Buongiorno amici. Oggi riflettiamo sul perché è così difficile parlare agli adolescenti.
“Mia figlia ultimamente vive murata nella sua stanza, non la vedo e non ci parlo praticamente più.
Durante le cene, riusciamo a malapena a scambiarci due parole ma mi sento davvero lontano da lei e dal suo mondo.
Se avessi una macchina del tempo, ritornerei indietro di qualche anno, quando tutto era più facile ed era lei che non vedeva l’ora di condividere e raccontarci tutto ciò che faceva”.
Difficoltà di parlare agli adolescenti
La difficoltà che la maggior parte dei genitori sperimentano durante la crescita dei figli, è che tante volte cambiano nel giro di pochi mesi e non danno neanche il tempo di adattarsi a questo cambiamento.
Diventano grandi senza preavviso, si trasformano in ragazzi scontrosi e irritabili, che non vogliono più raccontare nulla e si chiudono nella propria camera, un luogo offlimits, da cui gli adulti devono stare alla larga.
Le aspettative del genitore non corrispondo più a quelle del figlio, il figlio ideale non corrisponde più a quello reale: i due mondi iniziano ad andare in contrasto perché le esigenze dell’uno sono molto diverse da quelle dell’altro.
Il silenzio degli adolescenti: una forma di comunicazione, non un attacco al genitore
“Credo che mio figlio abbia un’unica missione nella sua vita: rendermi la vita impossibile. Quei silenzi, quegli sguardi, quelle risposte secche e aggressive mi vanno ad attivare un pulsante.
A livello razionale so che è adolescente, che è una fase delicata di cambiamento ma, allo stesso tempo, quando me lo ritrovo di fronte non riesco a controllare le mie reazioni”.
Il fatto che siano più silenziosi o rispondano a monosillabi non vuol dire necessariamente che stanno sempre nascondendo qualcosa o che non stanno ascoltando.
Bisogna evitare di alzare subito un muro e riuscire a trovare la chiave, anche se non siamo sempre d’accordo, per avere delle conversazioni costruttive con loro senza cadere nel conflitto.
Il genitore spesso va in ansia, in apprensione o reagisce male e questo non fa altro che innalzare il muro dell’incomprensione.
Bisogna compiere uno sforzo e vedere le cose anche dal loro punto di vista, per trovare un punto di incontro.
E’ importante non scoraggiarsi se non vogliono parlare oppure se tendono a chiudere la conversazione dopo poco.
Se si continua a mostrare interesse nei loro confronti e non si vive il loro atteggiamento come un attacco al genitore, al momento giusto si apriranno, sapendo che mamma e papà sono un punto di riferimento per loro.
Quando i figli non rispondono: e se avessero solo bisogno di tempo?-Parlare agli adolescenti
I tempi dell’adulto, molto spesso, non sono i tempi dei figli.
Anche quando non raccontano subito qualcosa, a volte stanno solo dicendo che hanno bisogno di tempo per riflettere, capire meglio, scegliere ciò che è importante condividere.
Magari nel momento in cui il genitore rivolge loro delle domande hanno solo voglia di giocare, rilassarsi o fare altro.
Ai genitori spetta il compito di garantire ascolto e dialogo, anche quando ci si sente colti alla sprovvista o le confidenze arrivano in un momento che, secondo la mente dell’adulto, doveva essere destinato ad altro.
“Un fattore che rende difficile la comunicazione sono gli atteggiamenti intransigenti.
Soltanto se usiamo lo stesso tono che desideriamo che gli altri usino con noi consentiamo il dialogo. […]L’empatia consente di calarsi nei panni dell’altro.
In alcuni momenti bisogna saper spingersi al di là delle parole per comprendere lo stato d’animo e le reali esigenze del nostro interlocutore.
L’autocontrollo richiede perseveranza.
Invece di scattare alla minima contrarietà, attaccando e minacciando e, così facendo, provocare chiusure e irrigidimenti, meglio riflettere e usare toni pacati”.
I vostri figli sono il riflesso delle vostre azioni.
Buongiorno amici. Oggi parliamo di responsabilità.
Comportamenti
I genitori non capiscono che un ragazzino, e ancora prima un bambino, è il risultato di ciò che assorbe in casa. E’ il risultato dei comportamenti dei propri genitori.
Ma cosa succede sistematicamente? Che i genitori non se ne rendono conto e danno responsabilità a qualsiasi cosa senza farsi un esame di coscienza.
L’esempio
Guardare negli occhi vostro figlio, non solo nei momenti belli e semplici ma anche quando non si comporta come vorreste, è come guardarsi dentro.
