Buongiorno amici. Oggi parliamo de la sana competizione.
Ciao ragazzi, oggi avevo in mente di postarvi un argomento diverso da quello per cui sto scrivendo. Ma la notizia letta sul corriere mi ha fatto venir voglia di riflettere con voi.
Il fatto
Succede in Sicilia. Due squadre di basket femminile devono sfidarsi: una siciliana l’altra oltre lo stretto. Under 14.
Le ragazze siciliane non possono fare questa trasferta per mancanza di soldi, per i coisti troppo alti che non riescono a sostenere.
Che succede a questo punto? Che le avversarie, pur di giocare questa partita in modo onesto e senza vincerla a tavolino, decidono di ospitare a casa le avversarie in modo da azzerare i costi. Così, la partita si è giocata serenamente.
Competizione sì ma sana.
Perché volevo riflettere su quello successo a queste ragazze, perché devono essere un esempio di sana competizione e solidarietà per le avversarie.
Purtroppo, ed è storia di pochi giorni fa’, quando si parla di sport, e purtroppo non solo ad alti livelli, c’è ancora tanto razzismo, tanta non sana competizione che fa perdere l’importanza che lo sport ha.
Quando si parla di sport si parla di, in questo caso, gioco di squadra, di cooperazione tar compagne e rispetto per gli avversari, di qualsiasi sport si tratti. E deve essere così.
Qui entrano in gioco gli allenatori, fondamentali per lo sviluppo e la crescita dei ragazzi.
Adolescenti e sport.
Spesse volte mi è capitato, nel corso degli anni lavorando con gli adolescenti. di parlare con mamme e papà e consigliare, per i propri ragazzi, sport di squadra anche piuttosto fisici, tipo il rugby. Previa, ovviamente, inclinazione dell’interessato.
perché questo genere di sport? Perché c’è una disciplina pazzesca, c’è il rispetto e la collaborazione tra di loro, il rispetto delle regole e del gioco pulito.
Se vi è mai capitato di guardare una partita di rugby, alla fine tutti si stringono la mano e gli stadi sono pieni di famiglie con bimbi anche piccoli. Ed è questo che deve essere, o meglio purtroppo, dovrebbe essere.
Un giorno, anni fa’, uno dei miei ragazzi, in comunità, mi disse” Terry, io voglio fare kick boxing così poi mi so difendere se mi prendono in giro e mi rispettano”.
Il rispetto
In realtà quello non era rispetto: era timore. In questo modo, cercavo di fargli capire, le persone avranno paura di te e ti isoleranno. Il rispetto è ben altra cosa.
Ma capivo il perché lo diceva, conoscevo il suo passato, la sua sofferenza e i motivi per cui era in comunità.
Lo sport lo avrebbe aiutato a sfogare la sua rabbia ma doveva anche comunicare con gli altri rispettando le regole. Ecco che venne in soccorso un allenatore proprio di rugby.
L’allenatore disse a M. “se la tua intenzione è quella di difenderti fuori, io non ti allenerò mai. Qui c’è il rispetto per i compagni e gli avversari. non c’è violenza ma solo sport e sana competizione.”
Gli allenatori
Sono fondamentali. Mi viene in mente la serie di film karate kid.
Gli allenatori sono degli educatori tanto quanto i professori, oltre che i genitori.
Un allenatore che porta i ragazzi ad essere scorretti, che spinge alla violenza non è un buon formatore.
Chi ha allenato ed educato queste ragazze della squadra di basket di cui abbiamo parlato sopra è un ottimo coach.
E’ giusto che ci sia competizione nello sport. Aiuta a rimanere concentrati, a dare il meglio di sè, a voler migliorare ogni giorno di più , passo dopo passo per raggiungere i propri obiettivi.
E le avversarie? Giocano e competono con noi non per prevalere, ma perché vogliono dare il loro meglio così come noi.
E se hanno giocato meglio è giusto esserne consapevoli, correggere quello che non è andato e complimentarsi con chi ce l’ha fatta. Nello sport così come nella vita.
E voi, avete avuto un’esperienza simile? cosa ne pensate?
Vi ricordo che se avete bisogno di me potete contattarmi qui
Buongiorno amici. L’argomento di cui parleremo oggi è diretta: credere in se’ stessi.
Se non lo fate voi, nessuno lo farà. Credere in sé stessi non è una questione di orgoglio, ma di dignità personale.
È quel legame psicologico a cui ci aggrappiamo ogni giorno per avere fiducia nelle nostre decisioni, per smettere di aver paura dei fraintendimenti e per permetterci di alzarci cento volte.
Credere in noi stessi è amarci con coraggio, sapendo che meritiamo qualcosa di meglio.
Credere in sé stessi significa accettare di essere unici, diversi dagli altri
Spesso non ci rendiamo conto della voce dei nostri pensieri, dei nostri atteggiamenti, delle nostre attribuzioni e dei nostri ragionamenti.
Sono questi che delineano l’architettura di chi siamo, che ci limitano o ci potenziano, sono quello che alla fine influenza il modo in cui ci sentiamo e come ci comportiamo.
L’arte di credere in sé stessi è soprattutto un esercizio di volontà.
Tuttavia, vale la pena di ricordare una cosa semplice ed elementare: non siamo esseri prodotti in serie, siamo tutti diversi. Eccezionali e irripetibili.
Abbiamo impronte digitali uniche, una nostra propria personalità, caratteristiche diverse rispetto agli altri. Siamo nati per lasciare il segno in questo mondo, e per questo dobbiamo trovare i nostri scopi credendo in noi stessi, nel nostro potere.
Diretta: credere in se’ stessi
Ma non voglio spoilerare più hulla.
