Buongiorno amici. Oggi parliamo di paura costante di sbagliare e di come aiutare gli adolescenti a non averne più.
«Ho sempre avuto paura dell’errore, dell’essere giudicata, dello sguardo degli altri. Mi vergogno. Se gioco a pallavolo certe volte rinuncio a gettarmi per prendere una palla per quella paura, la paura di non essere capace, di essere rimproverata. In prima media, giocavamo a palla rilanciata, un mio compagno mi ha urlato contro, dopo un errore. Ancora ci penso, ancora lo ricordo. Sento l’errore come un’ombra che mi segue e che è pronta a precipitarsi su di me. Vorrei non mi importasse del giudizio degli altri, ma invece mi importa, molto».
La paura di sbagliare che blocca i ragazzi
Sempre più frequentemente gli adolescenti hanno paura di sbagliare, non accettano gli errori e li vivono come un fallimento. Purtroppo viviamo in una società che pone troppo spesso l’accento sul risultato: ci si preoccupa di ottenere sempre buone prestazioni e ci si dimentica di quanto, invece, anche imparare a sbagliare sia importante per crescere e sviluppare una buona autostima.
È soprattutto a scuola che i più piccoli temono di sbagliare: livelli eccessivi di ansia, che spesso riguardano la paura di prendere un brutto voto o del giudizio degli altri, possono attivare un blocco e la percezione di non essere all’altezza.
Gli adolescenti hanno bisogno di ascolto, non di soluzioni, e di essere aiutati a trasformare le difficoltà in una sfida da affrontare!
Spesso gli adolescenti si bloccano davanti a un problema o a una situazione che percepiscono come difficile, assumono un atteggiamento difensivo e rinunciatario nei confronti di quello che devono affrontare e non riescono a viverlo come una sfida.
“Mi sento schiacciata da tutto quello che devo fare, mi sento di non riuscire a stare dietro a tutto. Ho mille pensieri che mi tormentano e quando mi sento così mi sale l’ansia, mi blocco e non riesco ad essere lucida.”
Ansa e difficoltà
Nel momento in cui si presentano situazioni intense e impegnative il cervello rilascia sostanze chimiche e attiva una serie di circuiti neuronali. Se si considera ciò che si sta vivendo come una minaccia, il cervello entra in uno stato di allarme e si prepara alla difesa. Al contrario, se si affronta quella condizione come se fosse una sfida, il corpo produce una maggior quantità di energia per poterla superare e viene poi rilasciato un neurotrasmettitore, la dopamina, che fa sperimentare gratificazione.
Ascoltare i figli è fondamentale, è il primo passo per instaurare e mantenere aperta una relazione improntata sul dialogo e il confronto, anche nei momenti di difficoltà. Non è sempre facile riuscire ad ascoltarli e a comprendere i loro comportamenti e le loro motivazioni. Eppure è fondamentale: sentirsi ascoltati significa potersi fidare e sentire di essere importanti per l’altro!
Genitori
I genitori hanno bisogno di acquisire consapevolezza, strumenti e strategie per fronteggiare in modo più efficace la quotidianità e le sfide che possono incontrare nella relazione con i figli e nelle diverse fasi della crescita.
In questo modo possono diventare promotori attivi potenziando il loro ruolo, rafforzando le loro competenze, promuovendo anche nei figli la consapevolezza e l’acquisizione di efficaci abilità di vita (life skills).
e vi ricordo che se avete bisogno di me potete contattarmi.
Buongiorno amici. Oggi riflettiamo su questa frase: ” se pensate che non ce la possono fare non ce la faranno. I ragazzi anno bisogno di adulti che credano in loro”.
L’importanza della Fiducia degli Adulti
Durante l’adolescenza, i ragazzi si trovano in una fase di vita in cui stanno cercando di costruire la propria identità. Questo processo è spesso accompagnato da dubbi e insicurezze. Il modo in cui gli adulti – genitori, insegnanti, allenatori – si relazionano con loro e quanto credono nelle loro capacità può fare la differenza tra uno sviluppo positivo e uno più problematico.
Gli adolescenti cercano conferme negli adulti. Quando sentono che qualcuno crede in loro, iniziano a costruire una visione più solida di sé stessi, diventando più sicuri e pronti ad affrontare sfide. Se, al contrario, ricevono messaggi impliciti (o espliciti) che indicano dubbi sulle loro capacità, possono sviluppare una bassa autostima, con conseguenze negative che possono protrarsi nell’età adulta.
Perché la fiducia è così cruciale?
La fiducia li rende più propensi a sperimentare e a uscire dalla loro zona di comfort.
Li aiuta a sviluppare la resilienza, fondamentale per affrontare fallimenti e difficoltà.
Gli adulti sono modelli di riferimento: ciò che crediamo noi di loro, spesso loro lo assorbono e lo fanno proprio.
Le Conseguenze della Mancanza di Fiducia
Un atteggiamento critico o scettico da parte degli adulti può facilmente tradursi in un ostacolo per la crescita emotiva e psicologica dell’adolescente. Quando i genitori non credono che i loro figli possano avere successo o superare determinate difficoltà, i ragazzi possono iniziare a dubitare di sé stessi. Questa mancanza di fiducia si manifesta in diversi modi:
Abbassamento dell’autostima: Gli adolescenti che sentono di non essere sostenuti iniziano a vedere sé stessi attraverso la lente della critica degli altri. Questo porta a un’immagine di sé distorta e negativa, e a un calo della motivazione nel raggiungere obiettivi personali o scolastici.
Ansia e stress: La pressione di non deludere gli altri, unita al timore di fallire, può innescare sentimenti di ansia. In alcuni casi, può portare a veri e propri disturbi d’ansia, che interferiscono con la loro capacità di affrontare le sfide quotidiane.
Ritiro sociale o isolamento: Sentendosi inadeguati, alcuni adolescenti possono reagire ritirandosi emotivamente o fisicamente dai contesti sociali, evitando attività che mettono alla prova le loro abilità.
Comportamenti autodistruttivi: Nei casi più estremi, la mancanza di fiducia può portare a comportamenti problematici, come abbandonare gli studi, entrare in cattive compagnie o sviluppare dipendenze.
Come Credere negli Adolescenti: Strategie Pratiche
1. Ascoltare Attivamente
Ascoltare attivamente significa dare totale attenzione quando un adolescente parla. Questo non vuol dire solo udire le parole, ma cercare di comprendere anche i sentimenti e i pensieri dietro di esse. L’adolescente ha bisogno di sentirsi compreso, non giudicato. Ecco alcune tecniche per praticare l’ascolto attivo:
Evita interruzioni: Lascia che il ragazzo esprima completamente le sue idee prima di intervenire.
Rifletti e parafrasa: Ripeti ciò che ha detto con altre parole per assicurarti di aver capito e per far sapere al ragazzo che stai prestando attenzione.
Fai domande aperte: Domande che invitano a una riflessione più profonda, piuttosto che a un semplice “sì” o “no”.
L’ascolto attivo non solo rafforza la comunicazione tra genitori e figli, ma fa sentire l’adolescente valorizzato e supportato.
2. Riconoscere i Successi, anche i Più Piccoli
Gli adolescenti tendono a sentirsi sotto esame, soprattutto a casa e a scuola. Quando un ragazzo riceve costantemente critiche o viene sottolineato solo ciò che sbaglia, rischia di sviluppare un’immagine negativa di sé. Al contrario, riconoscere anche i piccoli successi crea un ambiente di positività e incoraggia il ragazzo a continuare a migliorare.
Esempi di piccole conquiste da lodare:
Un miglioramento scolastico, anche di una sola materia.
Un gesto di gentilezza o responsabilità.
L’impegno mostrato in un progetto, anche se il risultato non è perfetto.
Quando elogiamo lo sforzo e non solo il risultato, aiutiamo i ragazzi a sviluppare una mentalità di crescita, dove il miglioramento continuo è l’obiettivo.
3. Incoraggiare l’Autonomia
Permettere agli adolescenti di fare delle scelte, anche sbagliate, è fondamentale per il loro sviluppo. Quando i genitori gestiscono ogni aspetto della vita dei figli, questi non sviluppano la capacità di prendere decisioni indipendenti e di affrontare le conseguenze. La chiave è trovare il giusto equilibrio tra guida e libertà.
Alcuni modi per incoraggiare l’autonomia:
Coinvolgerli nella pianificazione delle attività quotidiane, come la gestione del tempo o la programmazione di impegni.
Dare loro responsabilità adeguate alla loro età, come prendersi cura di qualcosa in casa o gestire piccoli budget personali.
Lasciare che prendano decisioni su temi personali (es. abbigliamento, hobby) senza giudicarli o interferire.
4. Essere Modelli di Ruolo Positivi
Gli adolescenti imparano osservando. Come adulti, possiamo trasmettere messaggi potenti attraverso il nostro comportamento quotidiano. Mostrare resilienza, fiducia in sé stessi e capacità di affrontare le difficoltà con determinazione può essere un esempio prezioso per i ragazzi.
Esempi di comportamento da modellare:
Come gestisci lo stress e le delusioni.
Il tuo atteggiamento verso il fallimento (vederlo come un’opportunità di apprendimento, piuttosto che come un disastro).
La tua capacità di gestire conflitti e relazioni in modo sano.
5. Offrire Supporto senza Sovraccaricarli di Aspettative
Credere in un adolescente non significa caricarlo di aspettative irrealistiche. C’è una sottile differenza tra il supporto e la pressione. È importante guidare i ragazzi, ma lasciando spazio per i loro desideri e i loro tempi.
Alcuni modi per bilanciare supporto ed aspettative:
Concordare obiettivi realistici e raggiungibili.
Essere aperti ai cambiamenti di direzione, accettando che i sogni o le ambizioni possano evolversi.
