Buongiorno amici. Oggi parliamo di trust me up tramite un piccolo video.
Cos’è
Semplicemente un’azienda formata da tanti ragazzi spettacolari che ha deciso di creare questa piattaforma, nel 2018, partendo da un’idea di fondo: aiutare gli altri.
Gli altri-trust me up
Chi sono questi altri?
Innanzitutto tutte le persone che hanno un’attività o una passione che vogliono tramutare in lavoro facendosi pubblicità.
Qualsiasi tipo di vendita prodotti o servizi su trust me up ha voce.
Una volta che ir agazzi lavorano sul tuo pofilo, comincerete a creare tre srvizi per la vostra vetrina. Poi, potete aggiungerne quanti ne volete in modo indipendente con costi e descrizione.
Ma qual’è la cosa bella, che ogni servizio avrà una percentuale dis conto per chi vuole comprare sulla piattaforma.
Esempio, le mie consulenze hanno il 10% di sconto su un prezzo già concorrenziale.
Ora, questa percentuale va in beneficienza all’associazione da me scelta: niente truffa, io ho scelto sos villaggio dei bambini e telethon.
Percentuale-trust me up
La percentuale sarà la cifra che andrà in beneficienza. In più , cosa ancora più comoda per voi, avrete il cashback della percentuale così che potrete sempre acquistare servizi.
Buongiorno amici. Oggi parliamo di ragazzi interrotti e della loro mancata felicità.
C’ è poco da sorridere, scorrendo i dati dell’ultimo World Happiness Report resi pubblici ieri dalle Nazioni Unite.
Paesi felici
Aldilà delle classifiche che sanciscono che per il settimo anno consecutivo è la Finlandia ad aggiudicarsi il titolo di “Paese più felice al mondo“,.
L ’Italia risulta 41ª appena sopra il Guatemala ma parecchio sotto Kosovo e Romania, solo citando a caso, il dato decisamente più preoccupante è quello che riguarda i ragazzi.
Per la prima volta dal 2012 – anno in cui è stato redatto il primo “Report“ – “il trend positivo globale della soddisfazione di vita tra i 15 e i 24 anni si è interrotto”.
E secondo Vivek Murthy, il massimo funzionario Usa ad occuparsi di questioni di salute pubblica, la colpa di tanta infelicità tra i ragazzini è l’uso e soprattutto l’abuso dei social media .
Giovani e felicità
Il binomio gioventù-felicità è andato in crisi (pur se meno bruscamente) anche in Europa occidentale”.
“In Nord America e in Europa Occidentale è come se i giovani stessero vivendo una “crisi di mezz’età“.
“Passando – prosegue il Report – alle età più giovani (10-15 anni), i risultati degli studi sono più limitati. Nei paesi ad alto reddito, la soddisfazione per la propria vita è comunque diminuita dal 2019, soprattutto per le ragazze.
Le ragazze riportano una minore soddisfazione nei confronti della propria vita rispetto ai ragazzi intorno all’età di 12 anni. Questo divario si allarga tra i 13 e 15 anni, e la pandemia ha amplificato la differenza”
Social sotto accusa
Immediato il grido d’allarme lanciato – sulle pagine del Guardian – da Vivek Murthy, Surgeon general degli Stati Uniti: alla luce dei nuovi dati, Murthy ha ribadito l’urgenza di provvedimenti governativi sull’uso dei social media.
“È l’uso incontrollato dei social media a portare all’isolamento e alla depressione i nostri ragazzi – ha ripetuto ieri Murthy –, l’uso senza regole dei social media equivale a guidare macchine che non hanno dispositivi di sicurezza.
La battaglia di Murthy da mesi è volta al recupero della connessione sociale – tra i più giovani – attraverso la creazione di occasioni di attività culturali e sportive.
Emozioni
Nella quotidianità di coloro che oggi hanno dai 15 ai 24 anni negli Stati Uniti e in Europa occidentale, è evidente che a dominare siano le emozioni negative.
“Le protezioni per salvaguardare i più giovani sono necessarie immediatamente” ha detto Murthy: “se hai a che fare con un dodicenne o un quindicenne, non puoi aspettare tre o cinque anni e vedere se intanto la politica per caso fa qualcosa.
Temo che i governi non avvertano tutta l’urgenza che c’è: l’infanzia dei nostri figli è in corso adesso”. Ed è sempre meno felice.
Buongiorno amici. Oggi parliamo di educare all’empatia.
bambini e i ragazzi crescono in una società che tende un pò troppo all’individualismo.
Si dà poco valore all’altro e alle sue emozioni e si attribuisce un peso eccessivo ai confronti, intesi come necessità di dimostrare la propria supremazia sull’altro.
valore alle emozioni
Basti vedere come anche sui social network non ci sia un confronto, anzi, tendenzialmente c’è scontro, sopraffazione e aggressività, dove pur di aver ragione si prevale sull’altro, senza rispetto, né empatia.
L’empatia, dal greco en-pathos, ossia “sentire dentro”, non è altro che la capacità di mettersi nei panni dell’altro, comprendere le sue emozioni e sensazioni e sentirle come se fossero le proprie.
