riferisce alla pressione che molte persone sentono nel conformarsi a questi modelli, per essere accettate socialmente. Questo conformismo può portare a un senso di smarrimento e allontanamento dal proprio vero sé.
Impatto psicologico del conformismo:
La psicologia sociale ha evidenziato come la pressione a conformarsi possa influire negativamente sull’autostima. Lo psicologo Solomon Asch, negli anni ’50, ha condotto esperimenti che dimostravano come gli individui siano disposti a conformarsi all’opinione del gruppo, anche quando sanno che è errata, per non sentirsi esclusi. Questo fenomeno può tradursi nella vita quotidiana in comportamenti che ci allontanano dal nostro vero sé, causando ansia, stress e un costante sentimento di inadeguatezza.
La trappola dei modelli ideali:
L’industria della moda, del fitness e della tecnologia promuove ideali che spesso sembrano irraggiungibili. Le persone si sentono costantemente sotto esame e si auto-giudicano in base a parametri esterni, perdendo di vista l’importanza di accettarsi e valorizzare le proprie caratteristiche. Questo può portare alla sindrome dell’impostore, dove anche i successi personali vengono sminuiti perché non si sente mai di “essere abbastanza”.
3. L’importanza dell’autenticità
L’autenticità è il contrario del conformismo: è l’essere fedeli a se stessi, ai propri valori e desideri, senza lasciarsi condizionare dal giudizio degli altri. La psicologia umanistica, in particolare le teorie di Carl Rogers, sottolinea che l’autenticità è essenziale per raggiungere una condizione di benessere psicologico. Essere autentici significa abbracciare tutte le nostre caratteristiche, sia i punti di forza che i punti di debolezza, e non cercare di nasconderli per apparire perfetti.
Autenticità e benessere:
Quando siamo autentici, ci allontaniamo dalla necessità di ricevere approvazione esterna e ci concentriamo sul nostro senso di auto-approvazione. Questo riduce il rischio di stress, ansia e depressione. Una vita autentica è basata su scelte personali e su un continuo dialogo con se stessi, che ci permette di accettare i nostri difetti e celebrare i nostri punti di forza.
Esempi pratici:
Puoi introdurre esempi di persone che hanno scelto di vivere in modo autentico, come artisti che hanno rifiutato gli standard di bellezza convenzionali o imprenditori che hanno creato aziende basate sui propri valori etici, anziché seguire le convenzioni del mercato. Questi esempi servono a dimostrare che l’autenticità non solo rende le persone più felici, ma spesso porta anche al successo, perché chi è autentico riesce a creare qualcosa di veramente innovativo e originale.
4. Strategie per non sentirsi “sbagliati”
Per concludere, sarebbe utile offrire ai lettori alcune strategie pratiche per migliorare l’accettazione di sé e rafforzare l’autenticità. Ecco alcuni suggerimenti:
Coltivare l’autoconsapevolezza: Dedica del tempo a riflettere su chi sei veramente, senza influenze esterne. Chiediti: “Cosa mi rende davvero felice? Cosa amo di me stesso?” Il journaling è uno strumento molto utile per esplorare queste domande. Scrivere i propri pensieri e sentimenti aiuta a chiarire i propri valori e a identificare ciò che conta davvero.
Abbracciare le proprie imperfezioni: Nessuno è perfetto, e accettare questa verità può essere liberatorio. Le imperfezioni ci rendono unici e sono spesso le caratteristiche che le persone apprezzano di più in noi. La terapia cognitivo-comportamentale può aiutare a identificare e modificare i pensieri negativi legati al perfezionismo.
Circondarsi di persone positive: Le persone che ci circondano influenzano profondamente il nostro senso di autostima. Cerca di circondarti di persone che ti accettano per chi sei, che apprezzano la tua unicità e che non cercano di cambiarti. Un ambiente sociale positivo può fungere da specchio che riflette il tuo vero valore.
Praticare la mindfulness: La mindfulness aiuta a vivere nel momento presente, accettando se stessi senza giudizio. Questo approccio può ridurre il rumore dei pensieri critici interni e aiutare a riconoscere il valore della propria autenticità.