Vi lascio il link alla diretta che potete benissimo scaricare e riguardare quando volete.
Buongiorno amici. Oggi parliamo di comportamenti nocivi per i figli.
Essere genitore è molto complicato perché prima è stato difficile essere figli.
Ogni figlio di ieri è il genitore di oggi e porta con sé tutti i fardelli emotivi riconducibili a un’infanzia lontana.
Purtroppo, quando ci sono in ballo trascuratezze emotive, mancanze e torti subiti, il tempo si ferma.
Per quanto possa essere lontana la loro origine, quelle ferite non guarite risuonano ancora nel presente con inevitabili conseguenze sul legame genitore-figlio.
Bambino ferito
Un genitore che porta dentro di sé un bambino ferito, probabilmente, ferirà a sua volta (e involontariamente) suo figlio.
Molti genitori si ripromettono di non fare gli stessi errori dei genitori, in effetti mantengono questa promessa perché ne commettono di diversi: non è un copione esatto che si ripete, gli errori commessi non saranno gli stessi della generazione precedente.
Prima che qualche genitore possa cadere nei sensi di colpa, ecco subito una buona notizia: le ferite non sono un destino!
Ognuno di noi, una volta adulto, ha il sacrosanto dovere di guarire se stesso e costruirsi una vita appagante.
Comportamenti che causano sofferenza al figlio
Un bambino ha bisogno di sentirsi al sicuro, sentirsi amato e riconosciuto nella sua identità.
Qualsiasi comportamento genitoriale che possa violare questi bisogni, causa inevitabilmente sofferenza al figlio.
In questo testo vedremo quelli che sono i comportamenti nocivi più diffusi, spesso attuati senza la piena consapevolezza delle ripercussioni che si avranno. Un bambino in sviluppo è plasmabile dalla condotta genitoriale.
Identificazione eccessiva- comportamenti nocivi per i figli
Alcuni genitori irrisolti proiettano se stessi nel figlio. Vedono il figlio come un’opportunità di riscatto oppure come un sé in miniatura che deve seguire le proprie orme e così, si identificano eccessivamente in lui/lei.
A causa di questa identificazione, s’impedisce al figlio di riconoscersi pienamente nella sua identità.
Per un genitore, è naturale gioire per i successi di un figlio, è meno naturale, invece, sentire quei successi come propri.
La perdita di confini emotivi tra l’identità del genitore e quella del figlio, renderà difficile al figlio strutturare una propria identità indipendente. Il risultato?
Crescendo, potrà sentire il desiderio di allontanare il genitore perché lo percepisce come un intruso nella sua vita. Oppure, potrà identificarsi anch’egli nel genitore non sviluppando mai un’identità personale.
A volte si crea un effetto ancor più paradossale.
Se al figlio capita una qualsiasi sventura, il genitore può affermare frasi come «ci sto più male io che tu», commettendo un doppio errore: non solo non gli consente di identificarsi nella sua identità e nei suoi vissuti, ma invalida anche le sue emozioni!
Invalidazione emotiva-comportamenti nocivi per i figli
La cosa più difficile che deve fare un genitore è… contenere le emozioni del figlio quando queste si fanno troppo intense. Attenzione però! Il contenimento si opera con le rassicurazioni.
Un figlio piange perché è spaventato? Strilla perché vuole un giocattolo? È euforico perché ha visto il suo animale preferito?
Ecco, un genitore ha il dovere di contenere questi stati emotivi senza ammonire, semplicemente rassicurando il figlio sulla fonte di paura, elargendo attenzioni che si spingono oltre il giocattolo del momento, calmando il bambino e condividendo momenti di serena gioia.
Il genitore diventa il regolatore esterno delle emozioni del bambino.
È in questo modo che mamma e papà ci insegnano a esprimere emozioni e bisogni una volta adulti.
Molte persone, si aspettano che l’altro capisca da solo di cosa ha bisogno perché, in realtà, non hanno mai imparato a esprimere le proprie emozioni.
Innescano competizione
Alcuni genitori hanno sviluppato la competitività come modalità relazionale con il resto del mondo, figli compresi.
Questi genitori tendono a vivere ogni «no» del figlio come una sfida personale.
Ogni richiesta del bambino può trasformarsi in un braccio di ferro. Le cose non migliorano crescendo dove la competizione genitore-figlio può essere più tangibile.
La cosa buffa è che questi genitori “percepiscono” e sono convinti che sia il figlio a voler competere e a sfidarli, ma non è affatto così!
Non esistono lotte di potere. Il bambino, dal suo canto, vedrà il genitore come inaffidabile e non riuscirà a sentirsi al sicuro nel legame.
Incoerenza tra dire e fare
Un genitore che chiede al figlio di parlare con calma senza alzare la voce o perdere le staffe, dovrebbe egli in primis rispettare questi buoni precetti.
La coerenza nella relazione che si instaura tra genitore e figlio è tutto. I bambini, poiché sono piccoli, non hanno ancora imparato a gestire le emozioni e meno che mai, non riescono a mantenere la calma.
L’autocontrollo e l’autoregolazione sono conquiste importanti. Se gli mostri come reagire alle avversità in modo assertivo, come mantenere la calma e come manifestare le proprie emozioni in modo funzionale, il bambino sarà in grado di seguire il tuo esempio non le tue parole.
Tentare di compensare l’altro genitore- comportamenti nocivi per i figli
In famiglia non dovrebbero essere ruoli rigidi eppure, capita spesso che ci sia un genitore permissivo e un altro severo.
In questo modo il bambino può essere disorientato tra due estremi opposti, senza mai comprendere quale sia la misura giusta.
