Buongiorno amici. Oggi parliamo di femmine e maschi. C’è differenza? No.
Nessuno se ne accorge all’inizio perché cominciamo a leggere una parte alla volta. Perché siamo incuriositi dalle differenze e partiamo pregiudicanti.
È quando ci accorgiamo che le due parti sono identiche… Ci meravigliamo e riflettiamo.
Maschi e femmine
Sono secoli che, fin da piccini, ci inculcano l’idea, sbagliata, che i maschi devono fare determinate cose e le femmine altre.
Che i maschietti devono comportarsi in un modo e assolutamente n in un altro e le femmine sono l’esatto opposto.
Che non hanno le stesse capacità fisiche e mentali.
Che gli uomini devono fare alcuni lavori, sport, avere hobby completamente diversi dalle femmine. Ma perché?
Retaggi culturali, ovviamene, ma che si insinuano nella mente dei bambini che, già da adolescenti, cresceranno in modo sbagliato.
La Famiglia
Come cresce u ragazzo, come diventerà adulto e camminerà da solo nel mondo dipende dalla propria famiglia, dalla propria infanzia.
Se nasciamo e cresciamo n una famiglia in cui “tu sei un maschio non puoi e non devi piangere: è da femminucce, devi essere forte”. in cui” il ballerino? Ma è uno sport da femmine…o sei gay per caso(tono di rimprovero e di delusione)?” dove “i maschi non si truccano, che schifo” e ancora “sei una donna non puoi giocare a calcio”.
Da qui mille problemi: la paura di fare coming out in famiglia per i ragazzi che coprono di essere omosessuali; la paura di dire in famiglia che si vuol fare quel lavoro o quello sport.
Il trattenere le proprie emozioni perché altrimenti non va bene, non si deve, non si può. Non posso piangere quando vorrei. Non posso gioire come una matta perché non si fa. Non posso essere arrabbiata e non aver voglia di parlare per un giorno intero perché non è rispettoso nei confronti degli altri.
Ma perché? Perché siamo pieni di tutti questi condizionamenti che ci impediscono di crescere in modo sano o, per lo meno, di essere noi stessi?Perché dobbiamo fingere di essere quello che non siamo solo per compiacere gli altri?
E perché voi genitori, lo fate, senza accorgervi che così danneggiate i vostri ragazzi e li allontanate sempre di più da voi?
Crescere
Parola d’ordine? Educare ad essere quello che si vuole e metterci tutto l’impegno che serve, costi quel che costi, per raggiungere i propri obiettivi.
E chi se ne frega se la ragazza vuol diventare un calciatore e il ragazzo un ballerino di danza classica e si trucca. Se questo è davvero quello che vogliono, se il loro talento li porta a questo i genitori non devono fare altro che aiutarli a sbagliare e a rialzarsi. A credere in loro stessi, a non paragonarsi a nessuno perché loro sono unici. Questo bisogna fare.
Buongiorno amici. Oggi pariamo di dialogo e della sua importanza per i ragazzi.
I ragazzi…sempre criticati, additati da giudizi troppo affrettati e da pregiudizi per come parlano, si muovono, vestono, per la musica che ascoltano.
Ma li avete ascoltati davvero anche solo una volta?
Dialogo
A volte sembra che non hanno bisogno di voi genitori, a volte sembra quasi che la vostra presenza dia fastidio ma non è così. La cosa più importante per loro è la presenza, il dialogo.
Quel dialogo che, purtroppo, si sintetizza spesso attraverso una chat, un messaggio su whatsapp o su un social. Pochissime parole per sintetizzare un mondo interiore, un’angoscia, una paura, un sentimento. Possibile? no.
Ma, oggi, è l’unico modo che si ha per rimanere costantemente a contatto con chi ci vuol bene. Un assurdo? Può essere ma riflettiamo.
Se ai ragazzi non fregasse davvero nulla di parlare, del dialogo, di comunicare non starebbe o attaccati ad un mezzo che, poi, di vicinanza ha ben poco. Ma dietro quel nick c’è una persona che lo ascolta, o almeno dovrebbe.
Sì, perché ok, con gli amici si scherza, si confidano piccoli grandi segreti. Ma nel vero momento di crisi, di dubbio, di indecisione e sofferenza e di gioia vogliamo sempre l presenza di chi ci ha messo al mondo e ci ama.
Genitori
Sì, siete proprio voi, cari genitori. Ma cosa succede spesso? Che predicate bene e razzolate male.
Criticate i vostri ragazzi perché passano troppo tempo sul telefono a chattare con amici con chissà chi, a vedere quelli sui social e bla bla bla..ma voi?
Non date spesso il buon esempio. Perché noi adulti siamo i primi ad essere attaccati ai telefoni. Da qui lo sharenting: il trip di fotografare qualsiasi, e dico davvero qualsiasi, cosa faccia il figlio, per la maggior parte delle volte minorenne, bambino, senza goderci quei momenti.