Si tratta di una competenza che va assolutamente nutrita, soprattutto oggi che si interagisce sempre di più da dietro uno schermo di uno smartphone, tablet o pc, con una comunicazione prettamente sintetica ed instant.
Molti giovani, infatti, hanno molta difficoltà a gestire, da un punto di vista emotivo, le relazioni, a riconoscere le emozioni e a risolvere le incomprensioni e i conflitti.
Questo poi va ad influire anche sul loro benessere e stato d’animo.
L’empatia è una competenza importante, alla base dello star bene insieme, di una comunicazione efficace e di relazioni più sincere, soddisfacenti e rispettose.
Come aiutare i figli a svilupparla?
1. METTETE DA PARTE LA TECNOLOGIA.
Per comprendere le proprie emozioni e quelle degli altri, è necessario abituare i figli sin da piccoli alla condivisione, per cui ritagliatevi dei momenti senza tecnologia, in cui ci si guarda negli occhi e si raccontano le proprie esperienze.
Un momento potrebbe essere quello dei pasti in cui si è tutti insieme.
Non basta però semplicemente parlare, è importante focalizzarsi su come ci si sente, sulle emozioni, per allenare i figli a comprendere i propri sentimenti e quelli altrui.
2. DATE IL BUON ESEMPIO.
La gentilezza e il rispetto sono concetti che i bambini e i ragazzi apprendono all’interno della famiglia attraverso l’esempio, osservando come si comportano gli adulti che sono per loro un riferimento.
È inutile che diciamo ai figli di rispettare il prossimo, se poi ci sentono fare battutine o commenti di disprezzo verso le altre persone.
È fondamentale che gli adulti mettano in pratica ciò che vogliono insegnare ai figli.
3. ALLENATELI A METTERSI NEI PANNI DEGLI ALTRI.
Facendo riferimento a degli eventi specifici accaduti a persone vicine ai figli, degli esempi presi dalla quotidianità oppure a partire da una favola, un cartone, un film, abituateli a riflettere e a chiedersi come si sentirebbero al posto di quella persona.
Mettetevi voi in gioco per primi e confrontatevi su questo per aumentare la sensibilità e la capacità di immedesimarsi nell’altro e provare le sue stesse emozioni.
4. AIUTATELI A RICONOSCERE LE EMOZIONI-educare all’empatia
Soprattutto quando il bambino è piccolo, è normale che esprima le sue emozioni attraverso il pianto, il corpo e il comportamento.
Un compito importante dell’adulto è quello di iniziare a decodificare il vissuto e verbalizzarglielo, con frasi del tipo “Capisco, sei proprio arrabbiato”.
In questo modo, quando cresceranno, impareranno a riconoscere le emozioni e a gestirle, altrimenti tenderanno o a reprimerle o ad agirle con comportamenti disfunzionali.
5. COMPRENDETE IL LORO PUNTO DI VISTA-educare all’empatia
È importante, soprattutto quando ci sono discussioni o si è arrabbiati, non restare fermi soltanto sul proprio punto di vista ma ascoltare i figli e mettersi nei loro panni per capire i loro sentimenti, bisogni e la loro prospettiva.
I figli imparano molto di più dall’esperienza relazionale concreta: se basate le interazioni con loro sullo scontro, piuttosto che sul rispetto e l’ascolto reciproco.
Impareranno quella modalità di relazionarsi, considerandola come la modalità corretta con cui interagire con gli altri.
6. INSEGNATEGLI A GESTIRE I CONFLITTI.
I litigi non vanno negati o eliminati, si deve dare la possibilità ai figli di esprimere anche le emozioni negative, accompagnandoli nella gestione dei conflitti.
È importante che i genitori non impongano una soluzione esterna, ad esempio obbligandoli a fare la pace, a chiedere scusa o cercando a tutti i costi un colpevole.
Devono imparare ad ascoltare, a raccontare a turno il proprio punto di vista e a trovare insieme una soluzione, senza imporsi e prevalere sull’altro.
E se avete bisogno di un aiuto concreto, contattatemi
Buongiorno amici. Oggi parliamo di come mettersi nei panni di un figlio adolescente.
Che cosa vuol dire mettersi nei panni di un adolescente?
Spesso da adulti ci dimentichiamo dell’esperienza vissuta in questa fase della nostra vita. Tutte le certezze che avevamo da bambini iniziano a vacillare.
Il corpo cambia, ci guardiamo allo specchio e quel visino tondo e angelico è in un attimo coperto da peli e da sgradevoli puntini bianchi.
Le richieste scolastiche diventano sempre più complesse mentre la voglia di studiare diminuisce esponenzialmente.
Tutto ad un tratto, i genitori, quei due esseri che vivono in casa con noi, che un tempo ci sembravano “perfetti” a tal punto da voler spendere ogni singolo momento della giornata con loro, diventano due persone noiose che sono in grado di farci venire il nervoso solo respirando.
“Cosa mi sta succedendo?” “Cosa sta accadendo al mondo intorno a me?”. Eh sì, è arrivato il momento di dirlo: “Benvenuta adolescenza!”.
