come aiutarli a superare paure e labirinti emotivi.
buongiorno amici. Oggi diretta adolescenti2: come aiutarli a superare paure e labirinti emotivi.
Diretta adolescenti2
Ah, l’adolescenza, gioie e dolori e preoccupazioni a parte dei genitori. Ma, in questo momento della vita di ognuno di noi, non sono solo i genitori ad essere messi sotto pressione. Ma lo sono i ragazzi stessi.
Le 4 isole
Quattro sono le paure e i labirinti emotivi che caratterizzano questa fase di vita: apatia, conformismo, perfezionismo, solitudine.
Ognuna di queste ha delle caratteristiche precise. E, per ognuno di questi labirinti, i genitori hanno il dovere di agire in determinati modi per aiutare o ragazzi a vivere serenamente la loro età.
E soprattutto per diventare degli adulti consapevoli e abili a gestire i piccoli grandi problemi della quotidianità da soli.
Diretta adolescenti2: come aiutarli a superare le loro paure
Vi lascio il link della diretta. Potete scaricarlo e seguirlo con i vostri ragazzi o i vostri genitori:)
Buongiorno amici. Oggi riflettiamo sul perché è così difficile parlare agli adolescenti.
“Mia figlia ultimamente vive murata nella sua stanza, non la vedo e non ci parlo praticamente più.
Durante le cene, riusciamo a malapena a scambiarci due parole ma mi sento davvero lontano da lei e dal suo mondo.
Se avessi una macchina del tempo, ritornerei indietro di qualche anno, quando tutto era più facile ed era lei che non vedeva l’ora di condividere e raccontarci tutto ciò che faceva”.
Difficoltà di parlare agli adolescenti
La difficoltà che la maggior parte dei genitori sperimentano durante la crescita dei figli, è che tante volte cambiano nel giro di pochi mesi e non danno neanche il tempo di adattarsi a questo cambiamento.
Diventano grandi senza preavviso, si trasformano in ragazzi scontrosi e irritabili, che non vogliono più raccontare nulla e si chiudono nella propria camera, un luogo offlimits, da cui gli adulti devono stare alla larga.
Le aspettative del genitore non corrispondo più a quelle del figlio, il figlio ideale non corrisponde più a quello reale: i due mondi iniziano ad andare in contrasto perché le esigenze dell’uno sono molto diverse da quelle dell’altro.
Il silenzio degli adolescenti: una forma di comunicazione, non un attacco al genitore
“Credo che mio figlio abbia un’unica missione nella sua vita: rendermi la vita impossibile. Quei silenzi, quegli sguardi, quelle risposte secche e aggressive mi vanno ad attivare un pulsante.
A livello razionale so che è adolescente, che è una fase delicata di cambiamento ma, allo stesso tempo, quando me lo ritrovo di fronte non riesco a controllare le mie reazioni”.
Il fatto che siano più silenziosi o rispondano a monosillabi non vuol dire necessariamente che stanno sempre nascondendo qualcosa o che non stanno ascoltando.
Bisogna evitare di alzare subito un muro e riuscire a trovare la chiave, anche se non siamo sempre d’accordo, per avere delle conversazioni costruttive con loro senza cadere nel conflitto.
Il genitore spesso va in ansia, in apprensione o reagisce male e questo non fa altro che innalzare il muro dell’incomprensione.
Bisogna compiere uno sforzo e vedere le cose anche dal loro punto di vista, per trovare un punto di incontro.
E’ importante non scoraggiarsi se non vogliono parlare oppure se tendono a chiudere la conversazione dopo poco.
Se si continua a mostrare interesse nei loro confronti e non si vive il loro atteggiamento come un attacco al genitore, al momento giusto si apriranno, sapendo che mamma e papà sono un punto di riferimento per loro.
Quando i figli non rispondono: e se avessero solo bisogno di tempo?-Parlare agli adolescenti
I tempi dell’adulto, molto spesso, non sono i tempi dei figli.
Anche quando non raccontano subito qualcosa, a volte stanno solo dicendo che hanno bisogno di tempo per riflettere, capire meglio, scegliere ciò che è importante condividere.