Si fanno centinaia di video , foto, per metterle sui social e ricevere tanti complimenti o tanti insulti. Cominciate a dare l’esempio. Come? Il dialogo.
Parlate
Dedicate tempo ai vostri ragazzi, dovete. Perché, a modo loro, hanno bisogno, un bisogno tremendo della vostra vicinanza, della vostra presenza. Hanno bisogno di essere ascoltati, ma ascoltati attivamente.
Non del “adesso non posso, più tardi”. No, hanno bisogno dic apire che la loro casa è un porto sicuro e che voi siete una spalla su cui potersi appoggiare sempre.
Siete le persone che li amano sopra ogni cosa, senza giudicarli, mai e, che per qualsiasi cosa, ci siete a dare una mano, a consigliare, a fare capire dove hanno sbagliato per aiutarli a non commettere più quello sbaglio.
E quindi, mettete da parte un po’ quei telefoni e…parlate.
Buongiorno amici. Oggi discussione: figli performanti? no, felici.
I genitori vorrebbero figli performanti, ma gli adolescenti chiedono solo di essere felici. Questa la tesi dello psichiatra Sergio De Filippis, docente di Psichiatria delle dipendenze all’Università La Sapienza di Roma e direttore sanitario di Villa von Siebenthal.
Ansia e depressione
Secondo De Filippis, alla base dell’ansia e depressione che colpisce la metà degli adolescenti italiani c’è tanta solitudine e l’incapacità di sentirsi performanti.
“Noi adulti stiamo cercando ossessivamente di crescere giovani performanti, ma ci dimentichiamo che chiedono solo di essere felici” afferma De Filippis. L’adolescente si sente inoltre invisibile, coccolato da piccolo ma poi lasciato solo quando diventa più grande. “Molte volte il genitore si trasforma in adolescente per compiacere il figlio, diventa suo amico. Niente di più sbagliato perché l’adulto deve fare l’adulto, il padre deve fare il padre, la madre la madre. I genitori non possono gareggiare su chi ha più appeal sui social” sottolinea l’esperto.
No ai genitori adolescenti
Molto spesso noto che il considerarsi amici dei propri ragazzi viene fuorviato, non viene capito.
Gli amici, in età adolescenziale, sono il gruppo dei pari, i loro coetanei. Le parsone con cui svagarsi, con cui ridere avere i propri piccoli segreti, confidarsi dell’amore che ci fa battere il cuore.
Tutto questo è raro sia condiviso coi genitori. Non essere amici non vuol dire fare il carabiniere.
Ma i genitori sono importantissimi per i ragazzi, anche se a volte non sembra sia così.
Il ruolo del genitore deve essere quello di supporto, di persona ,matura che consiglia nel modo giusto. Se devo chiedere un coniglio su una questione molto importante devo pensare di poterlo fare con una mamma o un papà che mi ascoltano davvero e che hanno l’esperienza giusta per potermi aiutare a capire cosa fare in diversi ambiti.
l porto sicuro, la casa intesa come focolare in cui non vengo giudicato e, per fare ciò, il genitore deve essere autorevole e mai autoritario. Non l’amico.
Il pensiero dello psichiatra
De Filippis è consulente scientifico del progetto “Mi vedete?” che ha coinvolto oltre 1.800 studenti, insegnanti e famiglie negli istituti scolastici con l’obiettivo di ascoltare gli adolescenti e rispondere ai loro bisogni inespressi. “Ossessivamente pensiamo che nostro figlio debba essere il più bravo a sport o a scuola, senza capire che questo è il piacere di noi genitori, non del figlio” rimarca. “Dobbiamo far sì che i ragazzi commettano errori, cadano e poi si rialzino da soli. Le cicatrici sono importanti in tenera età.”
D’accordissimo. Non abbiate troppe aspettative su vostri ragazzi.
Non progettate la loro vita , scolastica, lavorativa e privata perché, sicuramente, avranno altre mete diverse dalle vostre e va bene così.
Piuttosto, aiutateli e seguirla la loro strada, insegnate loro a sbagliare e a correggere i loro errori. A metterci anima, corpo, mente e cuore per conquistare i loro obiettivi.
Buongiorno amici. Oggi parliamo del parlate Con non Per loro.
Fa riflettere e pensare come una ragazza così giovane abbia tali pensieri, che, oltretutto, condivido, da adulta e professionista del settore, in toto.
A parlare è Jolanda Renga, figli …si sa di chi. Una ragazza come tutte, se non avesse due genitori famosi. Una ragazza che, come tante, ha subito cattiveria e bullismo. Una ragazza che vive la realtà di molti adolescenti e che da’ voce ai suoi pensieri, posso dirlo, da ragazza matura.