Che cos’è l’adolescenza?
E’ quella fase particolare di vita in cui, ogni ragazzo, compie il passaggio da “bambino” ad “adulto”.
In questo percorso il compito dell’adolescente è costruire la propria identità che lo accompagnerà, con numerosi cambiamenti, per il resto della sua vita.
Le domande che gli adolescenti si pongono sono: “Chi sono?”, “Chi voglio essere?” “Quali sono le mie qualità?” “Quali i miei limiti?”.
Affinché questo passaggio di stato avvenga devono realizzarsi varie trasformazioni.
Esse alla fine di questa fase, porteranno il piccolo bambino ad essere un adulto autonomo e indipendente, capace di contare su di sé e di affrontare le sfide della vita.
Quali cambiamenti?
Il percorso adolescenziale inizia con una serie di modificazioni fisiche.
Gli ormoni fanno sviluppare nei ragazzi i caratteri sessuali secondari che consistono nello sviluppo di peli, cambio della voce, barba per i maschi, il menarca e l’aumento del seno per le femmine.
I cambiamenti corporei innescati dalla pubertà scatenano importanti trasformazioni anche nella mente degli adolescenti.
Vedersi diversi davanti allo specchio porta a dover elaborare una nuova immagine di sé: il nuovo corpo va integrato nella mente.
E’ in questo momento che emerge il bisogno di affermare che il proprio corpo appartiene a sé, che fa parte della propria identità e su di esso si possono fare scelte e prendere decisioni.
Ecco qui che il figlio arriva con il desiderio di farsi piercing e tatuaggi, metodi di affermazione di sé che spesso preoccupano i genitori.
In adolescenza emerge anche la capacità di pensare in astratto“Se io facessi…”, “Se potessi...”, l’attitudine all’autoriflessione e all’introspezione. Queste abilità favoriscono la possibilità di pensare in modo autonomo e di riflettere sulle proprie e altrui emozioni.
Come spesso si può notare, in questo periodo le emozioni sono vissute in modo estremo: sia le emozioni negative sia positive vengono provate in modo più intenso.
Questo fornisce la possibilità all’adolescente di imparare a regolare le proprie emozioni e a mettersi nei panni dell’altro sviluppando l’empatia.
Un ultimo, ma non meno importante cambiamento, riguarda le relazioni: diventano sempre meno importanti le relazioni familiari, incluse quelle con i genitori, e sempre più importanti quelle con i pari.
La relazione con gli amici permette all’adolescente di trovare uno specchio entro cui rivedersi, di dare e ricevere supporto facendo sviluppare le sue capacità di stare in relazione con gli altri.
All’interno dei rapporti con i pari spesso si sviluppano delle relazioni sentimentali che rispondono ai bisogni affettivi, di tenerezza e sensualità dell’adolescente.
Lasciare che anche il rapporto con lui/lei si trasformi
Spesso i genitori si chiedono come poter aiutare il figlio in questa delicata fase della sua vita.
Essi hanno spesso la sensazione di non avere la situazione sotto controllo e si sentono impotenti. La sensazione di sentirsi “estromessi dalla vita del figlio” fa provare loro un sentimento di inutilità che porta i genitori stessi ad interrogarsi sulla propria vita, ricercando il senso e l’utilità delle scelte finora fatte.
ll cambiamento in questa fase, non coinvolge solo l’adolescente, ma riguarda l’intero nucleo familiare.
Risulta fondamentale che i genitori siano consapevoli dell’importanza del proprio ruolo in questa fase delicata, favorendo costantemente il confronto con il figlio adolescente.
In questo periodo conflitti aumentano proprio perché, grazie al continuo confronto, anche aspro e vivace, si avviano quei cambiamenti nel rapporto che sono necessari alla famiglia intera per superare questa fase.
Conflitti
Si discute per temi apparentemente banali: le uscite serali, i soldi, l’abbigliamento, l’aiuto in casa.
Ma le questioni in gioco sono altre: la possibilità di dire di “No”, quella di frequentare persone nuove, di sbagliare e non seguire i consigli degli adulti.
Quello che chiede ogni adolescente è la possibilità di sperimentarsi come diverso dai propri genitori, paradossalmente proprio con il supporto dei genitori stessi che hanno il compito di aiutarlo attraverso la ricerca di una “giusta distanza”.
Questo non significa per l’adolescente voler rompere il legame ma poter avere la libertà di viversi, di creare nuove relazioni amicali e sentimentali al di fuori della famiglia.
La sicurezza di poter sempre tornare gli consente di allontanarsi con maggiore serenità e di affrontare le nuove esperienze sentendosi al sicuro.
Essere base sicura
Tanto più i ragazzi sentiranno che la relazione con i propri genitori è sicura e basata sulla fiducia, tanto più si sentiranno liberi di sperimentare nuovi legami.
Non avranno infatti bisogno di continue conferme delle disponibilità dei propri genitori, ma certi di ciò, tenderanno sempre di più a distanziarsi dai genitori per investire su legami e relazioni al di fuori della famiglia.
E vi ricordo che se avete bisogno del mio aiuto potete contattarmi
Buongiorno amici. oggi parliamo del regalo più prezioso: il tempo.