Magari nel momento in cui il genitore rivolge loro delle domande hanno solo voglia di giocare, rilassarsi o fare altro.
Ai genitori spetta il compito di garantire ascolto e dialogo, anche quando ci si sente colti alla sprovvista o le confidenze arrivano in un momento che, secondo la mente dell’adulto, doveva essere destinato ad altro.
“Un fattore che rende difficile la comunicazione sono gli atteggiamenti intransigenti.
Soltanto se usiamo lo stesso tono che desideriamo che gli altri usino con noi consentiamo il dialogo. […]L’empatia consente di calarsi nei panni dell’altro.
In alcuni momenti bisogna saper spingersi al di là delle parole per comprendere lo stato d’animo e le reali esigenze del nostro interlocutore.
L’autocontrollo richiede perseveranza.
Invece di scattare alla minima contrarietà, attaccando e minacciando e, così facendo, provocare chiusure e irrigidimenti, meglio riflettere e usare toni pacati”.
Buongiorno amici. Oggi parliamo di ragazzi che si sentono soli.
La paura dell’abbandono, porta ad aver paura di perdere la persona a cui mi sono legato, alla quale tengo e sulla quale ho investito le mie energie.
Erroneamente si tende a pensare che questo vissuto riguardi solo le relazione tra adulti, mentre molto spesso anche i ragazzi vivono la perdita come qualcosa che non c’è più nel presente, non tornerà più nel futuro e non si può colmare con qualcos’altro.
Controllo ed evitamento
“Sto male da diversi mesi con la mia fidanzata ma non riesco a mettere la parola fine a questa relazione: lei è possessiva, mi controlla in ogni mio passo e discutiamo ogni giorno per ore fino ad essere esausti.
Dentro di me conosco già tutte le risposte, perché sono certo che questo non possa essere amore.
Ma il solo pensiero di lasciarla mi fa sentire un vuoto dentro che mi blocca. Troverò qualcun altro che mi ami così tanto? Rimarrò da solo per sempre?”
Questa solitudine, talvolta, diventa così forte da indirizzare i pensieri e le azioni verso la strada del controllo e dell’evitamento, senza capire che, più la si evita, più verrà alimentata e rinforzata.
Può essere una paura che riguarda qualsiasi tipo di relazione affettiva in cui c’è un legame forte, anche un’amicizia, non solo un legame sentimentale.
Amici
“Quando sono con i miei amici, non mi sento totalmente libera di esprimere me stessa perché ho sempre paura di dire la cosa sbagliata al momento sbagliato.
E se poi non piaccio? Se mi trovano noiosa? E se trovano qualcuno migliore di me e non mi chiedono più di uscire? Ogni tanto vorrei essere un po’ più leggera, ma proprio non ci riesco, mi sembra sempre di stare in bilico su un filo”
“Il mio migliore amico, la prossima settimana andrà in gita qualche giorno con la sua classe.
Più si avvicina la data più mi sale l’angoscia. So che dovrei essere felice per lui, ma il pensiero di sentirlo molto di meno o che mi possa sostituire con qualche suo compagno di classe mi massacra e non riesco a smettere di pensarci”.
L’abbandono, nella testa di chi lo prova, rappresenta la paura di rimanere solo: anche solo il pensiero di quello che potrà accadere dopo, attiva un forte stato di tensione interna.
Quali meccanismi scattano nella testa?
“Ho 17 anni e se mi guardo intorno mi sembra di non aver mai costruito nulla a livello di amicizie. Credo di essere io il problema, ogni volta che stringo dei legami le persone si allontano da me. Non capisco cosa io abbia di così sbagliato e questa situazione mi fa sentire profondamente sola.
Spesso i ragazzi utilizzano le parole “mai”, “sempre” e tendono a interpretare la realtà in funzione del filtro della paura dell’abbandono e a commettere un errore cognitivo.
Vedono, infatti, nei comportamenti, negli atteggiamenti e nelle parole dell’altro solo ciò che può andare a confermare i loro timori.
Frasi o messaggi in cui ci sono anche affermazioni positive vengono interpretati come meno rilevanti e messe in secondo piano.
Cosa accade in queste situazioni?