E’ come avere davanti uno specchio, come rappresentato in foto, in cui c’è il riflesso di quello che trasmettete lui.
Essere un esempio, ecco cosa dovete essere abili a fare, un buon esempio.
Faccio sempre molti esempi quando ho davanti genitori un po’ preoccupati delle reazioni dei figli.
Se vostro figlio urla per farsi sentire è perché, evidentemente, lo vede fare in casa e riporterà questo modo di fare altrove: scuola, amici, pensando sia normale.
Quando lo rimproverate di non fumare mentre vede che voi lo fate di continuo si farà due domande sulla vostra credibilità e non ascolterà il vostro rimprovero, ed è normale.
Ragazzi
E’ normale che, quando sono adolescenti, i ragazzi siano un po’ ribelli. Perché vogliono sentirsi considerati adulti ma sanno benissimo di avere ancora bisogno del vostro aiuto e del vostro supporto.
Sanno benissimo che, quando avranno bisogno, correranno da voi anche se, spesso, vi risponderanno male.
Ma tutto questo succederà se, dalla vostra parte, c’è stata sempre aperta la porta del dialogo.
Se, dalla vostra parte, hanno sempre visto la vostra figura come autorevole e mai autoritaria, mai.
Se, ancora, c’è coerenza tra le vostre parole e quello che dimostrate: i fatti, senza cui le parole non hanno alcuna importanza, anche se detta da voi.
Ricordate
Ricordate che la frase” non devi farlo perché te lo dico io” non è assolutissimamente educativa.
I genitori non sono super uomini. I genitori devono dare spiegazioni e far capire ai ragazzi che sono esseri umani che sbagliano, hanno i loro difetti e le loro paure.
e, se avete bisogno del mio aiuto, non esitate a contattarmi
Come videochiamate e social compromettono l’autostima dei ragazzi
Buongiorno amici. Oggi parliamo de lo specchio digitale.
Social
Le vetrine dei social network, il numero dei like, l’approvazione social condizionano la percezione del proprio corpo e influenzano l’insoddisfazione verso il proprio aspetto.
Tutto questo è vero non solo per pre-adolescenti e adolescenti, che già fisiologicamente affrontano una fase caratterizzata da grandi cambiamenti, ma anche per giovani e adulti, che si confrontano costantemente con immagini e modelli diffusi dai social media.
In una società tecno-mediata, dove ogni relazione e interazione si svolge online, il confronto tra la propria immagine reale e l’immagine ideale che si vorrebbe raggiungere produce sempre maggiore insoddisfazione.
Selfie dismorfia: piacersi solo con filtri e fotoritocco
La ricerca della perfezione sembra prioritaria e i ragazzi sono spinti a trovare strategie di qualunque tipo pur di apparire più belli e ottenere il maggior numero di like.
Tantissimi adolescenti, ma anche adulti, trascorrono ore a scattare foto e selfie che, prima di essere pubblicati, vengono elaborati con programmi e filtri, per eliminare ogni difetto.
Anche influencer, personaggi famosi e star del web sembrano essere stati contagiati da questa mania.
“Mi sono resa conto di non poter più rinunciare all’utilizzo di filtri sui social. Mi sento più vulnerabile e nuda di fronte alla fotocamera, è come se mi fossi abituata ad una nuova immagine e non mi riconoscessi più”
“Quando faccio storie e video da pubblicare online utilizzo sempre un filtro che modifica radicalmente il mio viso. In questo modo riesco a focalizzarmi maggiormente sui contenuti da condividere, senza pensare costantemente alla mia immagine e a come gli altri mi vedono”
Videochiamate: ad una persona su tre non piace la propria immagine online
Le videochiamate sono sempre più diffuse, non sole legate all’ambito scolastico per i ragazzi e lavorativo per gli adulti e diventano uno specchio in cui mentre si parla si vede anche la propria immagine e tutto ciò che può attivare soprattutto in chi tende a guardare i difetti e ciò che non accetta o gli piace.
Si parla di «effetto zoom» per definire l’insoddisfazione per la propria immagine, il viso soprattutto, che molti sperimentano guardandosi nello schermo, proprio come se ci si trovasse sempre di fronte ad uno specchio, nel corso di videochiamate e riunioni online.
In molti casi si ricorre all’utilizzo di tecniche di manipolazione della propria immagine (filtri, illuminazione ecc) e si arriva a concentrarsi più sul proprio viso e su come si appare che sui contenuti in discussione .
Quali conseguenze sugli adolescenti?
Bisogna tener conto di come i ragazzi oggi siano sottoposti, fin da bambini, alla pressione di media e modelli sociali che diffondono una precisa idea di bellezza.