Molti genitori cercano di essere più morbidi o più severi, per compensare le modalità educative del compagno.
Così facendo, però, interferiscono con la relazione che il figlio sta stringendo con l’altro genitore.
Il bambino ha bisogno di imparare a negoziare scambi (comportamentali, affettivi, comunicativi) con entrambi i genitori senza interferenze esterne. Come co-genitore puoi mediare questi scambi ma non puoi compensare ponendoti all’estremo opposto dell’altro.
Non ascoltare
I genitori, spesso, presi dalla foga comunicativa, parlano e parlano quando invece dovrebbero rallentare e fermarsi ad ascoltare il figlio.
Quando tuo figlio viene da ta afflitto per un problema, non vuole consigli o lezioni, vuole solo essere ascoltato.
Approfitta della situazione per fare domande su come e cosa. Un bambino ascoltato, si sente validato nelle sue emozioni, si sente al sicuro nel legame genitoriale.
Umiliazioni
Fare una ramanzina al figlio perché è caduto dalla bicicletta, significa umiliarlo, significa fargli capire che non avete mai creduto in lui, soprattutto quando il rimprovero è accompagnato dal classico «te l’avevo detto!» che implicitamente significa te l’avevo detto che non ce l’avresti fatta, o te l’avevo detto che non sei buono a nulla.
Anche le burle possono essere molto dolorose. Per esempio, un genitore che prende in giro il bambino perché piange spesso o perché ha fatto la pipì a letto, può essere svilente.
Amore con la condizionale
Alcuni genitori affermano apertamente «se fai questo, non ti voglio bene più».
Altri genitori, trasmettono questo messaggio in modo implicito, facendo capire al bambino con mezzi manipolatori che lo accetteranno solo se… si rende accettabile! In pratica, questi bambini non avranno mai modo di conoscere l’accettazione e l’amore incondizionato.
Da adulti, finiranno per trovare legami dove vengono apprezzati e amati per ciò che riescono a fare e a dare al partner e non per ciò che sono.
Non esiste il genitore perfetto
Tutti commettiamo errori, non esiste il genitore perfetto ma esiste il genitore risolto, cioè colui che guardandosi dentro riesce a vedere una persona completa e appagata.
E, guardandosi fuori, riesce a vedere suo figlio, riconoscerlo e accettarlo nella sua individuale identità. Un buon genitore è desideroso di educare suo figlio ma non di imporsi su di lui, sostituendosi sistematicamente alla sua volontà.
Perché essere gentili fa bene agli altri e a voi stessi.
Buongiorno amici. Educate alla gentilezza. Ecco perché dobbiamo farlo tutti.
La gentilezza fa bene a tutti ed è contagiosa
Pensa alla gentilezza, quali immagini ti vengono in mente?
Io vedo il barista, che al mattino, quando ancora non sono cosciente di essere uscita dal letto, mi accoglie con un sorriso e mi offre un buongiorno che mi dà la spinta per affrontare la giornata; oppure penso all’informatico di un’azienda cliente, che quando lo contatti ti accoglie sempre con cortesia e disponibilità infinita.
L’empatia, infatti è un elemento chiave della gentilezza; può essere definita come quella capacità che ci permette di entrare in sintonia con le emozioni e i sentimenti dell’altro e, insieme all’assertività – che ci aiuta a essere in grado di esprimere le nostre idee e opinioni, senza aggressività – rappresenta una delle capacità fondamentali per creare relazioni positive.
Gesti di gentilezza
I gesti di gentilezza citati sopra, sono in apparenza piccole cose, delle quali gustiamo il valore, solo se ci prendiamo il tempo di “fermarci” a percepire
il piacere che la connessione con l’altro ci regala. Può capitare allora che quando arriviamo in una città per lavoro, scegliamo, ristoranti, bar, hotel proprio in virtù della gentilezza che le persone ci hanno dispensato.
Non sono solo piacevoli per chi li riceve facendoci sentire in qualche modo “speciali“, ma sono in grado di ispirarci ad altri gesti di gentilezza nei confronti degli altri. Dai colleghi di lavoro ai familiari, dagli amici agli sconosciuti che incrociamo ogni giorno sul nostro cammino. Questo ci fa stare bene ed è più semplice di quanto si possa pensare.
Praticare gesti di gentilezza rende felici, rilascia nel nostro corpo ormoni come la serotonina
Essere gentile fa bene a te e agli altri, lo dice la Scienza
Delle persone gentili sentiamo le vibrazioni: ce le trasmettono, la voce, la postura, lo sguardo accogliente, l’apertura verso di noi.
A dar conto di quanto la gentilezza impatti positivamente sul nostro benessere ci sono anche molte ricerche scientifiche e la cosa interessante, è che in primis, la gentilezza fa bene praticarla, oltre che riceverla.
I ricercatori dell’Università di Oxford hanno recentemente scoperto che possiamo aumentare i nostri livelli di felicità quando siamo gentili sia verso le persone con cui abbiamo legami stretti, sia verso gli estranei.
Tutto ciò si verifica grazie al rilascio di ormoni come serotonina, dopamina e ossitocina e alla riduzione dell’ormone che induce lo stress, il cortisolo.
Essere gentili quindi, migliora il nostro benessere, favorendo la salute fisica e mentale.
Benefici per la salute
Riduce lo stress
Offre una visione più positiva della vita
Abbassa la pressione sanguigna
Migliora la salute del cuore
Aumenta la fiducia in sé (e negli altri)
Come si pratica la gentilezza?
“Praticate gentilezza a casaccio e atti di bellezza privi di senso”: questa la frase ormai diventata cult che la giornalista americana Anne Herbert ha scritto su una tovaglietta di carta in una tavola calda di Sausalito, in California e apparsa nel 1982 su uno spazio pubblicitario a Oneglia (IM).