Offrire aiuto pratico quando serve, ma senza forzarli a dipendere da te.
Il Potere del Feedback Positivo
Il feedback positivo, quando è specifico e autentico, ha un impatto molto più forte di una generica lode. Aiuta i ragazzi a riconoscere le proprie forze e a vedere il valore nei loro sforzi, non solo nei risultati finali. Il feedback deve concentrarsi sui progressi, sulle competenze sviluppate e sull’impegno messo nelle attività.
Esempi di feedback efficace:
“Ho notato che hai lavorato duramente per superare quella difficoltà. Questo dimostra che sei davvero determinato.”
“Mi piace come hai affrontato quella situazione difficile. Hai mostrato molta maturità.”
Quando Richiedere Aiuto Professionale
A volte, nonostante gli sforzi migliori, è possibile che un adolescente fatichi a gestire le proprie emozioni o situazioni difficili. Se noti segnali di disagio persistente, come isolamento, calo drastico nel rendimento scolastico, o comportamenti autodistruttivi, potrebbe essere il momento di considerare il supporto di un terapeuta specializzato in adolescenti.
Un professionista può aiutare i ragazzi a sviluppare strumenti per gestire l’ansia, migliorare la comunicazione con gli adulti e rafforzare la loro autostima.
Buongiorno amici. Oggi parliamo del 15enne suicida perché bullizzato a scuola da un paio di compagni.
La villetta in cui abitava con il papà dista dal casolare abbandonato dove, poggiato a un muro esterno, lo hanno trovato privo di vita — pistola in mano, un colpo alla testa — un paio di chilometri.
La storia di Leonardo
Leonardo, quindici anni, studente al secondo anno del professionale «Alfredo Panzini», indirizzo turistico-sportivo, li ha percorsi in tuta nera e infradito, ciò che indossava quando ha salutato il padre come faceva ogni sera: «Buonanotte, sogni d’oro». Erano le 21 di domenica. Il ragazzo però non ha raggiunto la sua cameretta da letto. No, è uscito di casa e poi si è sparato con l’arma sottratta di nascosto al genitore, agente della polizia locale a Senigallia, la cittadina nell’Anconetano teatro della tragedia.
Ciò che emerge dalle indagini dei carabinieri è una vicenda legata al bullismo. Leonardo subiva ripetuti insulti volgari in classe. Ne aveva parlato con la madre e il padre, separati da tempo ma in ottimi rapporti. Si era confidato.
Non voleva più andare a scuola. Tanto che i genitori avevano deciso di andare dal preside del Panzini perché venissero presi provvedimenti. «L’appuntamento era per oggi (ieri per chi legge, ndr )», dice, quasi in lacrime, Pia Perricci, l’avvocata di famiglia che Leonardo lo ha visto crescere, tanto da definirlo così: «Gentile, tremendamente gentile».
Ora, le sole parole che filtrano dalla madre del quindicenne sono queste, affidate alla legale: «Ma perché hanno voluto distruggere mio figlio?».
La procuratrice di Ancona Monica Garulli ha aperto un fascicolo affidato alla pm Irene Bilotta. Il reato ipotizzato è quello di istigazione al suicidio e si indaga contro ignoti sebbene nella denuncia firmata dalla mamma di Leo nella notte tra sabato e domenica — con le ricerche in pieno svolgimento — ci siano due nomi, quelli dei compagni di classe di Leonardo, presunti autori di insulti irriferibili e vessazioni, anche fisiche, sempre più pesanti.
Segnali
Tutto è cominciato un paio di mesi fa, quando il quindicenne — che aveva cambiato scuola ma solo perché trovava più adatte a lui le materie insegnate al «Panzini» — aveva preso a rincasare sempre più svogliato, silenzioso, il profitto in caduta. Alle insistenze dei genitori, ha rivelato tutto ciò che stava subendo da settimane. Quei suoi modi gentili erano oggetto di scherno, continue offese volgari. Ma non solo. Poteva capitare che al bagno venisse circondato allo scopo di essere «pizzicato» — però dolorosamente e anche con delle percosse violente — in tutto il corpo.
Mercoledì Leo è tornato da scuola con un’espressione diversa sul volto, forse più risoluta. La mamma gli ha chiesto cosa fosse successo e lui ha risposto che aveva «fatto quel che deve fare ogni uomo».
Pace
Ovvero offrire «la mano, in segno di pace». Ai due bulli, il ragazzo aveva proposto una specie di distensione, con queste parole: «Adesso basta, smettetela. E diventiamo amici». «Ma all’indomani i soprusi sono ripresi. E semmai ancora più insopportabili» racconta l’avvocata Perricci.
L’ultima sera, quella di sabato, trascorsa in famiglia da Leonardo, che aveva anche una fidanzata, non è stata differente dalle altre, serena, tranquilla.
Finita la cena — c’erano anche i nonni — il ragazzo è andato a dormire. È stato il padre a scoprire che il figlio non era in casa. Sceso in taverna per prendere un dolce, si è accorto che il mazzo di chiavi lasciate sul tavolo era sparito. Le aveva prese il ragazzo per aprire la cassaforte a muro, dietro un armadio trovato con le ante aperte, in cui era custodita la Beretta Px4 d’ordinanza.
«Leo! Leo! Dove sei?» ha gridato l’uomo. Ma il ragazzo s’era già allontanato. Si sarebbe ucciso poco dopo, stando alla testimonianza di una donna che ha sentito uno sparo. Un drone dei carabinieri ha individuato il corpo fuori dal casolare. Il «Panzini» nel frattempo era stato messo sotto sorveglianza dalle forze dell’ordine. C’era l’ipotesi — esile, ma possibile — che Leo cercasse vendetta. Non avrebbe lasciato biglietti ed è stato sequestrato il suo cellulare.
Purtroppo il bullismo è una piaga sociale che nessuno è ancora riuscito a debellare completamente.
Purtroppo…
Tanti ragazzi e bambini sono ancora vittime di violenza anche cyber e, per i più deboli, l’unico modo per porre fine al tutto è metter fine alla propria vita.
Se siete ragazzi che avete subito o state subendo vessazioni di qualsiasi tipo, fuori l’online od entro, denunciate, non abbiate mai paura di farlo.
Ricordate che siete voi le vittime e che non avete colpe e motivazioni per provare paura o vergogna. Io l’ho fatto ai tempi.
E voi genitori, state attenti a qualsiasi segnale, anche il più piccolo cambiamento nei comportamenti del vostro ragazzo.
Vediamo quali sono i segnali da non sottovalutare.
Buongiorno amici. Oggi parliamo di dca a 8 anni e di quali sono i segnali da non sottovalutare.
Perdita di peso, vomito autoindotto, uso di lassativi o diuretici, intolleranza al freddo, vertigini o svenimenti. Ma anche iperattività. Quali sono i campanelli di allarme
DCA
Sempre più frequentemente si parla di disturbi del comportamento alimentare, tanto che alcuni l’hanno già ribattezzata la nuova “epidemia silenziosa”.
Del resto i numeri sono chiari: 20 milioni di persone in Europa, più di 3 milioni di persone in Italia, pari a circa il 5% della popolazione, con un aumento del 40% dei casi negli ultimi tre anni.
Anche i dati forniti dalla Società Italiana di Pediatria ce lo confermano: negli ultimi anni, in epoca post-Covid, si è registrato un aumento degli accessi ai Pronto Soccorso Italiani per disturbi della condotta alimentare pari al 78,4%.
Primi segnali
La segretaria del gruppo di Studio Adolescenza della Società Italiana di Pediatria, Vita Cupertino, accende i riflettori su un altro dato che fa preoccupare ancora di più i pediatri italiani.
“I primi segni e sintomi di anoressia compaiono sempre prima, già a partire dagli 8 anni”. Dal 2019 al 2023 in effetti viene registrato un abbassamento dell’età di insorgenza dei disturbi alimentari. Basti pensare che il 20% della popolazione ammalata lo scorso anno non aveva ancora compiuto i 14 anni.
“Purtroppo non è sempre facile riconoscere in modo tempestivo l’anoressia nervosa. Non c’è un esame specifico che da solo sia in grado di dirci che si tratta o meno di anoressia nervosa. E anche la diagnosi, sebbene vi siano degli specifici criteri, non è sempre immediata” aggiunge Vita Cupertino.
In effetti, i criteri diagnostici DSM-5 per l’Anoressia Nervosa esistono, ovvero restrizione dell’assunzione di calorie in relazione alle necessità, intensa paura di aumentare di peso oppure un comportamento persistente che interferisce con l’aumento di peso ed alterazione della percezione della propria immagine corporea e/o livelli autostima.
Purtroppo però spesso i disturbi alimentari hanno una insorgenza subdola e aspecifica, che dura mesi o anni. Molte famiglie in più hanno scarsa capacità di discernimento e/o di comprendere la gravità della malattia, per cui la richiesta di aiuto può arrivare in ritardo e ci si può trovare di fronte a condizioni potenzialmente pericolose per la salute o addirittura per la vita dell’adolescente.
Attenzione ossessiva a peso e cibo
Infatti, i ragazzi affetti da anoressia nervosa tipica presentano un’estrema insoddisfazione corporea e un’attenzione ossessiva al peso corporeo e al cibo, che danno luogo a restrizioni dietetiche che impattano negativamente sull’apporto nutrizionale.
“Troppo spesso purtroppo giungono alla nostra attenzione in condizioni estreme, con parametri vitali estremamente compromessi, il che rende ancora più difficile il percorso di riabilitazione e cure” aggiunge la segretaria del gruppo di Studio Adolescenza.