Accettare il cambiamento: È importante riconoscere che non siamo entità fisse. L’identità cambia con il tempo e con le esperienze. Accettare questa evoluzione senza attaccarsi a un’immagine rigida di se stessi può portare a una maggiore flessibilità mentale e apertura alla crescita.
Conclusione
L’idea centrale del tuo articolo potrebbe essere che non esiste un “modello” perfetto a cui dobbiamo conformarci. La vera forza di ciascuno di noi sta nella nostra unicità, e accettarla ci permette di vivere una vita più autentica e soddisfacente. Come ha detto la Cortellesi, “Se in qualcosa pensiamo di non corrispondere a un modello, è solo un regalo”.
Buongiorno amici. Oggi riflettiamo su la scuola: com’è e come dovrebbe essere.
1. Introduzione: Il vero scopo dell’educazione
La scuola non dovrebbe essere solo un luogo dove si acquisiscono nozioni teoriche per ottenere un diploma o una laurea. In realtà, dovrebbe rappresentare un laboratorio di vita, un ambiente che fornisce agli studenti gli strumenti necessari per affrontare il mondo esterno, non solo dal punto di vista accademico ma soprattutto personale e sociale.
Prepararsi alla vita significa sviluppare competenze pratiche e trasversali, come la capacità di pensare criticamente, risolvere problemi, lavorare in squadra e gestire le proprie emozioni.
Oggi, purtroppo, il sistema scolastico è spesso troppo focalizzato sull’ottenimento di risultati formali e sul rispetto rigido di programmi ministeriali, trascurando il vero obiettivo dell’educazione: formare persone consapevoli, empatiche e capaci di adattarsi a una realtà in continuo cambiamento.
Domanda chiave: Stiamo davvero preparando i giovani alla vita o stiamo soltanto creando una generazione di “macchine da voto”?
2. La scuola di oggi: Un riflesso della società
La scuola odierna, soprattutto nel contesto degli adolescenti, è il riflesso di una società sempre più orientata al risultato. Gli adolescenti vivono in un ambiente altamente competitivo, dove le aspettative sono elevate, non solo in termini di prestazioni scolastiche, ma anche di successo personale e sociale.
La pressione per eccellere è forte: i giovani si trovano a dover eccellere non solo a scuola, ma anche in attività extra-curricolari, sport, hobby, e relazioni sociali. Tutto questo genera una sorta di ansia da prestazione, in cui l’errore o il fallimento sono percepiti come inaccettabili.
Oltre a questo, le nuove tecnologie e i social media hanno amplificato l’importanza dell’immagine e della performance. I giovani sono continuamente esposti a modelli di successo irrealistici e sono bombardati da informazioni che possono accentuare la loro vulnerabilità emotiva.
La scuola, anziché fungere da rifugio sicuro e luogo di crescita, spesso si allinea a questa logica, diventando un altro contesto dove bisogna primeggiare, fare tutto “perfettamente” e ottenere voti alti.
Impatto psicologico: Il costante confronto e la pressione scolastica possono condurre a disturbi legati all’ansia e alla depressione, aumentando il rischio di burnout in età molto giovane.
3. Il comportamento degli insegnanti: Cosa fanno e cosa dovrebbero fare
Gli insegnanti, per definizione, svolgono un ruolo fondamentale nella vita degli adolescenti, poiché rappresentano figure autorevoli che possono influenzare lo sviluppo personale oltre che accademico degli studenti. Ma nella realtà quotidiana, come agiscono?
Oggi, molti insegnanti sono sopraffatti dai carichi burocratici e dalle aspettative legate ai risultati degli esami. Questo li porta spesso a concentrarsi quasi esclusivamente sulla trasmissione di contenuti teorici, limitandosi all’insegnamento delle nozioni necessarie per superare le prove scritte e orali.
Le relazioni umane tra studenti e insegnanti, e il supporto emotivo che potrebbe fare la differenza nel percorso di crescita, vengono spesso relegati in secondo piano.