Quando si attiva il processo che innesca la paura, il pensiero razionale si spegne e il modo in cui si interpreta la realtà cambia.
A livello fisico, inoltre, il cuore inizia a battere più forte, il respiro si fa più affannoso e le mani iniziano a diventare più fredde e anche a sudare.
In certi momenti scatta anche la rabbia nei confronti dell’altra persona, oppure non si riesce più a tollerare il pensiero di stare da soli e dover affrontare la solitudine.
Questa paura impedisce di godere dei rapporti, non permette di vedere le potenziali vie di uscita, ma soprattutto non permette di vedere che nella vita sono state già superate tante situazioni simili e che sono state acquisite le competenze per andare avanti.
Proprio per questo, risulta fondamentale lavorare su se stessi e fare i conti con le proprie paure e con il proprio vissuto di essere abbandonati, mettendo in atto delle strategie efficaci per non farsi più condizionare nelle scelte e nelle relazioni.
Buonigorno amici. Ogg riflettimao suo danni de la ricerca della perfezione sui ragazzi.
Quando parliamo di perfezionismo ci riferiamo a quella tendenza di raggiungere la perfezione, ovviamente ideale, in quanto non esiste. Il fatto che la perfezione non esista, non significa che non dobbiamo applicarci per cercare di raggiungere risultati sempre migliori.
Il meglio di se’
Dare il meglio di se stessi è importante, ma non si deve mai perdere l’aspetto ludico, del piacere e del divertimento, nonché quello umano della vita, soprattutto quando parliamo di bambini e adolescenti in fase di sviluppo.
Devono imparare a sbagliare e a ricavare qualcosa di utile dai propri errori.
Fare tutto bene, secondo dei criteri imposti dall’esterno non aiuta a crescere perché non fa vivere il senso profondo delle cose, non permette di entrare in relazione con l’ambiente e con le persone.
Spoglia la vita degli aspetti emotivi a favore di un risultato, di un numero o di una posizione.
Perfezionismo
Il perfezionismo sembra un problema molto frequente e in aumento soprattutto in questa fase storica e purtroppo, è presente fin dalla prima infanzia, a partire dai primi anni di vita.
I più piccoli non sentono solo la pressione sociale, dei familiari, delle loro aspettative, dell’ambiente scolastico o degli amici, ma anche quella social. Basta fare un giro nei vari social media che troviamo tutorial su come fare qualsiasi cosa “perfetta”.
Vuoi fare una festa perfetta? Vuoi fare il regalo perfetto ecc… una ricerca della perfezione anche nelle nostre attività quotidiane, come se non si potesse più fare qualcosa di “normale”.
Nella vetrina della rete sembrano tutto bravi in qualcosa, tutti capaci, tutti talenti, macchine da like.
A volte credo non esistano più bambini “normali”. Ascolto prettamente genitori che sottolineano di quanto i figli siano bravi e talentuosi in tutto ciò che fanno; difficilmente li sento orgogliosi di ciò che sono i loro bambini.
Dovere
A cosa può portare questa ricerca del perfezionismo?
Il perfezionismo non deve essere scambiato con la capacità di mettersi in gioco e di migliorarsi: è un DOVER fare alla perfezione, non un VOLER.
Spesso il perfezionismo nasce dalle pressioni familiari, da aspettative troppo elevate che i genitori riversano nei confronti dei loro figli. Si origina anche dalla paura di sbagliare, del giudizio e della valutazione di chi ci sta intorno.
Piacere di fare
Questa ricerca della perfezione non favorisce il piacere di fare le cose e può generare insoddisfazione.
Un bambino o un adolescente non riescono a godersi i risultati ottenuti, pensano di non aver fatto abbastanza anche quando hanno fatto tutto bene.
“Potevo fare meglio”, “Qui non è proprio perfetto”, “ Non è andata come volevo”. Frasi spesso accompagnate da un po’ di delusione.
Così non riescono a vivere ciò che stanno facendo, rischiano di non essere mai contenti e soddisfatti, e di sviluppare con il tempo anche un’ansia da prestazione.
In questo modo si rischia che anche un consiglio venga letto come una critica, può generare frustrazione e un automatico giustificare le proprie azioni. Non ci si accontenta mai, anche quando è andato tutto bene.
