Il gesto più bello da fare nei confronti dei nostri figli
Buongiorno amici. Oggi riflettiamo sull’importanza di dedicarsi.
Non penso ci sano troppe parole da aggiungere al gesto bellissimo che, questo papà, ha fatto nei confronti del suo bambino.
Genitori
Quante volte vi è capitato di vedere i vostri ragazzi avvicinarsi a voi per chiedere X cosa, raccontare una X questione qualunque e voi avete risposto “non ora, sto lavorando” o “mamma/papà è impegnata/o” ?
A me è successo non poche volte, parlando con i ragazzi con cui ho lavorato, che mi fosse detto “vedi Terry, in casa non sono ascoltato davvero, non sono capito e molte volte evito di raccontare quello che mi succede tanto non viene recepito.”
Ed è qui l’errore. In questo modo , i vostri ragazzi recepiscono l’indifferenza nei loro confronti; recepiscono il messaggio che non sono importanti, che le loro parole non vengono considerate abbastanza quando, in realtà, non volete far passare questo messaggio.
Ma, purtroppo, ai loro occhi è così.
Il tempo
Tutti lavoriamo, tutti torniamo a casa stanchi e, spesso, stressati. Ma quando siete a casa, che siano bambini o adolescenti, quello che dovete fare è passare del tempo con oro: giocando chiedendo com’è andata la loro giornata e come si sentono, ascoltandoli, guardando un film insieme.
Insomma, tutti quei gesti che dimostrano loro che voi ci siete, nonostante i mille impegni, le mille corse quotidiane, il vostro lavoro.
Empatia
Imparate ad empatizzare coi vostri figli e a far sentir loro la vostra presenza.
Non sempre bisogna fare tanti discorsoni e tanti paroloni. Basta esserci, basta un abbraccio, due coccole davanti alla tv…qualsiasi cosa che, per loro(non per voi) sia un gesto di affetto e comprensione.
Il gesto di questo papà è bellissimo e le prole del cartello che, davvero ha affisso fuori al negozio dovrebbe far riflettere tutti.
Sì, ok, non tutti possono chiuder tutto, lasciare un ufficio. Ma anche semplicemente se siete degli impiegati, chiedete quella giornata per dedicare attenzione al vostro bambino. Non c’è nulla di più bello per loro e , credetemi, anche per voi.
E vi ricordo che se avete bisogno del mio aiuto potete contattarmi qui
Buongiorno amici. Oggi diretta: iniziare a volersi bene. Come cambia la tua vita quando cominci a farlo? Analizziamo e riflettiamo insieme su tutto questo.
Fin da piccoli ci insegnano a prenderci cura del nostro aspetto fisico: lavarti i denti, fai la doccia, non sporcare gli abiti…
E per quanto riguarda la sfera emotiva? Purtroppo da questo punto di vista, la nostra generazione è stata fortemente penalizzata.
Nessuno di noi ha ricevuto un’educazione emotiva e tutto è stato lasciato al caso, o meglio, alla sensibilità del genitore che ci ha accudito elargendoci le più disparate cure.
E’ il tuo inconscio a decidere se sei capace o meno di fare una cosa
In base alle informazioni che il tuo bambino interiore ha filtrato con il passare degli anni, oggi, tu riesci a percepirti come una vincente o una perdente.
E’ il tuo inconscio a decidere se sei capace o meno di fare una cosa, è sempre lui che ti impedirà di fare un passo importante per la tua crescita, è determinante nella scelta della carriera così come nella sfera sentimentale.
Tutto questo perché è a livello inconscio che risiede la più ancestrale raffigurazione mentale che hai di te stessa.
Ti sei mai chiesto quanto la tua autostima abbia inciso sulla tua vita?
Hai già raggiunto qualche tuo obiettivo importante o almeno uno dei sogni che avevi immaginato di realizzare?
Se non è successo, può darsi che hai avuto una grossa carenza emotiva e non sei riuscita a riconoscere in te stessa il valore che hai. Come da piccola le tue emozioni sono state invalidate, oggi da adulta, continui a invalidarti senza darti la giusta dimensione.
Ma qual è questa giusta dimensione e soprattutto, come fare per trovarla?