Una frase pacifista che da anni si sta diffondendo in tutto il mondo anche grazie all’uso dei social network. Una sorta di catena che punta a promuovere semplici atti di gentilezza e bellezza verso il prossimo, anche sconosciuto.
Possiamo praticare la gentilezza facendo passare avanti qualcuno in una fila al supermercato, prendendoci il lusso di non avere fretta e di aiutare chi invece ce l’ha.
Regalando qualcosa a uno sconosciuto, ci sono mille modi per farlo: a Napoli la pratica del caffè sospeso da omaggiare a un avventore sconosciuto del bar è un mirabile esempio del regalo a chi non conosciamo; possiamo donare il sangue, o semplicemente un sorriso alle persone che incrociamo per strada.
I complimenti
Regalare a chi non conosciamo rende più felici noi, oltre che gli altri. Anche fare complimenti è un atto di gentilezza efficace nel far stare bene noi e gli altri.
Quando notiamo delle cose che ci piacciono, diciamolo: i complimenti (autentici) non sono mai troppi. «Come hai gestito bene quel cliente», «Che bella giacca», oppure ringraziamo lo staff del ristorante per il servizio ricevuto. Nulla è scontato.
Aiutare gli altri, anche nelle piccole cose: tenere aperta una porta a chi deve entrare dopo di noi, aiutare una madre a spingere il passeggino in un momento di difficoltà. Dare una mano in queste occasioni ci fa sentire persone migliori. Aiutare, in effetti, ci fa essere persone migliori.
Ringraziare. Sempre a proposito di “cose che diamo per scontate”, spesso non ringraziamo adeguatamente le persone che apportano valore nella nostra vita.
Quindi, se siete genitori , non abbiate né la sufficienza, la finta superiorità di dire “io sono il genitore, è lui che deve ringraziarmi”.
Non siate nemmeno timorosi e timidi nell’essere gentili, voi ragazzi, solo perché vi hanno convinto che è roba da persone deboli perché, al contrario, sarà la vostra vera forza.
Ossia, genitori che filmano invece di vivere appieno i figli.
Buongiorno amici. Oggi parliamo di sharenting.
Sharenting, quando filmare i nostri figli ci impedisce di “viverli”
Postare certi attimi sui social ci sembra più importante che assaporarli senza interferenze: così succede che ci assicuriamo il ricordo di qualcosa che, paradossalmente, non abbiamo vissuto fino in fondo.
Questa tendenza che non riguarda solo le “prime volte”. Lo sharenting è infatti l’abitudine di pubblicare continuamente in Rete immagini e video dei propri figli sin dalla prima infanzia.
Meno sharenting di foto, più musica, chiacchiere e libri
«I genitori hanno un’occasione importante per favorire lo sviluppo dei loro figli nella quotidianità aiutandoli a sviluppare relazioni autentiche all’interno del nucleo familiare.
Lo possono fare mettendo in atto buone pratiche: come chiacchierare, leggere e ascoltare musica insieme. Un uso precoce o eccessivo degli strumenti digitali va nella direzione opposta».
Lo spiega Stefania Manetti, Presidente dell’Associazione Culturale Pediatri, che sottolinea a questo proposito l’importanza delle regole per il benessere digitale di tutta la famiglia: regole che vanno stabilite e condivise.
Dai 6 anni, regole e routine. Anche per l’uso di Tv e smartphone
«Nei bambini più grandi, dopo i 6 anni, regole e routine sono molto importanti. Quello del pasto è uno dei momenti in cui device e Tv dovrebbero essere spenti, lo stesso vale per l’orario in cui bisogna andare a dormire”, continua l’esperta pediatra.
Tra desiderio di autonomia dei figli e di controllo dei genitori
Dopo i 9 anni, il periodo in cui si abbandona il pensiero magico e la razionalità prende gradualmente il suo posto, si sviluppa la necessità di potersi confrontare maggiormente con gli amici.
«Durante la preadolescenza subentra il desiderio di una progressiva autonomia nell’utilizzo della tecnologia digitale», aggiunge Stefania Manetti.
«In questa fase, i genitori devono rispettare la privacy delle ragazze e dei ragazzi.
Cercando però di mantenere dei momenti di confronto con loro, fondamentali per condividere preoccupazioni e consigli riguardo al buon uso, attento, dei dispositivi».
L’importanza delle relazioni familiari per lo sviluppo dei figli
Gli stessi professionisti di Fondazione Carolina evidenziano come lo sviluppo armonico e il benessere psicofisico delle nuove generazioni sia strettamente legato alle relazioni affettive e al rapporto genitori-figli.
Comunicare che ci si vuole bene in maniera incondizionata, coltivare un senso di appartenenza e di fiducia passa anche attraverso lo “sguardo di ritorno”.
Da come tu mi guardi io sento quello che sono per te.Naturalmente senza il filtro della fotocamera di uno smartphone.
Sharenting, 5 avvertimenti della Sip sulla “sindrome del regista”
Per aiutare mamma e papà a non cadere nella sindrome da regista, la Società italiana di pediatria (SIP) ha fornito 5 importanti spunti di riflessione.
1. Condividere immagini, video e qualsiasi tipo di contenuto che abbia come protagonisti i bambini significa costruire un “dossier digitale” che li riguarda, senza il loro consenso e senza che ne siano a conoscenza.
2. La condivisione di materiali e informazioni dei propri figli deve prevedere cautela e, in molte occasioni, l’anonimato. Localizzazione, informazioni sensibili o immagini di contesti riconoscibili potrebbero esporre i bambini ad una serie di rischi.