Gli adulti parlano per noi non con noi.
Come non posso essere d’accordo. Ovviamente, e lo dico sempre, non si può nè si deve generalizzare.
In molte famiglie, fortunatamente c’è dialogo e sana comunicazione. Ma ce ne sono altre che, invece, sono pinee i pregiudizi, giudizi, aspettative.
Il parlare per e non cn noi ha un significato importantissimo.
Sono tutti quegli adulti, quei genitori che sembrano avere le verità assolute sul mondo dei ragazzi E perché? Perché sono spinti dai luoghi comuni e dal pregiudizio. Senza davvero conoscere le loro realtà fatte davvero di mille sfaccettature.
Dialogo
“Mio figlio è fatto così e cosà…deve essere un avvocato, medico, ingegnere ,..bla bla…ma certo che è il più bravo di tutta la classe, deve esserlo. No, a mio figlio non piace questo o quello, te lo dico io che lo conosco”..
a invece di avere tutte queste aspettative, invece di parlare così non sarebbe meglio chiedere al diretto interessato quali sono i suoi reali interessi?
Quante volte i ragazzi vanno male a scuola perché genitori impongono o scelgono la scuola per loro(secondo i gusti e le aspettative dei genitori intendo) vedendoli poi “Fallire” e pensare che non faranno mai nulla nella vita?
E quanti ragazzi sono venuti da me disperati perché credevano davvero a questo o, altre volte perché vorrebbero parlare coi genitori ma “ogni volta è un ,uro. non mi capiscono, è inutile”..
E purtroppo questo atteggiamento non va bene.
Autorevolezza non despotismo
Più volte si è detto che i genitori non devono essere amici ma genitori Attenzione, questo non deve essere frainteso.
Con i veri amici, coetanei, si gioca, scherza, si parla di ragazzi/e…
Ai genitori si fanno altre domande, si chiede consiglio.
genitori devono essere re non autoritari perché, se lo sono(autoritari) otterranno solo chiusure, bugie, atti non piacevoli.
Il genitore non deve parlare per il figlio, non deve fare le sue veci sempre comunque.
Il genitore deve aiutare il ragazzo a crescere nel modo più sano ma, per farlo, deve essere autorevole. Se fai una cazzata io te lo faccio notare .
Se voglio che tu rispetti una regola ne discuto con te, ti dico il perché di un no. No ti lascio senza risposte, non ti lascio con un “è così perché te lo dico io”: Non funziona.
I genitori devono mettersi in testa che durante l’adolescenza avrete di fronte una persona nuova che sta cercando se stesso, che non è più un bambino ma nemmeno un adulto. E’ in un bimbo ed è per questo che si cresce insieme, voi con loro.
La porta del dialogo dev’ essere sempre aperta. Solo così creerete un rapporto sano e di fiducia, reciproca, con i vostri ragazzi.
Ascoltateli, capiteli e immergetevi nel loro fantastico mondo in cui, voi, ci sarete sempre.
Buongiorno amici. Oggi parliamo di inside out, episodio 2. Ossia, viaggio all’interno delle proprie emozioni.
“È cambiato da un giorno all’altro, non lo riconosco più!”
Il senso di “Inside out”
Se anche voi avete pensato almeno una volta qualcosa del genere a proposito dei figli adolescenti, comprenderete in modo immediato ciò che viene mostrato nel nuovo film di animazione Pixar da poco uscito nelle sale.
In questa seconda puntata, Riley ha appena compiuto 13 anni: il suo mondo, i suoi pensieri, le isole della personalità e i ricordi iniziano a cambiare rapidamente, assistiamo alla costruzione (importante ma faticosa) di un senso di sé più definito.
Non appena scatta il pulsante della “pubertà”, si innescano un turbinio di situazioni e stravolgimenti. Ci sono tante emozioni diverse che entrano in conflitto tra loro, ma trovano poi ciascuna il proprio spazio e il modo di collaborare. Anche stavolta, il film riesce a mostrare in modo chiaro e semplice ciò che accade nella mente di Riley.
Genitori disorientati
Quando i figli oltrepassano la soglia dell’adolescenza, i genitori si trovano spesso disorientati, confusi. Non li riconoscono più e hanno la sensazione che i loro bambini, improvvisamente, senza alcuna ragione precisa, siano cambiati. La famiglia assume un ruolo diverso e più marginale, le amicizie, il bisogno di essere parte di un gruppo e di essere accettati, le paure per il futuro iniziano invece ad occupare sempre più spazio.
Ciò che si fa più fatica a comprendere è che anche i ragazzi hanno la stessa difficoltà: non si riconoscono più, stanno cercando di capire chi sono e chi vogliono diventare, sono raggiunti da un turbinio di emozioni e stimoli spesso contrastanti e che “lottano” tra loro.