Oggi, in realtà, non voglio spendere troppe parole. Voglio solo che lo guardiate questo video bellissimo e ne leggeste le parole, per capirne il senso.
l regalo più bello che possiate fare ia vostri figli. E non solo quando sono bambini…anche quando crescono.
Ragazzi
Perché i ragazzi, dai genitori, vogliono questo: tempo, ascolto, empatia, sincerità ed esempio da seguire.
Ricordatevi che siete i loro pilastri, i loro genitori, i lor maggiori influencer da cui prendere esempio e ispirazione.
Genitori
Non fate troppo gli amici, ma non perché non sia giusto o etico. Semplicemente perché, a quest’età, gli amici sono i loro coetanei, e con loro si gioca, ride, scherza, si condividono piccoli segreti, si scambiano ide sui loro primi amori.
Agli amici non si chiede consiglio nei momenti difficili. Non si cerca una spalla su cui piangere, non si chiedono spiegazioni sui quesiti importanti della vita né come fare a superare un ostacolo per noi insormontabile.
Guida
Semplicemente perché, per queste risposte, ci vogliono persone con esperienza di vita, a cui poter davvero confidare i nostri più grandi disagi, le nostre preoccupazioni perché, prescindere da tutto, genitori ti vogliono bene e ti supportano e supporteranno sempre, non importa quale sia a strada che vuoi intraprendere.
I genitori ti insegnano a cadere e a rialzarti e ti fanno ragionare, con loro, sul perché della tua caduta per no ripeterla più.
E se non vi ritrovate, cari genitori, in questa parte di un elenco grandissimo di quello che dovreste fare, ti consiglio di raccontarmi la tua storia e di uscirne insieme, migliorando il rapporto coi tuoi ragazzi.
E voi, ragazzi, se avete bisogno di me, contattatemi
Buongiorno amici. Oggi parliamo di come trasformare i problemi in sfida.
Un aspetto estremamente rilevante è che i figli, sin da piccoli, crescano capaci di superare le avversità della vita, utilizzando al meglio anche questi momenti per migliorare le proprie capacità di adattamento e sviluppare le proprie risorse.
Avversità
“A volte vedo mio figlio che si perde in un bicchier d’acqua. Quando deve affrontare qualcosa di nuovo oppure le cose non vanno come se le aspettava getta subito la spugna e non ci prova nemmeno. Nonostante abbia tante risorse è come se non se ne rendesse conto e non crede davvero in quello che fa”
Spesso gli adolescenti si bloccano davanti a un problema o a una situazione che percepiscono come difficile.
Assumono un atteggiamento difensivo e rinunciatario nei confronti di quello che devono affrontare e non riescono a viverlo come una sfida.
“Mi sento schiacciata da tutto quello che devo fare, mi sento di non riuscire a stare dietro a tutto. Ho mille pensieri che mi tormentano e quando mi sento così mi sale l’ansia, mi blocco e non riesco ad essere lucida”
In realtà, il significato della parola “problema”, che deriva dal greco e significa letteralmente “mettere avanti” (Garzanti Linguistica), ci aiuta a comprendere come i problemi possano essere uno stimolo per andare oltre i propri limiti.
Come risponde il nostro cervello?
Nel momento in cui si presentano situazioni intense e impegnative da affrontare, il cervello reagisce, ovvero rilascia sostanze chimiche e attiva una serie di circuiti neuronali.
In adolescenza sono molto stimolate le aree del sistema limbico, una serie di strutture, che spesso portano i ragazzi a sentirsi sopraffatti dalle emozioni.
Se si considera ciò che si sta vivendo come una minaccia, il cervello entra in uno stato di allarme e si prepara alla difesa.
Nel momento in cui ci si blocca e si smette di agire, il cervello crea un’abitudine, per cui attiverà quel tipo di risposte davanti ai vari problemi, rinforzando gli stessi circuiti neuronali. Al contrario, se si affronta quella condizione come se fosse una sfida, il corpo produce una maggior quantità di energia per poterla superare e viene poi rilasciato un neurotrasmettitore, la dopamina, che fa sperimentare gratificazione.
Inoltre, nel cervello dei ragazzi che si dimostrano essere più resilienti, ossia più capaci di far fronte allo stress e alle avversità.
Il corpo calloso, area che si occupa dello scambio di informazioni motorie, sensitive e cognitive tra i lobi dei due emisferi cerebrali, elabora e trasferisce tali informazioni molto più rapidamente.
Come aiutare i figli ad essere più efficaci?
È fondamentale partire dal presupposto che i problemi e gli ostacoli fanno parte della vita. Non ci si può sottrarre ad essi, ma è possibile cambiare la prospettiva con cui si affrontano.
Ecco 3 strategie da poter condividere con i figli:
1. Usare le parole giuste. Le parole non sono solo un insieme di lettere, ma hanno un impatto diretto su emozioni e comportamenti.
Se un evento viene associato alla parola “ostacolo”, in automatico si richiama alla mente l’immagine di qualcosa che è faticoso affrontare; se si utilizza la parola “sfida”, cambia l’approccio e ci si sente più motivati a “guardare in faccia” la situazione e affrontarla.