Si parte dalla consapevolezza e l’accettazione, due sentieri che all’apparenza sono facili da percorrere ma che possono celare un cammino molto doloroso.
L’amara consapevolezza è che a tanti di noi manca l’amor proprio, quella spinta emotiva che ci porta a valorizzarci, apprezzarci e accettarci.
Ma cosa cambierà quando inizi a volerti bene?
Non vi spoilero più nulla.
Guardate e scaricate, se volete, la diretta registrata ieri e , se avete bisogno del mio aiuto, contattatemi.
Buongiorno amici . Oggi parliamo della notizia Inghilterra: divieto social per minorenni.
La notizia
Vietare l’utilizzo di tutti i social network – e dunque Instagram, TikTok, Facebook, SnapChat, X e l’ultimo arrivato Threads – a chi ha meno di 16 anni. L’idea che starebbe alla base dell’ultima mossa del governo britannico per proteggere i più giovani dalle insidie che possono incontrare online sarebbe questa.
Una semplice risposta – anche l’Ue impone un limite di età per accedere a queste piattaforme proprio a 16 anni – ma di complicatissima risoluzione.
Al momento ci sono pochissimi dettagli su come intende procedere il governo di Rishi Sunak. Si sa, da un’indiscrezione di Bloomberg, che una consultazione sul tema verrà avviata nel 2024, per capire innanzitutto quali siano i rischi effettivi a cui i bambini vengono esposti sui social.
Nessuna dichiarazione dal primo ministro, ma il Guardian riporta un commento di un portavoce: «Dal nostro punto di vista, stiamo studiando modi per responsabilizzare i genitori piuttosto che per dare un giro di vite a qualcosa in particolare.
Abbiamo individuato una lacuna nella ricerca, quindi valuteremo quali ulteriori studi devono essere condotti, ma nulla è ancora stato approvato dai ministri».
Si tratterebbe dunque di un’estensione delle regole dell’Online Safety Act, una legge già in vigore che chiede alle piattaforme social di proteggere i minori da contenuti pericolosi. Chi non si adegua rischia sanzioni fino al 10 per cento dei ricavi globali.
Sensibilizzare
Si parla, o perlomeno il portavoce così ha dichiarato, più che altro di sensibilizzazione dei genitori e di strumenti che possano essere utili agli adulti per monitorare ciò che i loro figli vedono sui social. Difficile pensare che si possa implementare un vero e proprio blocco.
Al momento sono tanti i Paesi dove già esistono limiti per l’utilizzo dei social – in Italia è posto a 14 anni – ma oltre a richiedere una autodichiarazione dell’età dell’utente al momento dell’iscrizione, poco altro è stato fatto o è possibile fare. In ogni caso la Molly Rose Foundation, l’associazione creata dalla famiglia di Molly Russel, che a 14 anni si è suicidata anche a causa dei contenuti «scioccanti» che vedeva su Instagram e che avrebbero peggiorato la salute mentale, non è pienamente soddisfatta di ciò che si è detto del piano del governo britannico.
«È chiaro che sono necessarie ulteriori misure per proteggere i bambini dai rischi online – ha dichiarato Andy Burrows, consulente della fondazione – Ma l’accento dovrebbe essere posto sul rafforzamento dell’autorità di regolamentazione per garantire che le piattaforme non siano più inondate da una serie di pericoli evitabili».
Nessuna novità
Non è un’idea nuova quella di trovare un modo per vietare i social ai più piccoli. Anche negli Stati Uniti ci si sta pensando.
La proposta era emersa lo scorso maggio e pone il limite di utilizzo addirittura ai 13 anni. In Francia invece, la discussione è stata avviata a marzo: qui il divieto riguarderebbe i minori di 15 anni. E la proposta piace anche all’Italia.
Rimane il problema del come: per assicurarsi che l’utente che entra sul sito sia davvero maggiorenne, serve dare alla piattaforma dei dati personali e dei documenti ufficiali, come la propria carta d’identità digitale o attraverso l’uso dello Spid.