E’ importante una identificazione precoce di eventuali segni o sintomi, includendo la valutazione del rapporto con il cibo e ricercando elementi suggestivi di dispercezione dell’immagine corporea. Il momento ideale potrebbe essere in occasione dei controlli di salute che vengono effettuati presso il pediatra di famiglia. “Perché ogni occasione è buona per fare prevenzione e l’iniziativa può partire da noi Pediatri, non necessariamente dalla famiglia” aggiunge l’esperta.
Riconoscere i segnali
Concentrandosi su perdita di peso, comportamenti compensatori all’assunzione di cibo, quali vomito autoindotto, uso di lassativi o diuretici, intolleranza al freddo, vertigini o svenimenti.
Ovviamente va posta attenzione sul rapporto con il cibo, inteso non solo come quantità e qualità degli alimenti assunti, ma anche come comportamenti restrittivi come tagliare finemente il cibo, produrre numerosi scarti alimentari e mangiare lentamente.
La percezione corporea è alterata
A quanto emerge dalla ricerca condotta dal Gruppo di Studio, durante il controllo medico, è importante indagare la percezione corporea, ovvero come l’adolescente si vede e giudica il proprio corpo, che risulta alterata nell’85,7%.
Gli adolescenti, specie se di sesso maschile, presentano inoltre una tendenza all’iperattività, intesa non solo come pratica di attività sportiva, ma anche di continua attività motoria, quali salire e scendere le scale, camminare sul posto e rimanere in posizione ortostatica il più possibile.
Attivi ed energici anche se sottopeso
La letteratura scientifica infatti riporta che quasi il 90% dei pazienti con anoressia nervosa non rinuncia all’attività motoria, nonostante sia stanco e affaticato. In altre parole, i ragazzi possono apparire attivi ed energici anche se estremamente sottopeso. E questo può rendere la diagnosi della malattia ancora più difficile. Ecco perché è importante parlarne e condividere i dati scientifici.
I disturbi della condotta alimentare si possono associare ad altre manifestazioni neuropsichiatriche, tra cui i disturbi dell’umore, depressione, ansia, tendenza suicidaria. Un ruolo importante è giocato dai fattori di stress sociale, in particolare dal maltrattamento, abuso, bullismo riguardante forma, peso e aspetto, ma anche da conflittualità, separazioni e lutti in famiglia.
Le più recenti evidenze scientifiche mostrano un coinvolgimento dei geni: studi condotti su gemelli, in particolare, suggeriscono una componente genetica per i disturbi alimentari che varia dal 16% al 74% .
L’influenza della genetica può essere variabile a seconda del sesso, essendo maggiore nel caso di maschi con esordio prima della pubertà e nelle femmine dopo l’inizio della pubertà.
Anche la predisposizione e l’ambiente in cui cresce il bambino fanno la differenza: i figli di persone con disturbi del comportamento alimentare hanno una probabilità 3-5 volte maggiore di sviluppare un alterato rapporto con il cibo.
Le donne con disturbi del comportamento alimentare hanno una probabilità 1,9-2,3 volte maggiore di avere una madre con simile patologia. Internet e social media sono fattori di rischio ambientale da tenere in considerazione poiché gli adolescenti possono scambiarsi idee sulla propria immagine corporea e sull’aspetto fisico e peggiorare ulteriormente il proprio rapporto con il cibo.
In ogni caso, se avete sentore di uno o più di questi segnali non abbiate paura a chiedere aiuto.
Buongiorno amici. Oggi parliamo di stress genitoriale.
Essere genitori di adolescenti può essere estremamente gratificante, ma è anche un periodo carico di sfide. Il concetto di parental burnout è sempre più diffuso e indica uno stato di esaurimento fisico ed emotivo che colpisce i genitori che si trovano a gestire lo stress quotidiano in modo costante.
Stress
Questo fenomeno può colpire in particolare i genitori di adolescenti, un’età in cui i figli attraversano profondi cambiamenti, mettendo a dura prova la capacità di gestione emotiva e pratica dei genitori.
Riconoscere in tempo i segnali di stress genitoriale è fondamentale per evitare che questo si trasformi in burnout. Intervenire presto significa poter agire in modo efficace per mantenere l’equilibrio personale e familiare, garantendo una relazione sana con i propri figli. In questo articolo esploreremo come identificare i segnali del burnout genitoriale e cosa fare per prevenirlo.
Cos’è il Parental Burnout?
Il parental burnout è uno stato di esaurimento causato da uno stress genitoriale cronico, che va oltre il normale stress quotidiano. A differenza di una normale stanchezza, il burnout si manifesta come un senso costante di sovraccarico che compromette la capacità di prendersi cura dei propri figli in modo sereno ed equilibrato. Questo tipo di esaurimento può avere conseguenze negative non solo sulla salute del genitore, ma anche sulla qualità della relazione con i figli.
Per i genitori di adolescenti, il rischio di burnout può essere ancora maggiore. L’adolescenza è un periodo di transizione complicato, caratterizzato da sfide scolastiche, emotive e sociali che richiedono una costante attenzione e supporto. La pressione continua a gestire questi aspetti può portare a una condizione di stress cronico che, se non trattata, sfocia nel burnout.
Segnali del Burnout Genitoriale
Il burnout genitoriale si manifesta attraverso una serie di sintomi fisici, emotivi e comportamentali che possono essere riconosciuti se si presta attenzione. I più comuni segnali fisici includono una stanchezza cronica che non passa nemmeno dopo il riposo, disturbi del sonno come insonnia, e sintomi psicosomatici come mal di testa o tensioni muscolari. Molti genitori iniziano anche a sperimentare una costante mancanza di energia, rendendo difficile affrontare le sfide quotidiane.
Dal punto di vista emotivo, il parental burnout si manifesta con irritabilità costante, frustrazione e un senso di impotenza. Molti genitori descrivono un calo della pazienza nei confronti dei propri figli, con reazioni emotive eccessive anche di fronte a piccoli problemi. Questo può portare a sentirsi distanti emotivamente dai propri figli, come se non si avesse più la capacità di connettersi emotivamente con loro.
Anche a livello comportamentale, il burnout può manifestarsi con un graduale distacco dalle responsabilità genitoriali, come l’evitare il confronto e la comunicazione con i figli, o il preferire attività che permettono di allontanarsi dalla routine familiare. Riconoscere questi segnali del burnout è il primo passo per intervenire e prevenire che lo stress diventi cronico.
Cause Principali dello Stress Genitoriale
Le cause del burnout genitoriale possono variare, ma spesso derivano da una combinazione di fattori interni ed esterni. Uno dei fattori principali è la pressione sociale. I genitori oggi sono sottoposti a un continuo confronto con gli altri attraverso i social media, dove si vede solo la “facciata perfetta” di altre famiglie. Questa pressione a essere genitori perfetti crea aspettative irrealistiche, contribuendo a sentimenti di inadeguatezza e frustrazione.
Inoltre, la mancanza di equilibrio tra vita e lavoro è un’altra causa comune di stress genitoriale. Molti genitori si trovano a dover gestire un lavoro a tempo pieno, la casa, e le esigenze dei figli adolescenti, il che lascia poco spazio per sé stessi. La sensazione di non avere tempo per rigenerarsi o rilassarsi può portare rapidamente a uno stato di esaurimento.
Infine, le sfide specifiche legate all’adolescenza, come la ribellione, i cambiamenti d’umore e le difficoltà scolastiche o sociali, possono amplificare lo stress. Gli adolescenti richiedono un supporto costante per navigare le complessità della crescita, e questo richiede ai genitori di essere sempre presenti e disponibili, aumentando il rischio di stress cronico.
Come Prevenire il Burnout Genitoriale
Prevenire il burnout genitoriale è possibile, adottando alcune strategie pratiche per gestire meglio lo stress quotidiano. Ecco alcuni consigli utili:
Riconoscere e accettare i propri limiti: Nessun genitore è perfetto, e accettare i propri errori e limiti è il primo passo per ridurre la pressione. Essere consapevoli delle proprie capacità permette di chiedere aiuto quando necessario e di evitare un sovraccarico.
Chiedere aiuto: Non c’è nulla di sbagliato nel chiedere supporto, sia da parte del partner, che da amici o familiari. Condividere il carico emotivo e pratico può alleggerire la sensazione di sovraccarico.
Prendersi del tempo per sé: Anche se può sembrare difficile, è fondamentale trovare del tempo per dedicarsi ad attività rilassanti e gratificanti. Che sia un hobby, l’esercizio fisico, o semplicemente un momento di riposo, il self-care è essenziale per evitare l’esaurimento.
Comunicare apertamente con il proprio adolescente: Creare un dialogo aperto e sincero con i figli può ridurre lo stress di entrambe le parti. È importante ascoltare senza giudizio e mantenere un canale di comunicazione costante, costruendo una relazione basata su fiducia e rispetto.
Gestire lo stress quotidiano: Tecniche come la mindfulness, la meditazione e l’esercizio fisico regolare possono essere strumenti efficaci per ridurre lo stress. Anche semplici abitudini quotidiane, come fare delle pause regolari durante la giornata, possono fare la differenza.
Adottare queste pratiche aiuta a mantenere un equilibrio tra le responsabilità genitoriali e il proprio benessere emotivo, riducendo il rischio di burnout.
Quando Cercare Aiuto Professionale
Se i sintomi del burnout genitoriale persistono o peggiorano, può essere utile rivolgersi a un professionista. Un terapeuta specializzato in gestione dello stress o un consulente familiare può fornire strumenti pratici per affrontare le difficoltà e migliorare il benessere emotivo.
Anche il supporto di un gruppo di genitori o una rete di supporto emotivo può essere utile per condividere esperienze e ricevere consigli su come gestire situazioni difficili. Non bisogna mai sottovalutare l’importanza di prendersi cura di sé stessi per poter essere genitori efficaci e presenti.