2. Applicare nuovi schemi. Cambiare atteggiamento mentale significa guardare da un altro punto di vista, cambiare il filtro con cui si valuta la realtà.
Significa porsi domande e non aver paura di investire del tempo per lavorare sulla risposta, cercando soluzioni alternative a quelle già sperimentate, senza soffermarsi su ciò che possono dire o pensare gli altri.
3. Scegliere obiettivi focalizzati e concreti. Le difficoltà vanno affrontate gradualmente, dividendo ogni situazione in piccoli segmenti.
Si cambia solo facendo, per questo è utile focalizzarsi su obiettivi raggiungibili.
Aver chiaro ciò che si sta facendo e dove si vuole andare porterà al successo, perché permette di non mollare, di saper anche aspettare, analizzare da più punti di vista il percorso, senza paura di cambiare quando necessario.
Per i ragazzi ogni sfida può essere un’opportunità di crescita che non va evitata, altrimenti si rinforzeranno le paure perché nel momento in cui non si affronta qualcosa, non ci si confronta con se stessi.
Buongiorno amici. Oggi parliamo del conflitto tra giovani e boomer.
I motivi principali?
I “grandi” fanno fatica a vedere che i tempi cambiano, oltre a manifestare una certa noncuranza verso le opinioni dei ragazzi.
Tanti adolescenti, poi, sentono una mancanza di comprensione del loro rapporto con il digitale
I grandi? Poco aggiornati e molto distratti
Tra gli elementi che, a detta delle generazioni Z e Alpha, contribuiscono ad allargare la distanza tra i due universi c’è prima di tutto il fatto che le “classi” precedenti non capiscono che i tempi sono molto cambiati rispetto a quando erano giovani loro: così per il 62% degli intervistati.
A seguire, l’idea che da parte dei grandi ci sia una totale noncuranza per quel che pensano i più piccoli: a dirlo è il 46%.
Al terzo posto, troviamo la percezione che i cosiddetti “boomer” non comprendano il rapporto tra i ragazzi e la dimensione digitale, in particolare con i social network: il 41% colpevolizza gli adulti per questo.
Molto quotata – indicata da circa 1 su 3 – anche l’accusa di non capire desideri, passioni, priorità, sentimenti e timori delle nuove generazioni.
Dialogo
E poi ci sono le questioni prettamente legate al “dialogo” in casa.
A renderlo parecchio complicato, lato genitori, ci sono soprattutto tre fattori.
Per cominciare, il fatto di non mettersi mai in discussione e di pensare di avere sempre ragione: lo afferma il 38%.
Quasi alla pari (37%) c’è l’abitudine di tirare fuori la fatidica frase “ai miei tempi…”, lontani però ormai decenni. Senza dimenticare l’utilizzo dei voti scolastici come indice universale di soddisfazione: se ne lamenta il 33%.
Da non sottovalutare, infine, anche l’apparire distratti e quasi di “fingere” di ascoltare ciò che dicono i figli (e i giovani in generale) ma anche di pretendere troppo dai ragazzi, caricandoli di responsabilità.
Entrambi gli aspetti vengono rilevati da oltre uno intervistato su quattro e, nel caso delle ragazze, le percentuali salgono ulteriormente.
A conti fatti, solo il 19% degli intervistati non si sente di rimproverare nulla agli adulti di riferimento.
Il confronto tra figli e genitori è ai minimi termini
Tutto quanto appena detto, all’atto pratico, si traduce in una diffusa incomunicabilità. Solamente il 40% dei ragazzi dice di condividere con una certa frequenza le proprie idee e i propri pensieri con i genitori.
Quasi il doppio (79%) preferisce di gran lunga farlo con amici e coetanei.
Ma mamme e papà sono fortemente insidiati anche da fratelli e sorelle, che ottengono un buon 30% di preferenze.
I genitori risalgono un po’ nella gerarchia dei “confessori” giusto se c’è un problema: in questi casi è il 43% a scegliere loro per parlarne.
I fratelli perdono un po’ di affidabilità, interpellati solo dal 22%. Ma la via che rimane più battuta è quella che porta verso i pari età, percorsa prioritariamente da circa i due terzi degli intervistati (64%) anche se la questione è più delicata.
Soluzioni?
Tante e tutte diverse in base alle situazioni, la caso, ai soggetti coinvolti.
Ma la cosa che accomuna tutti è una: l’empatia.
E la presenza. Crescete coi vostri figli, cercate di far capir loro che voi ci siete sempre, anche senza parlare.
E ogni volta che avranno bisogno di voi sarete pronti ad ascoltarli e supportarli davvero, senza essere giudicanti.
Interessatevi ai loro interessi, comprendeteli, capite i loro silenzi e se avete bisogno di me contattatemi
Buongiorno amici. Oggi parliamo de la rabbia degli adolescenti.
Molto spesso i figli, soprattutto se adolescenti, fanno fatica a condividere gli aspetti per loro più privati, le loro emozioni o i loro sentimenti.