Crescere con l’ossessione dell’apparenza, non sentendosi mai soddisfatti di sé, può determinare vissuti di insicurezza e scarsa autostima.
Non sono ovviamente gli strumenti in sé a determinare effetti negativi, molto dipende dalla modalità con cui vengono utilizzati.
I social possono offrire un modo per connettersi con gli altri, ma possono anche alimentare fragilità già presenti offline.
È fondamentale, dunque, essere sempre attenti e non sottovalutare preoccupazioni e ansie dei ragazzi.
Quali le azioni da compiere e no davanti a tutto ciò
Buongiorno amici:) Oggi riflettiamo su adolescenza a silenzi.
Da un momento all’altro il figlio con cui condividevate tutto decide di tirare su un muro e trasformarsi in quel ragazzo a volte un po’ sgarbato che non ha la minima intenzione di raccontarvi di sé, né tanto meno dirvi cosa abbia fatto a scuola o con i suoi amici.
Niente panico, tutto ciò potrebbe essere necessario per crescere!
Durante l’adolescenza, infatti, si vivono le prime esperienze, i primi amori, il gruppo dei pari assume un ruolo centrale e permette all’adolescente di sperimentarsi maggiormente nelle relazioni e confrontarsi con il mondo esterno.
Non sempre silenzio significa malessere:
il figlio, tenendo per sé tutto quello che fa e pensa, cerca di prendere le distanze dai genitori, cerca di arricchire il proprio ORTICELLO così da poter affermare la propria autonomia e il proprio sé, sebbene sia immerso in un groviglio di emozioni a cui spesso non sa ancora dare un nome.
Come affrontare allora questo momento delicato? Ecco qualche piccolo consiglio:
COSA FARE:
Rispettare i suoi tempi.
Per far sì che vostro figlio si confidi con voi nei momenti importanti è opportuno saper rispettare i suoi tempi, i suoi spazi ed i suoi pensieri.
Soprattutto ricordate di intervenite repentinamente soltanto quando credete che possa esserci qualcosa di grave da metterlo in reale pericolo.
Mostrarsi disponibili all’ascolto.
Instaurare una buona comunicazione è fondamentale per far sì che si crei una relazione di fiducia.
Prima di porvi come giudici, cercate di ascoltare tutto ciò che ha da dirvi, prendendo in considerazione il suo punto di vista, per guidarlo all’autonomia senza aspettarvi che faccia proprio come diciate voi.
“Sbagliando si impara”.
Anche se a volte potrà essere difficile ed impulsivamente vorreste essere voi a dover aggiustare il tiro di una situazione complessa, è importante riconoscere quali siano i momenti in cui essere semplici spettatori e fare un piccolo passo indietro ma al tempo stesso essere pronti a sostenerlo quando necessario.
“E tu come stai?”.
A volte potrebbe sembrare scontato ma troppo spesso ci si concentra maggiormente sulla scuola, sullo sport o su episodi specifici senza prestare attenzione a come si sente vostro figlio.
Infatti, è opportuno sintonizzarsi emotivamente con lui, comprendere ciò che sta attraversando e fornirgli un supporto e non solo regole e rimproveri.
Cosa invece è importante NON FARE:
Non costringerlo a parlare.
È fondamentale non forzarlo in maniera eccessiva e ostinata a raccontarvi tutto quello che fa a scuola o con i suoi amici.
È giusto monitorare e informarsi, ma evitate di sommergerlo di domande continue che potrebbero esasperare e portare a un dialogo poco proficuo e da cui ne ricavereste ben poco.
Non essere invadenti.
Non controllate a sua insaputa il suo smartphone e i suoi profili social, non entrate nella sua camera senza bussare e soprattutto NON SBIRCIATE tra le sue cose soltanto perché siete curiosi.
Sicuramente, invece, è importante che sia consapevole che nei momenti di difficoltà potrà essere lui stesso a venire direttamente da voi per confidarsi e per cercare insieme una soluzione che possa aiutarlo.
Non sminuire ciò che vi racconta.
Le difficoltà che possono incontrare gli adulti sono completamente diverse da quelle di un’adolescente, ma non per questo hanno meno importanza e valore.
Gli adolescenti, infatti, vivono gran parte delle loro esperienze per la prima volta e sentirsi sminuire crea una grande barriera emotiva che non permette di potersi esprimere liberamente, alimentando così l’effetto chiusura.
Non arrendersi.
Il compito più arduo è proprio quello di non sentirsi incapaci come genitori solo perché vostro figlio si sta “allontanando” da voi.
Tutto ciò è fisiologico e non vuol dire che per lui non siete più importanti ma, al contrario, per vostro figlio la vostra opinione è sempre fondamentale.