In conclusione…
Il parental burnout è una realtà che molti genitori affrontano, ma con una maggiore consapevolezza e il giusto supporto, è possibile prevenirlo. Essere genitori di adolescenti può essere impegnativo, ma riconoscere i propri limiti e prendersi del tempo per sé stessi è fondamentale per mantenere una relazione sana e positiva con i propri figli.
Investire nel proprio benessere è il modo migliore per garantire che l’intero ambiente familiare rimanga positivo e supportivo. Non dimenticare mai che un genitore sereno e equilibrato è il miglior sostegno che un figlio possa avere.
Rivolgiti a me senza paura
Se ti riconosci in questi sintomi o senti che lo stress sta diventando ingestibile, non esitare a richiedere una consulenza personalizzata. Come esperto nel supporto genitori-figli, posso aiutarti a trovare strategie efficaci per migliorare il tuo benessere e la tua relazione familiare. Contattami qui
Buongiorno amici. Oggi riflettiamo su i genitori e l’arrivo dell’adolescenza.
I cambiamenti dell’adolescenza- I genitori e l’arrivo dell’adolescenza
L’adolescenza è una fase di cambiamenti profondi, e non si tratta solo di trasformazioni fisiche legate agli ormoni. È un periodo di sconvolgimenti caratteriali e comportamentali, che spesso sorprende e disorienta i genitori.
Quel bambino affettuoso e dipendente che cercava la mano del genitore in ogni momento sembra svanire, lasciando il posto a un giovane sempre più desideroso di autonomia e spazi propri. Questo può far sentire i genitori come se stessero vivendo una sorta di “lutto”, un senso di perdita per la figura del figlio che conoscevano e per il rapporto che avevano con lui.
Per i ragazzi, invece, è il momento della scoperta di sé stessi e del mondo che li circonda, e questo porta inevitabilmente a nuovi comportamenti e atteggiamenti. I genitori, spesso impreparati a questo cambiamento, possono avere difficoltà a capire come gestire la situazione e come continuare a essere presenti nella vita dei propri figli, senza sentirsi esclusi o inutili.
I Cambiamenti dell’Adolescenza
Durante l’adolescenza, il corpo dei ragazzi cambia rapidamente sotto l’effetto degli ormoni, ma altrettanto rilevanti sono i cambiamenti psicologici e comportamentali che avvengono in parallelo. Il passaggio dall’infanzia all’età adulta è segnato da una forte voglia di indipendenza.
I ragazzi, in questa fase, iniziano a sviluppare opinioni personali, a mettere in discussione l’autorità e a esplorare nuove possibilità. È naturale che inizino a staccarsi dalla famiglia, desiderando spazi più privati e interazioni con amici e coetanei.
Questo nuovo atteggiamento può apparire distante, a volte persino ostile, ai genitori. Ma in realtà, il comportamento dei figli non è altro che un segnale della loro crescita e del bisogno di costruire una propria identità.
Durante l’infanzia, i genitori sono stati la fonte primaria di conforto e protezione. Con l’arrivo dell’adolescenza, però, gli adolescenti sentono la necessità di mettersi alla prova da soli, spesso sfidando le regole e i limiti che gli sono stati imposti fino a quel momento.
Per i genitori, è importante riconoscere che questo distacco non significa che i figli li respingano, ma piuttosto che stanno cercando di scoprire chi sono e come si relazionano con il mondo esterno.
La Scoperta di Sé e del Mondo- I genitori e l’arrivo dell’adolescenza
L’adolescenza è un periodo cruciale per la scoperta di sé. È il momento in cui i ragazzi iniziano a interrogarsi su chi sono, quali sono i loro interessi e cosa vogliono dal futuro. Questo processo di auto-esplorazione è spesso accompagnato da una crescente curiosità per il mondo esterno e per le persone che ne fanno parte.
Le amicizie, in particolare, diventano centrali: gli adolescenti trovano nei coetanei un riflesso delle proprie esperienze, preoccupazioni e desideri. Il gruppo di amici diventa un luogo dove sperimentare nuove dinamiche relazionali, lontano dagli occhi vigili dei genitori.
Questa spinta verso l’esterno, il bisogno di stare con gli amici e vivere nuove esperienze fuori casa, può essere vissuto dai genitori come una sorta di “abbandono”.
Vedono i propri figli allontanarsi sempre di più, trascorrere più tempo fuori e ridurre la comunicazione. In realtà, questa è una fase fondamentale per lo sviluppo della loro autonomia. Gli adolescenti cercano spazi in cui poter essere se stessi, senza la pressione di dover soddisfare le aspettative dei genitori.
È importante, in questo contesto, che i genitori accettino questa necessità di scoperta e permettano ai propri figli di fare le loro esperienze, pur rimanendo una presenza costante e disponibile.
Il Senso di Inutilità dei Genitori
Quando i figli iniziano a prendere le distanze durante l’adolescenza, molti genitori provano un profondo senso di inutilità. Abituati a essere il centro dell’universo dei propri figli, vedono improvvisamente diminuire il loro ruolo nella vita quotidiana e si chiedono se siano ancora necessari.
Le telefonate si fanno meno frequenti, le conversazioni diventano più brevi e spesso ci si scontra su questioni di poca importanza. Questo può generare un sentimento di smarrimento nei genitori, che si sentono rifiutati o trascurati.
È importante riconoscere che questo senso di inutilità, seppur comprensibile, è spesso frutto di una percezione errata. I figli adolescenti non stanno cercando di escludere i genitori dalle loro vite, ma di ridefinire il loro rapporto.
È naturale che, in questa fase, desiderino esplorare nuove relazioni e dinamiche sociali, ma ciò non significa che non abbiano più bisogno di guida e supporto.
In realtà, i genitori continuano a essere figure fondamentali, solo in modo diverso. Non si tratta più di intervenire direttamente in ogni situazione, ma di essere presenti come riferimento stabile, pronti ad ascoltare e offrire consigli quando richiesto. In altre parole, i genitori devono imparare a lasciar andare, mantenendo però un legame forte e costante.
Il Ruolo dei Genitori: Guida, non Perfetti
Uno degli errori più comuni che i genitori possono fare durante l’adolescenza dei figli è cercare di mantenere l’immagine di genitori perfetti. Spesso si teme che ammettere i propri errori o mostrarsi vulnerabili possa far perdere autorevolezza o rispetto.
Tuttavia, questo approccio può rivelarsi controproducente. L’adolescenza è una fase in cui i ragazzi diventano particolarmente critici nei confronti delle figure adulte e, se vedono nei propri genitori un’immagine di perfezione irraggiungibile, possono sentirsi inadeguati o, peggio, allontanarsi ancora di più.
È fondamentale, invece, che i genitori si presentino come esseri umani, con i loro pregi e difetti. Questo non significa perdere autorevolezza, ma piuttosto mostrare ai figli che sbagliare fa parte della vita e che anche gli adulti devono imparare dai propri errori. I ragazzi, vedendo i genitori affrontare le difficoltà con maturità e umiltà, impareranno a loro volta a gestire i fallimenti in modo costruttivo.
Il ruolo del genitore, dunque, non è quello di imporre un modello di perfezione, ma di essere una guida. Una guida che indica la strada, ma che lascia il figlio libero di fare le proprie scelte e di imparare dai propri errori.
L’importante è offrire supporto, ascolto e consigli, senza mai cercare di sostituirsi al figlio nelle sue decisioni. In questo modo, il genitore diventa un punto di riferimento stabile, che accompagna il figlio lungo il suo percorso di crescita.
Insegnare ai Figli a Sbagliare: il Valore dell’Errore
Uno degli insegnamenti più importanti che un genitore può dare ai propri figli è come affrontare gli errori. Molti genitori, nel desiderio di proteggere i propri figli dalle delusioni o dalle difficoltà, tendono a intervenire in modo eccessivo, cercando di risolvere i problemi al posto loro. Tuttavia, questo atteggiamento può privare i ragazzi di un’opportunità fondamentale per crescere: quella di imparare dagli errori. L’errore, infatti, è parte integrante del processo di crescita e maturazione.
Non sostituirsi ai figli significa permettere loro di sbagliare, ma essere presenti per aiutarli a riflettere su cosa non ha funzionato e come evitare di commettere lo stesso errore in futuro. Il fallimento, se accompagnato da una riflessione costruttiva, diventa un potente strumento di apprendimento. Solo attraverso l’esperienza diretta, i ragazzi potranno acquisire sicurezza in se stessi e imparare a prendere decisioni più consapevoli.
Il ruolo del genitore, in questo caso, è quello di offrire un supporto che non sia invadente, ma che dia ai figli gli strumenti per analizzare gli eventi e trarne insegnamenti. Questo approccio li aiuterà a diventare adulti capaci di affrontare le sfide della vita con responsabilità e autonomia, imparando a gestire le conseguenze delle proprie scelte.
Una Nuova Fase di Crescita per Genitori e Figli -I genitori e l’arrivo dell’adolescenza
L’adolescenza non rappresenta la fine del rapporto tra genitori e figli, ma piuttosto l’inizio di una nuova fase. È un momento di trasformazione non solo per i ragazzi, ma anche per i genitori, che devono imparare a ridefinire il proprio ruolo. Lasciare andare non significa perdere il controllo, ma riconoscere l’autonomia dei propri figli e continuare a sostenerli in modo diverso.
Essere una presenza silenziosa e costante, pronti a intervenire quando necessario, è la chiave per mantenere un rapporto sano e forte durante l’adolescenza.
È un periodo di cambiamento per entrambi, e accettare questo cambiamento con apertura e pazienza permette di costruire una relazione più matura e basata sulla fiducia reciproca. I figli continueranno a cercare i genitori, anche se in modo diverso, e questo sarà il segnale di una nuova forma di connessione, più profonda e consapevole.
Io spero che parlare de i genitori e l’arrivo dell’adolescenza vi sia stato utile.