3. Non condividere mai immagini dei propri figli in qualsiasi stato di nudità. Queste immagini dovrebbero rimanere sempre private per il rischio potenziale che siano impropriamente utilizzate da altri.
4. Attivare notifiche che avvertano i genitori quando il nome dei loro figli appare nei motori di ricerca.
5. Rispettare il consenso e il diritto alla privacy dei minorenni, a partire dalle policy delle piattaforme sui quali si condividono contenuti e nel rispetto dell’31 della Costituzione che “protegge la maternità, l’infanzia e la gioventù, favorendo gli istituti necessari a tale scopo”.
La stessa Convenzione Internazionale su diritti dell’infanzia e dell’adolescenza mette al centro della comunità gli interessi e la dignità del minorenne.
Buongiorno amici. Oggi vediamo perché è difficile comunicare con gli adolescenti..
“Mia figlia ultimamente vive murata nella sua stanza, non la vedo e non ci parlo praticamente più.
Durante le cene, riusciamo a malapena a scambiarci due parole ma mi sento davvero lontano da lei e dal suo mondo.
Se avessi una macchina del tempo, ritornerei indietro di qualche anno, quando tutto era più facile ed era lei che non vedeva l’ora di condividere e raccontarci tutto ciò che faceva”.
Difficoltà
La difficoltà che la maggior parte dei genitori sperimentano durante la crescita dei figli, è che tante volte cambiano nel giro di pochi mesi e non danno neanche il tempo di adattarsi a questo cambiamento.
Diventano grandi senza preavviso, si trasformano in ragazzi scontrosi e irritabili, che non vogliono più raccontare nulla e si chiudono nella propria camera, un luogo offlimits, da cui gli adulti devono stare alla larga.
Le aspettative del genitore non corrispondo più a quelle del figlio, il figlio ideale non corrisponde più a quello reale: i due mondi iniziano ad andare in contrasto perché le esigenze dell’uno sono molto diverse da quelle dell’altro.
Il silenzio degli adolescenti: una forma di comunicazione, non un attacco al genitore
“Credo che mio figlio abbia un’unica missione nella sua vita: rendermi la vita impossibile.
Quei silenzi, quegli sguardi, quelle risposte secche e aggressive mi vanno ad attivare un pulsante.
A livello razionale so che è adolescente, che è una fase delicata di cambiamento ma, allo stesso tempo, quando me lo ritrovo di fronte non riesco a controllare le mie reazioni”.
Il fatto che siano più silenziosi o rispondano a monosillabi non vuol dire necessariamente che stanno sempre nascondendo qualcosa o che non stanno ascoltando.
Bisogna evitare di alzare subito un muro e riuscire a trovare la chiave, anche se non siamo sempre d’accordo, per avere delle conversazioni costruttive con loro senza cadere nel conflitto.
Ansia genitoriale
Il genitore spesso va in ansia, in apprensione o reagisce male e questo non fa altro che innalzare il muro dell’incomprensione.
Bisogna compiere uno sforzo e vedere le cose anche dal loro punto di vista, per trovare un punto di incontro.
E’ importante non scoraggiarsi se non vogliono parlare oppure se tendono a chiudere la conversazione dopo poco.
Se si continua a mostrare interesse nei loro confronti e non si vive il loro atteggiamento come un attacco al genitore, al momento giusto si apriranno, sapendo che mamma e papà sono un punto di riferimento per loro.
Quando i figli non rispondono: e se avessero solo bisogno di tempo?
I tempi dell’adulto, molto spesso, non sono i tempi dei figli.
Anche quando non raccontano subito qualcosa, a volte stanno solo dicendo che hanno bisogno di tempo per riflettere, capire meglio, scegliere ciò che è importante condividere.
Magari nel momento in cui il genitore rivolge loro delle domande hanno solo voglia di giocare, rilassarsi o fare altro.
Ai genitori spetta il compito di garantire ascolto e dialogo, anche quando ci si sente colti alla sprovvista o le confidenze arrivano in un momento che, secondo la mente dell’adulto, doveva essere destinato ad altro.
“Un fattore che rende difficile la comunicazione sono gli atteggiamenti intransigenti. Soltanto se usiamo lo stesso tono che desideriamo che gli altri usino con noi consentiamo il dialogo.
[…]L’empatia consente di calarsi nei panni dell’altro. In alcuni momenti bisogna saper spingersi al di là delle parole per comprendere lo stato d’animo e le reali esigenze del nostro interlocutore.
L’autocontrollo richiede perseveranza. Invece di scattare alla minima contrarietà, attaccando e minacciando e, così facendo, provocare chiusure e irrigidimenti, meglio riflettere e usare toni pacati”.
Vediamolo insieme capiamo come affrontarle entrambe.
Buongiorno amici. Oggi parliamo di ansia e stress: quale la differenza?
“Mamma che ansia che ho”…”sono stressata ecco perché non riesco a dormire”..
quante volte avete sentito dire queste frasi ai vostri ragazzi e quante ancora le abbiamo dette noi?
Ansia e stress: quale la differenza?
Le differenze tra ansia e stress sono sfumate in un mondo in cui i disturbi legati a queste emozioni occupano una percentuale significativa della prevalenza globale.
Cosa sono l’ansia e lo stress?
Lo stress è una risposta a una richiesta urgente da parte dell’ambiente, come un pericolo immediato. Ha lo scopo di accelerare la risposta per risolvere la situazione il prima possibile.
L’ansia, d’altra parte, è un’emozione anticipatoria. Ciò significa che si attiva quando la persona prevede una situazione pericolosa in futuro. La risposta fisiologica, dipendente dal sistema nervoso simpatico, ha lo scopo di prevenire questa situazione, non di risolverla.