Un insegnante, però, dovrebbe essere molto più di un semplice “distributore di nozioni”. Dovrebbe essere una guida, una persona di riferimento capace di ascoltare e comprendere le sfide emotive e sociali che gli adolescenti affrontano quotidianamente.
Il loro compito dovrebbe includere non solo l’insegnamento del contenuto curriculare, ma anche la promozione di abilità di vita come la gestione delle emozioni, la capacità di lavorare in gruppo e di risolvere problemi reali.
Cambiamento necessario: Un insegnante deve riconoscere che ogni studente è un individuo con bisogni diversi e non semplicemente un numero in una classe. L’educazione dovrebbe essere personalizzata e non generalizzata.
4. Il difetto dell’approccio attuale: Oltre il programma scolastico
Il problema principale del sistema scolastico attuale risiede nella sua ossessione per i risultati accademici, spesso trascurando l’importanza della crescita personale e della maturazione emotiva degli studenti. Le lezioni vengono progettate con l’obiettivo di coprire il programma ministeriale entro la fine dell’anno, e l’intero sistema è orientato verso il raggiungimento di performance misurabili, come i voti nei test standardizzati o il punteggio negli esami finali.
Questo approccio, tuttavia, non tiene conto del fatto che l’educazione è molto di più del semplice apprendimento di nozioni teoriche. I giovani devono imparare a gestire la frustrazione, affrontare il fallimento, lavorare in team e sviluppare la resilienza – abilità essenziali che raramente vengono affrontate nei programmi scolastici.
Concentrarsi esclusivamente sul trasferimento di conoscenze senza curarsi dello sviluppo integrale dello studente porta alla creazione di giovani adulti impreparati ad affrontare le sfide del mondo reale, che richiedono ben più della sola competenza accademica.
Conclusione critica: Il vero fallimento del sistema scolastico moderno non risiede solo nel non insegnare abbastanza contenuti, ma nel non riuscire a preparare i giovani ad affrontare la vita con consapevolezza e autonomia.
5. Come dovrebbe migliorare la scuola: Una visione verso il futuro
Il futuro dell’educazione deve guardare oltre i voti e i diplomi. La scuola del domani dovrebbe essere un ambiente dove si imparano anche le competenze emotive e sociali, così come quelle accademiche.
Un modello educativo che integri l’insegnamento delle cosiddette “soft skills” – come la capacità di comunicare in modo efficace, la risoluzione dei conflitti, la gestione dello stress e delle emozioni – sarebbe essenziale per preparare i giovani alle sfide della vita moderna.
Alcune proposte di miglioramento includono:
Formazione continua degli insegnanti: È fondamentale fornire ai docenti una formazione adeguata non solo in ambito didattico, ma anche nelle competenze relazionali e di gestione delle emozioni. Gli insegnanti devono essere capaci di guidare gli studenti anche nel loro percorso di crescita personale.
Educazione personalizzata: Le classi non dovrebbero essere luoghi in cui ogni studente è trattato allo stesso modo. La personalizzazione dell’insegnamento, attraverso piani educativi individualizzati, permette a ogni ragazzo di sviluppare le sue potenzialità uniche.
Inserimento di programmi di educazione emotiva: A scuola dovrebbe esserci spazio per l’educazione alla consapevolezza emotiva, alla gestione dello stress e alla risoluzione dei conflitti. Questi strumenti sono fondamentali per affrontare il mondo esterno con sicurezza e consapevolezza.
Collaborazione con le famiglie: La crescita di un giovane non può dipendere solo dall’ambiente scolastico. La scuola dovrebbe lavorare a stretto contatto con le famiglie per garantire che gli studenti ricevano un sostegno adeguato anche fuori dall’aula.
Il futuro della scuola: L’istruzione non dovrebbe essere vista solo come un mezzo per ottenere un titolo, ma come un percorso di crescita globale, che forma cittadini consapevoli, empatici e pronti ad affrontare il mondo.