E vi ricordo che se avete bisogno di me potete contattarmi
Buongiorno amici. Oggi riflettiamo su i nostri adolescenti e come, troppo spesso, vengono giudicati e non ascoltati.
1. Introduzione–I nostri adolescenti
Viviamo in un’epoca di grandi cambiamenti, in cui le generazioni più giovani si trovano a dover fronteggiare sfide complesse, come l’avanzamento tecnologico, la crisi climatica e la globalizzazione. Nonostante queste difficoltà, spesso i giovani vengono considerati troppo inesperti o immaturi per partecipare in modo significativo ai dibattiti sociali, politici ed economici.
Anzi, quando una persona giovane riesce a distinguersi, viene definita con facilità un “prodigio”, piuttosto che essere riconosciuta come parte di un cambiamento più ampio e generazionale.
Da qui nasce un’importante riflessione: perché è più facile dire che un giovane è un prodigio piuttosto che ammettere che la società, in gran parte composta da adulti, si sia sbagliata nei confronti di un’intera generazione? Esiste forse una forma di discriminazione anagrafica, implicita o esplicita, che delegittima automaticamente il pensiero dei giovani sulla base della loro età?
2. Il concetto di “prodigio” e la sua funzione sociale
Quando una persona giovane eccelle in un campo o manifesta idee innovative, la società tende a etichettarla come un “prodigio”. Il termine è spesso usato con ammirazione, ma nasconde una trappola insidiosa. Definire qualcuno un prodigio è un modo di mettere quella persona su un piedistallo, separandola dal gruppo dei pari e rendendo più facile per la società evitare un’autoanalisi collettiva. Infatti, se una singola persona è vista come eccezionale, allora la generazione da cui proviene può essere considerata come ordinaria o persino inadeguata.
In questo senso, l’idea del “prodigio” serve a proteggere le generazioni più adulte dall’ammettere che forse è la loro visione del mondo a essere obsoleta o sbagliata. Se un giovane riesce dove altri non riescono, è per le sue qualità straordinarie, non perché tutta una generazione di giovani potrebbe avere intuizioni valide o nuove prospettive. È un modo di minimizzare l’importanza collettiva dei giovani e di evitare di dare loro la responsabilità e la fiducia che meritano.
Definire un giovane come prodigio spesso diventa un alibi per le generazioni precedenti per non fare un serio esame di coscienza. Riconoscere che un’intera generazione ha idee diverse e, talvolta, migliori significa mettere in discussione i propri valori, le proprie scelte e il proprio modo di vedere il mondo. È un processo doloroso e scomodo, ed è per questo che la società spesso preferisce isolare i casi di successo piuttosto che accettare il cambiamento in modo più ampio.
3. La discriminazione anagrafica e la delegittimazione del pensiero giovane
La discriminazione anagrafica è un fenomeno diffuso che attraversa molti ambiti della vita, dalle decisioni politiche alle dinamiche lavorative. Un giovane può portare idee fresche, innovative e radicalmente diverse, ma spesso la sua voce viene sminuita o ignorata perché ritenuta troppo “immatura” o “incompleta”. L’età diventa un criterio di giudizio più importante della validità dei contenuti, con il risultato che il pensiero giovanile viene delegittimato.
Un esempio di questo fenomeno lo vediamo nella politica. I giovani sono spesso esclusi dai processi decisionali o vengono considerati incapaci di comprendere la complessità del mondo. Nonostante molti di loro abbiano dimostrato competenza e passione nel trattare temi complessi come il cambiamento climatico o la giustizia sociale, il loro pensiero viene facilmente accantonato con l’idea che “non abbiano abbastanza esperienza”. Ma cosa significa esattamente “esperienza”? E perché l’esperienza è considerata così cruciale quando il mondo è in rapida evoluzione?
I più anziani
Le generazioni più anziane, avendo vissuto in un determinato contesto storico e sociale, tendono a mantenere una visione del mondo costruita su paradigmi ormai superati. I giovani, invece, crescono in un’epoca di cambiamento continuo, e ciò permette loro di vedere il mondo con occhi nuovi, più adatti ai tempi moderni. Tuttavia, il fatto che queste nuove prospettive vengano sistematicamente ignorate o ridicolizzate rappresenta una forma di discriminazione anagrafica.
Infine, vi è un paradosso evidente: se da una parte si richiede ai giovani di portare innovazione e nuove idee, dall’altra le loro proposte vengono sistematicamente respinte perché non “ancorate” a una tradizione o a una presunta saggezza derivante dall’età. Così, i giovani si trovano in una posizione dove non possono mai realmente avere voce, perché il solo fatto di essere giovani li rende, agli occhi della società, incapaci di pensare in modo adeguato.
4. Il conflitto generazionale: vecchi paradigmi vs nuove prospettive
Il conflitto generazionale non è un fenomeno nuovo. La storia è piena di esempi in cui una generazione più giovane si è scontrata con le idee dei propri predecessori, proponendo nuove visioni del mondo e sfidando i paradigmi esistenti. Tuttavia, oggi questo conflitto sembra essere più accentuato, in parte a causa dei rapidi cambiamenti tecnologici e sociali che caratterizzano la nostra epoca.
Le generazioni più anziane spesso tendono a difendere i propri valori e il proprio modo di vedere la realtà. Questo è comprensibile: ogni generazione costruisce una propria identità basata sulle esperienze vissute, e ammettere che queste esperienze potrebbero non essere più rilevanti o addirittura sbagliate è estremamente difficile. Ma questo porta a una resistenza verso il cambiamento, e in particolare verso le nuove idee proposte dai giovani.
Un esempio emblematico di questo conflitto è il dibattito sul cambiamento climatico. I giovani, grazie anche al lavoro di attivisti come Greta Thunberg, hanno portato alla ribalta il tema dell’emergenza climatica. Tuttavia, molti politici e figure di rilievo delle generazioni più anziane hanno minimizzato o ignorato questi appelli, considerando i giovani come troppo emotivi o drammatici. Invece di riconoscere la validità scientifica e l’urgenza della questione, le nuove generazioni sono state bollate come “ingenue” o “idealiste”.
Questo scontro di prospettive, però, non fa altro che rallentare il progresso. In un mondo che cambia così rapidamente, aggrapparsi ai vecchi paradigmi può essere dannoso, non solo per i giovani, ma per l’intera società. Le nuove generazioni devono essere viste non come una minaccia, ma come una risorsa, capace di portare soluzioni innovative a problemi che le generazioni precedenti non sono riuscite a risolvere.
5. Il ruolo dei giovani nella società di oggi: voce o eco?
I giovani oggi hanno un ruolo sempre più importante nei movimenti sociali, nella politica e nel cambiamento culturale. Ma la domanda rimane: sono veramente ascoltati?
La risposta non è semplice. Da una parte, ci sono esempi di giovani che sono riusciti a far valere la propria voce, come Malala Yousafzai, Greta Thunberg o i ragazzi del movimento Black Lives Matter. Questi giovani sono diventati simboli di resistenza e innovazione. Tuttavia, per ogni giovane che riesce a emergere, ce ne sono molti altri le cui idee vengono soffocate o ignorate. Il rischio è che i giovani siano visti solo come una “forza lavoro fresca” da utilizzare per rinvigorire vecchie idee, senza mai permettere loro di proporre qualcosa di davvero nuovo.
Per evitare questo, è necessario che i giovani abbiano più spazi di partecipazione reale e non siano limitati a ruoli simbolici. La loro voce deve essere una voce attiva, capace di influenzare le decisioni, non solo di ripetere ciò che le generazioni precedenti hanno già detto.
Conclusione
In conclusione, la discriminazione anagrafica è un fenomeno reale e pervasivo che limita la partecipazione attiva e autentica dei giovani nella società. Definirli “prodigio” o sminuire le loro idee sulla base della loro età rappresenta un modo per evitare di riconoscere la forza e il valore collettivo di un’intera generazione. La tendenza a delegittimare le voci dei giovani non solo è ingiusta, ma è anche controproducente per la crescita e l’evoluzione della società stessa.
Ascoltare e valorizzare
Il rifiuto di ascoltare e valorizzare le nuove prospettive rischia di perpetuare vecchi paradigmi che non sono più adatti a rispondere alle sfide contemporanee. Dalla crisi climatica alla disuguaglianza economica, passando per i cambiamenti culturali e tecnologici, i giovani stanno affrontando un mondo complesso, che richiede soluzioni creative e visioni innovative. Eppure, quando il loro contributo viene sminuito per la mancanza di “esperienza”, ciò che viene effettivamente ignorato è la loro capacità di adattarsi, innovare e guardare al futuro con una chiarezza che talvolta manca alle generazioni precedenti.
Discriminazione anagrafica
Riconoscere la discriminazione anagrafica significa affrontare non solo il pregiudizio implicito nei confronti dei giovani, ma anche l’inerzia culturale che impedisce un ricambio generazionale sano e necessario. I giovani non devono essere solo spettatori delle decisioni che modellano il loro futuro, ma protagonisti attivi. Ascoltarli non significa cedere al ribellismo o all’irrazionalità, ma abbracciare la possibilità di un cambiamento positivo, capace di apportare soluzioni innovative e sostenibili.
Il futuro appartiene alle generazioni giovani e riconoscere il loro valore oggi è fondamentale per creare una società più equa, inclusiva e resiliente. La sfida non è solo quella di accogliere le idee dei giovani, ma di farlo con la consapevolezza che una società che non sa valorizzare il pensiero giovane è una società che rischia di condannarsi alla stagnazione.
È giunto il momento di superare la visione secondo cui l’età è un criterio di giudizio per la validità delle idee. Solo così potremo costruire un mondo che valorizzi il potenziale di tutti i suoi membri, indipendentemente dall’anno di nascita, e che sappia davvero evolversi per affrontare le sfide del futuro.