L’adolescenza è il momento del cambiamento, in tutti i sensi, non solo ormonali. Si cambia idea da un giorno, anzi da un momento, all’altro; si cambiano idee, pensieri, desideri, hobby, canzoni, vestiti, abitudini…E tutto questo continuamente.
E non è un aspetto negativo. E’ solo che, i vostri ragazzi, stanno cercando di capire chi sono, chi vogliono diventare, chi vogliono al loro fianco e cosa vogliono fare e, per la maggior parte delle volte, non corrisponde a quello che voi avete pensato per loro. Ed è normale, perché i figli sono persone distinte, non sono il vostro proseguimento.
Emozioni
Sperimentano nuove emozioni oppure vivono una vera e propria tempesta emotiva in cui ogni vissuto è amplificato, più forte e immediato, senza che ci sia un adeguato filtro cognitivo.
Inside Out 2 ci ricorda, ancora una volta, che non ci sono emozioni buone ed emozioni cattive. Tutte hanno un valore adattivo e un ruolo centrale nello sviluppo: imparare a riconoscerle, elaborarle e gestirle è fondamentale.
Un film di animazione destinato non solo ai ragazzi, che hanno riempito le sale dei cinema in questi primi giorni di programmazione perché desiderosi di comprendere ciò che accade nella loro mente. Ma anche per tutta la famiglia e per i genitori che possono così riconoscere alcuni meccanismi, entrare nella testa dei figli e sentirsi meno soli di fronte ai tanti cambiamenti che si vivono.
Genitori
Crescete con loro, entrate nel loro mondo, nei loro interessi, senza partire pregiudicanti e senza giudicarli ma viveteli. E lasciate sempre aperta la porta del dialogo, non dell’attacco perché, anche se molte volte non sembra, ma voi siete essenziali .
Devono comprendere che siete il loro porto sicuro, quelle persone che saranno sempre lì per aiutarli a crescere nel modo più sano.
Infine, anche se è faticoso e si vorrebbe vedere sempre sorridere i propri figli, dobbiamo lasciare che sperimentino e conoscano tutta la gamma delle emozioni, aiutandoli a riconoscerle e gestirle, per trasformare in parole ciò che sentono nel loro cuore e nella loro mente.
È importante anche cercare di non anticipare e risolvere le difficoltà al loro posto: solo così potranno imparare a fidarsi dei propri sentimenti, a regolare le proprie emozioni e a risolvere i problemi in autonomia.
Che cos’è l’empatia e perché è importante svilupparla per avere successo nella vita? Continua a leggere e lo scoprirai.
“Ogni persona che incontri sta combattendo una battaglia di cui non sai nulla. Sii gentile. Sempre.”
Cos’è l’empatia? Una delle abilità umane più invisibili. Ma anche una delle più celebrate quando si presenta nel suo splendore.
Il problema è che questa abilità è in rapido declino.
“Si va avanti solo se si è i più forti e si schiacciano gli altri.”
Questo, più o meno, è il mantra di una competizione eccessiva che dimentica i benefici della collaborazione.
È una linea guida radicata in molti ambiti: dall’educazione, al commercio, al mondo delle relazioni.
L’individualismo ha tolto allenamento alla nostra empatia, relegandola a un lontano angolino della nostra mente.
Ma oggi vediamo perché è importante.
Il significato di Empatia
Partiamo dalle basi. Il termine Empatia deriva dal greco en-pathos “sentire dentro” e la definizione che gli viene data oggi dall’Enciclopedia Treccani è la seguente: “Capacità di porsi nella situazione di un’altra persona o, più esattamente, di comprendere immediatamente i processi psichici dell’altro. Con questo termine si vuole rendere in italiano quello tedesco di Einfühlung”.
Cos’è l’empatia?
Quindi, come si può definire con poche e semplici parole l’empatia al giorno d’oggi?
È la capacità di riconoscere e comprendere a pieno le emozioni altrui. La capacità di ascoltare in modo attivo e senza giudicare le persone che avete accanto.
È caratterizzata da processi cognitivi e un’attivazione emozionale nel soggetto che la prova.
È un tentativo attivo di comprendere la prospettiva degli altri e le loro emozioni: in pratica come percepiscono e come vivono la loro realtà.
Cosa non è l’empatia
È importante non fare confusione dando questo nome a emozioni diverse.
L’empatia non è:
compassione: quest’ultima è una forma di empatia unita al desiderio attivo di aiutare il prossimo;
imitazione: essere empatici non significa imitare i sentimenti dell’altra persona e il suo comportamento;
pietà: questa è infatti la preoccupazione per lo stato di un’altra persona percepita come inferiore.
A cosa serve?
Se vogliamo crescere, è un’abilità cruciale per noi e le nostre relazioni: ci permette infatti di ampliare la nostra percezione sfruttando esperienze diverse dalla nostra.