Non riescono a comunicarlo apertamente, ma ciò non significa che non vogliano farlo o che non abbiano bisogno della presenza e della comprensione dei genitori.
Per conoscere maggiormente i figli adolescenti è fondamentale focalizzarsi sulle parole che utilizzano, perché se si impara ad ascoltarli davvero ci comunicano moltissimo di loro e di ciò che sentono dentro.
La tempesta emotiva degli adolescenti
I ragazzi fanno fatica a riconoscere e gestire nel modo più efficace le emozioni che provano e da cui, spesso, si sentono schiacciati.
In questa fase di sviluppo sono molto stimolate e attive le aree del sistema limbico, comprendenti una serie di strutture tra cui l’amigdala, responsabile della regolazione emotiva e delle reazioni più istintive.
Ciò spiega gli scoppi d’ira, i comportamenti impulsivi e le montagne russe emotive da cui sono pervasi gli adolescenti.
“La mia fame spesso è nervosa e non riesco a controllarla. Quando sono arrabbiata è inutile dirmi che mi arrabbio subito. E’ difficile per me gestire la rabbia e le mie paure che non riesco a superare non sono stupide. Quello che vorrei essere non è facile da costruire, datemi il tempo. Se ho delle fissazioni è inutile dirmi di toglierle”
Comportamenti
I comportamenti dei giovanissimi possono apparire più irrazionali perché, negli adolescenti, gli stimoli raggiungono direttamente l’amigdala, senza passare per la mediazione della corteccia prefrontale, che non ha ancora raggiunto un pieno sviluppo e che solitamente opera come una sorta di filtro emotivo.
Le emozioni, quindi, vengono fuori in tutta la loro potenza: la rabbia è esplosiva, la tristezza diventa disperazione, la gioia diventa euforia.
“Quando mi arrabbio è soltanto per un po’ di sfogo: vorrei che capissero che nonostante tutto gli voglio bene”
“Quando mi sale la rabbia, faccio davvero fatica a controllarla. In quel momento vorrei distruggere tutto e tutti. Devo però ammettere che quando i miei provano ad avvicinarsi, in automatico mi viene da allontanarmi e da rispondergli male, ma in realtà apprezzo il tentativo di starmi vicino e so che per me ci sono sempre”.
La rabbia
Spesso i ragazzi hanno bisogno di concedersi la rabbia. Il messaggio che si può leggere tra le righe è “anche se mi arrabbio, ti voglio bene lo stesso”: anche in questi momenti, infatti, sebbene sembri che vogliano attaccare il genitore, in realtà non mettono in discussione il rapporto o la relazione, anzi, è proprio il contrario.
Si sentono liberi di esprimere ciò che sono, provano e sentono perché si fidano di quella persona, perché sanno che la rabbia potente che esce fuori non intacca il rapporto. Se invece non sentono solido il legame, hanno più paura ad esprimersi o a sfogarsi.
La rabbia dei figli adolescenti: una sfida anche per i genitori
Può essere molto faticoso gestire i momenti in cui i figli si arrabbiano, rispondono male o si allontanano, ma essere consapevoli del fatto che lo fanno perché si sentono sicuri nel legame permette di dare una lettura diversa a ciò che si vive.
É importante fare attenzione anche alle parole che il genitore utilizza.
Quante volte capita, in modo quasi automatico, di reagire a propria volta con affermazioni del tipo “Non arrabbiarti”, “Non devi fare così”?
In quel momento, però, questo tipo di affermazioni attivano quella parte emotiva già sollecitata.
Anzitutto, perché non ci si sente compresi e capiti realmente e questo porta, ad arrabbiarsi ancora di più.
Comprendere non significa giustificare. E’ importante comprendere il meccanismo, senza però giustificare tutto: ascolto, dialogo, comprensione sono i primi strumenti che il genitore può e deve utilizzare. Dopo questo primo passaggio, si ha la possibilità di filtrare in maniera differente e più efficace, aiutando i figli ad esprimere e gestire ciò che stanno sperimentando.
Genitori
“Io vorrei che mia mamma non si arrabbiasse troppo spesso e che mi ascoltasse di più quando mi sfogo, anziché dirmi subito che sono sempre il solito e che con me non si riesce a parlare”
La capacità di gestire emozioni e relazioni ha le basi in un processo di apprendimento sociale in cui i genitori hanno un ruolo fondamentale, che si gioca anche attraverso l’esempio.
È fondamentale che essi comprendano e diano una lettura e un senso alle reazioni dei figli perché, molto spesso, loro da soli non possono ancora farlo.
Il loro cervello è in fase di “rimodellamento”.
Per questo, in alcune situazioni, è necessario che un adulto, senza valutazioni o giudizio, intervenga per aiutarli a riconoscere, verbalizzare, dare significato alle emozioni che sperimentano e modularle.
Buongiorno amici. Oggi vediamo insieme la proposta del ministro dell’istruzione sul divieto dei cellulari in classe.
Cellulari vietati alle elementari e alle scuole medie. Il ministro all’Istruzione Giuseppe Valditara annuncia la stretta, ma tra i presidi il pungo duro non convince.