Il rischio per la privacy è dunque importante, anche perché per questi siti sarebbe necessario affidarsi ad aziende terze che dialogano con il sistema digitale dello stato oppure che raccolgano informazioni in altri modi.
In altri contesti, ad esempio per combattere la fruizione della pornografia dei minori, sono state messe in atto alcune soluzioni, ma è difficile che si possano replicare anche nell’ecosistema dei social.
Nel nostro Paese, però, si è pensato intanto a un’altra soluzione più ampia: un parental control sulle Sim intestate a bambini e ragazze .
Il mio pensiero
Non vietare ma limitare la ed è giusto. Anni fa, lavoravo cpn una Ragazzina di 11anni.bimba. E mi diceva sempre “ms perché mamma e papà non mi lasciano usare internet sul telefono?”… Perché ti vogliono bene.
Oggi se non hai un telefono di uj certo tipo, se non fai questo o quello sei guardato make e, a quell’età quando il gruppo di amico è importante, pesa tantissimo.
Ma per i più piccini devono esserci regole per far sì che non incappino in persone e situazioni pericolose da cui non riescono, ovviamente, ad uscire.
Dovrebbe esserci, secondo me, un’educazione all’uso di internet in primis ai genitori, poi ai ragazzi. Che ne dite?
Buongiorno amici. Oggi riflettiamo sul pensiero di Luna: gli adulti che odiano i giovani.
Adulti vs ragazzi
E’ sempre così…ogni volta che si parla di adolescenti, giovani uomini e donne c’è sempre un pensiero unico: gli adulti ce l’hanno con loro per una serie di motivi.
E i motivi, può passare il tempo, ma sono sempre gli stessi: sono fannulloni, usano troppo lo smartphone, non hanno obiettivi, non vogliono studiare.
Ma è davvero così?
I ragazzi oggi
E’ indubbio che i ragazzi oggi abbiano un modo di affrontare le cose e di vivere completamente diverso da quello dei loro genitori. I tempi cambiano e il tempo passa velocemente come passano le abitudini e le mode.
Ma una coda non deve mancare mai: la voglia di crescere con loro, di aiutarli a comprendere cosa è giusto e cosa no.
Genitori e tecnologia
Potremmo parlare ore sugli errori che i genitori fanno e non perché ce l’ho con loro. Semplicemente perché, sull’argomento tecnologia, devono essere in primis educati loro in modo da poter guidare i ragazzi al corretto utilizzo dei mezzi informatici e dei social media.
Questi ultimi, appunto, croce e delizia. E la colpa non è del mezzo in se’, ma dal fatto che se ne fa un uso scorretto. Dal fatto che i ragazzi devono esser educati ai pericoli che la rete può avere e devono, soprattutto, essere educati al fatto che ok, va bene utilizzarli ma la vita va vissuta fuori.
E spesse volte la colpa è dei genitori che, fin da piccoli, utilizzano il cellulare un po’ come baby sitter : sbagliatissimo. E arrivano, poi, all’adolescenza che vengono rimproverati perché li usano troppo quando noi adulti siamo i primi a farlo.
Obiettivi, ambizioni
Non è vero che i ragazzi non hanno obiettivi e ambizioni. Succede spesso, però, che siano diversi da quello che i genitori avevano in mente. E allora cosa succede?
succede che i ragazzi frequentano una scuola per dar soddisfazione ai genitori, quel corso x per lo stesso motivo con la conseguenza che falliranno sempre.
E non certo perché non ne hanno le capacità, ma perché hanno talenti diversi da quelli che, magari, ci immaginavamo. E’ questo l’errore che noi adulti facciamo: immaginiamo una vita per i ragazzi come la vogliamo noi, non come la vogliono loro.
Il ruolo dei genitori
Sono tanti i compiti che genitori devono avere per crescere in modo sano con i loro figli.
Ma uno dei principali, se non Il principale, è aiutare i ragazzi a scoprire loro stessi, aiutandoli ad aumentare la loro autostima, a sbagliare, a impegnarsi per raggiungere i loro obiettivi e non i nostri.
Cercate di non essere pregiudicanti e giudicanti. Cercate di dedicare loro il tempo di cui hanno bisogno, di capirli e crescere con loro.
cercate di dare loro delle regole che concordate insieme, con le conseguenze se queste regole vengono infrante .