Entrambe le emozioni hanno una serie di manifestazioni fisiche simili, che le rendono facilmente riconoscibili; Questi sono i seguenti:
Tremori
Sudorazione
Piloerezione
broncodilatazione
Dilatazione della pupilla
Interruzione della digestione
Aumento della frequenza cardiaca e respiratoria
Pertanto, è conveniente conoscere le differenze tra ansia e stress a livello cognitivo, poiché qui sta la chiave per caratterizzarli e, ovviamente, trattarli. Vediamoli nel dettaglio.
Differenze tra ansia e stress
Poiché entrambe le risposte emotive sono eccitatorie e si riferiscono al pericolo (reale o previsto), è facile confonderle o addirittura sperimentarle allo stesso tempo. Quindi presta attenzione a queste differenze specifiche. Origine
Mentre lo stress deriva da un evento chiaro e presente, come un’emergenza, nell’ansia non è così evidente. Avendo una proiezione nel futuro, l’eccitazione nervosa non ha un inizio chiaro e nemmeno una fine.
Fattori scatenanti
Nel caso dello stress, il fattore che lo scatena viene dall’ambiente. Cioè, l’individuo affronta una situazione che richiede una risposta immediata. D’altra parte, i fattori che scatenano uno stato di ansia sono interni, generati dalla paura che la persona prova per quella possibile situazione che sta anticipando.
Durata della risposta fisiologica
Nell’ansia, la durata degli effetti è complessa, poiché l’eccitazione risponde a fattori cognitivi e può durare, anche se la situazione problematica non si verifica mai. Tuttavia, lo stress termina quando scompare lo stimolo che lo innesca.
Intensità della risposta
L’intensità dello stress e dell’ansia varia a seconda dei fattori scatenanti. Ma, nel primo caso, corrisponde alla gravità percepita dell’evento stressante. Quando si tratta di ansia, il grado è più soggettivo e dipende dai pensieri dell’individuo.
Gravità
Un’altra differenza tra ansia e stress è la gravità dei disturbi mentali che provocano. Il primo ha una portata più ampia, poiché è legato, tra gli altri, alle fobie o ai disturbi di panico.
La gravità dello stress, sia nella sua forma acuta che cronica, è inferiore a quella dell’ansia. Ora, quando si parla di disturbi organici, come i problemi cardiovascolari, bisogna tenere conto anche della loro gravità.
Trattamento
Queste emozioni adattive vengono trattate in modi diversi durante la consultazione. Quando lo stress diventa cronico, il trattamento si concentra sullo sviluppo di strategie di coping, come l’allenamento nella meditazione o nelle tecniche di respirazione.
Quando si tratta di ansia, può essere necessario un trattamento combinato con farmaci psicotropi. Come indicato in questo studio condiviso dalla rivista elettronica eNeurología, gli sforzi terapeutici saranno mirati a superare le convinzioni disadattive e a disattivare i comportamenti di evitamento.
Che voi siate genitori o ragazzi non sottovalutate mai i sintomi.
Soprattutto voi, genitori. Molte volte prendete questi segnali quasi come un “capriccio!” per evitare impegni o saltare al scuola, ad esempio.
Ma non sempre è così. Imparate ad osservare, ad ascoltare e se avete bisogno del mio aiuto contattatemi
Buongiorno amici. Oggi parliamo di social e adolescenti, tematica quotidiana ormai e scopriamone il perché.
Che rapporto hanno i ragazzi con le piattaforme social? Molto intenso, ma solo in apparenza.
Perché l’utilizzo che ne fanno è molto passivo e molto poco attivo. Quanto basta, però, per essere fuorviati, spinti verso comportamenti sbagliati e, nei casi più gravi, con riflessi negativi sulla psiche.
Come segnala un’indagine promossa dall’Associazione Nazionale Di.Te. (Dipendenze tecnologiche, GAP, cyberbullismo) in collaborazione con Skuola.net, il portale di informazione rivolto agli studenti -, il 44% campione è iscritto a tre social network (Instagram, TikTok e YouTube i più gettonati) e li utilizzano per due o tre ore al giorno, entrandoci quotidianamente.
I principali motivi di utilizzo– social e adolescenti
Ma qual è la ragione che spinge i giovani a utilizzare così tanto i social? Il 73% lo fa per guardare contenuti altrui che, purtroppo, solo nel 40% dei casi vengono “discussi” con i propri genitori.
Appena il 6%, invece, pubblica ogni giorno dei contenuti. Inoltre, inizia a diffondersi la tendenza ad abbandonare le piattaforme, partita timidamente da qualche anno e ormai in crescita costante: il 6% degli over 13 – quindi teoricamente autorizzati a iscriversi a molte delle piattaforme – ha detto di essersi cancellato.
Il motivo più diffuso? Ci passava troppo tempo, meglio staccare la spina.
Mentre per il digital detox dei più piccoli – che magari si iscrivono aggirando le regole sui limiti d’età – un ruolo fondamentale sembrano averlo i genitori, visto che il 50% di quanti avevano un profilo è stato poi costretto a disiscriversi dietro espresso divieto di un famigliare.
E circa due terzi degli intervistati (65%), per farsi vedere il meno possibile, si sono dotati di un profilo fake, falso.
Limiti- social e adolescenti
“Che gli adolescenti facciano fatica a limitare il tempo trascorso sui social media potrebbe essere indice di una potenziale dipendenza tecnologica.
Questo aspetto, spesso sottovalutato, richiede una maggiore attenzione e comprensione da parte di tutti, per prevenire conseguenze a lungo termine sulla salute mentale.