Vi ricordo che se avete bisogno del mio aiuto potete contattarmi
Buongiorno amici. Oggi riflettiamo su una frase che mi è stata detta più volte: “Terry mi sento morto dentro”.
“Terry mi sento morto dentro”. Sentirsi morti dentro è il risultato di un periodo di cambiamento o di una cattiva gestione emotiva, ma può anche nascondere un disturbo psicologico.
Quando qualcuno dice “mi sento morto dentro”, in realtà sta chiedendo aiuto e sta cercando di comunicare che ha perso la motivazione, l’entusiasmo e la capacità di provare piacere o interesse giorno per giorno.
In questi casi la vita diventa un susseguirsi routinario di momenti senza uno scopo apparente; quella scintilla di voler migliorare, che ci mobilita tutti, si spegne dentro. Cosa succede? Come si può migliorare questa situazione?
Non sarebbe esatto presumere immediatamente che la persona soffra di qualche disturbo psicologico, ci sono diverse variabili da considerare. È importante capire che gli stati d’animo fluttuano e non è naturale essere sempre felici o sulla cuspide emotiva. Tuttavia, rimanere a lungo in quel quadro di apatia può essere patologico ed è conveniente cercare supporto. Vedi perchè.
“Terry mi sento morto dentro”: segni che riflettono questo stato
Questa esperienza di vuoto interiore può essere diversa per ogni persona. C’è chi la vive in modo più simile a una profonda tristezza, altri provano emozioni simili all’angoscia e c’è anche chi sembra non provare nulla.
In ogni caso, i seguenti sono alcuni segni che possono aiutarti a identificare se ti trovi in questo stato.
Pensi di non avere uno scopo o un obiettivo. Ti ritrovi bloccato e senza meta.
La vita ti sembra vuota e priva di significato. Spesso ti chiedi perché sei qui e non trovi una risposta convincente.
Sembri separato da te stesso. Ad un certo punto, ti rendi conto che non ti conosci o non capisci te stesso; Non sai cosa vuoi o di cui hai bisogno.
Hai perso la motivazione e la capacità di provare piacere. Niente genera interesse in te, nemmeno quelle attività che ti piacevano o ti divertivano.
Ti senti profondamente soloe disconnesso dagli altri. Anche se sei circondato da persone, non riesci a stabilire legami profondi e significativi. Insomma, non ti senti compreso o supportato nelle tue relazioni; né ti connetti con le esperienze e le esperienze degli altri.
Non puoi provare emozioni o connetterti con esse. Ti senti intorpidito a livello affettivo e questo torpore emotivo ti impedisce di provare gioia, tristezza, rabbia o giubilo per gli eventi della tua vita. Per lo stesso motivo, ti è difficile esprimere le tue emozioni, verbalizzarle e condividerle.
“Terry mi sento morto dentro”- perché?
Sono molte le situazioni, patologiche e non, che portano una persona a sentirsi “morta dentro” per un tempo più o meno prolungato. I più comuni sono dettagliati di seguito.
Profonda tristezza e angoscia sono associate alla sensazione di essere “morti dentro”.
Hai subito un duro colpo emotivo
È comune che, dopo aver attraversato un’esperienza dolorosa e scioccante, i sentimenti sembrino congelarsi. Pertanto, se stai affrontando un duello, è probabile che ti senta “morto dentro”. Ricorda che il lutto nasce dalla perdita di una persona cara, ma anche da un licenziamento dal lavoro, dalla fine di un’amicizia o da un cambio di fase della tua vita, per esempio.
Questo vuoto e ottusità è comune, specialmente quando si verifica un lutto ritardato; quello in cui la persona non reagisce immediatamente all’evento, reprime le proprie emozioni e “congela” la sofferenza per dopo.
Non sai come gestire le tue emozioni
Forse quella sensazione di disconnessione emotiva è un meccanismo usato inconsciamente per evitare il dolore. Infatti, all’interno delle principali strategie di coping utilizzate dalle persone, questa si concentra sulla soppressione, la negazione o l’evitamento dell’emozione dolorosa e scomoda con cui non sanno come affrontare.
Ti manca il supporto sociale
L’isolamento sociale non è solo una conseguenza dell’apatia, ma può esserne anche la causa. Tieni presente che, in quanto esseri sociali, le persone hanno bisogno che gli altri condividano esperienze, ricevano sostegno e creino un senso di appartenenza.
La mancanza di legami significativi e la solitudine che ciò comporta, secondo uno studio pubblicato su Harvard Review of Psychiatry, è una delle componenti principali della sensazione di vuoto.
Stai affrontando una crisi esistenziale.
Una crisi esistenziale è un periodo di domande interne sul significato della propria vita. Di fronte a così tante domande senza risposta, può placarsi un sentimento di passività, abbandono e disperazione. Queste crisi sono più comuni in alcune fasi della vita (come l’adolescenza) e arrivano a generare una prospettiva negativa di noi stessi, degli altri e del futuro.
” Terry mi sento morto dentro”- Sperimenti la dissociazione
La dissociazione implica una disconnessione tra la mente di una persona e la sua realtà presente; questo può portarla a sentirsi strana e distaccata dal mondo che la circonda.
Soffri di ottusità affettiva
D’altra parte, se mi sento “morto dentro”, probabilmente sto sperimentando un fenomeno noto come affetto attenuato. Consiste in un’indifferenza o mancanza di reazione agli eventi che dovrebbero innescare una risposta emotiva. E può insorgere come sintomo isolato o come parte di una condizione più complessa come il disturbo da stress post-traumatico (PTSD).
Hai un disturbo psicologico- “Terry, mi sento morto dentro”
Oltre ai disturbi legati al trauma, la profonda sensazione di vuoto è anche associata ad altre condizioni. Secondo il già citato articolo di Harvard Review of Psychiatry,può comparire nel contesto della depressione o di altri disturbi affettivi, nella schizofrenia o nel disturbo narcisistico di personalità.
Allo stesso modo, i sentimenti cronici di vuoto sono una delle esperienze più comuni e caratteristiche all’interno del disturbo borderline di personalità. È anche uno dei criteri diagnostici che compongono il DSM-V (Manuale diagnostico e statistico dei disturbi mentali).
Quando la sensazione di vuoto è di lunga durata e influenza la vita quotidiana, è pertinente cercare aiuto.
“Terry mi sento morto dentro”: come affrontarlo?
I passaggi per superare questo stato dipendono in gran parte dalle sue cause. In generale, i seguenti sono alcuni suggerimenti utili:
Rivedi le tue esperienze di vita più rilevanti. In essi puoi trovare la radice di quella sensazione di vuoto e disconnessione; applicare strumenti come la linea della vita.
Cerca di riconnetterti con le tue emozioni. Questo può essere scomodo per te, ma il sentimento è l’unico modo per rilasciare la carica emotiva contenuta.
Concediti del tempo. Quando stai attraversando un lutto, ti stai riprendendo da un evento difficile o stai affrontando un grande cambiamento, hai bisogno di tempo per riadattarti. Consenti a te stesso di sentire e non forzarti a sperimentare la felicità se non la vivi in quel modo.
Analizza quali sono le tue strategie di coping. Cioè, quali modi o risorse usi per affrontare situazioni difficili o stressanti. Se tendi a reprimere o sopprimere il dolore, considera di iniziare a provare altre tecniche.
Creare reti di supporto. È vero che quando la demotivazione intrappola è difficile avvicinare gli altri per vivere insieme; ma condividere tempo ed esperienze con altre persone può darti l’incoraggiamento e il rinforzo di cui hai bisogno per uscire da quello stato.
Pratica l’attivazione comportamentale. Questa è una tecnica ampiamente utilizzata nel trattamento della depressione; Consiste nell’impegnarsi in attività che forniscono piacere o rinforzo. Sarà necessario fare uno sforzo in più per programmare e assecondare queste dinamiche (che al momento non sono allettanti), fino a quando non inizierai ad attivarti.
Buongiorno amici. Oggi parliamo di incubi causati dall’ansia.
Sognare che qualcuno ti sta inseguendo per farti del male o che dimentichi qualcosa di molto importante. Immergersi in uno scenario dominato da minacciosi fenomeni atmosferici. Ti è mai successo? Gli incubi sono più frequenti quando la tua mente è attanagliata dall’ansia e da un intenso stress emotivo. Sono fenomeni che, se persistono, sono molto logoranti.
Il cervello, in questi casi, assimila ed elabora buona parte delle tue esperienze quotidiane. Quando trascorri un periodo dominato dall’angoscia e dalla preoccupazione costante, quella “fossa emotiva” si manifesterà durante la fase REM. Se stai vivendo questa esperienza proprio adesso, la cosa più decisiva è conoscere l’origine di quello stato ansioso.
Cosa sono e perché si verificano gli incubi legati all’ansia?
È normale che a volte si facciano sogni terrificanti. Tuttavia, gli stati d’ansia sono più frequentemente legati agli incubi notturni.
Gli incubi legati all’ansia sono il sintomo di un problema di fondo che va chiarito. Diamo un’occhiata ai meccanismi che li producono.
Il cervello cerca di elaborare le tue emozioni-incubi causati dall’ansia
Anche se a nessuno piacciono gli incubi, la verità è che svolgono la loro funzione psicobiologica.
Il cervello cerca di elaborare e integrare quelle esperienze, sensazioni ed emozioni che hai durante la giornata. Quando si ha a che fare con l’ansia, quell’impronta angosciante si materializza in minacciosi scenari onirici.