Non si prende in considerazione il “poteva andare peggio”, ma si vede solo il “poteva andare meglio”.
Quando qualcosa non va per il verso giusto c’è il rischio che venga intaccato l’umore e che l’errore o ciò che la testa legge come tale anche quando non lo è, rimanga un pensiero fisso.
Blocchi
Nei casi più gravi si può andare incontro anche a un blocco, un rifiuto, un impuntarsi, un non voler andare più avanti.
A volte preferiscono abbandonare ciò che stanno facendo perché non riescono a gestire le emozioni che si attivano e la paura di sbagliare.
Tutto questo perfezionismo rischia anche di andare a intaccare l’autostima perché possono arrivare a pensare di non essere adeguati e di non essere in grado di fare le cose.
Si può fare senza dover sempre dimostrare.
Gli adulti
Come devono intervenire gli adulti?
La sfera creativa e del piacere sono spesso messe in secondo piano a discapito di quella del dovere e della riuscita personale che si basa su un metro di giudizio secondo il quale sei realizzato se ottieni voti alti, medaglie, punteggi alti ecc…
I figli non devono vivere nel dimostrare sempre qualcosa per essere riconosciuti. Non sono le prestazioni “perfette” che devono far felice un genitore, è un figlio in equilibrio che deve far felice un padre o una madre.
Puntare alla crescita personale è un insegnamento importante come fargli capire che si devono mettere sempre in gioco senza paura del giudizio.
Nella vita c’è sempre da imparare, non si vale meno rispetto agli altri quando non si è ai massimi livelli.
Impegnarsi
Sono i valori di una persona che arricchiscono. Il rischio è che il perfezionismo diventi patologico. Dobbiamo porre attenzione quando un figlio perde il piacere nel fare le cose, quando cerca solo il risultato, quando diventa più importate dimostrare piuttosto che provarci e impegnarsi per raggiungere gli obiettivi.
Si può migliorare senza pressioni mentali, concentrarsi sul processo, non sul risultato.
È importante abbassare le aspettative e le pressioni esterne e puntare maggiormente sui canali espressivi valorizzando l’importanza dell’essere se stessi.
La competizione è importante ma deve essere sana. Il confronto con gli altri serve per migliorarsi e per crescere, non va subìto.
Competizione
Non è tutto una gara o una sfida, neanche tra fratelli. Si devono evitare gli inutili confronti e puntare sulla valorizzazione delle risorse interne e delle differenze individuali.
I ragazzi oggi vivono già in una società altamente competitiva dove si respirano in ogni angolo le pressioni sociali e social.
A volte serve riequilibrare e abbassare un po’ l’asticella, non si può pensare di essere al top in tutto. È importante lavorare sugli aspetti legati al piacere e al divertimento.
Non possono diventare giudici troppo severi di se stessi, non godersi i propri risultati e non essere mai soddisfatti di se stessi.
Che voi siate ragazzi o adulti, se avete bisogno del mio aiuto contattatemi tramite l sezione ” contatti e consulenze” del sito
Buongiorno amici. Oggi parliamo de la solitudine dei ragazzi.
La solitudine
Potremmo dire che la solitudine è un problema di molti giovani di questa generazione che appaiono iper connessi e con un grande vuoto intorno, ma sarebbe una grossolana semplificazione di un tema che è molto presente in adolescenza perlomeno in quella delle ultime generazioni. La solitudine accompagna il percorso evolutivo dalla preadolescenza all’età adulta anche se è un tema molto “caldo” quasi una vergogna per un ragazzo.
Il gruppo
Pensiamo a quanto sia importante far parte del gruppo dei “popolari” piuttosto che degli “sfigati” negli anni della scuola media: c’è chi si isola o viene isolato e chi si circonda sempre di compagni e non sta mai da solo. Ad aspetti di facciata opposti spesso corrispondono uguali sentimenti di solitudine. La solitudine è un sentimento tenuto nascosto, una debolezza da non mostrare e fa effetto il gesto di Potes che ammette la difficoltà di socializzare al netto della popolarità.
Popolarità
Una popolarità che parte probabilmente dal lockdown quando la necessità di depotenziare un virus ha costretto molti ragazzi all’isolamento, isolamento che per definizione è una minaccia in adolescenza.