Buongiorno amici. Le scuole cominciano e, purtroppo, anche il bullismo a scuola.
Molti paesi hanno implementato strategie per prevenire il bullismo. Ciò non sorprende, poiché si tratta di un problema che è stato reso visibile da più di un decennio ed è stato identificato come una delle principali cause di disturbi affettivi ed emotivi, persino di suicidio.
Data questa realtà, è frequente che le famiglie si chiedano come possono partecipare per evitare che i propri figli vengano coinvolti in queste dinamiche. Qui, quindi, questo problema sarà esplorato da un punto di vista integrativo, dove sia i parenti che le istituzioni hanno qualcosa da offrire.
Caratteristiche del bullismo
Molte persone hanno subito, perpetrato o assistito a episodi di bullismo a scuola. Con il passare degli anni, ha smesso di essere una “cosa da bambini” e ha cominciato a emergere per il problema che è: una forma di bullismo con gravi conseguenze sullo sviluppo psicosociale e sulla salute mentale.Il bullismo riunisce una serie di caratteristiche per poter essere definite tali:
Continuità: il comportamento molesto continua nel tempo e spesso aumenta.
Squilibrio di potere: uno degli obiettivi del bullismo è dominare ed esercitare il controllo sulla vittima.
Intenzionalità: il molestatore violenta la vittima di proposito, con il desiderio di causare un danno fisico, sociale o emotivo.
Esteso: si sviluppa in ambito scolastico, ma tende ad estendersi anche ad altri ambiti della vita della vittima grazie al cyberbullismo.
Impotenza: la vittima non può difendersi o non ha alcun mezzo per sfuggire alla molestia, sia per un impedimento letterale sia per paura delle conseguenze.
Senza dubbio, la peggiore conseguenza del bullismo è il suicidio. Si tratta di un argomento tabù che ha guadagnato visibilità negli ultimi anni per ottenere una prevenzione efficace. Nonostante ci siano spesso difficoltà nell’associare i giovani al desiderio di morire, l’ Organizzazione Mondiale della Sanità rivela un dato agghiacciante: si tratta della quarta causa di morte nelle popolazioni tra i 15 e i 29 anni.
Ci sono anche popolazioni maggiormente a rischio di subire bullismo, come le minoranze etniche o il gruppo LGTBIQ+.
Strategie per prevenire il bullismo
Sulla base di questi dati, il timore che i nostri giovani vivano una situazione del genere è giustificato. Tuttavia, prevenire sarà sempre meglio che riparare i danni già fatti. E questo deve provenire da tutti gli ambiti che riguardano le persone coinvolte. Eccone alcuni, che si sono rivelati efficaci.
1. Promuovere valori di rispetto, tolleranza e pace
La famiglia può essere una delle principali fonti di apprendimento di comportamenti violenti, ma anche il più grande strumento per educare gli individui all’empatia e ai comportamenti prosociali. Pertanto, i familiari devono essere fonte di etica e esempio da seguire negli atteggiamenti pacifisti.
Questo è un lavoro a lungo termine. Forse tutti noi abbiamo odiato e discriminato, ma è nostro compito rivedere costantemente le nostre idee e i nostri valori e, ovviamente, adattare il nostro comportamento a questi standard morali. Trasmetterlo ai giovani è una delle migliori strategie per prevenire il bullismo.
2. Sviluppare metodi di comunicazione e risoluzione dei problemi
Sia a casa che a scuola, imparare a comunicare in modo efficace è essenziale. A casa è una garanzia individuare qualsiasi segno di molestia. Da parte sua, nel centro educativo dovrebbe essere lo strumento principale per risolvere i conflitti e formare i giovani a strategie efficaci e pacifiche di risoluzione dei problemi.
4. Educare al bullismo
Un’altra strategia rilevante per prevenire il bullismo è garantire che i giovani stessi (e le loro famiglie) lo identifichino e lo segnalino. È importante stabilire canali di comunicazione sul bullismo all’interno della famiglia e nell’ambiente scolastico, al fine di generare consapevolezza collettiva sui segnali e comportamenti che rientrano in questa classificazione della violenza.