L’empatia porta con sé un enorme vantaggio sociale.
L’umano è un animale che ha sempre fatto di socialità e cooperazione i suoi punti di forza. Grazie a loro siamo riusciti a stabilirci in cima alla piramide alimentare e a inventare la nostra tecnologia.
Riusciamo a far funzionare comunità enormi e complesse grazie all’uso della parola, della scrittura e del pensiero razionale.
Ma come riusciamo a comunicare quando non abbiamo lo stesso linguaggio?
Riconoscere le emozioni degli altri e avere la certezza che gli altri riconoscano le nostre, facilita le nostre interazioni.
Accade sia nel piacere, che nel dolore: quando vediamo qualcuno sbattere la testa contro un muro, “sentiamo” il suo dolore.
Se invece osserviamo delle persone gioire, quella gioia è in grado di riflettersi dentro di noi.
Empatia e intelligenza emotiva
Quando si parla di empatia, non si può di certo trascurare l’intelligenza emotiva. Questa espressione, infatti, è definita come “la capacità di monitorare le proprie e le altrui emozioni, di differenziarle e di usare tali informazioni per guidare il proprio pensiero e le proprie azioni” (Salovey e Mayer, 1990).
Possedere tra le proprie qualità l’intelligenza emotiva, dunque, significa avere le capacità di consapevolezza, motivazione, padronanza di sé, empatia e abilità nelle gestione delle risorse umane, che sono alla base di una buona relazione tra individui.
Non tutti, però, sviluppano l’intelligenza emotiva e questo porta alcuni individui a non saper riconoscere e controllare le proprie emozioni e quelle altrui, oltre a essere incapaci di provare empatia.
Dove sono le prove che l’empatia esiste davvero?
Secondo uno studio del Max Planck Institute in Germania, l’area del nostro cervello che si attiva nelle reazioni empatiche (e che resta spenta in abitudini egocentriche) è la circonvoluzione sopramarginale destra, una regione del lobo parietale.
Quest’area è centrale nella distinzione delle nostre emozioni rispetto a quelle degli altri.
Inoltre si attiva per darci l’abilità di osservare e valutare le emozioni che gli altri stanno provando in tempo reale.
La ricerca ha dimostrato che un funzionamento subottimale di quell’area ci porta a proiettare le nostre emozioni sugli altri, facendoci diventare egocentrici, dimenticando appunto cos’è l’empatia.
Dimenticandolo fisicamente.
Inoltre, quando siamo costretti a prendere decisioni rapide, la nostra empatia viene frenata o inibita completamente, portandoci a giudizi scorretti o imprecisi.
Non solo, in quest’area sono presenti i Neuroni Specchio che ci fanno imitare le azioni degli altri: per esempio quando una persona sbadiglia, ci troviamo a sbadigliare a nostra volta.
I vantaggi di essere empatici
Come abbiamo intuito aiuta nelle aree sociali: nella gestione delle relazioni, in quelle delle nostre comunità e soprattutto nella consapevolezza di noi stessi.
“Sapere come riconoscere le emozioni degli altri, ci dà dei parametri per riconoscere le nostre.”
Migliora anche le scelte morali: se abbiamo provato dolore sarà più difficile desiderare di infliggerlo agli altri e se abbiamo provato gioia, sarà più facile gioire della felicità altrui.
Infine la ricerca ha evidenziato altri aspetti molti interessanti:
Lo stato di salute dei pazienti migliora dove l’empatia viene praticata attivamente dai medici.
Diminuisce significativamente gli errori medici.
Modera i comportamenti aggressivi.
L’assenza di empatia è un marker fondamentale di psicopatia e autismo.
La sua presenza migliora la soddisfazione nelle relazioni intime.
Permette di creare e mantenere amicizie.
L’empatia è correlata positivamente con comportamenti di supporto e negativamente con eventi di aggressività.
Diminuisce l’incidenza dei crimini nelle società dove l’empatia è più presente.
Minimizza i problemi familiari.
Semplificando molto: possedere questa abilità migliora la nostra salute e le nostre relazioni.
Perché è così importante
“Siamo scimmie evolute con bombe atomiche a disposizione.”
Fermiamoci un attimo a pensare: negli ultimi decenni ci siamo trovati con invenzioni e tecnologie pazzesche!
Ma nonostante questo, siamo quasi gli stessi umani di qualche decina di migliaia di anni fa, con l’aggravante dell’alienazione sociale promossa dai Social Media.
Questa rivoluzione tecnologica include strumenti magnifici, come la risonanza magnetica, e armi devastanti come la bomba atomica.
Le decisioni su come e quando lanciare quelle bombe sono sempre in mano a noi umani.
Pensaci: preferiresti che a scegliere fosse una persona che sa cos’è l’empatia, o qualcuno che pensa solo a se stesso?