Emozioniamoci. Spunti di riflessione sulle proprie emozioni.
Buongiorno amici. Oggi riflettiamo sulla consapevolezza emotiva.
Emozioni
Non siamo abituati nella nostra vita a fare spazio alle emozioni, a ritagliarci momenti per ascoltarci, a cercare un posto in cui sentire in modo libero e sicuro ciò che proviamo.
Piuttosto ci sentiamo dire di mantenere la calma, di restare lucidi, di andare avanti, di sorridere comunque. Come se ciò che proviamo non contasse, non avesse valore, potesse essere imbottigliato e nascosto in una sorta di ripostiglio mentale.
Quasi un impiccio, un fastidio. Eppure ciò che sentiamo è prezioso, è una sorta di riferimento per non perdersi e per interpretare ciò che ci circonda, per capire se siamo in pericolo ad esempio oppure se ci troviamo in una dimensione che nutre e rinforza.
Le emozioni possono essere difficili, imbarazzanti, destabilizzanti. Sollevano e schiacciano ma sono praticamente la nostra vita, il significato che diamo alle situazioni.
Sono messaggi per interpretare ciò che succede e per reagirvi. Tenere conto di cosa sentiamo ci fa capire quale può essere il modo migliore di comportarci.
Consapevolezza emotiva
Le emozioni sono una forma speciale e preziosa di consapevolezza, di esperienza, un modo affettivo di vedere e sentire le situazioni.
Sono risposte emotive alle nostre esperienze, un linguaggio interiore che cerca di darci informazioni preziose. Sono un modo evolutivo e adattivo di elaborare il mondo che ci circonda.
Certo, siamo nel tempo degli algoritmi e delle tecnologie digitali che promettono di semplificare la complessità del comportamento umano. La necessità di affidarci alle emozioni può sembrare superata.
Eppure, proprio adesso, nel momento in cui si sente parlare di empatia progettata, di intelligenza emotiva artificiale, di tecnologia sintetica in grado cioè di replicare le emozioni umane nelle macchine, è opportuno rivalutare e potenziare la nostra intelligenza emotiva.
Le cose che contano alla fine sono quelle che ci emozioniamo, che portano uno strano movimento dentro, uno struggimento, una spinta, un dolore, un’apertura… che ci fanno sentire vivi.
Cosa significa quindi diventare consapevoli ed elaborare le emozioni? Significa rimanere connessi con noi stessi, aprire il nostro cuore, fare chiarezza, valutare i nostri bisogni, renderci autentici, convalidare cosa siamo e cosa proviamo, avere il coraggio e la curiosità di scoprirci. Integrarsi. Gestire le reazioni, impegnarsi in processi decisionali più utili e convenienti.
Il linguaggio tecnico non sempre aiuta
Quando raccontiamo noi stessi tendiamo spesso ad utilizzare un vocabolario emotivo limitato che limita di conseguenza gli strumenti che abbiamo per regolare le nostre emozioni.
Come dire, siamo un po’ approssimativi, asciutti, a volte grezzi nel descrivere cosa proviamo, nessuno ci insegna a farlo davvero del resto. Spesso utilizziamo il linguaggio piatto, omogeneo – e inflazionato – dei sintomi e dei disturbi che non sempre aiuta.
Sono depressa, sono ansiosa, è un narcisista. Basta digitare su Google queste parole e via, possiamo reperire elenchi di sintomi nei quali riconoscersi o identificare qualcuno vicino a noi.
È comprensibile, un’etichetta rassicura, fa sentire meno soli, meno strani, meno diversi, impacchetta il disagio offrendo l’idea di soluzioni facili e veloci.
Pensare ad una causa fisiologica dei nostri pensieri e delle nostre angosce, ad uno “squilibrio chimico nel cervello”, ci fa credere alla fine si non avere niente di grave e niente soprattutto per il quale doversi impegnare direttamente.
Qualcosa o qualcuno interverrà per noi. Se ci pensiamo bene però l’etichetta invece impoverisce i termini emotivi, penalizza, sposta l’attenzione e impedisce di comprendere bene noi stessi e di essere empatici con gli altri.