Il vostro ruolo deve modificarsi in base all’età, dovrete essere una base sicura sulla quale fare affidamento senza sentirsi mai sbagliati e inadeguati.
Ricordate che i cambiamenti di vostro figlio nei vostri confronti sono i segnali positivi della sua crescita e di conquista della sua autonomia.
Buongiorno amici. Oggi parliamo di rientro a scuola.
Dopo essere stati per molto tempo svincolati dagli impegni scolastici, dai doveri e dagli orari, dalle discussioni con i genitori per la scuola e dall’ansia delle interrogazioni, per gli adolescenti il rientro può rappresentare un momento di stress difficile da gestire.
L’inizio
In questi giorni, i ragazzi iniziano già ad immaginare come sarà il ritorno a scuola.
Al solo pensiero di doversi di nuovo svegliare presto la mattina, restare rinchiusi in classe per tante ore, rimettersi a studiare senza averne la minima voglia, li fa sentire appesantiti e li porta a vedere tutto in maniera negativa e catastrofica.
Molte volte non lo dimostrano apertamente e spesso si sottovaluta che i ragazzi possano essere preoccupati, in ansia o stressati all’idea di tornare sui banchi, anzi molte volte il loro vissuto viene scambiato per pigrizia e apatia.
In realtà possono vivere questo momento carico di aspettative, ma anche di ansie e paure.
Rischiano di accumulare certi vissuti, sentirsi schiacciati dallo stress da rientro e dalla paura di non farcela, fino a manifestare anche sintomi psicosomatici quali, stanchezza eccessiva, nervosismo, irritabilità/irascibilità, disturbi del sonno, incubi, risvegli, nausea e alterazioni dell’appetito.
Ecco le 5 paure più grandi dei ragazzi:
1. RIPRENDERE LA ROUTINE QUOTIDIANA.
Dopo tanti mesi di vacanza, in cui il corpo e la mente si sono abituati ad altri ritmi, una delle preoccupazioni è proprio quella di dover modificare le proprie abitudini e rientrare nei tempi scanditi dagli impegni e dalle attività: non è facile per gli adulti, figuriamoci per i ragazzi!
Dover andare a letto prima, alzarsi presto, mangiare a orari più regolari.
Tornare dietro un banco, fare le corse per incastrare i compiti, tra le uscite, lo sport e gli amici diventa per loro un vero e proprio trauma, spesso alimentato anche da pensieri negativi “non ce la faccio”, “non ho voglia”, “non riuscirò mai ad alzarmi presto la mattina”.
Per non parlare delle “immersioni tecnologiche” che i ragazzi hanno fatto per tutta l’estate, tra abbuffate di serie tv, chat, social network e videogiochi a tutte le ore del giorno e della notte.
Hanno accumulato ore di sonno arretrato e, abituarsi ai nuovi ritmi, cercando di dare una ridimensionata alla tecnologia, diventa per loro molto difficile. Sono spaventati, sentono di non farcela e tutta questa negatività di certo non li aiuta.
Bisogna aiutarli a rientrare nella routine in maniera graduale, senza iniziare subito con le corse, le urla, le discussioni su scuola e compiti.
Bisogna parlare con i ragazzi e fargli capire l’importanza di trovare un equilibrio: un approccio graduale li aiuterà a prefigurarsi i nuovi ritmi, così che siano pronti ad iniziare con la giusta concentrazione e grinta.
2. PERDERE LA LIBERTÀ.
Un’altra grande paura dei ragazzi è di non poter più avere così tanto tempo libero a disposizione per uscire con gli amici, divertirsi, ritagliarsi dei momenti di svago.
Dopo una lunga pausa estiva, nella quale hanno sperimentato momenti di libertà e spensieratezza, il pensiero di poter essere sommersi di nuovo dai compiti, dallo studio e dalle tante attività extrascolastiche che impegnano la loro agenda, gli fa vivere la scuola come una sorta di costrizione.
Sentono che non c’è mai tempo, si va sempre di corsa, tutto è incentrato sullo studio e la scuola viene vissuta soltanto come una prigione, perdendo di vista tutti gli aspetti positivi.
I ragazzi devono capire che una volta dato il giusto peso al rientro ed essere ripartiti con il piede giusto, è possibile, una volta fatto il proprio dovere, riuscire a dedicarsi anche al piacere, ritagliandosi del tempo per uscire e divertirsi.