Il perseguimento dell’autonomia, il consolidamento dell’identità personale, la relativizzazione delle figure genitoriali vengono perseguiti attraverso un graduale e costante allontanamento fisico e psicologico dalle famiglia.
È un percorso che inevitabilmente stimola sentimenti di solitudine visto che ogni aumento dell’autonomia porta con sé un aumento del senso di solitudine.
Sostegno
Per questo è importante il sostegno dei coetanei che durante il lockdown ha preso strade più virtuali, astratte che non sempre sono ritornate alla normalità alla fine del periodo di restrizioni. All’impossibilità di sfuggire al ritorno all’indietro tra le mura famigliari ed evadere dalla coercizione ognuno ha reagito a suo modo.
La ricerca di centralità e visibilità in internet è stato uno di questi e probabilmente è quello che è successo a Potes che ha fatto del problema un’opportunità. Ma non ha cambiato i bisogni, le criticità e i sentimenti adolescenziali che hanno sempre bisogno di condivisione e presenza per essere superati.
E vi ricordo che, se avete bisogno di me, potete contattarmi tramite la sezione contatti e consulenze del sito
Cosa vivono i ragazzi che decidono di togliersi la vita
Buongiorno amici. Oggi parliamo di cyberbullismo e suicidio adolescenziale.
Una delle paure più grandi di un genitore è quella di arrivare “dopo”, di non giungere in tempo, di non riuscire a comprendere il dolore, la sofferenza, il disagio interiore di un figlio.
Non è così immediato per un genitore vedere il malessere di un adolescente perché purtroppo, non sono sempre così evidenti e manifesti.
Tante volte i ragazzi esprimono ciò che hanno dentro in maniera indiretta attraverso specifici comportamenti, parole, sguardo e soprattutto i “non detti”.
Il problema legato al fenomeno delle prevaricazioni dirette, come quelle fisiche e verbali, e indirette, è che ormai sono sempre più presenti già a partire dalla tenera età e si manifestano soprattutto attraverso l’uso di quel dispositivo che la maggior parte di persone tiene costantemente in mano: lo smartphone.
Commenti
Leggo spesso commenti impulsivi soprattutto sotto le notizie di cyberbullismo in cui si dà la colpa alla tecnologia. Il fenomeno del bullismo e del cyberbullismo è molto complesso.
Sono coinvolte più persone e sono presenti delle dinamiche personali, relazionali, sociali, individuali, familiari da tenere in considerazione. Per questa ragione non è facile sradicarlo.
Purtroppo, ci si ferma a riflettere sulla gravità di questi comportamenti prettamente davanti alle tragedie, quando si legge della morte di un ragazzo che decide volontariamente di togliersi la vita.
È importante affrontare il problema della violenza giovanile tutti i giorni perché quotidianamente migliaia di ragazzi vivono incastrati nella morsa delle prevaricazioni e delle prepotenze online.
Cosa scatta nella testa di chi subisce queste forme di violenza?
Coloro che subiscono queste forme di prepotenza si sentono intrappolati. La trappola è quell’oggetto che blocca nei movimenti, nell’espressione di se stessi, non ci si sente più liberi, ma incatenati, legati a quella condizione che giorno dopo giorno diventa sempre più stretta e soffocante.
Diventa il problema principale della propria vita, quella condizione inaccettabile, ingiusta e ingiustificata.
Quello che fa più male è che non capisci il perché di questi comportamenti, non riesci a fartene una ragione, non te ne capaciti, non comprendi come sia possibile che non vedano che sei una persona come loro, anche se non la pensi e non ti comporti come loro.
Rischi di arrivare a pensare di essere tu quello sbagliato.
La psiche- cyberbullismo e suicido adolescenziale
A livello psicologico pesa tantissimo non sapere quando arriveranno le prepotenze e che entità avrà il problema.
Sai che arriveranno, ma non sai quando e come. Questo stato genera profondo stress psicofisico. Attiva quella condizione di impotenza appresa che fa ammalare il corpo e la mente.