Le categorie diagnostiche, necessarie in ambito medico, vestono esteriormente la sofferenza interiore ma offrono spiegazioni che non ci coinvolgono. Semplificano, ma l’esperienza emotiva non dovrebbe essere semplificata.
Assumiamoci la responsabilità delle nostre emozioni
I pensieri sono piatti, sono le emozioni a dare colore, profondità, modulazione alle nostre esperienze. A scatenare energia e movimento in molti casi.
Le emozioni sembrano in un primo momento non avere parole. Il loro potere si consuma nell’intimità ma rimanendo connessi con noi stessi poi affiora sempre il bisogno di esprimerle, di tirarle fuori.
Saper dare un nome alle emozioni e parlarne è una parte fondamentale dello sviluppo della salute emotiva. Per questo servirebbe appropriarsi di un linguaggio libero, di un vocabolario ricco per raccontare anche a noi stessi cosa proviamo.
Per riformulare i nostri dolori, il nostro disagio, per parlare dei nostri sentimenti, di cosa e come sentiamo, della NOSTRA risposta alle NOSTRE situazioni, sempre unica e personale.
Tutto il nostro vissuto non può stare in un linguaggio clinico, le riflessioni hanno bisogno di parole libere. Perché abbiamo sempre il potere di interpretare le situazioni, di cambiare il modo di pensare le cose e di scegliere come rispondervi.
Convalidare le nostre emozioni ci aiuta a pensare a come usarle al meglio. Aumentare la comprensione del nostro mondo emotivo è la chiave per riprendere potere su come ci sentiamo e sul nostro senso di autonomia.
Potremmo migliorare anche le relazioni assumendoci la responsabilità delle nostre emozioni, rendendoci conto dell’energia mossa da ciò che proviamo.
Alcune cose da ricordare sulle emozioni
Le emozioni non possono essere fermate o programmate, possiamo scegliere solo come rispondervi.
E’ impossibile sbarazzarsi delle emozioni. Fingere di non sentirle non le fa scomparire ma porta più dolore nel tempo.
Le emozioni sono contagiose.
Emozioni e sentimenti sono due cose diverse ma collegate. Le emozioni sono i dati grezzi e immediati su come stiamo, mentre i sentimenti sono le esperienze mentali delle emozioni a cui la mente assegna significato.
Le emozioni ci motivano ad agire e ci aiutano a prendere decisioni. Ci offrono gli strumenti per esprimerci e interagire con gli altri Hanno praticamente un impatto su tutti gli aspetti della nostra vita
Non ci sono emozioni buone o cattive, ma ci sono modi buoni e cattivi di esprimere o agire in base alle emozioni. Comprendendo l’importanza delle emozioni possiamo imparare meglio come gestirle.
Sia le emozioni positive che quelle negative sono normali e utili.
Tutte le emozioni dicono qualcosa su di noi e sulla nostra situazione anche se a volte facciamo fatica ad accettare ciò che sentiamo e ci giudichiamo per sentirci in un dato modo.
La consapevolezza emotiva ci aiuta a sapere di cosa abbiamo bisogno e cosa vogliamo o non vogliamo, è necessaria per capire gli altri e costruire relazioni migliori.
Possiamo diventare tutti più consapevoli delle nostre emozioni e quindi più intelligenti emotivamente. Lavorare con le emozioni sblocca potenti energie per il cambiamento personale.
E vi ricordo che se avete bisogno del mio aiuto potete contattarmi qui
Buongiorno amici. Oggi parliamo della sindrome della ragazza fortunata.
Nuovo trend
È un trend lanciato di recente su TikTok.
È la “Sindrome della ragazza fortunata” o Lucky Girl Syndrome.
Si basa sull’idea che basti auto-convincersi che le cose nella vita andranno sempre bene per farle andare davvero nel modo giusto e ottenere tutto ciò che si desidera.
Un concetto che sembra fare riferimento al pensiero positivo, alla capacità di orientare i pensieri in modo ottimistico per raggiungere così i propri obiettivi.
Ma in questo caso siamo di fronte a qualcosa di diverso e, forse, più rischioso.