Il divieto
Andiamo per gradi. Secondo il ministro l’utilizzo del cellulare a scuola è inopportuno anche se questi avviene per fini didattici.
Per Valditara l’utilizzo improprio dello smartphone può diventare un elemento di tensione tra studenti e docenti.
Tensioni che arriverebbero addirittura ad atti aggressivi. Da qui alla stretta il passo sarà breve.
Resta da capire le modalità attraverso le quali vietare l’utilizzo dei cellulari a scuola.
Ma la tolleranza zero fa storcere il naso ai dirigenti scolastici. “In realtà già oggi nelle scuole l’utilizzo dello smartphone è regolato – premette Lorella Camporesi (nella foto) dirigente alla scuola Bertola di Rimini -. Non lo si può utilizzare, salvo che per fini didattici.
La scuola
Ed è quello che si fa rispettare. Nel momento in cui un cellulare suona durante la lezione, il telefono viene portato in segreteria e vengono chiamati i genitori per la riconsegna”.
Il divieto totale lascia perplessi. “Ritengo che tra i giovani ci sia lo stesso abuso dello strumento che c’è tra gli adulti.
Le crociate periodiche a cui assistiamo contro l’utilizzo dei cellulari credo che ormai siano fuori tempo.
Questo strumento è parte della nostra quotidianità, dunque bisogna imparare a utilizzarlo nel modo corretto. Ecco, credo che sia meglio educare al suo utilizzo che un divieto totale”.
Cosa fare?
Cancellare gli smartphone dalle scuole desta qualche perplessità anche in Nicola Tontini, dirigente dell’istituto comprensivo 1di Riccione.
“Nel nostro istituto – premette Tontini – l’utilizzo degli smartphone a fini didattici viene concesso e su questo non vi sono problemi.
Il docente fa domanda e la richiesta viene accettata. Tuttavia è vero che ad oggi una normativa chiara non c’è e sono limitate le azioni che si possono mettere in campo per gestirne l’uso, quando il fine non è didattico.
Ad esempio l’idea di raccogliere tutti i cellulari al momento dell’entrata non è affatto semplice da perseguire. Servirebbe una regolamentazione chiara a cui riferirsi”.
Secondo me…
Inizialmente ero combattuta dall’adottare il pensiero del minitro o dei presidi.
E’ vero, soprattutto con i minori, i divieti sono l’anticamera della ribellione, del trasgredire una regola. Il divieto, come anche una regoal, se non spiegata nel modo corretto, e non data fine a se stessa, non è mai la cosa più giusta da fare.
Vero, è giusto educare i ragazzi al corretto uso del cellulare. Ed è proprio perché si deve educare i ragazzi si deve anche fare capire loro( questa è educazione) che in determinati contesti come la scuola non si può utilizzare.
Perché? Perché in un posto dove bisogna prestare attenzione alle lezioni e al rapporto con docenti e compagni di classe, dove si impara a crescere non è il caso. Una volta fuori è un altro discorso.
E poi, ragazzi, parliamoci chiaro, una mattinata guardandoci negli occhi è meglio che incollarci ad uno schermo no?
Buongiorno amici . Oggi riflettiamo sulla frase “Mio figlio è insopportabile”.
In ogni fase della vita i genitori si trovano ad affrontare sfide e cambiamenti e avere figli adolescenti può rappresentare una sfida che richiede una grande capacità di adattamento.
Anche se per alcuni è possibile gestire questa fase delicata con pazienza e comprensione, altri si sentono sopraffatti e possono sentirsi catapultati sul ring di fronte a comportamenti e a reazioni dei loro figli a volte incomprensibili o molto distanti da ciò che vorrebbero.
“Le avvisaglie sono da sempre inequivocabili: ai primi vagiti del corpo adolescente, il dialogo si zittisce. I pori, i peli, l’odore, le curve, il menarca e le polluzioni notturne cominciano a parlare una lingua che chiede che non venga aggiunto altro: è iniziata la pubertà e la notizia pretende(rebbe) discrezione. Lo sviluppo del corpo che si fa generativo dice al mondo due cose: ai pari che si è entrati in partita; alla mamma, che dovrebbe farsi da parte”. (Tratto dal libro “Mio figlio è normale? Capire gli adolescenti senza che loro debbano capire noi” di Stefania Andreoli)
Adolescenti-“mio figlio è insopportabile”
L’adolescenza è un periodo di trasformazione fisica ed emotiva in cui i ragazzi cercano di scoprire chi sono e quale sarà il loro ruolo nel mondo.
Cercano di definire la propria identità, spesso sperimentando nuove passioni e amicizie, perdendo interesse per ciò che una volta li coinvolgeva maggiormente, incluso il rapporto con i genitori.
Spesso alcuni comportamenti e atteggiamenti sembrano venir fuori dal nulla, lasciando i genitori confusi e preoccupati.
“Ieri l’ennesima discussione, è evidente che ogni tentativo di dialogo con lui sia inutile. Io ormai non posso più parlare, qualsiasi suggerimento viene intrepretato e applicato al contrario, sono davvero delusa. L’adolescenza è diventata un alibi e ogni volta che rimango ferma su delle regole per me invalicabili, e lui non ottiene quello aveva nella mente, mi dice che con me non vuole più avere niente a che fare e che mi tratterà come un’estranea finché non cambierò idea. Io provo a disinnescare ma così è davvero difficile!”.