Gli adulti stessi, molte volte, si dimenticano che oltre la scuola c’è altro, che i ragazzi hanno bisogno, durante il periodo invernale, anche di tempi “vuoti”, per recuperare energie e per dedicarsi al gioco e allo svago: ad un tratto, invece, tutte le attenzioni vertono soltanto sulla scuola, andando ad appesantire ulteriormente la situazione.
3. COMPAGNI CHE NON PIACCIONO
La scuola per gli adolescenti è anche il luogo nel quale mettere in gioco le proprie competenze relazionali, fare nuove amicizie e inserirsi all’interno del gruppo classe.
Non bisogna dimenticare che il rapporto con i coetanei è fondamentale in adolescenza e uno dei bisogni più importanti è l’essere accettati dal gruppo.
I ragazzi trascorrono tante ore della propria giornata in classe e le relazioni che instaurano a scuola li condizionano sotto tanti punti di vista.
Possono avere il timore di ripartire, di non trovarsi bene con i nuovi compagni o non riuscire ad integrarsi in classe, soprattutto se hanno avuto esperienze negative in passato, hanno difficoltà relazionali o hanno subìto addirittura episodi di bullismo a scuola.
È importante non sottovalutare i vissuti dei ragazzi, mantenere un occhio vigile, senza fare troppe pressioni, ma cercare di cogliere eventuali nuove dinamiche e segnali di disagio che non vengono esplicitati direttamente, ma che possono generare uno stato di ansia e angoscia, fino al rifiuto scolastico.
4. INTERROGAZIONI E COMPITI IN CLASSE
Un altro aspetto che spaventa i ragazzi è il pensiero di dover affrontare di nuovo interrogazioni e compiti, che generano in loro molta ansia e preoccupazione.
Dopo l’estate, si sentono lontani da quel vissuto, non sanno più se saranno in grado di affrontare tutto il carico di verifiche, hanno paura di non farcela e di fallire.
Bisogna tener presente che da un lato, sentono i professori molto esigenti, pretendere molto, concentrati sul programma e sul fissare, soprattutto in alcuni periodi, moltissime interrogazioni e verifiche.
Dall’altro lato, percepiscono la pressione dei genitori che si aspettano buoni voti e non perdono occasione di sottolineare quanto lo studio sia importante per il futuro.
I voti molte volte rischiano di essere vissuti, non come una semplice valutazione del lavoro fatto, ma come giudizi personali, andando ad intaccare la propria autostima e autoefficacia.
Non bisogna fare questo errore, è importante cercare di andare oltre e capire che l’ansia, quando è troppo forte, rischia di bloccare i ragazzi e di andare a compromettere il risultato, al di là della preparazione e dello studio.
5. GENITORI CHE ASSILLANO
Ricominciare con discussioni, urla, litigi per i compiti, i voti, gli orari in cui andare a dormire e staccarsi da smartphone e console non fa bene ai genitori, non fa bene ai ragazzi e non fa bene alla loro relazione.
Una delle preoccupazioni degli adolescenti è proprio quella di dover di nuovo salire sul ring con il genitore per discutere su ciascuna di queste cose.
È anche molto probabile che i genitori non abbiano mai smesso, neanche durante l’estate, di urlare perché i figli facessero i compiti assegnati per le vacanze.
È vero, non è facile, perché i ragazzi molte volte non sono autonomi nel pensare ai propri impegni e il genitore sente di doverli sollecitare in questo senso.
Basare tutto sul controllo, sulle discussioni continue non fa altro che peggiorare la situazione.
I figli devono essere accompagnati a sviluppare maggiore responsabilità, mentre i genitori devono cercare di non far ruotare la relazione soltanto intorno alla scuola, altrimenti i ragazzi non si sentiranno considerati come persone, ma di essere pensati e riconosciuti solo in base all’andamento scolastico.
Non bisogna sottovalutare queste paure dei ragazzi ma riconoscerle e aiutarli a ripartire con il piede giusto, dando un giusto peso al rientro e agli impegni che si dovranno affrontare.
Hanno bisogno anche di fiducia e sicurezza da parte degli adulti, riscoprendo il lato bello della scuola, legato al piacere, che permetta loro di vivere anche momenti di spensieratezza.
Buongiorno amici. Oggi parliamo di adolescenza: così, nell’adolescenza, esce ciò che seminiamo.
L’adolescenza è un periodo di transizione dall’infanzia verso l’età adulta, che va da circa i 12 fino ai 19-20 anni, periodo dell’età evolutiva durante i quali i ragazzi attraversano numerosi cambiamenti nel corpo e nella mente: acquisiscono nuovi ruoli e responsabilità all’interno del contesto sociale e si trovano a dover strutturare una propria identità.