Come sviluppare l’empatia?
Per allenare l’empatia (siamo o non siamo efficaci dopotutto? 🙂 ) ci sono diverse attività che si possono praticare con costanza.
1) Fai questo semplice gioco
Spesso passiamo il tempo tra la gente incollati allo schermo dello smartphone.
Possiamo provare però a fare un gioco: osservare le persone e provare a indovinare il loro stato emotivo.
Ci possiamo chiedere: che giornata stanno passando? Cosa stanno provando?
La curiosità verso gli altri è il primo passo per comprendere cos’è l’empatia ed estenderne l’efficacia.
2) Impara ad ascoltare attivamente
Spesso durante le conversazioni abbiamo la risposta pronta prima ancora che l’altro abbia finito la frase.
Trattiamo molte conversazioni come battaglie verbali e finiamo per scontrarci davvero.
Rallentando un po’ possiamo cambiare il corso di questi scambi. Potremmo ad esempio fare così:
Ci prendiamo un momento per considerare ciò che l’altro ha detto e facciamo delle domande per approfondire il suo punto di vista.
Dopodiché tentiamo di comprendere perché quella persona la pensa così.
Infine proviamo a identificare le sue emozioni.
Questa pratica è ancora più utile quando non condividiamo l’opinione dell’altro, perché ci permette di espandere e completare la nostra.
3) Apriti agli altri
Ascoltare le esperienze degli altri è come leggere libri.
È vivere nuove prospettive della stessa vita: questo ci permette di avere più informazioni su esperienze comuni e vederle in maniera diversa.
Allo stesso tempo, aprirsi ai propri sentimenti e alle esperienze è fondamentale per poterli gestire e riconoscere in maniera equilibrata e costruttiva.
L’uso continuo di queste tre pratiche ci permette di allargare i nostri confini di “giudizio e pregiudizio” limitando l’uso di etichette verso l’altro e facilitandoci la via verso la visione di com’è realmente l’esperienza umana e cioè un’esperienza comune, in cui siamo una specie sola e lavoriamo per la nostra evoluzione e sopravvivenza.
Questi vantaggi e principi funzionano a tutti i livelli, dalle relazioni più intime ai progetti più grandi.
Com’è possibile avere un obiettivo comune e perseguirlo con efficacia se non prendiamo atto di cos’è l’empatia e non ci comprendiamo?
Buongiorno amici. Oggi parliamo un piccolo importante monologo sull’importanza dell’ascolto attivo.
L’ascolto…ho trovato questo piccolo monologo di Michele Bravi su tiktok…eh, ogni tanto c’è anche qualcosa di importante e bello sui social, vedete?:)
Ascoltate
Tutto gira attorno ad un indovinello provocatorio iniziale. E’ vero, lo dice anche Bravi, se un albero cade per forza fa rumore e si sente. Ma ogni volta che qualcosa…qualcuno viene sentito, percepito, ascoltato…c’è qualcuno che, dall’altra parte, è predisposto all’ascolto.
Ascoltare è fondamentale in un qualsiasi tipo di rapporto: genitori figli, amici, moglie e marito, fidanzati, uomo animale. Dove c’è ascolto attivo c’è attenzione e dove c’è attenzione c’è una forma d’amore. Vuol dire che siamo importanti per qualcuno.
Dialogo e amore
Perché parlo di ascolto attivo e non di semplice ascolto. Perché spesso ci capita di essere sentiti, non ascoltati e la differenza è abissale.
Sento quando percepisco il suono della tua voce ma sono distratto\a. A volte, purtroppo, capita anche tra genitori e figli. Dove i genitori sono troppo presi nel loro fare da lasciare ai margini la persona più importante della propria vita che ti sta venendo incontro, ti cerca, ti chiede aiuto, di essere ascoltato. E quando percepisce che non lo stai facendo, si chiede in se’ e non verrà più da te, perché si sente come un peso.
L’ascolto attivo è differente. Vuol dire che, nel momento ni cui, prendiamo l’esempio precedente, mio figlio mi chiede un attimo io quell’attimo, quei due attimi a lui li dedico davvero. E lo ascolto, se me lo chiede do un consigli, non mi distraggo, faccio capire, anche con uno sguardo( a volte non servono parole) che io per lui ci sono.
E’ in questo modo che tuo figlio sarà felice, compreso, tranquillo nel sapere che una persona, a casa, ci sarà sempre a stargli accanto.
Se avete bisogno di un mio aiuto, che voi siate genitori o ragazzi, contattatemi:)
Buongiorno amici. Oggi parliamo dell’importanza che hanno i genitori per gli adolescenti.
Ci sono atteggiamenti e comportamenti dei figli, quando diventano adolescenti, che mettono a dura prova mamme e papà.
Dov’è finito il bambino che conoscevano così bene e con il quale giocavano, parlavano e che sembrava avere bisogno del loro affetto e della loro presenza?