Per comprendere pienamente cosa vive e cosa pensa chi è preso di mira, immaginiamo un cielo cupo scuro, sempre coperto, dove giorno dopo giorno c’è sempre meno spazio per il sole, per il sereno, per i momenti di luce. Questo è lo stato di fondo di tanti ragazzi.
Cosa succede? cyberbullismo e suicidio adolescenziale
E poi cosa succede? Arriva il tuono, arriva quel frastuono che ogni volta fa sussultare anche quando si è consapevoli che arriverà.
Il nostro cervello, anche se si aspetta qualcosa di negativo, è solo più pronto, anche se in realtà non è mai davvero pronto. È solo più in allarme e quindi ha un livello di attenzione più alto.
Ogni volta che arriva il tuono delle parole e il fulmine delle prese in giro, c’è una reazione di allarme, anche fisica perché c’è il rilascio dell’adrenalina e di ormoni dello stress nel cervello.
È il significato che si attribuisce alle cose, persone, situazioni che attiva specifiche reazioni psico-fisiche e chimiche.
La reazione di allarme ha un suo tempo di estinzione: la paura non passa immediatamente e si riattiva tutte le volte che si rivivono quelle immagini e si sentono quelle parole, anche solo a livello immaginario.
Pensate di vivere costantemente in questa condizione.
Cammini e non sai quando arriverà quel tuono, quando e dove cadrà quel fulmine, se ci sarà una tempesta più forte o un uragano. Il cervello di un ragazzo deve già affrontare tanti cambiamenti legati alla crescita e ai problemi legati al quotidiano e in più, si ritrova a dover vivere e gestire tutta questa turbolenza emotiva.
Rischi cyberbullismo e suicidio adolescenziale
Questa condizione rischia di spegnerli e questo non lo possiamo permettere, perché hanno bisogno degli adulti, hanno bisogno della rete di supporto e di sostegno. Da soli diventa troppo duro.
Tutti questi ragazzi sarebbero caricati di un peso ancora più grande, di un altro peso che non è giusto che debbano sopportare da soli.
Questa è anche una delle ragioni per le quali è difficile accorgersi di ciò che accade a un figlio se non parla esplicitamente dentro casa o a scuola.
È una morsa che si stringe piano piano, giorno dopo giorno, ed è per questo che quando si hanno dei dubbi, delle perplessità, è importante confrontarsi con degli specialisti, anche solo per fare delle domande, per capire le motivazioni che spingono i ragazzi a chiudersi in se stessi, a farsi del male mettendo in atto comportamenti autolesivi, fino ad arrivare al suicidio.
Come capirli
Sono ragazzi che spesso hanno perso la fiducia, che non vedono una via d’uscita e tutti noi adulti, qualunque ruolo si ricopra, dobbiamo essere lì in maniera pertinente, efficace e supportiva.
Dobbiamo guardare i loro occhi e leggere la situazione con il filtro di un cervello adolescente che vede i problemi in maniera diversa da noi adulti.
Noi siamo andati oltre quella fase e abbiamo imparato a gestire tante condizioni. Loro, invece, hanno bisogno di credere che ci sia chi è in grado di risolvere la loro situazione.
Devono fidarsi delle istituzioni e degli adulti. Spesso hanno paura di denunciare, per il timore di affrontare gli esiti negativi.
Tante volte si interviene in maniera inefficace e chi subisce queste forme di violenza ha addirittura paura che possa peggiorare la loro condizione.
Nelle azioni di contrasto al bullismo tecnologico è importantissimo lavorare su scuola e famiglia e anche su tutta la rete che circonda i ragazzi vittime di bullismo, soprattutto gli amici e i conoscenti, per indurli a parlare, a confrontarsi con gli adulti, capendo che non significa fare la spia, ma aiutare i loro amici e quindi creare quella fondamentale rete di solidarietà e supporto.
Solo così le vittime di bullismo potranno sentire di non essere sole, capire che non sono loro sbagliate, ricostruendo nella loro mente una fiducia nel mondo e nelle persone che gli stanno vicine.
Io spero che parlare di cyberbullismo e suicidio adolescenziale vi abbia fatto riflettere.
E se avete bisogno del mio aiuto contattatemi nella sezione contatti e consulenze del sito