Più che vietarne l’uso, però, dovremmo indirizzare i nostri ragazzi verso una maggiore consapevolezza, attraverso l’educazione digitale.
Che, visto il trend, dovrebbe diventare motivo di insegnamento già nell’età dell’infanzia nelle scuole”, osserva Giuseppe Lavenia, psicologo, psicoterapeuta e presidente dell’Associazione Nazionale Di.Te..
Questo permetterebbe anche di valutare meglio le fonti da cui si attingono le notizie, dato che per il 27% degli adolescenti, i social sono anche il mezzo per tenersi informati sull’attualità.
Gli influencer sempre più modello di riferimento
Un altro campanello d’allarme è quello che vede il 75% dei giovani utenti delle piattaforme confrontare il proprio corpo con quello degli influencer .
Tra questi, ben il 46% ha ammesso che il confronto ha influito sull’immagine di sé ed è stato motivo di una variazione nel proprio comportamento alimentare.
Relativamente all’immagine corporea, il 65% degli intervistati dice anche di aver mai parlato con nessuno di come percepisce il proprio corpo e del perché ha adottato variazioni nello stile alimentare.
Il 31%, infine, ha provato diete o allenamenti proposti dagli influencer.
“Questi dati devono farci riflettere: se i modelli dei giovani sono gli influencer, vuol dire che non ci sono più tanti modelli così forti nella vita offline.
Modelli e tendenze
Inoltre, questa tendenza non solo distorce la percezione della realtà, ma alimenta anche una costante insoddisfazione e una potenziale insicurezza nell’immagine di sé.
“C’è un impatto emotivo negativo dei social media, come indicato dal 40% degli adolescenti che sperimentano sentimenti di depressione, ansia, gelosia e invidia, rivela una vulnerabilità psicologica”.
Domanda: “Credi che l’uso dei social possa contribuire al benessere mentale, oppure pensi che possa solo danneggiarlo?”,
L’81% degli intervistati tra i 9 e 14 anni pensa che dipenda dall’uso che se ne fa ma il 20% dice senza esitazione che è motivo di compromissione del benessere mentale delle persone.
Forse anche per questo, circa il 40% di loro evita di uscire di casa, perché dopo aver visto i modelli sui social si sente a disagio con il proprio corpo, il che influisce negativamente sull’autostima.
L’ambiente digitale
“L’ambiente digitale, seppur virtuale, ha effetti reali e profondi sul benessere psicologico dei giovani.
È nostro compito degli adulti e della società in generale, aiutare i ragazzi a navigare in questi spazi digitali in modo più sicuro ed efficace, promuovendo allo stesso tempo un’autostima solida e resiliente”, questo l’invito di Lavenia.
Alla luce dei dati, perciò, il legame tra adolescenti e giovani adulti con la dimensione digitale secondo Daniele Grassucci, direttore di Skuola.net, è semmai “complesso”.
A suo parere, infatti, “ci sono i bulimici, coloro – la maggioranza ‘qualificata’ – che sono attivi su queste piattaforme e tendenzialmente sembrano essere ossessionati dall’ubiquità digitale: fra loro oltre 2 su 3 confessano di essere iscritti a tre o più social media.
Ma ci sono anche gli anoressici, quelli che per motivi di età o di scelta personale, ne fanno a meno”. Per andare verso una condizione di equilibrio, per Grassucci, basterebbe comprendere che i social non sono per tutti.
Gli adulti ma anche i ragazzi stessi hanno iniziato a capirlo: “sebbene i social sembrino adatti a tutte le età, cresce sempre di più nelle famiglie la consapevolezza che non è così, spingendo a porre un divieto d’uso ai figli.
E poi c’è anche chi sceglie in autonomia, tra giovani e adolescenti, di non stare sui social o di disiscriversi.
Uno dei motivi principali per cui questo avviene è perché ci si rende conto proprio del tempo speso online senza riuscire a porre un freno.
Ma non è il solo: tanti percepiscono anche la tossicità dei modelli di corpo e di successo che vengono promossi dai creator e dagli algoritmi.
Probabilmente la giusta via è nel mezzo: usare questi straordinari mezzi di informazione e socializzazione nella maniera giusta, rendendo gli utenti consapevoli di tutti i rischi e imponendo ai gestori delle piattaforme delle politiche per minimizzarli”.
E vi ricordo che se avete bisogno del mio aiuto potete contattarmi
E nessuno è all’altezza..riflettiamo sul pensiero di De luigi.
Buongiorno amici. Oggi riflettiamo sul fatto che nessuno è nato genitore.
Beh, come dargli torto. In effetti possiamo tradurre e sintetizzare questo pensiero dicendo che nessuno è perfetto e nessuno è nato genitore.
Genitori
Molte persone, alla prima gravidanza, temono un pochino, tra la gioia, di come sarà…si chiedono se saranno in grado di essere genitori, quali difficoltà dovranno affrontare e chiedono pareri a persone varie ed eventuali, oltre che alla famiglia e alla madre( soprattutto la futura mamma).
Ma nessuno pensa al fatto che nessuno sarà mai pronto perché nessuno è nato genitore.
Errori-nessuno è nato genitore
tutti, e dico tutti, facciamo nella nostra vita degli errori.
Da che siamo piccini e da adulti perché; come ribadisco sempre, nessuno è perfetto. E non è nemmeno giusto che, un genitore, passi al figlio il messaggio che i genitori non sbagliano mai, che sono dei super eroi perché non è così.
Il messaggio che dovrebbero dare è che anche i genitori sono essere umani e, in quanto tali, sbagliano. L’importante è fare tesoro dei proprio errori e non commetterli più. Ma sbagliare è importante per capire come migliorare e come non commetterli più.