Autonomia- mio figlio è insopportabile
L’adolescenza è anche una fase in cui i giovani cercano di sviluppare un senso di autonomia e indipendenza.
A volte potrebbero prendere decisioni apparentemente in contrapposizione agli insegnamenti ricevuti dai genitori, ma è importante ricordare che questi comportamenti sono parte del processo di crescita.
I ragazzi hanno bisogno di essere accettati per quello che sono e di essere riconosciuti nel loro modo di essere e di esprimersi, anche se spesso rischia di andare in contrasto con le regole genitoriali.
“Ieri mi chiama nella sua stanza e mi fa vedere tutta orgogliosa il suo nuovo crop top aderente e che lascia ben poco spazio all’immaginazione.
Ovviamente avrebbe voluto indossare quella maglietta striminzita e, secondo me anche un po’ volgare, la mattina seguente per andare a scuola. Io prontamente ho risposto che poteva scordarselo e che non era adatto per il contesto scolastico.
Da lì sono partite una serie di argomentazioni e polemiche con un’insistenza incredibile. Se solo mettesse il 10 % di questa energia nello studio, sarebbe la più brava della classe.
Ho cercato di fargli capire che non si trattava di una limitazione della sua libertà di espressione, perché se fosse stato per me neanche l’avrebbe avuta nel suo armadio, ma era importante passarle il messaggio che nella vita è importante contestualizzare e che su alcune regole non c’è margine di trattativa”.
Riflettere sui propri errori: genitori tra senso di colpa e frustrazione
Quando ci si trova di fronte un figlio adolescente che sembra aver preso una strada diversa da quella della famiglia, è facile sperimentare un senso di colpa come genitori.
Tuttavia, è importante ricordare che i genitori non sono i soli responsabili delle scelte dei figli e che ogni individuo ha il diritto di esplorare e prendere decisioni autonome.
Spesso, infatti, si ha la sensazione di trovarsi di fronte a un figlio completamente estraneo, e possono sorgere dubbi e preoccupazioni sul proprio ruolo genitoriale. “Dove ho sbagliato?” potrebbe essere la domanda che tormenta molti genitori in questa situazione.
“Mi vergogno quasi a dirlo, ma mio figlio in questo periodo proprio non lo sopporto, non mi piace la persona che sta diventando e soprattutto mi chiedo dove ho fallito come genitore. Sono preoccupato per il suo futuro, perché se continua così non farà mai nulla nella vita: non sa gestire niente, nemmeno se stesso”
“Mia figlia è solo capace a chiedere, chiedere e ancora chiedere senza dare assolutamente nulla in cambio.
Non le importa di nessuno al di fuori di se stessa. Quando si avvicina a noi è solo perché è interessata ad ottenere ciò che le interessa: un passaggio con la macchina, uscite, shopping. Ma si rende conto che noi ci facciamo in quattro per lei e il fratello e che la sera avremmo solo bisogno di un po’ di collaborazione e tranquillità”?
Comprensione
Anche quando non si è d’accordo con quello che fanno o dicono, è importante non criticare i ragazzi ma cercare di comprenderli e sostenerli, di ascoltare le loro ragioni e le loro idee.
Non bisogna dimenticare che l’adolescenza comporta delle sfide anche per gli stessi ragazzi e il ruolo degli adulti fornisce una base sicura da cui muoversi per sperimentare e crescere nella propria individualità e a cui fare riferimento nelle difficoltà.
In una fase ricca di novità e di fatiche, anche quando sembrano respingere ogni aiuto, per i ragazzi sentire che i propri genitori sono sempre presenti e pronti a sostenerli, rappresenta un elemento positivo, che li fa sentire degni di attenzione e rispetto. Al contempo, può essere difficile per i genitori trovare una modalità adeguata che permetta loro di mantenere un ruolo di orientamento e guida poiché i ragazzi cercano, invece, di esercitare autonomamente ogni controllo sulla loro vita e sulle loro scelte.
I genitori come possono comportarsi?
In una società in cui si fa fatica ad avere punti di riferimento stabili, dove le incertezze prendono il sopravvento e il gap generazionale sembra ostacolare un’adeguata connessione tra adulti e giovani.
I ragazzi senza una guida, si sentono sempre più soli e in balia delle loro emozioni e comportamenti.
Dunque è fondamentale comunicare e far sentire loro la propria comprensione, sostenerli nella loro ricerca di autonomia e indipendenza, spiegare l’importanza di confini e limiti che li proteggano nelle loro esperienze.
Inoltre, è importante non focalizzare tutto sulla scuola e su tutto ciò che sbagliano, ma mostrare interesse per ciò che i figli hanno da dire e ascoltarli attentamente può aiutare a instaurare una migliore comunicazione.
Nonostante le difficoltà che si possono incontrare in questo percorso, la relazione con i propri figli può modificarsi ma conservare stabilità e fiducia.