Periodo complesso
È un periodo complesso, come sanno tutti i genitori: se da una parte i ragazzi cercano una nuova autonomia e una maggiore indipendenza, dall’altra hanno ancora bisogno di percepire un «porto sicuro», la famiglia. Ma a volte capita che la conflittualità tra le due generazioni diventi esasperata, rasenta i limiti della tollerabilità. Se è normale una contrapposizione che serve al giovane per esprimere la propria differenza dal nucleo familiare, e quindi un’identità propria, specifica, si scivola talvolta in situazioni in cui crede che tutto sia dovuto, in cui vede solo sé stesso e le sue esigenze, e il genitore come una persona da usare per ciò che serve.
La patente non serve prenderla perché i genitori sono «autisti» sempre disponibili ad accompagnarlo da tutte le parti; ci si può inventare diete vegane o alternative perché c’è sempre qualcuno che cucina, differenziando ogni singolo menù; non c’è bisogno di ricordare di prendere le chiavi di casa perché si può suonare il campanello a qualsiasi ora della notte. Non c’è bisogno di «agire» insomma, perché in tutte le situazioni c’è chi lo fa per lui.
Genitori e comunicazione
La comunicazione è basata sul «fammi», «mi devi dare», «dammi». E questo atteggiamento si riversa non solo nei confronti dei genitori, ma delle regole e di ciò che rappresenta l’istituzione in generale, insegnanti compresi. Spesso, infatti, viene richiamato a scuola o vengono convocati i genitori per problemi comportamentali legati alla disciplina.
Sempre più spesso osserviamo genitori che si rapportano ai figli con un’eccessiva apprensione, quasi ossessiva, che alla lunga finisce per essere deleteria. «Stai attento, te lo faccio io», «Chiamami quando arrivi», «Con chi esci? Dove vai?».
Ibambini, i ragazzi e poi gli adolescenti, hanno bisogno di mettere alla prova le proprie capacità, acquisendo così sempre più sicurezza e fiducia in sé stessi.
Fare le cose al posto loro non li aiuta a crescere: bisogna aiutarli solo quando serve, stimolando la loro autostima, senza mai sostituirsi a loro. Ed è invece proprio l’insicurezza che si genera con atteggiamenti iperprotettivi a determinare scompensi interiori, conflitti, rabbia, frustrazione, premessa per future crisi di panico e attacchi d’ansia.
Protezione
Il compito del genitore quindi non è quello di sostituirsi a lui per poterlo proteggere meglio, ma quello di «esserci», di «essere presente» quando avrà bisogno di sostegno: fornendo affetto, attenzioni, ascolto, accompagnandolo nelle sue insicurezze e dubbi, aiutandolo a comprendere e a gestire le sue emozioni e le sue paure.
Proteggere i figli da ogni singola fatica, impegno o disagio (per non parlare di eventi assolutamente banali e regolari) comporta una rinuncia sul piano esperienziale: il messaggio che recepiscono è «non posso farcela da solo», «non sono capace», così si insinua gradualmente il concetto che «qualcuno lo farà per me…» e quindi alla fine «tutto è dovuto».
Da qualche anno ormai si sente parlare di adolescenza infinita, adolescenti di trent’anni e più… ma quando finisce l’adolescenza? Essere completamente sé stessi, riuscire ad esprimersi e a vivere senza condizionamenti è la base per raggiungere la piena autonomia e indipendenza.
Termina quando è ben chiaro chi si è, dove si vuole andare e quando si è pronti a costruire rapporti stabili e significativi, anche con sé stessi.
Buongiorno amici. Oggi riflettiamo su un tema. Cina: vietato l’uso dei cellulari di notte per i minorenni.
Limitare l’accesso a internet e impedire l’uso dello smartphone ai minori di 18 anni nelle ore notturne: è questo il provvedimento che la Cina vuole introdurre dal mese prossimo, per impedire a coloro che dovrebbero contribuire alla “costruzione della modernizzazione” del paese di diventare dipendenti dai social network e dal telefonino.
Cosa è consentito e cosa no-cina: vietato l’uso dei cellulari di notte per i minorenni
Una proposta presentata dalla Cyberspace Administration of China (Cac), il principale regolatore di internet del paese, richiederebbe l’installazione per tutti i dispositivi mobile, app e app store di un “youth mode”.
Una modalità che limiterebbe il tempo di visualizzazione giornaliero a un massimo di due ore a giorno, a seconda della fascia di età. Nel dettaglio, le nuove regole, che potrebbero entrare in vigore a partire dal 2 settembre, colpiscono chiunque abbia meno di 18 anni di età per impedire loro l’utilizzo del cellulare dalle 22 alle 6 di mattina.