Ecco il primo insegnamento che dovrebbero dare i genitori è sbagliate, cadete rialzatevi e riflettete su come fare per non commettere più quell’errore e per capire il perché è accaduto.
Anche gli adulti sbagliano-nessuno è nato genitore
Come dicevamo, tutti sbagliamo, nessuno è esente da errori e cadute.
A volte i ragazzi pensano che un dato comportamento sia sempre e solo frutto di severità.
A volte sì, bisogna sempre contestualizzare il tutto e ogni storia è a sé( delle famiglie disfunzionali abbiamo già parlato ma, se volete, possiamo riprendere il discorso anche con una diretta).
Ma voi genitori non partite prevenuti quando vi trovate di fronte ai vostri adolescenti. Se voi siete e dovete sempre essere il loro punto di riferimento, il loro esempio, oi, d’altro canto, dovete crescere con loro.
Crescere insieme
Non spaventatevi perché crescere insieme ai vostri ragazzi è una bellissima avventura. Fatta di alti e bassi, ovvio, ma come in tutte le famiglie.
Incoraggiatevi a vicenda, siate il loro appoggio, la loro spalla.
Siate la loro guida e l’esempio da seguire, coi vostri piccoli ingenui errori e le vostre palesi emozioni. No, non le nascondete perché loro hanno bisogno di questo.
Hanno bisogno di voi anche in quei momenti in cui vi manderanno a quel paese. Hanno e avranno sempre bisogno della vostra presenza, essenziale.
Non chiedete troppo agli altri perché ognuno ha le proprie peculiarità. I vostri figli sono vostri, unici nelle loro particolarità, in quelle che, per voi ,sono stranezze ma che li identificano e li rendono speciali.
Non fate paragoni con nulla e nessuno perché non rispetterete la loro sensibilità e l loro persona.
Siate autorevoli ma maie poi mai autoritari. E mostratevi per quello che siete , con le vostre debolezze perché tutti ne abbiamo.
Aiutateli a trovare la loro strada senza pretendere seguano la vostra se non è un loro obiettivo.
Non giudicateli perché diversi dalle vostre aspettative, non abbiatene ma rispettateli per quelli che sono.
Buongiorno amici. Oggi riflettiamo sull’era digitale e sul fatto che non ci godiamo più gli attimi.
Congeliamo le sensazioni e ci perdiamo il sapore della vita.
Bellissima chiusura di pensiero quella fatta da Galimberti analizzando il modo che abbiamo di vivere gli attimi nel mondo digitale.
Ricordi
Croce e delizia di ogni generazione, non solo di quella più giovane, sempre accusata e bistrattata.
Chi non è proprio un ragazzetto, chi è un mio coetaneo o addirittura i nostri genitori, nonni si ricorderanno le emozioni belle nell’aspettare una telefonata, nel ricevere una lettera scritta a mano. Ci batteva il cuore e vivevamo quell’ansietta ogni volta che squillava il telefono a casa.
E le cabine telefoniche con le tessere che poi collezionavamo?
Ecco…questi sono momenti che i ragazzi nati negli anni 2000 non possono capire m noi, che siamo adulti, potremmo comunicare.
Era digitale
Siamo nell’era digitale, nel progresso, nel futuro.
Un’era in cui tutto, o quasi, viene automatizzato, agevolato, proiettato verso un mondo più moderno in cui la tecnologia può davvero fare molto per migliorare il nostro modo di vivere, per curare molte malattie di cui prima non c’era una cura.
Ma, nel quotidiano, la cosa più bella in assoluto è la comunicazione, in tempo reale, con persone a noi care ma lontane fisicamente. Anche dall’atra parte del mondo.
E allora quante volte abbiamo ringraziato i cellulari in tempo covid? Persone lontane dalle loro famiglie, costrette, gioco forza, a stare a casa da soli..se non ci fosse stata la possibilità di vederci anche così sarebbe stata davvero molto più dura.
Problemi
I problemi nascono , però, quando tutto questo viene portato al limite e diventa una vera e propria ossessione.
E, badate bene, non è colpa dei ragazzi, ma dei genitori che mal sono stati educati alla tecnologia e, ovviamente, non riescono ad educarne i figli, proteggendoli anche, così, da molti pericoli.
Spesso ho visto e vedo genitori che usano il cellulare , il tablet il pc come baby sitter per i figli quando fanno i capricci…”così almeno sta tranquillo mentre lavoro”. E allora perché; una volta che sono cresciuti, questo potente mezzo viene demonizzato? “sta sempre al telefono a messaggiare con i suoi amici”.
E allora perché non si da’ loro una bella alternativa, stimolante, in modo da far vivere loro la realtà, il mondo, la vita?
In realtà inconsciamente sappiamo di non poterlo fare dal momento che siamo noi adulti i primi ad abusarne.
Fotografiamo tutto: noi allo specchio, noi in lingerie, noi e quello che mangiamo(anche quando siamo fuori a cena)…fotografiamo nascite, malattie di bambini, tramonti, vacanze(Invece di viverle appieno)…relazioni.
Normalità
Ok, a volte lo faccio anch’io…le foto di un momento per tenerlo come ricordo sono bellissime. Ma ci sono momenti intimi, tanto intimi che ci perdiamo.
E allora dedicatevi di più l’0uno all’altro. Rieduchiamoci allo stare insieme, al dialogo mentre si mangia a tavole, alle risate e alle uscite con gli amici.
Al guardare il cielo col naso all’insù non solo per farci una foto ma per respirare…
E vi ricordo che e avete bisogno di me potete contattarmi