Problemi sociali e psicologici
L’ansia, di per sé, è una dimensione multifattoriale che può rispondere a stati del tutto normali, così come ad alcuni disturbi psicologici. Elenchiamo quelle possibili causalità:
Disturbi d’ansia: condizioni cliniche come fobie, ansia generalizzata o disturbo ossessivo-compulsivo
Disturbo da stress post-traumatico (PTSD): un fatto che vi abbiamo già sottolineato è che gli psicologi sono abituati a vedere i loro pazienti affetti da disturbo da stress post-traumatico avere incubi molto spiacevoli.
Stress e difficoltà personali: problemi lavorativi o disoccupazione, difficoltà economiche o crisi relazionali sono solitamente variabili che scatenano brutti sogni e incubi. Si tratta, però, di dimensioni psicosociali e non patologiche. Tuttavia, queste realtà possono peggiorare se queste preoccupazioni perdurano nel tempo e si entra in situazioni di stress cronico.
Un sistema nervoso disregolato-incubi causati dall’ansia
Il sistema nervoso è disregolato se è costantemente in lotta, fuga o congelamento. L’ansia spesso provoca la sensazione di essere sempre in allerta e di avere tutto il corpo in modalità sopravvivenza. Immagina cosa significa per il corpo e la mente mantenere questa situazione per settimane o mesi.
Questo disturbo del sistema nervoso favorisce anche la comparsa di brutti sogni. C’è un eccesso di cortisolo e di adrenalina, con cui tutta questa rete predeterminata del cervello finisce per manifestare questa angoscia e disregolazione negli incubi, in immagini avverse. Tieni presente che questa minacciosa tela da sogno non è altro che il riflesso di una mente che chiede aiuto.
Difficoltà sanitarie
Molte volte i brutti sogni compaiono quando il disagio emotivo si combina con l’insonnia. A loro volta, condizioni come l’apnea o i disturbi del ritmo circadiano sono accompagnati dalla presenza di sogni spiacevoli.
Allo stesso modo, è importante tenere conto di un altro fattore scatenante. Spesso, quando si sospendono gli antidepressivi o le benzodiazepine, i pazienti tendono a soffrire di incubi. La sindrome da astinenza dopo la sospensione di un farmaco psicoattivo ha come effetto questa peculiarità.
Come fai a sapere se la causa degli incubi è l’ansia?
Potresti aver fatto sogni spiacevoli per un po’ e chiederti se l’origine sia l’ansia.
La cosa più consigliabile, in ogni caso, è tenere un registro dei sintomi e degli incubi. Conoscere la sua frequenza, il suo tema e anche sapere com’è la tua qualità di vita è un buon passo per capire a cosa è dovuto. Descriviamo tuttavia alcune linee guida per chiarire se l’origine è l’ansia.
Riconosci i sintomi associati ai disturbi d’ansia
L’ansia si manifesta in molteplici modi e non solo attraverso gli incubi. Considera se riscontri altri sintomi come i seguenti:
Preoccupazione.
Irritabilità.
Tensione fisica.
Pressione al petto.
Sensazione di soffocamento.
Pensieri negativi.
Preoccupazione persistente.
Disturbi gastrointestinali.
Sensazione di pericolo imminente.
Problemi ad addormentarsi.
Eviti ciò che ti preoccupa o ti genera ansia.
Analizza come sono gli incubi
I disturbi dell’umore hanno generalmente un legame significativo con gli incubi. Quest’ultime però devono avere caratteristiche particolari affinché possiamo associarle all’ansia. Lo analizziamo:
Frequenza: compaiono più volte alla settimana. Inoltre, il riposo è solitamente di scarsa qualità, è difficile addormentarsi e, quando finalmente si raggiunge la fase REM, compaiono gli incubi.
Esistono schemi ricorrenti: gli incubi causati dall’ansia tendono ad essere temi ripetitivi o presenti associati alla tua angoscia quotidiana. È comune sognare persecuzioni, minacce, cadute o perdita di controllo, perdita di qualcosa o qualcuno di valore, umiliazioni pubbliche, catastrofi o disastri naturali, ecc.
Gli incubi aumentano il disagio: una caratteristica dei brutti sogni è che solitamente vengono ricordati perché ci si sveglia poco dopo averli fatti.
Quali strategie possono aiutarmi?
Viviamo in una società così esigente, complessa e piena di stimoli che è comune trascurare il proprio benessere e la salute mentale quasi senza rendersene conto. Pertanto, il primo passo che ti aiuterà è lasciare spazio a ciò che senti. Quindi, rifletti su queste chiavi.
Comprendi le cause
Se soffri di disagio fisico o psicologico e fai brutti sogni per alcune settimane o mesi, è consigliabile avere un registro. Si tratta di una tecnica che può essere richiesta anche in terapia psicologica. Serve a chiarire e controllare i sintomi. Prendi nota delle strategie:
Identificare i fattori scatenanti: ci sono modelli o temi ricorrenti ? Cerca eventi, emozioni o situazioni nella tua vita quotidiana che potrebbero essere collegati agli incubi.
Diario dei sogni : scrivi su un quaderno i giorni in cui hai gli incubi. Annota il contenuto del sogno, le emozioni che hai provato e tutti gli eventi stressanti che hai avuto durante la giornata.
Riflessione emotiva: dedica del tempo a riflettere su come ti senti. Stai affrontando qualche fonte di stress o ansia? Analizzalo, connettiti con te stesso e prova a descrivere le conclusioni a cui raggiungi in quel diario.
Tecniche di rilassamento
Le tecniche di rilassamento sono ideali per calmare corpo e mente, ridurre lo stress e preparare la mente a un sonno più tranquillo. L’idea è provare diversi strumenti e attenersi a quelli che funzionano per te, come questi:
Meditazione: pratica la meditazione o la consapevolezza prima di dormire. Questo può aiutarti a regolare le tue emozioni, l’ansia e quella mente che non smette di pensare a idee negative.
Respirazione profonda: esegui esercizi di respirazione profonda per rilassare il corpo. Prova la tecnica 4-7-8, che consiste nell’inspirare per 4 secondi, trattenere il respiro per 7 secondi ed espirare per 8 secondi.
Yoga o stretching: non esitate a includere nella vostra camera una breve sessione di yoga o di stretching dolce. Questo può allentare la tensione fisica e mentale. Su Internet ci sono molte proposte che possono servire da riferimento.
Ambiente favorevole al sonno
Un ambiente di sonno adeguato può migliorare il riposo e ridurre gli incubi causati dall’ansia. In ogni caso, ricorda che questa raccomandazione è una strategia secondaria o complementare, poiché la cosa più decisiva è chiarire l’origine del tuo disagio. Prendi nota ora di una pratica e semplice guida per migliorare il tuo riposo notturno:
Controlla la tua dieta: limita il consumo di caffeina, alcol e cibi pesanti prima di andare a letto.
Stabilisci una routine adeguata: vai a letto e svegliati alla stessa ora ogni giorno per regolare il ciclo del sonno.
Crea un ambiente confortevole: assicurati che la tua stanza sia silenziosa, buia e fresca. Non esitate a utilizzare tende oscuranti o ad accendere musica rilassante o rumore bianco.
Eliminate le distrazioni: evitate soprattutto di utilizzare dispositivi elettronici almeno un’ora prima di andare a letto, perché la luce blu può interferire con la produzione di melatonina.
Terapia psicologica
Se angoscia, disagio e incubi sono costanti nella tua vita, è tempo di consultare un professionista. Il trattamento psicoterapeutico dipenderà sempre dalle tue condizioni cliniche e dalle tue esigenze. Da parte nostra, descriviamo due approcci comunemente utilizzati per affrontare gli incubi causati da ansia o trauma.
Terapia cognitivo-comportamentale (CBT): ha una modalità volta a migliorare il riposo notturno. Consiste nell’aiutarti a identificare e modificare gli schemi di pensiero negativi che contribuiscono all’ansia e agli incubi. Inoltre vengono introdotte tecniche di rilassamento, controllo degli stimoli, ecc.
Imagination Rehearsal Therapy (IRT) – L’obiettivo di questo modello è cambiare la narrazione degli incubi riscrivendoli consapevolmente durante il giorno. Ciò ti consente di ridurre la frequenza e l’intensità dei brutti sogni e persino di avere un certo controllo su di essi. Per fare ciò, vengono utilizzate tecniche di visualizzazione e rilassamento, aggiunte all’incorporazione di rinforzi positivi per darti sicurezza e una sensazione di calma.
Incubi, la tela delle tue emozioni
La nostra cultura ha sempre cercato di svelare e comprendere il significato dei sogni. Ora, per la psicologia, il mondo dei sogni risponde al riflesso delle tue esperienze, emozioni e bisogni. È un piano che non puoi trascurare e che vale la pena monitorare attraverso un diario.
Quando hai un incubo, descrivilo, disegnalo se necessario. In quelle immagini piene di inquietudine sono inscritti problemi che, forse, dovresti affrontare con maggiore sensibilità. Non ignorare ciò che ti angoscia, perché ciò che viene trascurato si manifesta in modi diversi. I brutti sogni sono uno di questi.
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Buongiorno amici. Oggi parliamo di ferite d’infanzia e cosa succede se non le elabori.
La teoria dell’attaccamento spiega quanto sia importante per ognuno di noi, per una crescita psico-fisica sana, avere una base sicura a cui tornare. La base sicura è il genitore, il caregiver in generale, cioè qualcuno che, oltre che prendersi cura del bambino nutrendolo e garantendo il soddisfacimento dei bisogni primari per la sopravvivenza, soddisfa il bisogno di amore, anch’esso indispensabile non per la sopravvivenza, ma per la vita.
Sai cos’è la deprivazione emotiva?-ferite d’infanzia
Partiamo da un preconcetto: la maggior parte dei genitori non è consapevole di star trascurando emotivamente il proprio figlio. Spesso succede che questo bisogno di amore e conferme non sempre vengano soddisfatti, e non necessariamente per cattiva volontà, ma a volte per mancanza di tempo ed energie, o perché anche i genitori stessi a loro volta sono stati bambini e probabilmente non hanno ricevuto abbastanza amore e non hanno quindi imparato ad amare.
