Piccola riflessione per genitori ma anche per voi ragazzi:)
Buongiorno amici. Oggi parliamo di come prevenire i problemi dei ragazzi.
Tecnologia
Ma allo stesso momento, quando c’è bisogno, quando c’è una necessità, quando servono, sono lì, pronti ad intervenire.
Genitori
Non precederli in tutto, non spianargli la strada sempre, non essere iperprotettivi, permette ai ragazzi di crescere con quella porzione di autonomia psichica sufficiente per ragionare e riflettere sull’esito delle proprie azioni, per avere una sorta di consapevolezza di ciò che si sta facendo e acquisire la responsabilità che serve per non farsi del male, per non farlo agli altri e per capire quando si sta passando un limite e quando hanno bisogno dell’aiuto di un adulto.
Per fare questo si deve creare un clima giusto, un ambiente familiare non oppressivo e non troppo permissivo, si dovrebbero evitare frasi del tipo
“Mi cerchi solo quando hai un problema o quando ti serve qualcosa”
perché, per il loro orgoglio adolescenziale, si rischia solo di indurli a non chiedere più niente per non sentirsi rinfacciare le cose.
È vero che un genitore dice queste frasi perché si aspetta che un figlio riconosca anche altri lati della loro persona e del loro essere madre o padre, al di fuori dei beni materiali e di ciò che gli serve.
Ma un adolescente, non la vede così, la vive sul personale, la filtra male e reagisce di conseguenza. Non significa ovviamente, fargli passare tutto, anche questo atteggiamento sarebbe sbagliato, significa, essendo più maturi, capire anche il loro punto di vista.
Dialogo
Non si può pretendere che un adolescente si metta da solo nei panni di un genitore e capisca il suo punto di vista.
Si devono quindi stimolare al dialogo e al confronto, per cui non si deve sminuire ciò che dicono, si deve fare attenzione ai loro racconti, sia quelli più superficiali e banali, che quelli più ricchi di problemi e profondi.
Invece, capita che, quando raccontano quelle che, per un genitore sono fesserie, non si ascoltino e si drizzino le antenne solo quando si sente la parola “problema”.
Per loro significa non essere compresi, non essere compresi significa non essere riconosciuti nei propri problemi.
Di conseguenza, si chiude la porta ai genitori, anche quando non si dovrebbe.
Il digitale ha unito da tanti punti di vista le famiglie.
Siamo in un periodo storico in cui non credo che genitori e figli siano mai stati così vicini e che padri e madri, soprattutto padri, siano mai stati così presenti nella vita dei figli (questo non significa che tutti i padri siano così).
Attraverso la tecnologia ci si scrive messaggi, si sa sempre dove ci si trova e cosa si sta facendo e le comunicazioni arrivano in tempo reale e in simultanea a tutti i membri della famiglia.
Abituarsi a parlare
Nello stesso momento questa modalità deve agevolare da alcuni punti di vista, ma non si può assolutamente sostituire al dialogo e al contatto diretto tra i vari membri della famiglia.
Non ci si deve abituare a non parlare, un messaggio vocale non deve sostituire la conversazione.
Il fatto di sapere dove ci si trova o quello che si fa o cosa accade a scuola attraverso i registri elettronici, ha annullato anche il confronto sul rendimento scolastico e l’affrontare direttamente un genitore.
Il fatto che non si affronti più il genitore, e che si comunichino anche le cose che non vanno o i problemi attraverso le chat, porta a non assumersi le proprie responsabilità.
Porta a non trovare strategie per risolvere i problemi, alla assenza del confronto con un adulto, al guardalo in faccia per vedere il suo dissenso che serve per acquisire le competenze per capire di aver commesso degli errori.
Genitori amici?
Per esperienza diretta con i ragazzi, oggi nelle famiglie digitali si tende a discutere tanto, soprattutto in merito gli aspetti legati alle prestazioni.
In particolar modo quelle scolastiche, e molto meno a quelli emotivi, dimenticandosi che il dialogo tra i genitori e figli, e tra genitori e genitori, è uno strumento di prevenzione e di educazione potentissimo.
Dialogare insieme, non significa diventare i loro amici o i loro confidenti, come troppi adulti erroneamente fanno, ma la loro carta assorbente, un confronto maturo ed esperto in grado di comprenderli.
In troppe situazioni, purtroppo, è praticamente impossibile, a causa della immaturità dei genitori, dei loro problemi o disturbi e della incapacità di essere un riferimento autorevole.
Questo purtroppo, li porterà a non avere punti di riferimento stabili e li renderà vulnerabili, potenzialmente alla deriva.
Dialogare non è rendicontare, soprattutto per soddisfare la curiosità del genitore o placare le sue ansie.
Conoscere davvero un figlio
Solo attraverso il dialogo si riesce a conoscere veramente un figlio, si guarda nei suoi occhi, si apprende come si esprime, nel bene e nel male e si riesce quindi a capire quando c’è qualcosa che non va.
Perché un figlio si apra con il genitore ci deve essere innanzitutto l’ascolto empatico, ossia ascoltare ciò che un ragazzo racconta mettendosi nei suoi panni e guardando anche attraverso il suo filtro.
Il messaggio che deve arrivare ad un ragazzo è che, nel bene e nel male, il genitore è pronto ad ascoltarlo, anche quando gli racconta ciò che non vorrebbe mai sentire con le sue orecchie.
Per questo è importante che in famiglia ci sia un clima di apertura e si parli di tutte le problematiche che caratterizzano la vita, non solo di compiti.
E voi, vi ritrovate in queste situazioni?
Se sì e avete bisogno di un aiuto concreto contattatemi qui
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