Un estraneo
La sensazione che prevale, in alcuni momenti, è quella di ritrovarsi con un estraneo accanto, che non riconoscono più e che non vuole avere nulla a che fare con loro. Ebbene, sappiate che non è così! Anche se spesso sembrano non avere alcuna intenzione di dialogo o sembrano quasi voler rifuggire lo sguardo degli adulti, e dei genitori in modo particolare.
I ragazzi stanno cercando la loro identità e sì, vero, molto spesso preferiscono starsene da soli, o ad ascoltare gli amici che, per loro, sono il microcosmo che stanno creando e va benissimo così.
Presenza
Questo non significa che non ne abbiano più bisogno e che non lo vogliano più: è forse proprio in quei momenti che ne hanno maggiormente necessità. Si sentono come “osservati” dagli altri, come sotto un riflettore che punta la luce su di loro e sono pronti a essere giudicati e criticati.
Vogliono essere visti da mamma e papà, vogliono sapere che hanno ancora la stessa attenzione nei loro confronti, che li osservano, che notano i loro comportamenti e atteggiamenti, che sanno andare al di là delle parole o dei silenzi.
Silenzi
Quanto parlano i loro silenzi. A volte è solo perché vogliono stare da soli coi loro pensieri ma aspettano, comunque, che mamma o papà vadano da loro dicendo “se hai bisogno di me ci sono”: Ecco, basta questo, basta essere compresi. Basta che i ragazzi abbiamo un porto sicuro a cui possono sempre fare affidamento: presenza, vicinanza non invadente. Osservarli .
E, ancora di più, anche se sembrano non essere più interessati alla vostra presenza, hanno bisogno di sapere che, qualunque cosa accada, il genitore sarà sempre lì, ad ascoltare e accogliere.
Sono ragazzi
“Una cosa non dobbiamo mai dimenticarci: sono ragazzi, hanno bisogno di essere compresi. Per non perdersi hanno bisogno di poter contare su qualcuno, e per questa ragione si deve andare oltre i comportamenti superficiali o oppositivi, oltre il ‹‹non ho niente, sto bene›› e guardarli davvero.
Empatizzare davvero, mettersi nei loro panni può aiutarci a comprendere il senso profondo delle loro azioni, leggere nei loro pensieri può consentirci di anticiparli, tendendo loro la mano quando serve.
Dedicate loro del tempo…anche solo guadandoli, interessandovi alla loro vita, ai loro interessi senza pregiudizi, senza giudicarli perché , con loro, dovete lasciare sempre aperta la porta del dialogo e dell’ascolto attivo. Dimostrate che siete lì, sempre, per incoraggiarli, proteggerli, aiutarli a camminare co le proprie gambe.
Buongiorno amici. Oggi riflettiamo insieme sul fatto che la bocciatura non è una tragedia.
L’anno scolastico si è appena concluso, è tempo di bilanci, e non per tutti positivi. Dopo attese accompagnate da ansie e preoccupazioni, alcuni studenti e le loro famiglie si trovano a dover affrontare la tanto temuta “bocciatura”.
Bocciatura
Risulta complesso per i genitori affrontare questa situazione in maniera funzionale ed equilibrata: spesso è percepita come un importante insuccesso, una sorta di “fallimento familiare”. Nella quotidianità del lavoro con ragazzi e famiglie, sempre più spesso, incontro genitori che vivono il percorso scolastico dei figli come un qualcosa di personale.
Di fronte all’insuccesso o all’esito negativo di una prova scaturiscono sentimenti spiacevoli, “autorimproveri “ per non essere stati abbastanza “bravi”, dei “genitori all’altezza”. Tutto ciò può sfociare, nel caso della bocciatura, a importanti scontri caratterizzati da accuse, recriminazioni, sconforto, che possono vertere verso il figlio o la scuola.
In questo modo, tuttavia, si rischia di perdere l’obiettivo e la sfida più importante, ovvero, insegnare ai figli come affrontare e superare la delusione e ripartire con la giusta motivazione allo studio.
Reagire
Come è meglio reagire, dunque, di fronte alla bocciatura del proprio figlio?
Trovare la giusta distanza: anche se per i genitori è naturale identificarsi con i figli e sentire una forte responsabilità, è importante ricordarsi che il percorso scolastico è il loro. Come genitori, possiamo spronarli, confortarli, consigliare un metodo di studio, ma poi la responsabilità deve essere dei figli.
Partire da questo presupposto può aiutare ad evitare frasi come: “sei una delusione”, “da te non me lo sarei mai aspettato”, frutto di un investimento emotivo eccessivo.