Le informazioni sul bullismo sono accessibili e adatte a tutte le età. Alcuni modi per promuovere questa educazione sono i seguenti:
Stabilire programmi informativi nelle classi.
Fornire formazione sulla prevenzione agli insegnanti.
Affrontare la discussione sul bullismo in modo aperto e sicuro, sia a casa che in classe.
Cerca fonti di informazione affidabili e informative, come pagine governative ufficiali e studi scientifici.
5. Crea spazi sicuri
È fondamentale incoraggiare i giovani a partecipare alle attività che amano e creare gruppi sani di amici. Come adulti, è nostra responsabilità fornire spazi in cui possano svilupparsi e socializzare in sicurezza.
Un esempio di ciò sono i club scolastici. Un gruppo di lettura è una via di fuga per uno studente che si sente discriminato, ma anche un luogo dove trovare compagni che la pensano allo stesso modo e dove promuovere valori di comunità e rispetto. Fornire questi spazi in casa è una buona idea, purché la supervisione degli adulti sia mirata a promuovere norme prosociali.
6. Una delle strategie più necessarie per prevenire il bullismo: i programmi di intervento
Sono numerosi gli studi che validano l’efficacia dei programmi di intervento contro il bullismo a scuola. Secondo un articolo pubblicato sulla rivista Pulso, sui programmi attuati in Spagna, le strategie più efficaci sono state queste che ora elenchiamo:
Mobilitazione degli osservatori.
Supervisione durante il cantiere.
Formazione e incontri con i genitori.
Lunga durata dei programmi di intervento.
Metodi disciplinari o punitivi contro il molestatore.
Buongiorno amici. Oggi riflettiamo sul tema “stop ai paragoni”.
Oggi voglio solo fare una piccola riflessione.
Non solo scuola
Quante volte ho visto e sentito, sia in famiglia che a scuola, adulti che sminuiscono un ragazzo facendo paragoni con qualcun altro.
E questo qualcun altro è il compagno, la sorella, il fratello, il cugino… c’è sempre qualcuno migliore di lui. Ma è davvero così?
C’è sempre qualcuno migliore di noi e noi siamo davvero inferiore a tutti gli altri?
Ragazzi e adulti
Mi rivolgo ad entrambe le categorie.
Nessuno, e ripeto nessuno, è superiore o inferiore a nessun altro.
Fortunatamente siamo tutti diversi e tutti, e ripeto tutti, abbiamo delle abilità, delle inclinazioni, delle caratteristiche che ci rendono unici nel nostro genere.
Purtroppo molto spesso i genitori decidono prima ancora che un ragazzo scelga un indirizzo di studi specifico, quello che, questo, deve fare. Loro hanno un’idea di quello che in futuro un figlio deve essere, diventare, quale lavoro andrà a fare, chi dovrà frequentare.
Aspettative che per la maggior parte dei casi sono diverse dai desideri e le reali inclinazioni dei figli.
E quindi?
Frustrazioni
E quindi succede che i ragazzi si sentono sbagliati, frustrati, inferiori, non all’altezza delle aspettative dei genitori.
Quindi scelgono la scuola o un lavoro solo per accontentarli ma che succede? Che non riusciranno e non perché sono dei falliti( ho sentito anche queste parole)ma perché non è nelle loro corde quello che stanno facendo.
Cosa si deve fare allora? Spingere i ragazzi ad approfondire i loro talenti. Ricordando che saranno sicuramente diversi da quelli che voi, adulti, vi aspettate ma va benissimo così.
Dovete insegnar loro a combattere per i loro sogni, per realizzare i loro obiettivi. Ad impegnarsi con tutte le loro forze per diventare quello che vogliono .
Insegnate loro a cadere e a rialzarsi perché è dagli errori che si impara a diventare adulti. E voi, genitori in primis, camminate sempre accanto a loro, non davanti a loro. E se avete bisogno di me contattatemi https://dottoressanapolitano.it