Un atteggiamento positivo ha sicuramente un’influenza su una parte di quello che facciamo. Come quando ci presentiamo a un colloquio di lavoro con un atteggiamento entusiasta.
E con più probabilità, grazie a questa atteggiamento, si otterrà un riscontro positivo in chi ci dovrà valutare.
La sindrome della ragazza fortunata sembra però qualcosa di diverso e meno funzionale allo sviluppo di un’attitudine costruttiva. C’è infatti una profonda differenza. Parlare di atteggiamento positivo non significa negare l’imprevedibilità di alcuni aspetti della realtà che non sono sotto il nostro controllo.
In questo caso invece, si parla di influenzare la fortuna, ossia di un pensiero illusorio, quello di ‘controllare l’incontrollabilità’, che non ha a che fare con la consapevolezza che esistono delle conseguenze rispetto ai nostri comportamenti o alle nostre scelte.
La sindrome
In altre parole, si nega una parte della realtà.
Ed è un po’ come è successo con il lockdown, quando si diffuse quella sorta di mantra, ‘andrà tutto bene’, che sicuramente nasceva da un profondo bisogno di rassicurazione sul futuro, da un senso di impotenza, di fragilità e imprevedibilità.
Contare sulla fortuna può in qualche modo essere la risposta (illusoria) a un senso di incapacità nell’affrontare le sfide della vita, che può anche non essere consapevole.
Il fatto che questa “sindrome” venga diffusa da note influencer la rende più pericolosa.
Prima di tutto perché influenza un numero di followers che, almeno in buona parte, tende a idealizzare queste figure e potrebbe anche non possedere strumenti che mettano in discussione ciò che questi personaggi comunicano.
Quando poi si scopre che la fortuna non si può controllare, il rischio non è di mettere in discussione quell’approccio, ma se stessi. Arrivando a dirsi ‘sono una persona sfortunata, non ho saputo mettere in pratica questa attitudine’, e ciò può andare ad acuire un grande senso di inadeguatezza e incapacità.
Come ridurre questo tipo di condizionamento?
Bisogna cerca di occuparsi delle difficoltà e delle emozioni negative che avvertiamo in noi stessi, non si deve rimuoverle ma farle emergere per coglierne il reale significato.
È fondamentale smettere di paragonare le proprie vite a quelle degli altri che appaiono nei social, comprese le persone che conosciamo.
Piuttosto, prendiamo le distanze da quelle immagini perfette e patinate, che possono destare ammirazione o invidia. Per sfruttare poi in modo costruttivo anche queste emozioni.
In che modo?
Domandiamoci quale elemento di insoddisfazione della nostra vita suscita il senso di invidia o di ammirazione, spostiamo la nostra attenzione dalla vita degli altri per portarla alla nostra.
In questo modo possiamo attivarci per superare il senso di insoddisfazione.
La chiave di volta è arrivare a sentirsi attivi e responsabili per superare un senso di impotenza rispetto a determinati ostacoli, senza cadere nell’idea che siamo incapaci di affrontare la vita in generale.
Come orientare la nostra mente in modo positivo e nello stesso tempo non essere tentati dalla ricerca di facili soluzioni?
Innanzitutto, occuparsi di sé e dei propri bisogni. È bene concedersi piccoli momenti di piacere e di benessere che ci aiutano a entrare in contatto con un atteggiamento più positivo.
In più, puntare la nostra attenzione su tutto quello che può migliorare la nostra vita è un modo per cominciare a piacerci di più.
E ancora, ricordarci che la perfezione non esiste, nonostante sia ostentata nei social: pensare sia possibile raggiungerla, da una parte ci rassicura, illudendoci, e dall’altra, se facciamo paragoni con la nostra vita, ci fa sentire da schifo.
Buongiorno amici. Oggi parliamo, nella diretta, di genitori manipolatori.
Genitori
I genitori sono la fonte di protezione, rassicurazione, accoglienza e amore incondizionato che agiscono per il bene dei figli e favoriscono la loro crescita, soddisfando i loro bisogni e favorendo l’acquisizione dell’autonomia.