A volte sono piccoli gesti di noncuranza protratti nel tempo a creare il seme della deprivazione emotiva. Problemi che non sempre vengono colti con velocità e immediatezza data l’apparente normalità nella quale il bambino sembra vivere.
Possiamo considerare tre sottospecie di trappola da deprivazione emotiva
1. Deprivazione di accudimento amorevole: i tuoi genitori ti tenevano abbastanza in braccio? ti coccolavano abbastanza? Ti consolavano e calmavano? Giocavano con te?
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2. Deprivazione di empatia e riconoscimento: i tuoi genitori erano interessati ad ascoltarti? Erano capaci di capire i tuoi bisogni ed i tuoi sentimenti? Comunicavano con te?
3. Deprivazione di protezione e guida: da piccolo/a potevi fare riferimento ai tuoi genitori per essere supportato/a e protetto/a in caso di bisogno? C’era qualcuno che badava a te e ti faceva sentire al sicuro?
La disregolazione emotiva-ferite d’infanzia
I bambini durante la loro crescita cambiano e modificano continuamente il loro modo di “sentirsi” nel mondo. Durante questo percorso è capitato a molti di loro di non riuscire a dare un nome e un senso a quelle sensazioni che provano, che qualche volta possono arrivare a ingombrare tutto il loro sentire, non lasciando spazio e tempo per altro. Quando ciò succede ha inizio un disregolazione delle emozioni che può stravolgere e dare sofferenza in ogni ambito della loro vita.
Immaginiamo delle situazioni comuni in cui al bambino viene chiesto di reprimere le proprie emozioni, di non fare richieste, di non piangere perché “diventare grandi vuol dire risolversi i problemi da soli” senza chiedere l’aiuto degli altri. O ancora, quelle situazioni in cui al bambino non viene mai dato un rinforzo positivo ma gli si rimanda che avrebbe potuto sempre fare di più, che qualcun altro è stato più bravo di lui ecc.. tutto questo può interferire significativamente con la costruzione della propria autostima e sul proprio benessere emotivo.
Quando c’è un bambino arrabbiato, preoccupato, emozionato, gioioso è necessario che ci sia un adulto capace di ascoltare e di non invalidare qualsiasi tipo di emozione si presenti. Chiedere a un bambino preoccupato cosa lo disturbi in quel momento è il primo passo per educare alle emozioni. Se, al contrario, dinanzi a uno stato di preoccupazione ovvero di agitazione c’è un adulto che fa sentire inadeguato un bambino, quest’ultimo imparerà a non dar voce alla sua emotività.
Non ascoltare l’emotività di un bambino e non educarlo alle emozioni lo faranno crescere con l’inconsapevolezza di ciò che sentirà poiché l’emotività del bambino di ieri non sarà connessa con quella dell’adulto di domani.
ferite d’infanzia: come diventiamo da adulti?
Quando i bisogni emotivi di un bambino non vengono soddisfatti durante l’infanzia, lo sviluppo della personalità verrà modellato in modi specifici. In effetti, una forte carenza emotiva può invalidare la sfera emotiva del bambino e l’adulto di domani, ne risulterà completamente sconnesso.
Le conseguenze della mancanza di affetto sono innumerevoli e diverse da individuo a individuo anche per aspetti individuali che possono incrementarle o ridurle, tuttavia sicuramente l’assenza di amore nelle sue diverse forme, lascia un segno e compromette l’immagine di sé, l’autostima e le relazioni nel corso della vita. Ecco alcune conseguenze:
1. Dipendenza affettiva
Non ti senti amato/a dal tuo partner? Forse dovresti accettare che non hai avuto dei buoni genitori!
Di fatto la carenza affettiva induce alla dipendenza emotiva. Le persone alle quali è mancato l’amore andranno per il mondo con avidità alla continua ricerca di affetto. Di qualunque forma affettiva possa loro confermare anche in maniera anomala, disturbata e non veritiera che vi sia dell’amore e della considerazione. Ricercheranno conferme e riconoscimento attraverso rapporti di dipendenza, rapporti nocivi ed insoddisfacenti. Infatti sono facili prede di approfittatori che tendono ad usare tale fragilità per manipolarla per i loro fini.
La relazione di coppia diventa quindi un’opportunità mediante la quale guarire una volta per tutte le proprie ferite: il partner diventa, in un certo senso, un sostituto del proprio padre o della propria madre e si pretenderà di essere amati incondizionatamente come ci si sarebbe aspettati dai propri genitori.
Tali presupposti comportano nella coppia comportamenti disfunzionali: la relazione diventa tesa e conflittuale, la comunicazione diventa aggressiva e sfidante dato che si pretenderà con forza ciò che si pensa spetti di diritto. Non mancano atteggiamenti passivo aggressivi vittimistici che lentamente vanno a ledere l’affettività, la sessualità e in più in generale l’intera relazione.
2. Emarginazione
Sei fermamente convinto che l’amore o la vera amicizia non esistano? Forse hai paura di amare o peggio pensi di non essere all’altezza di stringere legami!
Per chi soffre di un vuoto affettivo la chiusura di un legame vuol dire cadere in una profondissima solitudine, avvertire un “nulla” che diventa intollerabile, andare avanti con una profonda sofferenza.
e carenze affettive nell’infanzia portano l’adulto ad una rassegnazione, a un ritiro emotivo e a un substrato depressivo. Ci si abitua a non essere abbracciati, a non essere baciati, a non essere amati e ci si convince di stare bene, che non sono necessarie avere relazioni perché non si ha bisogno di niente.
3. Frustrazione in ambito lavorativo
Odi tutti: i tuoi colleghi e il tuo datore di lavoro? Sappi che l’ostilità verso gli altri nasce sempre da una mancanza….magari sei tu che non sei mai stato valorizzato da chi avrebbe dovuto farlo!
L’ambito affettivo-sentimentale non è l’unico contesto in cui possono venire fuori le proprie carenze affettive. Può avvenire lo stesso anche in ambito lavorativo. Chi non si è sentito riconosciuto e valorizzato durante l’infanzia potrà provare, per esempio, una fortissima frustrazione se non si sentirà valorizzato dal suo capo o dai suoi colleghi. Queste figure diventeranno inconsciamente una proiezione dei genitori.
4. Sviluppo di comportamenti aggressivi
Ti arrabbi al minimo intoppo e pensi che tutto ti sia dovuto? Probabilmente hai sviluppato un meccanismo di difesa inconscio per riscattarti da quella ancestrale ingiustizia subita
Un bambino cresciuto nell’indifferenza può sviluppare un comportamento aggressivo da adulto, specialmente se è stato sottoposto a continua trascuratezza emotiva. L’abbandono, l’ignoranza, la disaffezione o l’abuso sui minori possono trasformarsi in rabbia, risentimento verso i genitori o addirittura verso la società. Di conseguenza, è molto probabile che un orfano d’amore assuma un comportamento aggressivo.
Bastano delle piccolezze come un ritardo di un quarto d’ora o la mancata risposta ad un sms per mandarlo in escandescenza. Per chi si trascina carenze emotive, ogni minimo segnale di rifiuto o di disinteresse da parte di una persona significativa può innescare una sensazione di disperazione che si traduce con rabbia e accuse.
Per esempio, se il partner non risponde ad un sms, penserà cose altamente ansiogene del tipo: ” Fa cosi perché non gliene importa nulla di me”, ” Non può rispondermi perchè è con un altro/a” oppure ” Lo sapevo: ha intenzione di lasciarmi”.
5. Totale mancanza di empatia-ferite d’infanzia
Il tuo migliore amico o peggio il tuo partner mostra indifferenza verso i tuoi bisogni? Se è cresciuto privato dell’amore dei suoi genitori non c’è da meravigliarsi!
Un bambino che riceve amore sa donare amore, mentre se un bambino manca di amore e di affetto, può riprodurre lo stesso modello di comportamento da adulto, divenendo apatico e sviluppando la sua indifferenza verso la sofferenza degli altri. Potrebbe entrare in uno stato di freezing, non sentire il dolore degli altri e comportarsi in un modo totalmente privo di empatia, anche influenzando le sue relazioni sociali.
E tu, che adulto sei diventato?
E’ davvero triste che la vita di un bambino possa essere influenzata per sempre. Molto di più se è dovuto alla mancanza di attenzione, amore e affetto dei loro genitori o tutori. Adesso sei adulta/o, hai il potere e il diritto di amarti e di stare bene con te stessa/o. Diventa il genitore di te stessa/o e che non hai mai avuto. Rimetti a posto quel tassello mancante nel tuo sistema di credenze.
Non aspettare che siano gli altri a farlo, Non aspettarti considerazione dall’esterno!
Hai presente quando vedi un bambino andare per la prima volta in bicicletta sotto gli occhi ammirati dei genitori? Il bambino dice «guardami, mamma, guarda quanto sono bravo». Molti adulti vivono bloccati in questa modalità. «vi prego, mondo! Nota quanto sono bravo». Questo arresto è legato a carenze nel passato. Nessuno può tornare indietro e darti la considerazione e la comprensione che non hai mai avuto quando più ne avevi bisogno. Quel bisogno, però, ora è rimasto intatto e ciò che posso fare è darti i mezzi per soddisfarlo da solo. Perché tu puoi farlo.
Puoi guardare a te stesso come farebbe un genitore fiero e orgoglioso di ciò che sta diventando il suo bambino. Puoi e anzi, meriti di essere considerato, stimato e amato. L’unico inconveniente è che gli altri inizieranno a notarti solo quanto tu noterai te stesso. Gli altri, inizieranno ad amarti davvero solo quando tu inizierai ad amarti.