Ma qual’è il malessere di base? Come evitare tutto questo?
Buongiorno amici. Oggi..un ragazzo un killer.
“Ho ucciso la mia famiglia. Vivo un malessere” queste le prime parole del ragazzo che ha ucciso l’intera famiglia… senza un apparente motivo a Paderno Dugnano.
Ci sono vicende, come quella accaduta a Paderno Dugnano, in cui un 17enne ha sterminato la famiglia, che spaventano perché portano a farsi tante domande.
Perché siamo di fronte a una tragedia, a gesti estremi, che stanno diventando sempre più frequenti e “normalizzati”.
Purtroppo ce ne rendiamo conto nell’efferatezza di tanti gesti sia verso se stessi che verso gli altri nella quotidianità, sia nel mondo adolescenziale che nel mondo degli adulti.
Il killer
Parliamo di un ragazzo che ha ucciso il fratellino e il resto della famiglia a coltellate e, dalle prime analisi, non è evidente il movente, non c’è un movente tecnicamente valido.
In questi casi, infatti, si tende a cercare un rapporto causale, una causa e un effetto: “li ho uccisi per questo motivo”;.
Tuttavia, quando si parla di comportamenti così estremi e nello specifico di ragazzi, questi comportamenti sono l’esito di una serie di tanti fattori che interagiscono tra loro.
Comprendo perfettamente lo sgomento, anche perché apparentemente non c’erano abusi di droghe, di alcol.
In questi casi per la mente umana è più facile dare la colpa a qualcosa e anche comprendere quando c’è un nesso causale; “allora si drogava ed è colpa di quello”, “c’è la malattia ed è colpa di quello”, “aveva quella cosa ed è colpa di quello e di quell’altro”.
Colpe
Troppo spesso si tende a dare questa colpa all’esterno. Tutto questo viene insegnato anche ai ragazzi, che si abituano a non stare nelle proprie responsabilità ma a cercare sempre un qualcosa che causa le nostre reazioni dall’esterno.
Le parole che noi utilizziamo dicono chi siamo, dicono come processiamo le informazioni, come pensiamo e le azioni sono consequenziali a questo.
Le prime parole pronunciate dal ragazzo, quelle riportate dai giornali, sono molto importanti: “mi sentivo un corpo estraneo nella mia famiglia”.
Quindi non ci sono come persona, come essere, non sono parte integrante di una famiglia, non mi sento in quel posto e in quello spazio, una solitudine estrema, molto profonda.
Altre sue parole che ci aiutano a comprendere il suo malessere, importanti anche da un punto di vista psicopatologico, non solo psicologico. Sono “mi sentivo solo anche in mezzo agli altri, era come se nessuno mi comprendesse, non avevo un dialogo con nessuno”.
Eppure tutto il mondo intorno vedeva un’altra persona, un ragazzo che era intelligente, che andava bene a scuola; non si vedeva oltre quello che faceva, non si vedeva oltre le sue azioni.
Il malessere
Spesso il malessere viene identificato, nella nostra testa, come una manifestazione di sintomi molto più evidenti, molto più sbilanciati, molto più marcati.
Si pensa “è tranquillo, sorride, fa i compiti, si alza la mattina, non si droga, quindi sta bene”, quando dentro.
Invece, questo ragazzo covava un malessere enorme, un senso di oppressione della vita, di se stesso, di quello che viveva, molto marcato, come se guardasse gli altri vivere, come se non facesse parte di quello che stava vivendo.
Un vuoto
Non riuscire a colmare questo vuoto che si sente, porta purtroppo a distorcere la realtà, distorcere la percezione che si ha della realtà, che è sempre soggettiva.
Non si tratta di un impeto del momento e di un gesto impulsivo; il ragazzo, infatti, in un primo momento aveva inventato una storia, come se non fosse lui l’artefice di tutto.
Era già diverso tempo che questi pensieri erano nella sua testa e non è un caso che la tragedia sia avvenuta in concomitanza della festa di compleanno del padre, che è stata un detonatore di questa miccia che era già dentro di lui.
Molto spesso, quando si arriva a queste condizioni, si tratta di condizioni di grande sbilanciamento e non stiamo parlando di condizioni di equilibrio psichico.
Quando si pensa che il problema sia fuori da sé, nella realtà esterna, nel momento in cui si annulla quella realtà che si crede essere causa del problema, si è convinti di eliminare anche quella sensazione di malessere interno che si sperimenta.
Chiaramente non è così, come in questo caso il ragazzo stesso ha dichiarato. Sarà necessario adesso che venga monitorato e seguito da professionisti della salute mentale.
Come accorgersi preventivamente e cosa si può fare?
Spesso mi chiedono come è possibile riconoscere queste situazioni preventivamente. Certamente è fondamentale la formazione, quella fatta bene dagli psicopatologi esperti, non da chi racconta le proprie esperienze, informarsi e formarsi su quelli che sono gli indicatori di pensiero, di parole e di comportamenti.
Ogni volta si cercano i sintomi quando possiamo invece stare sui segnali, che sono quei segni che possono identificare potenzialmente delle problematiche e stare sulla problematica.
Invece di accorgerci quando il problema è già diventato disturbo, non più disagio, non più un malessere ma un disturbo vero e proprio che ha superato la soglia clinica.
E’ importante anche fare un’analisi più generale di come tanti ragazzi crescono e sono abituati a colmare i vuoti che vivono.
Questa è una cosa che non andrebbe fatta in nessun modo, perché se io sono abituato a colmare sempre tutti quei vuoti e non riesco a stare nelle mie emozioni, non le riesco a controllare e non le riesco a identificare.
Se sono abituato a dover sempre agire e compensare in qualche modo, nel momento in cui c’è una distorsione, il cervello legge e percepisce tutto in maniera distorta.
Abituarli a non cercare sempre la colpa e i colpevoli, questa è un’altra delle cose che io vedo continuamente sia negli adulti che nei ragazzi.
“è sempre colpa di”, “è sempre l’altro”, “è sempre l’ambiente”, è sempre qualcosa di esterno che crea tutte queste condizioni.
L’ambiente che ci circonda
Certamente noi rispondiamo all’ambiente che ci circonda, ma abituiamoci anche a non deresponsabilizzarci su tutto, dando le colpe all’esterno.
Impariamo anche a vedere, ad ascoltare e a prendere un po’ di cognizione di quello che si ha dentro e andare oltre quelle azioni che vengono considerate come normali.
Quindi cambiamo anche un po’ una scala valoriale di quello che può far stare bene, perché i figli non sono solo quello che fanno, sono persone che hanno un vissuto diverso da quello che si può pensare, anche quando non lo manifestano e lo tengono dentro.
I figli vanno guardati nella loro essenza, non nelle loro azioni e in quello che si vuole vedere.
Quindi insegnargli anche a stare nelle emozioni e a curare più la parte dell’essere che del fare, quando invece si cura troppo quella delle prestazioni e molto meno quella dell’essere.
Questi sono aspetti fondamentali nella prevenzione, che portano a non sviluppare disordini importanti da un punto di vista psicopatologico.
Vi ricordo che se avete bisogno di aiuto potete contattarmi
Alla prossima amici:)