La coppia genitoriale e’ composta da due individui distinti, che vivono, agiscono e pensano a seconda del grado di consapevolezza e di maturazione affettiva emotiva che hanno raggiunto.
E’ possibile distinguere genitori sani ed equilibrati che allevano i loro figli amandoli in modo nutriente e responsabile, riconoscendoli come esseri viventi a se’ stanti. Sono consapevoli dei loro punti di forza e dei loro limiti, desiderosi di migliorarsi e di ascoltare i propri figli per garantire loro una vita equilibrata ed emotivamente soddisfacente.
I genitori affetti da problemi psicologici, da nodi esitenziali irrisolti, da dipendenze e da patologie psichiatriche, situazione molto diffusa piu’ di quanto si possa immaginare, manifestano ogni giorno nella relazione con i figli il loro disagio sotto forma della manipolazione affettiva.
Origini ferite emotive dei figli
Esistono due tipi di cause all’origine delle ferite emotive di un bambino:
Cause omissive: si intendono mancanze, assenze, carenza di attenzioni riscontrabili sin dalla nascita, mancanza di cure igieniche che comportano sofferenze e ferite nei bambini. Tra queste cause si annovera anche l’assenza di contatto, calore, carezze, scarso o nessun ascolto, prestare poca attenzione, non sostenerli nelle loro scelte e non sottolineare il loro valore. Tutto questo crea dei veri “buchi emotivi” che vanno a minare l’autostima del figlio.
Cause commissive: sono comportamenti di natura violenta sia fisica che psichica messi in atto volontariamente. Le violenze psicologiche sono quelle che vengono attuate senza forza fisica ma il cui effetto e’ altrettanto devastante, sono esercitate attraverso la comunicazione verbale e non verbale, punizioni, denigrando i figli con il sarcasmo, l’ironia, sminuendo i loro obiettivi e sforzi, facendo paragoni, riversando su loro la propria insoddisfazione e rabbia. Tra le cause commissive sono annoverate altri tipi di violenza tra cui le violenze energetiche,quando i bambini non subiscono ne violenza fisica ne psicologica diretta ma vivono in una condizione di terrore costante, minacciati da eventi imprevedibili come quando hanno genitori alcolisti. Sia le cause omissive che quelle commissive sono all’origine della manipolazione affettive e mentali.
Tipi di manipolazioni
Ma quanti tipi di manipolazioni ci sono? E di violenza? E come comportarsi?
Non vi svelo tutto. Vi lascio il link per vedere e scaricare, se volete, la diretta girata giovedì.
Buongiorno amici. Oggi riflettiamo sul mai vergognarsi.
Trendy
Purtroppo oggi più sei trendy, più sei al centro dell’attenzione, più hai vestiti firmati e più, agli occhi di un ragazzo che sta cercando la sua strada, sei figo, giusto, top.
Ma la vita non gira attorno a tutto questo anche se, la maggior parte delle volte, è la società che ci impone determinati standard.
E qui, è importante l’educazione ai valori della famiglia.
Lo so che per un ragazzo è difficile rapportarsi tar un gruppo di amici con cui comunque vuole relazionarsi che lo giudica perché non veste in quello o in quell’altro modo.
Ma ragazzi ricordatevi che lo stil va aldilà della marca. Lo stile, anche lo stile, lo detta la nostra personalità . E, cosa più importante, quando togli quei vestiti devi fare i conti con te stesso, con la persona che sei.
Origini
Ragazzi le nostre origini sono importanti e non dobbiamo vergognarcene. La nostra famiglia è quella che ci fa crescere e più le origini sono umili più sono piene di veri valori.
Non vergognatevi mai del posto o dalla famiglia da cui provenite perché sono la vostra vita, le vostra fondamenta. Perché loro, molto probabilmente, vi hanno insegnato a vivere nel modo corretto.
Pochi amici
Avere pochi amici non è un male , anzi. Vuol dire che quelli che avete rimarranno per sempre vicino a voi perché non possiamo piacere a tutti, perché chi ha mille amici alla fine non ne ha. Perché i veri amici se contano sulle dita di una mano.
Il gruppo di pari è fondamentale per i ragazzi. E’ senso di appartenenza ed è bellissimo.