E inoltre…
Sarebbe previsto, inoltre, un tempo massimo sull’uso dei telefonini, diviso per fasce d’età: 40 minuti al massimo ogni 24 ore sotto gli otto anni e due ore per chi ha 16 o 17 anni.
Secondo la bozza del Cac, ai bambini e gli adolescenti che utilizzano i dispositivi con lo “youth mode” sarà impedito l’uso delle app e dello smartphone una volta superati i limiti temporali previsti.
Sui telefonini compariranno quindi delle notifiche per ricordare di allontanare gli occhi dallo schermo a chi ha utilizzato il proprio dispositivo per più di 30 minuti consecutivi.
Il rispetto del provvedimento è reso possibile anche da una norma governativa, che impone a tutti gli utenti del web e social network di registrarsi con i loro veri nomi.
L’anno scorso, infatti, le autorità di regolamentazione hanno imposto a tutti i siti online di verificare le identità reali degli utenti prima di consentire loro di inviare commenti o mettere un like ai post sui social network.
Le restrizioni, se approvate, segnerebbero un inasprimento delle misure già esistenti, introdotte e ampliate negli ultimi anni da Pechino, che mira a voler limitare il tempo che i bambini trascorrono con il cellulare in mano.
Ma le nuove norme sono finalizzate anche a favorire la diffusione contenuti web adatti ai minorenni e prevenire la disinformazione, con l’obiettivo di “creare un ambiente online positivo”.
Ulteriore restrizione per le big tech cinesi
Le nuove misure potrebbero essere un nuovo grattacapo per le aziende tecnologiche cinesi, che sono generalmente ritenute responsabili dell’introduzione e del rispetto delle normative governative per l’uso dei social network.
La proposta della Cac arriva mentre è in atto una severa repressione normativa nei confronti dei giganti della tecnologia cinese.
Le ultime restrizioni avrebbero un impatto su aziende come Tencent, la più grande società cinese di giochi online, e ByteDance, che gestisce la popolare piattaforma di video brevi Douyin, la versione cinese di TikTok.
Due anni fa, le autorità di regolamentazione cinesi hanno vietato ai giocatori online di età inferiore ai 18 anni di usare i videogames nei giorni feriali, limitando il loro utilizzo a sole tre ore nei fine settimana. Per questo i colossi del tech cinese sono corsi ai ripari.
Douyin, la versione mandarina di TikTok, ha introdotto una “modalità per adolescenti” nel 2021 che limita a 40 minuti al giorno la quantità di tempo che i bambini di età inferiore ai 14 anni possono trascorrere sull’app. Kuaishou, un’altra popolare app di video, ha un’opzione simile.
Riflettiamo
Sono dell’idea che regolamentare va benissimo perché se ne sentono davvero troppe sui social riguardanti minorenni.
Ma il problema di fondo è un altro. I primi a proteggere i figli, a dare delle regole, ad educare ad un uso corretto dei telefoni sono i genitori.
Cellulari come i pad spesso usati, dai genitori appunto, come dei baby sitter…no, non funziona così.
A mio parere, dovrebbero esserci delle lezioni a scuola, anche per i più piccini, su come deve essere usata nel modo corretto la tecnologia e anche i rischi che si corrono se non si seguono queste regole.
Lezioni che, ovviamente, dovrebbero seguire anche i genitori…magari coi figli.
E voi, come la pensate?
Vi ricordo che se avete bisogno del mio aiuto potete contattarmi qui
E quando i genitori educano i bambini al suo coretto utilizzo.
Buongiorno amici:) Oggi riflettiamo sul quando uno smartphone salva la vita.
Il fatto
A Bolzano, un 58enne ha avuto un infarto mentre si trovava alla guida. In auto con lui c’era il figlio di 7 anni, che, quando ha visto il padre sentirsi male e accasciarsi sul volante, si è prontamente gettato sulle gambe dell’uomo, spostandone il piede dall’acceleratore.
Ha poi premuto il pedale del freno con la mano e, successivamente, tirato il freno a mano.
Dopo aver messo in sicurezza il veicolo, ha preso il telefono del papà e chiamato il 112. Il 58enne si è così salvato e ora sta meglio. Lo riporta il Corriere del Trentino.
Il bambino
Il fatto è accaduto il 15 agosto, poco dopo le 17. Durante la chiamata con il 112, il bambino è riuscito anche a comunicare la posizione esatta in cui trovare lui e il padre.
Ambulanza, auto medicalizzata e polizia municipale sono arrivate in pochi minuti; l’uomo è stato rianimato sul posto e poi trasportato all’ospedale San Maurizio di Bolzano. Ora è fuori pericolo.