Non sminuire: per quanto sia difficile per un genitore vedere il proprio figlio deluso o triste per la bocciatura, è importante non cercare delle giustificazioni esterne per tutelarlo dalle emozioni spiacevoli. Può essere utile, aiutare lo studente ad acquisire maggiore consapevolezza di ciò che è accaduto, indagarne le cause per ripartire in maniera più positiva.
Ricordarsi che la bocciatura non è sulla persona. Così come i voti, anche l’esito scolastico finale, giudica il comportamento, il metodo di studio utilizzato e la motivazione scolastica.
Essere bocciati non vuol dire essere “sbagliati” o inadeguati, ed è importante ricordarlo ai ragazzi. Dicendo frasi come: “Sei il solito”, “Sei un incapace”, si rischia di minare l’autostima dei figli, la voglia di riprovare e di rialzarsi di fronte all’ostacolo.
Comprendere e sostenere: è importante ricordare che ognuno reagisce con tempi e modalità diverse. Soprattutto gli adolescenti, talvolta, faticano ad esprimere le emozioni spiacevoli e ad ammettere i propri errori. Siate lì, disponibili all’ascolto, a comprendere il loro stato d’animo e a cogliere eventuali segni di sofferenza dietro la loro tipica spavalderia.
Ripartire dalla domanda: “Cosa non mi ha permesso di essere promosso?” Sarà molto importante, per il futuro scolastico dei figli, aiutarli a formulare un bilancio dei punti di forza e di debolezza al fine di individuare le strategie più utili da utilizzare per ripartire al meglio
Riflettere
Riflettere attentamente sul cambio di scuola. Rispetto a questa decisione, è importante prendersi il tempo adeguato per riflettere, e magari, chiedere aiuto ad un esperto. La bocciatura, può portare alcuni genitori a spronare il figlio verso la scelta di un altro istituto, ma questo non sempre è utile.
Risulta di fondamentale importanza chiedersi se non sia una strategia che rischia di svalutare ulteriormente il figlio, anziché permettere l’espressione delle sue attitudini e potenzialità.
Attivare un programma di recupero: può essere molto educativo coinvolgere il figlio in attività produttive e impegnarlo in maniera costante con compiti e attività di potenziamento.
E se avete bisogno di un aiuto, genitori o ragazzi, contattatemi
Buongiorno amici. Oggi parliamo di come “sopravvivere” a questa fase: l’adolescenza.
Quando i figli oltrepassano la soglia dell’adolescenza, non cambiano solo da un punto di vista fisico, ma iniziano anche a mettere in discussione i modelli genitoriali e iniziano a ribellarsi, provocando anche frequenti tensioni e litigi in famiglia.
Disorientamento
I genitori si trovano spesso disorientati di fronte agli atteggiamenti e ai comportamenti dei figli che crescono, non li riconoscono più, sentono di non avere più il controllo e temono che la situazione possa sfuggirgli di mano.
“Il bambino affettuoso del passato, sempre pronto ad accettare i suggerimenti e gli ordini paterni, non esisteva più. I genitori, al momento dell’adolescenza del figlio, vivono un vero e proprio lutto: non esiste più il bambino tanto amato che li faceva sentire importanti e addirittura indispensabili” (Tratto dal libro Nel nome del figlio di Nicolò e Massimo Ammaniti).
Non bisogna salire sul ring: ascolto e dialogo sono le chiavi principali
Litigi e conflitti possono essere all’ordine del giorno, un tira e molla sui compiti, sul disordine, sull’uso eccessivo di videogiochi e cellulare nonostante l’adolescenza non sia una terra di mezzo ma una fase di crescita fisiologica e necessaria: una sorta di ricerca o pretesa della propria autonomia.
Far capire le proprie ragioni può essere molto difficile e i genitori si sentono spesso messi a dura prova e costretti a provarle tutte pur di gestire la ribellione dei figli, anche se si ha spesso la sensazione che qualunque strategia adottata sembri non funzionare.
Regole
Poche regole, ma ben definite, saranno in grado di dare contenimento ai figli. La via di mezzo è quella più efficace: valutare in base alle diverse situazioni e non avere un’unica linea rigida. Ci saranno momenti in cui chiudere un occhio e altri in cui restare fermi nelle proprie decisioni, anche di fronte a rabbia e proteste.
“L’adolescenza assume significati e valori diversi nel linguaggio degli adolescenti e nelle parole degli adulti, che siano genitori, insegnanti o anche istruttori sportivi. Molti adulti non riescono a comprenderne le manifestazioni e i comportamenti” (Tratto dal libro Nel nome del figlio di Nicolò e Massimo Ammaniti).
Certamente, bisogna partire dal dialogo e dall’ascolto e cercare di comprendere le loro esigenze che spesso non corrispondono a quelle dell’adulto. La disponibilità all’ascolto è molto apprezzata dai ragazzi, anche se non lo riconosceranno mai apertamente, e può evitare di farli partire sul piede di guerra.