Ma non distruggete la vostra personalità per piacere agli altri, a loro. Perché, questi, non sono amici. Gli amici veri sono quelli che vi amano per quello che siete e, vi assicuro, sono davvero una piccola ma sincera parte.
E ricordatevi che avere tanti soldi non farà di voi una persona migliore. È come siete voi in quanto persone che vi identifica, non la borsa di marca. Siate sempre voi stessi e miglioratevi giorno dopo giorno.
..aiuta tantissimo nella vita. Ma on parlate di narcisismo.
Buongiorno amici. Oggi riflettiamo sull’avere molta autostima.
Una revisione della letteratura scientifica pubblicata su American Psychologist afferma che l’autostima può influire positivamente su diversi aspetti della nostra vita, come le relazioni, la scuola, il lavoro, la salute mentale e fisica, e la socialità.
Avere fiducia in se stessi, però, è ben diverso dall’essere narcisisti: «Nonostante i due concetti spesso si sovrappongano», si legge sullo studio, «esistono importanti differenze concettuali tra autostima e narcisismo».
TANTI BENEFICI.
I ricercatori hanno esaminato centinaia di studi longitudinali che rispondevano a domande sulle conseguenze a lungo termine di un’alta autostima (ad esempio Gli adolescenti con un’alta autostima tendono ad avere più successo nel lavoro?).
I risultati hanno mostrato che, generalmente, chi si stima di più gode di maggior successo a scuola e nel lavoro, intesse migliori relazioni sociali, ha una migliore salute fisica e mentale, e meno comportamenti antisociali.
Tutti questi benefici, sostengono gli esperti, persisterebbero dall’adolescenza alla vecchiaia.
IL NARCISISMO È DIVERSO.
Gli autori sottolineano l’importanza di distinguere tra narcisismo e autostima.
Mentre il narcisismo è caratterizzato da sentimenti di superiorità, grandiosità, egoismo e presunzione, l’autostima ha a che fare con l’accettazione e il rispetto di se stessi.
I due atteggiamenti influiscono infatti in modo opposto nella nostra vita: se un’alta autostima porta ad esempio a migliorare le proprie relazioni sociali, il narcisismo le peggiora.
Quanto scoperto, conclude lo studio, suggerisce che degli interventi mirati ad aumentare l’autostima potrebbero avere benefici non solo sui singoli, ma anche su intere società.
Ragazzi
So che quando siamo ragazzi è difficile. Siamo bersagliati da messaggi assolutamente sbagliati ovunque, sui social in primis.
E se non c’è nessuno che ci ragguaglia, che pensa di far accrescere la nostra autostima per contrastare tutto questo è difficile riuscirci da soli.
E, in questo modo, saremo portati a credere che quello che, erroneamente dicono di noi, sia vero.
Chi sono le persone più importanti in questo ruolo? I genitori, la famiglia che, a volte, purtroppo, sono i primi ad abbassare la stima i se stessi dei figli. Come? Facendo paragoni, non aiutandoli a raggiungere i loro obiettivi perché diversi da quelli che si aspettavano.
Signori, meno aspettative più vicinanza. E se avete bisogno di me contattatemi
Buongiorno amici. Oggi riflettiamo sul femminicidio e su quali sono i segnali d’allarme.
Cosa si intende per femminicidio?
E’ l’omicidio di una donna a causa del suo genere, ossia del suo essere donna.
Si stima che in tutto il mondo, cica il 35% delle donne sia stata vittima di violenza da parte di un uomo.
Violenza che può essere sessuale, fisica, psicologica.
Femminicidio: spirale di violenza
Comincia sempre tutto da un litigio forte. Ma dopo questo litigio, la donna cerca sempre di trovare una giustificazione, un “adesso tutto passa”.
Ma la spirale di violenza continua. E arriviamo all’aggressione. Con il seguito di un “scusami, perdonami , non lo farò mai più” lasciando, così, la donna perplessa, impaurita, e destabilizzata.
Ricordatevi amiche che la colpa per tutto questo, anche se a volte vogliono farvi credere il contrario, non è mai vostra. Voi siete delle vittime; la colpa è del carnefice.