I genitori
“Come faceva il bambino a sapere di dover comporre il 112 in queste situazioni? Gliel’ho spiegato diverse volte.
Spesso guardando dei film assieme. Vedevo le scene e sottolineavo gli atteggiamenti giusti in caso di emergenza.
Non voglio fare di mio figlio un eroe. Quello che conta di questa storia è l’atteggiamento che dobbiamo avere verso gli smartphone. Non dobbiamo descriverli come il male assoluto ai nostri figli ma spiegare loro che possono essere strumenti efficaci per molte azioni positive.
Anche salvare una vita, come testimonia quanto accaduto a Ferragosto.
Le reazioni incredule che hanno avuto i medici e gli agenti della polizia municipale mi hanno fatto capire che siamo di fronte a qualcosa di insolito ma non dovrebbe essere così”, ha commentato la madre del bambino.
Questo è l’esempio che non sempre dobbiamo demonizzare l’so di uno smartphone. Questo è l’esempio, inoltre, di come i genitori hanno educato un bambino al suo corretto utilizzo.
Vi ricordo che se avete bisogno del mio aiuto potete contattarmi qui
Buongiorno amici. Oggi parliamo di Genitori amici? No grazie.
Bellissimo il pensiero della Bouchet, che condivido pienamente.
Genitori amici? No grazie.
No, non devono esserlo. E perché?
Non dobbiamo confondere un genitore aperto all’ascolto, come dev’essere, con un genitore che vuole fare l’amico. E’ dannoso e vi spiego.
I genitori devono essere una guida per un figlio, un buon esempio per riuscire ad educarlo nel modo più corretto.
Deve essere un porto sicuro quando ha bisogno di aiuto e aperto all’ascolto per non tirare su muri che difficilmente, poi, si riuscirebbero a scalfire.
I genitori devono amar un figlio incondizionatamente e aumentare la fiducia in se stessi e l’autostima.
Devono aiutarli a capire dove hanno sbagliato, insegnar loro a sbagliare perché dagli errori si impara, aiutarli ad essere indipendenti.
Amici- Genitori amici? No grazie
Gli amici sono un’altra cosa.
Secondo voi, ad un amico si chiede consiglio su un qualcosa di avvero importante?
Si può prendere da esempio di vita? No, semplicemente perché non ha l’esperienza necessaria e vostro figlio non troverà le risposte che cerca.
Con l’amico ci si confida segreti, si passano momenti di confidenze ed è giusto così.
Ma se il genitore tende a fare l’amico, perderà quell’importanza e il ruolo che deve avere.
Lacrime- Genitori amici? No grazie
Altro aspetto importante? Mai nascondere le proprie emozioni, qualsiasi esse siano.
Perché piangere non è un difetto, un atto di debolezza. E’ un sentimento come un altro ed è giusto esternarlo perché, come dice anche la Bouchet, fa bene all’anima, è uno sfogo naturale e semplice.
Buongiorno amici. Oggi educhiamo con i gesti🙂 attraverso un bellissimo video
oggi non voglio fare nessun discorso particolare.
Lo sapete che molte volte uno sguardo, delle immagini, un gesto valgono più di mille e più pole .
E questo è il caso.
Giappone-educhiamo con i gesti
Stavo giusto postando un argomento riguardante i nostri cari adolescenti quando, online, vedo questo video e me ne innamoro.
Un video che dovrebbe essere visto quotidianamente da grandi e piccini perché riassume, in pochi secondi, il senso del rispetto e della gentilezza. L’educazione che, i genitori in primis, dovrebbero insegnare ai propri figli.
I genitori, che devono essere una guida e un buon esempio per i ragazzi fin dalla nascita perché, come dico sempre, i più piccini apprendono dai comportamenti più che dalle parole. Ed è questo il senso di questo video.
Educhiamo con i gesti
Se ad un bimbo così piccino viene detto mille volte, e magari anche a mo’ di rimprovero, che bisogna essere gentili, bisogna fare sedere prima le persone anziane, o una dona incinta, qualsiasi persona abbia più bisogno di noi di un posto sull’autobus, molto probabilmente non apprenderebbe se prima non vedo il, genitore che lo fa.
In Giappone hanno trovato un modo molto carino per insegnare tutto questo.
Nel video i bambini sono impegnati coi gesti, non con le parole, ad essere rispettosi e gentili verso chi ha più bisogno di noi.
E come sono rimasta colpita io, da adulta, di tutto questo lo saranno stati sicuramente tutti i bimbi che hanno visto e che ne sono stati convolti.
Esempio
Quindi imparate, voi adulti , ad educare col vostro esempio. Siate i migliori influencer dei vostri figli.